Lui & Lei
Un'occasione inaspettata
di PaoloSC
17.05.2023 |
14.041 |
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"Anche queste nere e nudo?”
“Si, ok, grazie”
“Poi, mi diceva?”
“String, sempre due, stessa taglia”..."
Un'occasione inaspettataAntefatto
Al terzo piano dell’edificio in cui vivo abita una persona anziana, poco più giovane di mia mamma, che conosco da quasi quarant’anni, ovvero da quando sono arrivato in quel palazzo appena terminato di costruire.
Anche lei era appena arrivata, messa lì in quella turris eburnea dall’ex-marito il quale, pur di sbolognarla e di avere casa libera dalla moglie per poter stare con la sua amante, le comprò quell’appartamento, si impegnò a pagarle le spese ed ottenne un comodo divorzio. La signora era piacente, quando la conobbi avrei potuto definirla una milf/gilf, non aveva ancora cinquant’anni ed era molto ben tenuta, curata, ben vestita.
Più di una volta mi chiamò per chiedermi aiuto (non funziona la lavatrice, il televisore, il forno, il telefono, si è incastrata la serranda…) ed ogni volta era il solito giochetto: vestaglia semiaperta con vista d’inverno, maglietta a pelle d’estate. Ma io ero innamorato con la moglie bona e sessualmente iperattiva e non avevo bisogno di sesso con donne “mature”.
Col tempo, tutto ciò scomparve lasciando una donna vecchia, sola, incazzata con il mondo.
Poi i guai di vecchiaia, la malattia, tutta una serie di problemi tra i quali una invalidità quasi totale l’hanno resa dipendente dagli altri.
Forse per spirito altruistico, per bontà, per senso del dovere, di certo non per interesse, cercammo di supportarla aiutandola per quanto possibile nelle questioni amministrative e burocratiche facendola accompagnare dai figli (soprattutto Luca) o andando io a risolvere i piccoli guasti quotidiani o chiamando chi di dovere seguendone l’operato. Poi dovette cedere all’ineluttabilità della situazione e dovette assumere una badante.
Ora, chi ha avuto a che fare con questa particolare tipologia di figure sa che il loro mondo è diviso in tre insiemi: quello dei badanti professionali, che sono di solito forniti da cooperative o da aziende di collocamento, professionisti o sedicenti tali, pagati fior di quattrini al pappone di turno, i quali si ammantano di efficienza e professionalità spacciando una sorta di caporalato evoluto con un servizio di «badante as a service, all-inclusive, h24, con monitoraggio della qualità del servizio»; quello dei desperados pronti a tutto pur di avere un tetto e magari qualche possibilità di sgraffignare soldi, gioielli, valori; in mezzo, un mare magnum di persone più o meno volenterose, solitamente prestati al servizio per necessità, raramente per missione. La maggior parte di questi è plurireferenziata ed i migliori passano da un vecchietto all’altro con il passa-parola degli eredi che si trovano a dover gestire umanamente casi di persone che sono dedicate ai loro affidati con passione e dedizione e per i quali viene sviluppata una sorta di affezione.
Il problema è quando devi sostituirne uno per malattia (succede), matrimonio dei figli, ferie, ecc. Allora lì inizia il caos.
«Conosci un badante per papà/una badante per mamma per due/tre mesi? Ma che sia fidata!» era il tono delle chat WhatsApp tra amici e parenti alla lontana dei quali ci si ricorda solo nel momento del bisogno.
Anche in questo caso accadde la stessa cosa.
La badante ufficiale, signora sessantenne dominicana, da trent’anni in Italia, dovette partire per la sua Patria d’origine per il matrimonio del quarto figlio che era tornato a casa vista la mal parata in Italia. Tempo previsto per preparativi, matrimonio, festeggiamenti, magari un po’ di sesso con il marito rimasto lì: nove settimane e mezzo, si, poco più di due mesi.
Tragedia!
Ero dovuto andare fuori Roma per alcune questioni personali e avevo “affidato” la vecchietta a due altri condomini, persone squisite, che mi hanno sempre supportato ed aiutato molto fattivamente nella gestione dei problemi. Contavamo comunque sul fatto che la nipote della vecchietta, interessata ad entrarle nelle grazie per mettere le grinfie sul patrimonio personale della suddetta, la avrebbe aiutata mandando lì una persona di sua conoscenza.
Però, anche loro possono avere problemi personali, improvvisi impegni, malattie, Covid e quindi, secondo la legge di Murphy, alla fine di agosto ricevo la chiamata di questa signora, purtroppo da tempo afflitta anche da demenza senile, la quale mi spiega che è rimasta da sola, che nel palazzo non c’è nessuno e che non sa come fare per mangiare.
Ero in barca a vela, a cento miglia dalla costa in mezzo al Tirreno meridionale. Mi ci sarebbero voluti due giorni almeno per arrivare.
Chiamai Fabrizio, il mio caro amico avvocato che sapevo essere già a Roma per motivi professionali, al quale per inciso avevo affidato la tutela degli interessi della signora in una serie di battaglie legali mossele da alcuni pseudo eredi, e gli chiesi se cortesemente poteva fare un po’ di spesa e portarla a mio nome alla signora in questione. Fabrizio è un amico e si mise immediatamente a disposizione.
Mi richiamò il giorno dopo dicendomi che, comunque, la signora aveva una sorta di badante a pieno servizio, della quale non poteva dir nulla se non che la aveva trovata molto disponibile e gentile.
“Ma chi è? Da dove viene? Spiegami” gli dissi.
“Paolo, è un donnone altro un metro e ottanta, grosso. Avrà una cinquantina d’anni, è slava, credo russa o ucraina, o giù di lì. È sposata e separata, madre di cinque figli i più piccoli dei quali vivono ancora con lei e con il padre che adesso è in Romania da sua madre. Lei è qui già da venti giorni ed era disponibile anche a dormire, come sta facendo. Non le ho chiesto altro perché capisci…a che titolo lo avrei fatto?” mi rispose.
“Beh, di notizie ne hai raccolte parecchie, mi pare!” ribattei.
“Non ti credere, è tutta roba che mi ha detto lei!” concluse, consigliandomi però di chiamare o meglio fare un salto perché effettivamente non avendo la macchina e con il più vicino alimentari aperto ad un chilometro, la spesa sarebbe stata comunque un problema.
Ringraziai Fabrizio e mi misi alla ricerca di un mezzo che mi portasse il più vicino possibile a Riva di Traiano dove avevo macchina, chiavi, ecc.
Riuscii ad organizzare lo spostamento con il motoryacht di un amico che stava rientrando proprio alla marina e che cercava, peraltro, un compagno per il trasferimento.
Con una velocità di crociera di 17 nodi, avevamo pianificato di arrivare in circa sei/sette ore navigando pomeriggio con arrivo alle dieci di sera. Poi il meteo bizzoso dette mare 5 da SSW e la velocità dovette essere ricalcolata a non più di otto nodi per evitare di sforzare troppo il fasciame di quella meravigliosa barca, e raddoppiamo i tempi. Partimmo quindi alle sette di mattina e ci affidammo al pilota automatico ed al GPS, oltre che all’AIS per prevenire possibili incidenti e collisioni.
La previsione meteo era stata troppo pessimistica visto che alla fine non trovammo tanto mare e potemmo tenere una media di 14 nodi, togliendo cinque ore abbondanti all’ETA. Arrivammo quindi a Riva di Traiano per le quattro di pomeriggio. Il tempo di aiutare lo sbarco dei suoi bagagli, e alle sei ero a casa.
Suonai alla porta della vicina premendo a lungo il campanello, visto che la signora era leggermente sorda.
Mi aprì il corazziere di cui mi aveva parlato Fabrizio.
In effetti era un donnone imponente, grosso di spalle, di bacino, di busto, di gambe, di seno.
Di tutto.
“Buonasera, sono Paolo. Sono venuto a trovare la signora Anna. Come sta?” e intrufolai la testa per vedere com’era la situazione nel soggiorno, guardando verso la poltrona di fronte alla TV dove stazionava di solito la vecchietta.
“Chi è?” chiese.
“È il signor Paolo. È venuto a trovarla!” disse la badante. Sembrava essere gentile e particolarmente disponibile, la faccia buona, l’aspetto dimesso, quasi trasandato, vestita per casa in modo leggero per sopportare il caldo atroce di quei giorni.
“Ciao Anna! Come stai?” dissi ad alta voce mentre mi chinavo a darle un bacio sulla guancia come ero solito farle da quando l’avevo adottata come “la mia vecchietta”.
“Eh, insomma! Co’sta stronza, ‘sta troia qua che se magna pure saroccoercane [traduzione: San Rocco ed il suo cane]” rispose con voce indispettita, la parlata romanesca che usciva fuori nature tradendo le sue umili origini popolane.
La badante, un po’ indispettita, rispose “Signora no mi fa mangiare. Io solo pasta, no pane, no carne, no uova, no frutta. Solo pasta e patate!” interloquì con il classico accento slavo.
Sorrisi ed intervenni: “Anna, la signora ha ragione: devi farla mangiare anche un po’ di proteine!”
“Me s’è magnata mezzo chilo de’ macinato e quattro cosce de pollo in due ggiorni! E tutti li biscotti!” rispose.
“Ma no è vero! Signora mangiato due cosce di pollo lessate, io fatto altre due in tegame per me. Poi fatto dieci polpettine io mangiato solo cinque” ribatté.
Beh, non potevo darle torto. Abituato a simili situazioni, nelle quali la persona anziana pensa solo al suo vitto e non a quello degli altri, era normale dialettica. Intervenni pertanto dicendole: “Anna, la signora..?” e mi rivolsi alla badante chiedendole come si chiamasse.
“Tamara, signore Paolo. Io chiamo Tamara” e mi porse la mano per presentarsi con un sorriso accattivante, visto che aveva capito che stavo intervenendo a suo favore.
“Anna, ti stavo dicendo che la signora Tamara ha ragione! Lei deve mangiare anche le proteine. Ora, se vuoi, andiamo io e lei a fare la spesa così decido io cosa e quanto prendere. Va bene?” le proposi.
“Vabbè vabbè, pensace tu che tu sei bbravo. Tiè, pija i sordi che stanno ..”
“Si lo so dove stanno!” intervenni facendole un cenno di stare zitta con il dito sulla bocca per non far capire dove teneva il contante. Dovetti ringraziare mio figlio che, in previsione, le aveva fatto montare una di quelle piccole cassaforti da albergo dentro l’armadio, utile solo ad impedire ad un ladro sprovveduto di appropriarsi del contante o dell’anello di fidanzamento, visto che si faceva prima a staccarla dal muro che ad aprirla. Però era una buona dissuasione e avevo contezza del codice, visto che glielo avevo impostato io.
Mi recai quindi in camera da letto, aprii l’armadio, aprii lo sportello della cassaforte e prelevai centocinquanta euro per la spesa di una settimana.
Dopo aver richiuso il tutto, tornai in soggiorno, feci vedere ad Anna le tre banconote e le chiesi: “Vuoi che Tamara rimanga qui o preferisci che sia lei a fare la spesa?”
Anna pensò un attimo e mi rispose “Portatela con te, ‘sta troia.” provocando la mia ilarità ed un gesto di stizza da parte della badante.
“Ma Anna, perché dici così? Tamara è così gentile con te!” interloquii.
“Se se… io dico che è una troia. Fa ‘n po’ tte. Anzi, no, lasciamela qui che devo anna’ ar bagno.” mi rispose.
“Va bene, vado io. Però datemi la lista delle cose necessarie, non solo quelle da mangiare!” mi raccomandai.
“A Tama’, dijelo te che serve. Io nun so’n cazzo. Fate tutto voi!”
Tamara si mise a tavolino e mi scrisse per filo e per segno quel che secondo lei serviva.
Era una lista minuziosa, comprendeva praticamente tutto ciò di cui Anna faceva uso, dal vitto all’igiene personale, pannoloni compresi. C’erano molte voci di cose di cui Anna andava pazza, tipo la Nutella e le caramelle all’anice. Per essere da poco tempo lì, era molto attenta e sembrava conoscere bene le abitudini della sua affidata.
Poi aggiunse un altro foglietto e mi disse: “Queste sono cose personali che servire a me. Io avere bisogno di alcune altre cose ma io non potere uscire se no sig.ra Anna stare da sola e lei non volere” porgendomi una lista che scorsi rapidamente. Erano per lo più prodotti per l’igiene personale intima, c’era della cioccolata fondente, dei biscotti, le sigarette.
“Facciamo così: io vado e compro queste cose al supermercato, quando torno esci tu e ti fai un giro ed io resto con la signora Anna. Va bene?” le dissi cercando di convincere la vecchietta a non mettersi di traverso.
In quel momento suonò il vicino dirimpettaio, anche lui appena rientrato assieme alla moglie.
Gli spiegai la situazione e gli dissi che stavo andando a fare la spesa e che quando fossi tornato sarei rimasto io a fare compagnia mentre Tamara usciva per conto suo per un’oretta.
Mi disse di contare su di lei, indicando sua moglie, perché tanto rimanevano a casa.
Andai al supermercato, poi passai dal tabaccaio e presi tutto quello che era stato chiesto da Anna e da Tamara e per le otto di sera ero a casa carico di una decina di buste. Avevo speso tutti i soldi ed avevo dovuto aggiungere del mio per comprare in farmacia le cose di Tamara che non avevo trovato al supermercato.
Quando rientrai Tamara stava preparando la cena.
“Signor Paolo, io preparato per lei cena. Se aspetta lavo frutta. Io però deve chiedere pasaggio per bus perché deve andare a centro commerciale prima che chiude” mi disse.
“Che ti serve al centro commerciale, per curiosità?” le chiesi.
“Io bisogno di andare a parafarmacia per mie cose e a negozio per altre mie cose.” rispose un po’ evasiva.
Ad averlo saputo, mi sarei organizzato differentemente e sarei andato con lei, visto che in zona, oltre al supermercato a cinque minuti di macchina non c’era più un negozio aperto. Il centro commerciale chiudeva alle dieci di sera, se avessimo fatto una corsa avremmo fatto in tempo.
Suonai alla porta del dirimpettaio e gli chiesi se poteva dare un’occhiata ad Anna fino a quando non fossimo tornati, perché dovevo portare Tamara a fare alcuni acquisti necessari urgenti.
Tamara prese solo il suo cellulare assieme e fu subito pronta.
Anna era seduta in poltrona ed aveva già mangiato.
“E sua cena?” mi chiese.
“Fa niente, grazie lo stesso”. Tanto aveva preparato solo un po’ di pomodori (che non posso mangiare!) ed una cartata di prosciutto cotto. Però era tutto impiattato, bicchiere, posate, tovagliolo, bottiglia dell’acqua…tutto apparecchiato per bene. Presi nota.
“Paolo, visto che ci sei, che mi prenderesti una bottiglia di Fernet? Anche se il medico ha detto che mi fa male, io me lo bevo lo stesso!” mi chiese Anna. Ora la calata romanaccia non si sentiva per nulla.
Annuii. Anna non stava molto bene, non credo avesse lunghe aspettative di vita, ed un bicchierino di fernet la sera non le avrebbe certo peggiorato la situazione più di tanto, ma sicuramente le avrebbe dato piacere.
Partimmo e andammo a passo svelto in garage a prendere la macchina. Erano già le otto e mezza e dopo poco avremmo trovato tutto chiuso. Per fortuna non c’era traffico e fu facile raggiungere quel centro commerciale che sapevo abbastanza fornito.
“Ma cosa ti serve, Tamara? Cosa devi comprare?” chiesi più per curiosità che per necessità. Tranne che le automobili in quel centro si trovava veramente di tutto.
“Beh, mi serve alcune cose intime, delle creme e altre cose in parafarmàcia” (si, con l’accento sulla seconda A!) e poi io deve comprare tre paia mutande e reggiseno perché due mutande rotte buttate io senza e reggiseno si sta rompere. E poi uno maglietto lungo ed uno calzoncino per casa io senza.” mi spiegò.
“Ma scusa, come sei venuta? Senza valigia? Senza cambi?”
“Io pensavo stare due tre notti solo poi signora chiesto aiuto io nessuno casa e non potere andare casa mia con bus tropo lontano”.
Capii al volo ciò che era successo.
“Ma chi ti ha chiamato? Chi ti ha portato?”
“A me portato signora Micaela che padrona mia casa che nipote signora Anna. Signora Micaela detto solo tre giorni invece signora Anna bisogno due settimane ancora. Io va bene ma io deve andare casa a prendere mia roba per vestire.”
Poveretta, era stata quasi sequestrata, perché li in effetti il bus passava teoricamente ogni ora ma in pratica era quasi un’ora e mezza tra una partenza e l’altra. E per arrivare a casa sua doveva attraversare la città. Impensabile.
Valutai se fosse il caso di accompagnarla a casa sua al volo, ma sarebbero state necessarie almeno un paio d’ore tra andare e tornare, e scartai l’idea.
“Ok, va bene. Sbrighiamoci” le dissi mentre parcheggiavo. Per fortuna avevamo un ora abbondante prima della chiusura. Per la prima volta mi concentrai sul suo vestiario. Indossava un magliettone lungo fino al ginocchio che la fasciava parecchio. Era evidente il reggiseno indossato sotto, di cui si evidenziava la robustezza della struttura necessaria a sostenere almeno una quinta, ma non riuscivo ad individuare nulla sotto. Immaginai portasse quegli slip semi invisibili in microfibra e lasciai perdere.
Facemmo una corsa alla parafarmacia mentre io entravo al supermercato.
“Signore Paolo, lei va comprare Fernet? Può comprare per me una bottiglia vodka poco prezzo piccola?” mi chiese. Non ebbi il coraggio di rifiutare, assentii e corsi al banco dei liquori, presi al volo le bottiglie e mi diressi rapidamente alla cassa veloce, pagai con la carta e uscii. Tamara era a sua volta appena uscita con una busta di carta ed uno shopper.
“Dove vuoi andare per il resto? Va bene qui al supermercato, vuoi andare da Tezenis, H&M o Intimissimi?” le elencai tutti i posti che avevo visto avrebbero potuto fare al caso suo.
“Tezenis ok” mi rispose sorridendo.
La guidai verso il negozio e mi fermai fuori.
“Guarda signor Paolo tu entra aiuta me!” mi disse sorridendo.
“Aiutarti a fare cosa?” le chiesi.
“Io deve trovare magliettone e pantaloncino. Tu pensa mutande. Poi reggiseno prende uno nero quinta coppa D non imbottito come questo e uno bianco” e mi mostra dallo scollo della maglietta la parte alta del reggiseno che indossa. “Deve avere fianco alto!” indicando il supporto laterale all’altezza del seno.
“Ma scusa, che mutande devo prendere?”
“Tu prende due perizzomi neri microfibra quarta, due string bianca quarta e due brasiliana bassa quarta tutto tinta unita microfibra. Colore no importa bianco nero rosso nudo” rispose.
Rimasi perplesso.
Mi avvicinai agli stand quando una signorina mi si avvicinò e mi chiese se avevo bisogno di aiuto.
“Beh, sto cercando dei perizoma in microfibra, degli string in microfibra, due brasiliane basse in microfibra. E poi un reggiseno taglia quinta coppa D non imbottito con la bretella larga e fianchetto alto. Anzi due. Uno bianco ed uno nero.” risposi.
“E’ per la signora lì?” mi chiese indicando Tamara che stava allo stand dalla parte opposta del negozio.
“Si, per lei”
“Ok, per la signora ci vuole questo” e mi mostrò un reggiseno del tutto simile, se non identico, a quello che mi aveva mostrato in parte prima.
“Si esatto, due. Quinta coppa D” le dissi.
“Di questo ne abbiamo solo uno nero ed uno nudo” mi rispose.
“Va bene, è lo stesso” risposi pensando che la funzione era quella di sostenere ed “uno metti uno lava”.
“Abbiamo delle brasiliane in microfibra abbinate. Le interessa? C’è la promozione” mi disse.
“Va benissimo. Taglia IV. Una nera ed una nudo” risposi.
“Guardi che alla signora la quarta va un po’ stretta, secondo me è meglio la quinta” disse con tono molto professionale, della serie “poi non venirti a lamentare”.
“Allora, prenda la quarta e la quinta e le portiamo in cassa. Poi, decide lei lì”
“Va bene signore. Poi mi diceva le serviva?”
“Perizoma. Microfibra. Sempre quarta.” risposi. “Anzi, facciamo come per queste. Prende sia la IV che la V e poi si vede lì”
“Per il perizoma non c’è problema, la quarta va bene. Anche queste nere e nudo?”
“Si, ok, grazie”
“Poi, mi diceva?”
“String, sempre due, stessa taglia”.
“String in microfibra terminati. Solo in finto tulle, questo modello ministring” e mi mostrò un mini perizoma che a mala pena avrebbe coperto il pube di una ragazzina.
“Ma questo è piccolissimo, dove c’entra la signora?”
“In realtà di questo esiste al massimo la L. Questa è una S.” prese dal cassetto la taglia corretta e me la mostrò. Era di poco più grande della S, non so quanto sarebbe stato utile a Tamara.
“Senta, non so che dirle… ne prenda uno nero ed uno nudo e andiamo”
“Ma non conosce i gusti di sua moglie, scusi?”
“Ma non è mia moglie! È la badante della mia vicina!” …si vabbè, quando mai c’avrebbe creduto? Difatti, ristette a guardarmi con uno sguardo perplesso.
Nel frattempo Tamara si era avvicinata.
“Oh, per fortuna, pensaci tu!“ le dissi facendo un passo indietro.
“No tu resta signor Paolo. Tu gentile tu molto bravo io prende roba tu scelto.” Indicando le cose in mano alla commessa.
“Guarda che queste non le hanno in microfibra!” indicando i perizoma string in tulle.
Ne prese uno, lo allargò tirandolo ai fianchi e disse annuendo “Questo va bene. Io prende due, questo nero e nudo. Ok?” rivolto alla ragazza che mi guardò ammirata. Avevo fatto centro!
Ci recammo alla cassa e Tamara si fece fare il conto.
Al momento del pagare prese il telefono, tolse la cover e prelevò delle banconote. Poi le spiegò e le contò.
“Io non ho tutti soldi. Io non prende questi e questi ” indicando i perizoma e gli string.
“Quanto è la differenza?” chiesi io.
“16,50, signore.” mi rispose la cassiera.
Tolsi una carta da dieci dal mucchietto che stava sulla cassa, la rimisi in mano a Tamara e dissi alla cassiera “metta 27,50 sulla carta” e mostrai il cellulare per pagare.
La cassiera mi porse il POS, avvicinai il telefono, autorizzai con l’impronta digitale e pagai.
“Tu troppo gentile sig. Paolo. Tu veramente buono io ridare te soldi dopo a casa”.
“Ma lascia perdere. Tratta bene la signora. Sii buona con lei. Per me va bene così.”
“No, tu trooppo buono. Io buona con signora Anna. Lei certe volte cattiva dare me della troia ma io non fatto nulla”
“Io non fatto nulla!” Non “Io non sono troia”. “Io non fatto nulla”. Per un istante pensai a questa cosa, poi mi dissi: “Dai, parla così male l’italiano…”
Arrivammo a casa per le nove e tre quarti, eravamo stati fuori solo poco più di un’ora.
Le detti le sue cose, detti la bottiglia di Fernet ad Anna (“Quanto ti devo? Prendi i soldi in cassaforte!”. “Ma dai, fa nulla, un mio pensierino per te!”), salutai e chiamai l’ascensore.
Prima però suonai alla porta del vicino. Mi aprì la moglie che ringraziai per avermi coperto. Le spiegai rapidamente la situazione e convenimmo che una badante senza auto era un problema.
Salutai, presi l’ascensore e salii a casa.
Entrai e chiusi la porta alle spalle.
Un massaggio?
Per prima cosa aprii le finestre. Casa era calda, era rimasta chiusa per un paio di settimane e l’aria era pesante. Accesi il ventilatore che stava in soggiorno e aprii a riscontro tutte le porte.
Poi presi la mia sacca e la portai in camera.
Tirai fuori la roba sporca e la portai in bagno, mettendolo dentro al cesto della roba sporca. Ne approfittai per spogliarmi ed aggiungere i capi usati alla pila. L’indomani sarebbe dovuta venire la filippina per ripulire la polvere e rimettere un po’ a posto.
Poi presi una maglietta pulita, un paio di calzoncini leggeri e andai a fare la doccia.
Aprii l’acqua, la feci scorrere un po’ in attesa che si scaldasse, poi mi infilai sotto quel getto potente che avrebbe dovuto togliermi di dosso quel po’ di tensione mista alla salsedine che avevo sul corpo, residuo di otto ore di navigazione all’aria aperta in mare.
Mentre mi lavavo sentivo ancora tutti i muscoli incordati, tesi, come se fossi ancora a bordo per assecondare ed anticipare i movimenti della barca in mare, nonostante fossero sei ore che ero sbarcato.
Passai la mano sull’inguine per lavarmi e sentii la ricrescita dei peli in maniera fastidiosa.
Non avevo più Sara, la mia estetista di fiducia, che si era trasferita a Dubai al seguito del suo miliardario marito russo già da un paio d’anni, e non avevo più trovato una professionista che sapesse coniugare la bravura con quella naturalezza nel trattare i gioielli di un uomo. Ogni tanto ricorrevo all’aiuto di qualche estetista volenterosa, ma per quanto concerneva l’inguine, dovevo fare da solo.
Presi quindi dalla mensola nella doccia la crema depilatoria che usavo per la zona, la applicai con attenzione su tutta le parti e attesi una decina di minuti, poi presi l’apposita spugnetta ed iniziai a risciacquare con movimenti circolatori fino a togliere il tutto. La manovra mi provocò una consistente erezione alla quale avrei voluto dare sollievo in qualche modo quando sentii suonare alla porta insistentemente.
Mi misi attorno al corpo l’asciugamano con il pisello ancora eretto, infilai le ciabatte e mi recai alla porta dicendo ad alta voce “Arrivo!”
“Signor Paolo apri!” disse una voce dietro alla porta mentre bussava con le nocche.
Era Tamara con un piatto in mano.
Aprii solo in parte, rimanendo in gran parte nascosto dietro e tirando fuori solo la testa.
“Scusa Tamara, ero sotto la doccia. È successo qualcosa?” le chiesi.
“No tutto a posto. Signora Anna dorme. Tu può fare entrare me?” mi chiese.
“Sono mezzo nudo, aspetta che vado a mettermi qualcosa addosso” ma non feci in tempo a finire che Tamara appoggiandosi alla porta la spinse spalancandola.
“Oh signor Paolo scusa tanto io … scusa. Ma tu non ti preoccupa, io conosco uomo, io tre mariti e quattro figli maschi!”. Della serie, non c’è molto che possa meravigliarla…
Mi feci da parte e la feci entrare, dopodiché le chiusi dietro la porta di casa. Accesi quindi la luce all’ingresso e mi accorsi che aveva i capelli bagnati e indossava uno dei nuovi magliettoni che aveva comprato, in tessuto di maglina di lycra molto sottile e molto trasparente, nonostante fosse di un color tabacco.
Aveva una profonda scollatura a V che le arrivava alla base del seno.
Si vedeva perfettamente che non indossava reggiseno, si intravedevano le areole ed i capezzoli premevano contro il tessuto leggero disegnando due collinette.
In mano teneva un piatto coperto con una scodella rovesciata.
Rimanemmo nell’ingresso, il ventilatore quando girava verso di me sollevava leggermente il lembo del telo che mi ero avvolto e chiuso ai lombi.
L’erezione post doccia era svanita, ma la visione di quei seni così grossi sotto quel tessuto leggero mi provocavano un certo turbamento al quale non rimasi insensibile.
“Come posso aiutarti, Tamara?”
“Io portato cena a Signore Paolo che è stato gentile con me. Ma prima fatto doccia e shampoo perché ero sporca. Poi cambiato maglietta e venuta su subito prima che tu prepara. Tu siedi?” mi disse.
Poverina, si era ricordata che non avevo cenato ed aveva portato quel che avevo preparato prima.
La ringraziai, presi il piatto e lo poggiai sul bancone della cucina a vista che era in soggiorno. Quindi mi voltai credendo di doverla accompagnare alla porta.
“No tu mangia, io aspetta tuo piatto e porto giù.” mi disse.
“Ma veramente…va bene, vado a vestirmi e poi mangio. Accomodati” le dissi.
“No, tu mangia ora che frittata si fredda. Tu non ti cambia se non ha freddo. Tu ora reazione doccia calda. Tu ora suda. Tu ora beve acqua, dove tenere tuoi bicchieri?” mi chiese scostando uno dei panchetti per farmi accomodare e poi girandosi verso i pensili della cucina.
“Tu non hai luce qui?” mi chiese.
“ALEXA, accendi luce bancone cucina e luce isola!” dissi. Tac, dopo due secondi si accesero le luci sopra il desk e quelle sul tavolone.
“ALEXA accendi luce cucina” aggiunsi ed i faretti sopra i pensili illuminarono quasi a giorno l’ambiente.
“Tu ha Alexa tutta casa? Tu accende solo luci?”
“ALEXA riproduci lista Bacharach Uno!” e dopo un paio di secondi attaccò “The Way to San Jose”.
“Tu grande scienziato con tua casa ALEXA!”
Povera Tamara! Credeva che saper programmare Alexa fosse privilegio degli scienziati.
“Grazie Tamara. I bicchieri sono nel secondo sportello, quello sopra al lavello…no, quello accanto. Grazie.
Guarda se in frigo c’è una bottiglia d’acqua in fresco.” le chiesi approfittando della sua collaborazione.
Aprì il frigo e vidi che avevo lasciato una confezione da 6 di bottiglie di birra Messina.
“C’è della birra: prendine due, ne beviamo una a testa” le proposi.
“Io veramente preferisce vodka con birra!” mi rispose sorridendo.
“Non credo di averne in casa, aspetta che guardo!” le dissi.
“NO! Tu non ti alza. Tu mangia.” Aprì un cassetto a caso e trovò subito posate ed apribottiglie.
Mi allungò una forchetta ed un coltello e tolse il coperchio al piatto.
Oltre alla frittata, ancora calda, c’erano alcuni pomodori ciliegino tagliati a metà ed un paio di fette di prosciutto crudo, di quello che avevo comprato nel pomeriggio.
“Tu non ha pane, giusto?” mi chiese.
“Dentro accanto al lavello, quello sotto, esatto, ci dovrebbe essere del pane in cassetta. Si, quello!” e mi allungò un paio di fette di pan bauletto.
Devo dire che la frittata, pure essendo molto semplice, era molto gradevole e saporita. Un po’ grassa d’olio, ma molto piacevole. Anche i pomodori erano ben conditi.
“Io sa che italiani non mettere cipolla insieme a pomidori. Io aggiunto solo olio sale e origano. Tu va bene?” mi chiese.
“Perfetto Tamara, proprio quel che mi piace.”
Nel giro di qualche decina di secondi spazzolai il piatto e poi con le due fette di pan bauletto raccolsi il sughetto dei pomodori.
Tamara mi tolse il piatto da sotto “Tu non fa scarpetta. Olio con pane buono ma cresce trigliceridi e colesterolo. Tu anziano e deve stare attento.” senza ammettere ingerenze.
Poi prese il piatto, lo sciacquò e lo mise nel lavabo. “Io porto via dopo. Ora tu finire tua birra e io accompagnare te a letto.”
“A letto?” risposi sorpreso.
“Ma mica sono un ragazzino!” aggiunsi.
“No ma tu ha collo che fa male e gira male a sinistra. E tu poggia male tua gamba destra. Io sono certa che tu ha problemi anche attaccatura coscia. Vero?” mi chiese.
Rimasi basito. Effettivamente avevo da un bel po’ una certa rigidità alla cervicale provocata da mesi di postura sbagliata dopo il mio ultimo infarto. Ed anche la gamba destra aveva qualche problema. In effetti in certi giorni facevo fatica a sollevarla e ad infilare i pantaloni.
“Ma come fai a saperlo, scusa?”
“Io a mio paese Belarus ero laureata, no, diplomata masage di terapia e manovre di correzione. Come chiamate voi dottore che aiuta vecchi a camminare?”
“Fisioterapisti” suggerii.
“Ecco, si, fisioterapia. Noi Russia avere grande cultura masage fisiatria. Noi masage prima di operazione perché operazioni pericolo masage no.” spiegò orgogliosa.
“Ora io ti accompagna tuo letto così io ti fa masage che fa bene”
Non so perché ma mi fidai.
“Ma dove lo facciamo scusa?” le chiese.
“Tu hai letto, no? Tu prende me lenzuolo doppio che io mette sotto di te per non sporcare con olio tuo letto.”
“Ma io non ho olio da massaggio!” dissi.
“Tu non avere olio semi girasole russo o olio arachide o olio oliva? Serve poco. Una tazza!”
“Si, olio ne ho. Ma sei sicura?” le chiesi.
“Si, sicura. Io dottoressa Tamara Qualchecosova. Io sicura di te fare splendido masage. Io poi dare te soldi quando signora paga me.” affermò senza accettare obiezioni.
Mi recai all’armadio e presi uno dei lenzuoli matrimoniali tra i più vecchi, quelli senza elastici, e glielo detti.
Poi entrai in camera “ALEXA accendi luce grande camera” e si accese il lampadario centrale illuminando a giorno la stanza.
Tamara stese il lenzuolo per bene poi mi chiese: “Tu dire me dove sta olio, tazza e forno microonde ok?”.
“Dunque … no, aspetta, vengo io.” e la precedetti in cucina. Aprii lo sportello basso e presi l’olio di semi di girasole, poi presi una ciotola di vetro che usavo per preparare il cazzimperio [pinzimonio, NdA] e gliela mostrai. “Può andare bene questa?” le chiesi.
“Benissimo. Io visto che tu ha spezie. Tu dai me cannella e uno chiodo di garofano, vuoi?” mi chiese.
Aprii il barattolino e tirai fuori un paio di chiodi. Poi le diedi la cannella in polvere. Infine le mostrai il forno a microonde.
“Comanda tu con Alexa?” mi chiese. Aveva già capito.
“Si. Quanto tempo deve stare dentro?” chiesi.
“Poco. Un minuto a 450. Anche un minuto e 15. Però serve presina. Hai tu tazza con manico?” mi chiese.
Le detti una delle mug che stavano sullo scolapiatti. “Poi io lavo. Dopo masage”.
Versò un quarto di litro d’olio dentro la mug, spezzettò e aggiunse i due chiodi di garofano e cosparse il tutto di abbondante cannella. Poi girò con un cucchiaino più volte la mistura che aveva preso uno strano colore ambrato scuro con riflessi verdastri.
“Prima che tu vai di là, dire me dove sta colino da the” mi chiese.
“Serve per filtrare olio. Anche carta scotex. Serve pure per filtrare olio e per pulire mani.”. Le diedi il rotolone e le indicai il cassetto delle posate da cucina.
“Ora tu va di là, tu ti toglie tutto asciugamano e mette te tutto nudo a pancia in sotto su letto su lenzuolo. Tu lascia fuori telo bagno che io uso per coprire parte massaggio. Tu spegni luce e accendi piccola luce se tu ha se no bene luce di fuori”.
“La musica serve?” le chiesi.
“Si tu ha musica masage molto bene ma non importante. Importante queste!” mostrando le mani.
“Ora tu va. Accendi forno ora grazie!”
“ALEXA accendi microonde 450 80 secondi. Ora!” comandai.
Mi affrettai in camera togliendo al volo il telo che avevo ancora addosso. Mi distesi a pancia in sotto come ordinato sul letto dove Tamara aveva preparato il lenzuolo doppio. Feci spazio sul comodino per permetterle di mettere la ciotola con l’olio.
“ALEXA spegni luce centrale camera. Accendi comodino B al 20% rosso.” Una flebile luce rossa si accese dalla parte opposta illuminando debolmente la parte della stanza opposta.
“ALEXA accendi comodino A al 20% giallo” e la luce sul mio comodino si attivò dipingendo di giallo tenue la mia parte. Mi ricordai di una skill che avevo usato qualche tempo prima che era in grado di pilotare le luci in modo da simulare una candela.
“ALEXA effetto candela comodino B 40%” e la luce del comodino dall’altra parte del letto iniziò a comportarsi come una candela con rapide e morbide variazioni di intensità e colore.
“ALEXA riproduci Selezione Tantra B” ed iniziò una musica da massaggio tantrico basata sui ritmi dei tamburi tibetani ed accordata sulle frequenze del primo e del secondo chakra. Sapevo che durava circa un’ora e mezza, e comunque avrei potuto ripeterla o sceglierne un’altra.
Tempo due minuti ed arrivò Tamara portando la ciotolina con l’olio caldo, il rotolone che poggiò per terra ed un piattino che poggiò sul comodino e sul quale mise la ciotolina.
“Vanno bene le luci?” le chiesi.
“La candela va bene. Questa meglio spegnere” mi rispose indicando.
“ALEXA spegni comodino A”.
“La musica?” chiesi.
“Perfetta. Un poco meno forte”
“ALEXA abbassa musica di 5”
“Perfetto. Ora signore Paolo tu abbassa testa, chiude occhi e fai quello che Tamara dice. Tu obbedire e basta. Korosho?”
“Dobra, dobra Tamara. Spasiba” e terminai con questo tutto il russo che conoscevo.
Qualche secondo, qualche movimento e Tamara mi versò direttamente dalla ciotola un filo di olio caldo sulla schiena, sui glutei e sulle cosce. Prima che colasse si affrettò a stenderlo dappertutto in modo sommario, raccogliendo anche quello che era colato in mezzo alle natiche. Iniziai subito a sentire un po’ di turbamento lì sotto.
“Ti dispiace se sposto…” e presi il mio pisello e lo spostai da sotto la pancia a in mezzo alle gambe.
“Tu deve stare comodo. E se tuo pisello cresce io contenta perché tu piace mio masage.”
“Ah, ok!” risposi.
Iniziò dalle gambe a salire con pompaggi a salire e manovre di sfioramento a scendere. Arrivata al ginocchio iniziò a piegarlo in modo quasi innaturale per me, applicando alcune torsioni che credevo mi avrebbero sfracassato quel po’ di legamenti che erano rimasti intatti. Poi frizionò tra sé stesse le mani con violenza come per riscaldarle. In effetti quando le applicò ai lati del ginocchio, all’altezza dei collaterali, sentii come se un ferro da stiro mi si fosse poggiato su entrambi i lati. Prese il telo e me lo poggiò sulla gamba per tenerla al caldo.
Proseguì dal ginocchio a salire lungo la coscia, ogni volta un dito più in su, fino ad arrivare al gluteo, per poi riscendere ancora verso il ginocchio. Altri dieci minuti dedicati alla coscia.
Poi, esattamente lo stesso procedimento applicato all’altra gamba. Al termine, dopo aver scoperto entrambe le gambe, mi fece una serie di sfioramenti ed impastamenti rapidi partendo dai polpacci a salire fino ai glutei, questa volta con qualche rapida incursione all’interno coscia ed sul cavo inguinale da entrambi i lati. Un paio di volte mi toccò con insistenza il membro ed i testicoli, provocandomi un lieve turbamento.
“Tutto bene signor Paolo?” mi chiese dopo aver ravanato un po’ lì sotto. “Tamara dare fastidio qui?” mi chiese sfiorandomi la cappella.
“No, nessun fastidio Tamara. Tutto bellissimo. Sei molto brava” dissi.
“Spasiba” rispose con un tono riconoscente.
Mi ricoprì con il telo fino a mezza coscia, un paio di dita sotto la plica delle natiche.
Prese un po’ d’olio e lo passò rapidamente sui glutei e sulla base della schiena all’altezza delle vertebre lombari. Poi si dedicò al massaggio.
Massaggio?
No, un impastamento continuo come se un esercito di pizzaioli stesse preparando la pasta della pizza con le mie natiche. Ogni centimetro cubo di massa veniva sciolto, spostato, rispostato, con una serie di movimenti circolari che andavano da sopra a sotto passando per i fianchi e per il solco sacrale.
Poi, un altro goccio d’olio colato con le dita proprio all’interno del solco, al termine dell’osso sacro. E ora due mani si infilano lì dentro, una alla volta, ravanando all’interno del solco, scendendo per il perineo fino al sacco scrotale, anch’esso oggetto di manipolazione assieme ai testicoli, separati, spostati, massaggiati al pari dei glutei. E poi quel ditino impenitente che ogni tanto scappava a titillare lo sfintere, sicuramente non casuale…
E dopo altri dieci minuti di piacevoli impastamenti e titillamenti, tolse un’altra volta il telo per massaggiare compiutamente dai piedi alla schiena questa volta passando anche per l’interno cosce senza preoccuparsi di toccare il mio membro che evidentemente non era più addormentato.
Qualche rapida passata e mi ricopre con il telo.
Nonostante la temperatura calda, era piacevole stare sotto al telo e rimanere con il calore generato da quelle stimolazioni.
Ora toccava alla schiena.
Altra passata d’olio, stesso procedimento di spandimento e di oliatura, poi una serie di pressioni lungo la colonna, salendo con energia verso il collo. Questa volta, si scendeva lateralmente impastando i muscoli dorsali all’altezza delle coste. Altri cinque o sei minuti di trattamento, durante i quali mi sentii sciogliere le fibre muscolari una ad una. Arrivata al collo mi disse: “Signor Paolo si sposta più in là devo salire sopra di te seduta sulle gambe”.
Mi spostai puntando le ginocchia ed i gomiti per farle spazio. Lei scavalcò la mia schiena e si sedette letteralmente sulle mie cosce. Notai per la prima volta il contatto con qualcosa diverso dalle mani e dalle braccia: erano le sue cosce, a dir la verità un po’ sudaticce, che si appoggiavano sulle mie, ed il tessuto dei suoi slip a contatto con la mia chiappa destra.
Prese quindi la testa ed iniziò a tirarla indietro facendomi compiere alcune articolazioni prima a destra poi a sinistra. Quindi mi chiese da quale parte avessi più dolore e difficoltà a girarla.
“A sinistra. Quasi non riesco. Faccio fatica, quando esco da uno stop, a capire se arrivano macchine o meno.”
Le mi prese la testa tra le mani e me la girò lentamente a sinistra forzando piano piano, millimetro dopo millimetro. Poi la rimise al centro, mi prese la fronte con entrambe mani e tira all’indietro, facendomi inarcare verso di lei fino a che non sentii uno schiocco fortissimo ed un senso di stordimento momentaneo. Mi fece riappoggiare lentamente con la testa al materasso girata verso sinistra. Tolse il telo del tutto, riprese un po’ d’olio e ripassò tutto il corpo, senza tralasciare alcun punto. Quindi infilò la mano oleata in mezzo alle gambe, prese il mio pisello che nel frattempo era cresciuto e lo stimolò da dietro.
Divenne così duro da provare dolore a tenerlo piegato in basso. Lei capì e mi mise a ginocchioni, il busto sorretto sui gomiti. Prese altro olio e mi unse abbondantemente lo sfintere mentre iniziò una lenta masturbazione.
Mentre mi accarezzava e mi stimolava delicatamente, infilò prima uno e poi due dita nel mio sfintere.
Non ero nuovo a questa pratica, sapevo che era propedeutica ad un massaggio prostatico.
“Tu Signore Paolo vuole masage prostatico o tu pensa che essere cose da frocio?” mi chiede.
“No no, continua!” le sussurro mugolando dal piacere.
Le sue due dita si spinsero dentro per quattro o cinque centimetri. Sentii che era arrivata all’altezza del sacchetto e che lo massaggiava spingendo leggermente con le dita facendo dentro e fuori. Iniziai a mugolare di piacere, sentivo di essere vicino; lei smise di masturbarmi il pene e premette con più forza dentro il mio sfintere fino a che non eiaculai con violenza, un piacere intenso ma diverso da quello che provavo solitamente con la stimolazione del pene.
Tamara riprese quindi a mungere ed a far uscire tutto lo sperma dal dotto spermatico, prese un pezzo di scottex e pulì prima il glande poi il lenzuolo togliendo tutto il liquido che avevo prodotto in gran quantità.
“Ora si può girare” mi disse all’orecchio.
Obbedii e finalmente riuscii a vedere il suo corpo.
Non era differente da come lo avevo immaginato: il classico donnone slavo, spalle e bacino grossi, seno prosperoso, ventre pieno e vita appena segnata. Non grassa, ma nemmeno magra.
Era…tanta. Il seno, pur essendo grosso, non era cadente; avrei immaginato che, con quella massa e alla sua età, sarebbe stato più floscio; invece risultava essere piacevolmente sodo e sostenuto alla vista.
“Ma il massaggio prostatico era necessario ora?” le chiesi.
“Si, perché tu aveva energie negative e tuo sperma cattivo. Meglio svuotare ora prima di fase positiva masage”.
“Capito. Ma fa parte della procedura normale? Lo hai fatto altre volte?”
“A mio paese di Minsk certe volte si certe volte no. Con donna facio simile con mano.”
Mi sentivo tanto Cruciani con Parenzo e lasciai perdere, abbandonandomi alla seconda fase del massaggio.
Tamara prese la cuccuma dell’olio e ne fece colare un bel po’ sul petto, sulla pancia, sul pube e sulle gambe.
Poi ne prese un altro po’ e ci si unse mani, braccia e seno.
Iniziò quindi a massaggiarmi con il seno, facendolo scorrere da sopra a sotto e da sotto a sopra. Dopo un paio di passaggi sul membro, esso era divenuto della consistenza del prugnolo e nella sua totale, non indifferente dimensione. Quando ci passava le tette sopra, soprattutto nello scendere, poi le sbatteva sulla bocca, peraltro aperta.
Ansimava e sudava tanto si dava da fare, Tamara.
Apprezzavo però molto i suoi sforzi.
Dopo una decina di minuti di faticoso per lei e piacevole per me massaggio con le tette, decise di dedicarsi di nuovo al massaggio tradizionale.
Cominciò quindi dalle gambe con analoghe manovre di pompaggio, sfioramento ed impastamento, risalendo via via per il corpo.
Il mio pisello non si era più sgonfiato da prima, ma ciò non le impediva di trattare tutte le parti. Quando necessario, lo spostava con la mano o con il polso.
Poi si dedicò come promesso all’articolazione della gamba destra. Mi fece provare tutte le posizioni, gli allungamenti, le contrazioni fino a che non dette il suo parere.
“Tu ha problema all’articolazione. C’è come cuscineto di cartilagine sopra testa di osso che fa tipo grasso e facilita movimento”
“SI, si chiama capsula coxo-femorale” le risposi suggerendole il nome in italiano. Non avevo alcuna idea di come si dicesse in russo. “E credo di avere la coxoartrosi” conclusi.
“Da, koksartroz bedrennoy kosti” mi rispose pensierosa. Feci il verso universale di non aver capito e lei mi spiegò.
“Tu ha detto koksartroz, io aggiunto coxartros a …come si dice questo osso qui?” premendomi sul femore.
“Femore”.
“Da, bedro. Femore” tradusse a se stessa.
Rimase pensierosa.
“Tu deve fare ginnastica e dimagrire peso. Poi deve mangiare molta verdura, poca carne di bue e molto pesce. Poi deve prendere kurkumin e imbir.”
“Curcuma ok, ma imbir, che vuol dire?”
Si concentrò un momento e poi tradusse “Zenzero”
“Ah, zenzero. Ok. Ne parlo con il medico. Ma tanto so che mi dovrò operare” le dissi.
“Tu fai me provare per due settimane con masage e tuo mangiare. Cucino io per te cose tue” mi disse.
Onestamente non avevo preclusioni, i massaggi alla fine erano molto piacevoli e mi sarebbero costati quattro soldi rispetto alle parcelle di un fisioterapista.
Le dissi pertanto che andava bene e che sarei ricorso a lei per i massaggi.
“Ora però continuare masage che non finito” disse prendendo la cuccuma dell’olio.
“Serve altro olio. Puoi tu comandare forno da qui o tu deve venire in cucina?” mi chiese.
“No, no, lo posso fare da qui. Vai pure, tanto sai dove sta la roba. Quanto deve stare?”
“Ora meno, uno minuto è buono.”
Si alzò e andò con il piattino e la ciotola e gli scottex usati per pulire verso la cucina. Ammirai il culo, ben disegnato dal perizoma. Anche le sue chiappe erano grosse, ma sode e proporzionate. Era tutto sommato un bel vedere.
“ALEXA accendi luci cucina” dissi ad alta voce.
Sentii Tamara che apriva e chiudeva gli sportelli mentre si dava da fare per preparare l’olio.
Poi sentii sbattere ripetutamente sulla credenza e le chiesi cosa fosse successo.
“E’ chiodo di garofano tritato” rispose.
“Accende ora forno” mi chiese dopo qualche minuto.
“ALEXA microonde sessanta secondi” ordinai.
“Ora però potenza 600 uat. Olio essere più caldo, bene così chiodo di garofano meglio assorbito” e dopo qualche secondo ancora sentii il ding di fine cottura.
“Io filtro bene e poi viene da te” mi disse mentre si dava da fare in cucina.
La sentivo soffiare sulle dita “Olio scotta ora. Io porto di là e andare momento in bagno. Tu spegni luce qui. Bagno dove essere?” mi chiese.
“È qui” indicandole la porta nascosta nella parete.
“ALEXA spegni luce cucina.”
“Ora tu abbassa poco luce” mi chiese dal bagno mentre tirava lo sciacquone e sentivo aprire il bidet.
“ALEXA spegni comodino B. Accendi comodino B rosso 15%” dissi. Avevo sentore che la luce rossa sarebbe stata perfetta.
Sentii la porta aprirsi e nella penombra intravidi la figura di Tamara.
Ora non è più un massaggio
“Ora tu chiude occhi e pensa a cose belle” mi disse.
Si mise in ginocchio accanto a me, la sentii prendere la ciotola e mi versò parecchio olio sul pisello.
Iniziò quindi a massaggiarlo con particolare attenzione. Tempo pochi secondi e fu subito di nuovo dritto.
“Ora questo è masage divertente per me e te. Lascia tue cose brutte fuori testa e pensa solo a cose belle. Tamara ora fa magia” mi sussurrò.
Stese l’olio sul resto della pancia e del pube con una mano mentre con l’altra teneva il mio membro alla base.
“Tu tolto tutto pelo qui. Molto morbido. A me piace uomo con pelo ma a me piace anche così liscio liscio” mi sussurrò.
Le sue mani scorsero su e giù per l’asta, stringendomi i testicoli ed accarezzandomi lo scroto ed il perineo. Poi mi fece sollevare le gambe e si mise a leccarmi il buchetto che aveva poco prima aperto. Sentivo la lingua entrare e penetrarmi lentamente. Brividi di piacere mi scuotevano. Erano sensazioni non nuove, ma era tempo che non le provavo più.
Mi fece riabbassare le gambe, salì sul letto e si mise in mezzo alle mie. Chinò la testa e mi prese in bocca fino alla base in un unico fluido gesto. Rimase impalata, sopportando conati e i sensi di soffocamento che provava ad avere in bocca un paletto di 20 cm. Poi piano piano il suo esofago smise di contrarsi. Si ritirò, leccò bene in punta e poi lo prese di nuovo in punta fino in fondo. Fece questo giochetto per qualche altra volta fino a quando le feci capire che non sarei resistito per molto.
Allora fece una cosa molto strana. Infilò un dito nella vagina e tirò fuori qualcosa che mise subito in bocca, almeno così mi parve. Poi riprese a fare un pompino lento e profondo. Uscii dalla bocca per entrare subito dentro di lei. Era calda, accogliente, larga. Sentivo le rugosità interne dei tessuti e gli sfinteri dilatati dai molti parti. O dalla quantità di membri?
Iniziò a fare su e giù su di me con decisione.
“Ma … il preservativo?” le chiesi.
Prese la mia mano e la guidò verso la base del mio pene ove mi fece sentire la consistenza gommosa del dispositivo di protezione. Non mi ero accorto che me lo aveva infilato con la bocca!
Riprese a pompare come se fosse insaziabile. Sentivo nonostante la gomma i suoi liquidi scorrere abbondanti. Poi si inarcò all’indietro, dette altre quattro o cinque spinte e venne con un orgasmo intenso che le fece tremare le gambe. Si distese su di me e poi riprese a fare su e giù. SI distese di nuovo ed ebbe un altro orgasmo.
Io mi ero nel frattempo allontanato dal punto di non ritorno e mi dedicai a lei.
Uscii dal suo corpo, mi stesi in mezzo alle sue gambe ed iniziai ad accarezzarle il clitoride mentre le infilavo due dita dentro.
Ebbi modo di apprezzare che anche lei era depilata. Le sue grandi labbra erano spesse e gonfie, lucide di liquido e di olio. Mi chinai con la bocca e succhiai il suo clitoride provocandole fitte di piacere.
Provai quindi ad infilarle un dito nell’ano, pronto ad un suo rifiuto. Invece lo trovai pervio e pronto a ricevere. Incuriosito, provai ad inserire prima un altro, poi tre dita, poi quattro dita fino al palmo della mano.
Aveva uno sfintere così elastico che sembrava di gomma.
“Tu vuole infilare braccio lì o preferisce tuo cazzo?” mi chiese.
Non avevo alcuna esperienza di fisting per cui le dissi “Mah, io quasi quasi preferirei il pisello”.
“Io pure preferisco cazzo di signore Paolo in mio culo” disse ridacchiando. Non mi feci pregare, mi accostai a lei che mi guidò dentro di sé.
“Oh, si, cazzo lungo e grosso. Buono per mio culo rotto!” disse ad altra voce, ansimando ai miei colpi.
Feci un bel po’ di volte dentro e fuori.
Mi divertivo a tirarlo fuori dal buco, vederglielo aperto, una O in mezzo allo spacco, per poi rinfilarlo in un colpo solo fino in fondo.
Le piaceva, la sentivo ansimare e dire parole in russo che non riuscivo a capire se non DA!, Si!. e YESCHE! Ancora!
Poi ricominciai a trapanarle la vagina, sperando di venire anch’io.
Iniziavo ad essere stanco e a non sentire più lo stimolo quando mi infilò un dito al culo stimolando la prostata.
In men che non si dica ebbi un altro orgasmo potentissimo dentro di lei.
Rimasi un po’, poi mi tolsi, mi distesi sulla schiena e ristetti così, a quattro di bastoni.
Tamara prese il condom e me lo sfilò. Poi si chinò su di me e si dedicò alla mia pulizia, suggendo ogni goccia residua del mio sperma.
“Tua sborra dolce. Tu ha diabete. Tu mangia troppo zuccheri” mi disse.
In effetti, sapevo di essere in una condizione pre-diabetica e che avrei dovuto fare da lì a poco una serie di esami per capire che tipo di approccio avere nei confronti di questa patologia.
“Ma ne sai una più del diavolo!” le dissi.
Restammo ancora un po’ a letto e poi si alzò, si infilò di nuovo il perizoma, prese il condom con la carta e andò in cucina e poi tornò per salutarmi. Si era rimessa il magliettone ed aveva in mano i piatti che aveva portato su.
Feci per alzarmi ma qualcosa mi teneva inchiodato al letto.
“Tu non alzare. Tu resta letto, dato molto per vecchietto quasi settanta anni stasera. Tu splendido zherebets, come si dice cavallo maschio?” chiese.
“Stallone” risposi. “Stallone da monta” aggiunsi.
“Da, tu mi ha montata bene stasera mio stallone. Tamara contenta di sesso con stallone anziano” replicò sorridendo.
“Tu ora fa mio numero” e mi dettò il suo telefono. Composi il numero sul mio e sul suo display comparve il mio nome.
“Ma come fai a sapere? Lo hai letto sulla porta?”
“Io ho app che dice me chi chiama. Si chiama Sync.Me” mi rispose
Si chinò, mi baciò sulle labbra e se ne andò chiudendosi dietro la porta di casa.
Feci appena in tempo a comandare “ALEXA spegni tutte le luci” che crollai in un sono profondo.
Mi svegliai la mattina successiva un po’ scrocchiato e con il pisello in fiamme.
Andai in bagno, feci quel che dovevo fare e mi buttai subito sotto la doccia.
Mi vestii e preparai la colazione. Memore di quello che mi aveva detto, evitai di prendere la fetta biscottata con la marmellata e presi invece del miele, sicuramente meno pesante dal punto di vista del diabete.
Avevo il mio telefono accanto, guardai se c‘erano messaggi o chiamate e andai sui numeri chiamati. Mi apparve il numero di Tamara che non avevo ancora memorizzato.
Lo salvai in rubrica come “Tamara Badante Anna” e lo copiai in memoria.
Poi, casualmente mi capitò di pensare di cercare su google e lo incollai sul browser.
Fui sorpreso. C’erano almeno dieci riferimenti ad altrettanti annunci recenti sui maggiori siti di escort e bacheche varie. Provai ad aprirne uno e tac!, era lei, erano le sue foto. La sua fica in primo piano come l’avevo vista io, le sue tette, i capelli biondi e gli occhi azzurri.
Era lei.
Era una massaggiatrice.
“Sono tornata, solo a casa tua, completissima, reale, no rifatta. Mi piace succhiare e se sei bravo ti faccio provare anche il mio lato B. Solo se generoso vengo io da te.” ed il telefono.
Hai capito la fisioterapista del cazzo!
Epilogo
Ci rimasi male. Alla fine, con me non si era comportata da mignotta. Si, aveva dimostrato di possedere numerose doti specialistiche ed il perfetto controllo della bocca, ma non mi sarei aspettato di incontrare, anzi, di far salire una mignotta a casa mia.
Allora aveva ragione Anna a dire che era una troia!!!
Quando tornai dalle commissioni che dovevo fare, passai da Anna pensando di trovare Tamara.
Mi aprì invece la vecchia megera dominicana, che era tornata anzi tempo ed aveva cacciato via di casa la bielorussa rea di aver mangiato le sue cose!
Entrai e salutai Anna.
Mi fece un cenno di seguirla sulla sedia a rotelle e di andare in camera sua.
Spinsi la sedia ed entrammo in camera.
“Chiudi la porta” mi disse.
Si appoggiò allo schienale, congiunse le mani e mi disse: “Te l’avevo detto che quella era una troia. Quella stanotte è venuta su da te mentre facevo finta di dormire, dopo che s’era fatta la doccia, lavati i capelli e messa quella roba mezza trasparente che doveva essere una camicia da notte.”
“E scommetto che te la sei scopata, anzi. te s’è scopata fino a che non è riscesa giù, vero?!”
Annui.
Non aveva senso negare.
Anche perché, alla fine, ero da solo, vedovo, non dovevo niente a nessuno.
“Si. È vero.” confessai.
“Ora mi spieghi come facevi a sapere che era una mignotta” le dissi.
“Semplice, me l’ha mandata quella mignotta de mia nipote, e quelle che stanno co’llei so’ tutte troie.”
Purtroppo Tamara è dovuta partire per tornare al suo paese vicino Minsk. Uno dei suoi figli è stato arruolato nell’esercito di Lukashenko e sarà spedito a fare la guerra in Ucraina.
Triste dover pensare a tuo figlio che potrebbe morire in battaglia.
Ma ottant’anni fa, non avevamo giurato basta guerre?
Paolo Sforza Cesarani
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