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Storia della mia vita 20


di Moltoesigente1
13.03.2024    |    2.948    |    4 9.5
"Bussò alla porta del bagnetto interno..."
Continuazione da STORIA DELLA MIA VITA 19

CAPITOLO 20 - IL TRADIMENTO E UNA NUOVA SCHIAVITU'

Quel pomeriggio ero rimasto a riposare nel lettino sotto la tenda della roulotte, prima di andare al mare.

Dopo essermi rialzato e essermi rinfrescato, mi raggiunse Manola. Mi disse: “Voglio portarti da una persona che vende dei cappellini per il sole. So che tu cercavi un cappellino perché stai sempre al sole con il capo scoperto. Vieni.”

Io, per la verità, non avevo la benché minima voglia di andare a vedere cappellini, ma Manola mi prese per mano in un modo che non ammetteva molte repliche.

Attraversammo quasi tutto il campeggio, percorrendo vialetti in cui non ero mai andato. Arrivammo a un camper molto bello e grande, anch’esso preceduto da un soggiorno coperto dalla tenda e pavimentato con lastre di plastica forate (noi non avevamo la pavimentazione). Un tavolo, quattro sedie e un comodo divanetto integravano l’arredamento.

Manola si avvicinò alla porta del camper e bussò. Non rispose nessuno. Provò allora a girare la maniglia e la porta si aprì.

Era una cosa molto strana perché la serratura funzionava a combinazione e per aprirla occorreva sempre conoscere la sequenza.

“Sandra?” Provò a chiedere entrando e portandomi dentro. Bussò alla porta del bagnetto interno. “Sei qui?” Ancora nessuna risposta. Non mi sembrava molto educato entrare in un camper altrui senza la padrona, ma Manola mi disse di attendere lì, mentre lei andava a cercarla.

Il camper all’interno era grande, molto curato ed elegante. Si vedeva che chi lo possedeva era una persona di un certo buon gusto e anche piuttosto abbiente. Mi guardai discretamente intorno, ma avrei voluto uscire subito per non farmi trovare lì se fosse rientrata improvvisamente la proprietaria: sarebbe stato oltremodo imbarazzante.

Mentre Manola era quasi sulla porta, entrò una persona e lei, senza una parola, sgattaiolò velocemente fuori passando dietro alle spalle della nuova entrata e chiuse la porta del camper dietro di sé.

Mi si gelò il sangue nelle vene. Era Ingrid! Abbronzatissima nel suo due pezzi bianco. Veramente stupenda.

Io rimasi impietrito. Mi si era chiusa la gola e non riuscivo più a deglutire. Mi colse uno strano timore. Sicuramente Ingrid mi avrebbe violentato di nuovo e forse anche più volte, visto che ero in casa sua. Ebbi paura che mi volesse anche fare del male con una certa crudeltà, anche se non mi sembrava affatto che fosse sadica, almeno a giudicare dal nostro primo incontro.

Mi resi anche immediatamente conto del tradimento di Manola. Ero assolutamente sicuro di quello che era successo: Manola aveva tentato di conquistare Ingrid e lei, a quel punto, aveva accondisceso alle sue voglie. Ma certamente non le aveva fatto assaporare e godere tutta l’imponenza e la durezza del suo cazzo, che per Manola era diventata un’ossessione, senza una contropartita: in cambio, Manola avrebbe dovuto rapirmi e consegnarmi a lei, portandomi nel suo camper.

Una rapida occhiata all’intorno con la coda dell’occhio mi fece capire che non avevo scampo. Non esistevano vie di fuga. Ammesso, onestamente, che avessi davvero avuto voglia di fuggire, anche se avessi potuto.

Guardavo in basso, ansimando con respiri brevi ma profondi, il cuore che mi batteva fortissimo. Provavo una vaga mistura di paura per quello che mi attendeva e di eccitazione per essere prigioniero di quella donna stupenda.

Ingrid si mosse lentamente verso di me e io, istintivamente, indietreggiai. Mi trovai con la schiena contro la parete. Ormai mi aveva alla sua mercè.

Mi prese le braccia senza forzare, quasi con delicatezza. Io non opposi alcuna resistenza. Sarebbe stato inutile. Mi mise le mani dietro la schiena e strinse una fascetta che aveva in mano intorno ai miei polsi.

Facendo questo Ingrid mi aveva praticamente abbracciato e io avevo sentito la carezza dei suoi capelli sul mio viso e il profumo della sua pelle. Furono sensazioni vive che mi procurarono una forte emozione. Ebbero il merito di allentarmi un po’ la tensione generata dalla paura.

“La scongiuro, signora, non mi faccia troppo male!” Pregai con voce tremula e quasi piangendo.
“Ma no, piccolo.” Sorrise quasi ridendo con compiacimento. “Neppure a me piace farti troppo male. Non sono assolutamente una sadica che gode del sangue o altre cose eccessive che mi fanno ribrezzo. Voglio solo divertirmi un po’.”

Ingrid indietreggiò di un passo per guardarmi: molto impaurito, implorante, lo sguardo basso e le mani legate dietro la schiena, la stavo eccitando come non mai, come vidi chiaramente dallo slip del suo bikini che non riusciva più a contenere la sua formidabile erezione. Capii che intendeva gustarmi lentamente, centellinando ogni istante dell’avermi finalmente in suo possesso. E io ci calcavo un po' nel mostrarmi intimorito e tremante.

Si riavvicinò e dopo avermi sollevato dolcemente il mento, mi abbracciò e sfiorò le mie labbra con la punta della lingua.

Mise un braccio intorno alle spalle e uno intorno alla vita, accrescendo la mia sensazione di totale dipendenza da lei, già indotta dai polsi legati dietro. Socchiusi le labbra e chiusi gli occhi, in attesa della penetrazione della sua lingua e godendo del durissimo bastone che sentivo premere contro il mio ventre. Quando entrò, lentamente, ma inesorabilmente, esplorò con cura tutta la mia bocca e si avvolse intorno alla mia lingua.

Provai un languore che mi pervase tutto e mi rese le gambe molli. Era la seconda volta che mi baciava, ma stavolta era una cosa così intensa che il mio cervello non comandava più il corpo. Mi lasciai andare completamente. Ingrid percepì il mio totale abbandono e aumentò la stretta delle braccia, penetrando più profondamente con la lingua, come se volesse inglobarmi dentro di sé.

Si staccò e mi condusse, sempre con delicatezza, davanti a una brandina corta contro la parete. Mi sollevò una gamba, piegandomi il ginocchio e appoggiandolo sul materasso. Poi fece la stessa cosa con l’altra gamba e mi ritrovai in ginocchio sulla brandina.

Dal lato corto libero del lettuccio (l’altro lato era contro la parete del bagno) estrasse un meccanismo che aprì e che inizialmente non riconobbi. Quando però mi prese la testa dietro la nuca e, senza mai usare la forza, mi costrinse ad abbassarmi in avanti, mettendo il collo nell’incavo imbottito dell’asse, capii che era una gogna! Richiuse il meccanismo e, sempre con calma, legò strettamente le mie caviglie alle due sponde della brandina.

Ero un po' terrorizzato perchè non sapevo cosa volesse farmi. Completamente paralizzato, inginocchiato sulla brandina piegato in avanti, i polsi legati dietro la schiena, le caviglie immobilizzate e il collo bloccato nella gogna, non mi ero mai sentito così privo di ogni volontà, così completamente posseduto da un’altra persona e così rassegnato alle sue decisioni su cosa fare di me.

Ingrid mi calò lentamente gli slip fino alle ginocchia. Poi toccò delicatamente il mio cazzo che tradì clamorosamente il mio stato. Spaventato sì, ma con l’erezione al massimo. In fin dei conti, l’essere così strettamente legato e messo alla gogna era terribilmente eccitante e anche Ingrid era troppo provocante per averne solo paura.

Aprì un mobiletto e ne estrasse un nutrito set di cazzi di lattice di dimensioni crescenti. Li posò vicino al mio viso e mi guardò. Io fissai tutti quei cazzi con apprensione, poi voltai gli occhi in su per un breve attimo per capire l’espressione di Ingrid e li riabbassai subito. Ingrid prese il terz’ultimo cazzo, che non era grossissimo come gli ultimi due ma era comunque decisamente ragguardevole.

“Ecco, questo potrebbe andare” Disse lentamente.
Sgranai gli occhi. “N… no, no…. Per favore, signora, no… per favore…”

Lo cosparse abbondantemente di lubrificante e fece lo stesso nel solco delle mie natiche, aperte e indifese, dato il modo come mi aveva immobilizzato. Sentii il fresco della crema nel mio buchetto e il dito di Ingrid che la spalmava.

“La prego, signora…. La prego… no, no.”
Puntò il grosso cazzo contro il mio ano e cominciò a premere leggermente. Quell’arnese era veramente molto, molto grosso. Persino più grosso di quello con cui mi ero esercitato la prima volta, già più grosso di tutti i cazzi che avevo poi preso successivamente nel culo.

“Signora. La supplico…. no, no… è troppo grosso… non ci riesco… la scongiuro… “
Si fermò un attimo. Ma poi riprese a spingere, curando sempre di farlo senza violenza e quasi senza volermi procurare troppo dolore.

“Aaaahhh…. Aaaahhhh… no, signora, la supplico…. è davvero troppo grosso…. Aaahhhh….” Piagnucolai.

“Rilassati. Sei troppo teso. Se ti rilassi, andrà tutto bene.” Disse Ingrid con dolcezza.

“Signora, non posso prenderlo. E’ troppo grosso. Non lo faccia, per favore.”

“Ascolta, piccolo. Ho deciso che lo dovrai prendere, e così dovrà essere.” Parlava sempre con molta dolcezza.
“Ora tu ti rilassi, ti lasci andare e pensi che devi farlo perché questa è il mio volere e io voglio così da te.”

Ansimavo. Anche solo usando le parole, in tono calmo ma fermo, mi stava dominando mentalmente. Ormai ero completamente succube della sua volontà.

“Si, signora…. proverò…. Cercherò di fare quello che vuole lei….. Ma non si arrabbi, per favore, se non ci riesco…”

“Stai tranquillo. Io non ho nessuna fretta. Vedi? Sei ancora troppo teso, lo sento…. rilassa i muscoli del culetto.”

Provai a abbandonarmi di più e Ingrid ne approfittò per spingere il grosso cazzo oltre il mio buchetto.
“Aaaahhhhh…. È tanto, tanto grosso, signora… mi fa male….”
“Si, ma è entrato. Hai visto? Sei stato bravo. Mi hai ubbidito.”

Mi mise una cintura e vi fissò delle strisce di pelle che fungevano da tiranti per tenere il grosso cazzo ben fisso dentro il mio culo.

“Tra pochissimo non ti farà più male e ti piacerà molto.”

Mentre così strettamente legato cercavo di ridurre il dolore nel culo rilassando il più possibile i muscoli dello sfintere anale, Ingrid mi accarezzò la testa bloccata dentro la gogna, passandomi dolcemente le dita fra i capelli.

Era una cosa strana. Era un gesto nuovo che non mi aveva mai fatto nessuno. Chiusi gli occhi e mi concentrai sulle sensazioni che quella carezza mi procurava. Sembrava quasi che le dita di Ingrid fra i miei capelli riuscissero a ridurre di intensità anche il dolore nell’anello dell’ano che si era dovuto allargare come mai era avvenuto prima.

Ingrid prese una seggiolina e la mise di fianco alla branda, proprio davanti al mio viso. Prima di sedersi si era tolta gli slip e non riuscivo a credere a ciò che mi si parava davanti agli occhi. Il suo cazzo in piena erezione era una vera meraviglia della natura.

Aprì la gogna per liberarmi la testa, in modo da permettermi maggiori movimenti. Ma non aspettò che fossi io ad adorarle il cazzo, nonostante fossi già così infoiato alla vista di quello splendido arnese, che avevo già la bocca semiaperta e piena di saliva.

Mi prese la testa con entrambe le mani, tenendomi i capelli e, mentre io avevo già sporto tutta la lingua, mi condusse dalla base del cazzo su su, lentamente, verso la sommità.

Mi soffermai con la punta della lingua sul suo frenulo, suggendo avidamente il liquido dell’eccitazione uscito dalla fessura del glande, mentre sentivo Ingrid fremere ad ogni mio tocco in quel punto. Poi infilò il suo bel grosso cazzo nella mia bocca e cominciò a dettare il ritmo del pompino guidando la mia testa in su e giù, mentre io stringevo le labbra intorno all’asta e succhiavo. Non spinse mai verso la gola, per non provocarmi conati di vomito o comunque sensazioni spiacevoli che avrebbero influito in modo negativo sulla mia eccitazione.

Era veramente un oggetto di marmo. Non avevo mai sentito un cazzo così duro. Non capivo più niente. Le sensazioni di piacere che provavo nel culo - ormai allargatosi a sufficienza – e il cazzo durissimo e pulsante di Ingrid nella mia bocca mi avevano ormai portato sul punto di venire, anche senza essere toccato.

Ma Ingrid era ancora più partita di me e accelerando il movimento della mia testa, esplose in un orgasmo travolgente, gemendo e sospirando per lunghi, interminabili istanti.

La mia bocca era talmente piena con lo sperma di Ingrid che non riuscii a ingoiarlo tutto e le lasciai il cazzo non completamente pulito. Ingrid non se ne curò e dopo qualche secondo di riposo si mise di fianco alla brandina e afferrò, da sotto, il mio cazzo vigorosamente eretto, cominciando a masturbarmi lentamente.

Io, intanto, non potevo fare a meno di muovere voluttuosamente il bacino avanti e indietro per godere della sensazione che mi dava il cazzo nel culo e il mio sfintere che si apriva e chiudeva intorno ad esso. Ma mi vergognavo di fare vedere a Ingrid quanto mi piaceva e mi trattenni.

Tuttavia, bastarono pochi secondi e pochi movimenti della sua mano di velluto e venni quasi selvaggiamente. Riempii il camper di gridolini, di gemiti e mugolii, inondando il lettino di sperma.

Ingrid mi sfilò molto delicatamente il grande cazzo dal culo, mi liberò le caviglie e mi slegò i polsi. Finalmente potevo muovere le braccia, che mi si erano completamente anchilosate.

Mi tolse completamente gli slip, mi fece alzare e mi condusse nell’angolo vicino dove, alla parete, erano attaccate delle catene. Prese il collare e me lo chiuse intorno al collo. La catena era abbastanza lunga perché io potessi rimanere accovacciato lì, ma non avevo molte altre possibilità di movimento. Ero imprigionato e incatenato. Mi chiesi quanto mi avrebbe tenuto prigioniero, ma non osai certo chiederglielo e rimasi in silenzio accucciato nell’angolo.

Ingrid si lavò e riordinò tutto. Poi venne da me, mi tolse il collare e mi disse di andare in bagno per riassettarmi. Dopo aver finito ed essermi lavato uscii, un po’ dispiaciuto perché non avevo a disposizione i miei saponi profumati per le parti intime.

Ingrid mi condusse di nuovo all’angolo delle catene e questa volta mi mise, oltre al collare, una catena ai polsi abbastanza lunga (una trentina di centimetri) che mi consentiva comunque alcuni movimenti. Non mi restituì gli slip e quindi rimasi completamente nudo.

“Adesso ti dico cosa voglio esattamente da te.” Mi disse. “Se io sono presente, voglio che tu stia sempre in ginocchio, seduto sui talloni, la fronte appoggiata alla moquette e le braccia stese in avanti. Hai capito in che modo?”

“Si, signora.” Dissi sottovoce a capo chino.
“Ti voglio più che inginocchiato. Ti voglio prostrato e devi stare così sempre, finché non ti dò il permesso di stare in un’altra posizione.”

“Si, signora.”

“Quando dovrò uscire e lasciarti qui, invece, allungherò un po’ la catena al collo per permetterti di andare in bagno e raggiungere il frigorifero se vorrai mangiare qualcosa. Ma appena mi sentirai rientrare, dovrai immediatamente prostrarti come ti ho spiegato. Rientrando, voglio trovarti prostrato davanti a me.”

“Si signora. Farò quello che mi ha detto.”

Mi prostrai ai suoi piedi, come mi aveva ordinato e lei mi incatenò anche le caviglie, sempre lasciando la catena abbastanza lunga da permettermi di camminare, anche se con brevi passetti.

“Ora voglio uscire per un po’.”
Mentre lo diceva, aggiunse un altro pezzo di catena a quella del collare.
“Ricordati come voglio ritrovarti quando ritorno.”

Seguirà: CAPITOLO 21 - INTENSI MOMENTI CON UNA NUOVA PADRONA

Titolo: STORIA DELLA MIA VITA 21
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