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La mano di Dio - penitenza chiama peccato- parte 4
di maxxx13
08.02.2023 |
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"Era come se il suo seme fosse arrivato direttamente a macchiare la mia anima nel mio profondo..."
Le settimane seguenti il demonio andò spesso a cercare di indurre in tentazione padre Romolo. Ogni volta la mia bocca diventava uno strumento di Dio, perché il maestro non abbandonasse la sua via.“Ti sei svuotato?” Mi chiese il maestro una sera.
Con il suo arnese che mi gonfiava le guance, alzai gli occhi verso di lui, incerto su cosa mi stesse chiedendo.
“Ti sei liberato degli… scarti?” Insistette lui.
Arrossii imbarazzato a quell’intima domanda e, abbassando nuovamente gli occhi, annuii, agitando la sua asta.
“Vieni. Siedi qui con me,” disse, quindi, il maestro, allontanandomi gentilmente dalle sue gambe.
“Le pulsioni che risveglia il demonio sono complesse,” iniziò a spiegarmi, quando ebbi preso posto al suo fianco. Mi sentivo onorato che finalmente mi impartisse degli insegnamenti.
“I tuoi servigi portano conforto al mio spirito. Tuttavia, certe tentazioni devono estinte con le proprie forze.”
“Se c’è un modo in cui vi posso sostenere nel vostro impegno, io lo farò.”
“So che posso contare su di te. Quindi, spogliati.”
Quell’ordine mi prese alla sprovvista, ma feci come mi aveva intimato.
“Anche le mutande. Devi essere come Dio ci ha condotti al mondo.”
Dopo un attimo di esitazione, mi sfilai le mutande, coprendomi le intimità con le mani.
“Se ti crea disagio, puoi girarti.”
“Grazie, maestro,” dissi, voltandomi.
“Ora piegati. No, tieni le gambe dritte.”
Era una posizione molto imbarazzante. Mi sentivo indifeso, nonostante anche il maestro fosse nudo.
Le sue dita mi sfiorarono le chiappe, facendomi sobbalzare.
“Maestro?”
“Il Signore ha dato all’uomo l’istinto di penetrare. Un istinto fisico che noi uomini di fede sublimiamo con la nostra devozione penetrando in una dimensione superiore.”
Percepii la sua mano scorrere fra i miei glutei, facendomi tremare.
“Qualche volta il demonio ci ostacola nella nostra meditazione e l’impulso fisico è troppo forte per essere sedato solo dalle preghiere. Solo un sforzo altrettanto fisico può dissolvere queste tentazioni diaboliche.”
Le sue dita sfiorarono quell’angolo dimenticato del mio corpo.
“Ma-maestro, che cosa vuole fare?” mormorai quasi piagnucolando.
“Ho fatto voto di celibato, ma alla quella pozza tu hai portato nella mia vita le tentazioni femminili. Non ho mai toccato una donna e mai la toccherò. Adesso espierai le tue colpe
come uno strumento di liberazione.”
Padre Romolo spinse il suo dito contro il mio corpo, sussultai quando, infine, superò la resistenza della mia carne.
“È sporco, maestro,” fu l’unica cosa che riuscii a dire, mentre una fitta di dolore mi risaliva la schiena.
“È pulito, ma alla fine potrai purificarmi.”
Il maestro estrasse il dito e io tirai un sospiro di sollievo. Un sospiro che si trasformò subito in un lamento. Qualcosa di più grosso spinse contro la mia carne.
“Il dolore è la punizione per il tuo peccato,” mormorò padre Romolo senza smettere di premere con forza.
“Ma io non voglio farlo,” mi trovai a piagnucolare.
“La tua anima è già perduta. Le tue mani e la tua bocca hanno già infangato la natura maschile che ti era stata data in dono da Dio. Adesso la perdita del tuo corpo è solo una conseguenza inevitabile. Ma potrai gioire della mia beatitudine, quando la tua sofferenza mi libererà dalle tentazioni.”
“Aaaah.” Il mio urlo di dolore dovette essere sentito fino al monastero.
Quando avevo iniziato il mio noviziato, mi ero tolto un peso dal petto, sapendo che mi sarei risparmiato i pericoli del servizio militare, allora ancora obbligatorio.
Eppure in quel momento mi pareva che una baionetta, la lama posta in cima all’asta del fucile, mi avesse trafitto la schiena.
Al mio grido padre Romolo, invece, di estrasse la sua spada, prese a inveire sul mio corpo come in preda all’estasi.
“Il dolore da carica ai miei lombi,” mormorò.
Non osavo voltarmi a guardarlo per la vergogna. Tutto quello che vedevo era la parete spoglia del rustico di fronte a me.
Era come se un bastone troppo grosso e troppo lungo mi stesse devastando le viscere. Ma anche se non lo vedevo sapevo che quello non era un normale bastone.
“Maestro fa male,” lamentai, mentre cercavo di mantenere l’equilibrio sulle mie gambe.
Padre Romolo sembrava dare fondo a tutte le sue forze ogni volta che si spingeva in avanti.
“È la giusta punizione per aver infranto i piani del Signore, ma non è nulla in confronto a quello che dovrai subire all’Inferno.”
Le mani di padre Romolo si strinsero ai miei fianchi e gli affondi divennero più intensi.
Lentamente o forse rapidamente iniziai a percepire nuove sensazioni che si insinuarono tra le fitte di dolore.
“Il tuo corpo tradisce il tuo più grande peccato,” osservò il maestro. “Abbassa la testa e guardati fra le gambe.”
“No, padre. Vi supplico,” mormorai quasi con le lacrime agli occhi.
“GUARDA,” mi intimò, schiacciandomi il capo verso il basso.
Mi ritrovai a fissare il mio stesso inguine. La mia intimità era completamente eretta. A ogni botta di padre Romolo l’asta si agitava. A ogni botta provavo un misto di dolore e piacere.
Un piacere che mi faceva vergognare di me stesso.
“Vi chiedo perdono, maestro. Perdono,” supplicai, stringendo le palpebre per non vedere il mio corpo che mi tradiva.
“Non è a me che devi chiedere perdono, ma a Dio.”
Padre Romolo mi afferrò per i capelli e mi tirò la testa nuovamente indietro, obbligandomi a inarcare la schiena.
“Il corpo è il tempio dell’anima e tu hai lasciato che venisse violato.”
Il maestro lasciò andare la presa. Riportò le sue mani ai miei fianchi e dandosi slancio accelerò il ritmo. I colpi mi assestavano una fitta dopo l’altro fin allo stomaco.
Poi, senza preavviso, padre Romolo gemette. Gemette rumorosamente come mai prima.
Non lo sentivo, ma sapevo che aveva riversato il suo seme dentro di me come in una donna. Aveva raggiunto la beatitudine così inaspettatamente che non mi ero neppure reso conto.
Il maestro sfilò la sua mascolinità e, ansante, si lasciò crollare sul materasso alle sue spalle.
Il mio calvario era finito, ma non percepivo nessun sollievo. Nonostante mi tremassero le gambe, restai ancora per un lunghissimo istante immobile. Non osavo neppure voltarmi. Ma non avevo scelta.
Raddrizzai la schiena e presi il secchio d’acqua li vicino e un panno. Mi avvicinai a padre
Romolo e dopo aver bagnato il pezzo di stoffa, presi a tergere con cautela il suo membro.
“Mi dispiace se vi ho sporcato, maestro,” mormorai. Era ignominioso che padre Romolo avesse dovuto infilare la sua virilità in un tale luogo.
“Anche la più infima delle cose ha un suo scopo nel grande progetto del Signore,” disse con la voce ancora spezzata dalla fatica. “Il corpo di un peccatore è pronto al servizio.”
Quando ebbi finito, mi alzai per portar fuori il secchio e il panno.
“Ricordati che il seme non deve andare disperso al suolo,” mi mise in guardia il maestro come leggendo nei miei pensieri. Sentivo le mie interiora agitarsi per liberarsi.
Uscii dal rustico, stringendo le chiappe. Quando tornai, padre Romolo si era addormentato.
Sentivo ancora i suoi umori maschili muoversi dentro di me. Mi sentivo così sporco. Era come se il suo seme fosse arrivato direttamente a macchiare la mia anima nel mio profondo.
Con quei pensieri tormentati, infine, presi sonno.
La mattina seguente fui svegliato prima dell’alba dai crampi allo stomaco. In silenzio, ma veloce, uscii alla ricerca di un luogo appartato nei boschi. Non ce la facevo più.
Mi accovacciai e spinsi. Lo strombettare risuonò nella foresta, facendomi arrossire anche se attorno a me c’erano solo uccelli che cinguettavano.
Quindi, finalmente, mi liberai, tirando un sospiro di sollievo.
Non l’avevo mai fatto, ma sentii l’impulso di controllare quello che avevo espulso. Mi aspettavo di vedere qualcosa di candido come il seme benedetto del maestro, invece c’era solo una materia scura come la mia anima.
Non potei fare a meno di chiedermi dove fossero svaniti gli umori maschili di padre Romolo. Il suo seme era stato corrotto dal mio corpo di peccatore? Oppure era ancora dentro di me?
Sicuramente quello che era successo ieri sera era stato reale. Un intenso indolenzimento lì dietro me lo ricordava incessantemente.
Non avevo mai dato importanza a quella parte del mio corpo, non l’avevo neppure mai vista, e adesso, invece, sembrava ci fosse solo lei.
Pulsava e mi pulsava nella mente.
Che cosa ero diventato? Che destino mi attendeva? La mia anima era ormai condannata all’Inferno. Questi pensieri mi perseguitarono fino al rustico.
Quando arrivai, trovai padre Romolo già alzato. Era inginocchiato all’ombra di un albero e stava recitando delle preghiere. Sembrava sereno come mai lo era stato da settimane.
In quel momento realizzai che ero solo uno strumento per la via all’illuminazione di padre Romolo.
Le notti seguenti mi permise di piegarmi alle esigenze di padre Romolo con maggiore sollecitudine.
Non ero ormai più degno della grazia di Dio, ma mi dava conforto sapere che la mia vita poteva avere ancora un senso nel piano del Signore. La mia dannazione eterna avrebbe contribuito a un sant’uomo di raggiungere la beatitudine.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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