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incesto

il papà di Margherita


di unodeidue
30.08.2022    |    3.450    |    5 9.5
"Dopo un ballo abbastanza movimentato, senza quasi toccarci, avevano messo su quella canzone lenta di Vasco, senso, e la stavamo ballando stretti stretti..."
Ero andata in discoteca, quel sabato, con una dozzina di compagni e compagne di classe, per festeggiare il mio compleanno e quello della mia amica e compagna di classe, Sandra, che capitavano entrambi in quei giorni.
Mentre stavamo ballando tutti insieme, è entrato un gruppetto di signori e signore molto più grandi di noi, tra i quali spiccava lui: avevo notato subito, da lontano, senza riconoscerlo, quel maschio, il più bello del gruppo di quarantenni o giù di lì, anzi su di lì, non sembrava nemmeno un quarantenne.
L’avevo notato da lontano, senza riconoscerlo, e mi ero detta: questo sì che è un tipo da andarci a letto.

Diciamo la verità, dalle vacanze estive, quindi da più di sette mesi, non ero più stata con nessuno: qualche filarino, un compagno di classe me l’aveva messo in mano, un pomeriggio ai giardini, in mezzo ai cespugli, ma non mi piaceva lui, il ragazzo, non mi piaceva il suo modo di fare, da bavoso morto di fame, e per essere sincera non mi piaceva nemmeno il suo cazzino, francamente ero abituata ad aggeggi più grandi o perlomeno più duri di quello e quindi glielo lasciai lì spenzolante fuori della patta, molliccio e umidiccio, e me ne andai.

Insomma, da qualche mese, ormai, ero a bocca asciutta, se proprio vogliamo chiamarla bocca.
E prima ancora di riconoscerlo, vedendo quel bel tipo, mi ero detta: ecco, questo qui, se mi tampina, ci vado a letto.
Alto, magro, jeans e maglioni, la faccia abbronzata, i denti che spiccavano nell’oscurità del locale: aveva intorno un gruppetto di uomini e donne, e si capiva che era il maschio alfa del gruppetto; mi ero girata, ballando, per guardarlo meglio e, siamo sinceri, per farmi guardare, se riuscivo.

Dall’estate dell’anno scorso, dall'ultima volta che ci eravamo visti, sono diventata più alta di qualche centimetro, infatti, i jeans dell’anno scorso ora mi arrivano alla caviglia, le gonne sono diventate minigonne, lasciano scoperte le cosce, è lì che mi sono alzata, gambe e cosce.
E ho perso almeno quattro chili, il sedere è più snello, è sempre un bel culotto, ma è più slanciato, più alto.
Me lo vedo io e lo sento dire dai compagni, ma anche da mia madre e dalle sue amiche, la frase tipo è “ora si è fatta donna”, oppure “tua figlia è diventata proprio una bella ragazza, chissà quanti ragazzi le stanno dietro”, “a proposito, ha proprio un bel di-dietro, stai attenta Anna (Anna è mia madre), stai attenta che non te la portino via, che non te la sciupi qualcuno più grande di lei”.

In discoteca mi stavano guardando tutti, tutti tranne lui, sembrava proprio che quel bel tipo che avevo visto da lontano, quel morettone alto e con un sorriso da attore di Hollywood, sembrava che facesse apposta a non girarsi, non mi guardava, non si accorgeva di me.

Mi ero quasi rassegnata e stavo guardando i tre ragazzi del mio gruppo, per vedere chi potevo considerare il meno peggio, quello con cui fare qualche sciocchezza quella sera, avevo proprio voglia di fare sciocchezze, avevo anche la casa libera, e non avendo trovato niente di meglio, mi sarei accontentata di quello che passava il convento .. ma ad un tratto mi sentii chiamare:
- Margherita, Margherita bambina mia, ..

Mi voltai e vidi il gruppetto di adulti girato verso di me e il tipo-figo, proprio lui, mi stava chiamando.
Mi avvicinai e lì, nel buio di quel locale scoprii che quel tipo lì, lui, quello che mi sarebbe piaciuto avere in letto, quella sera, ebbene, quello era mio padre.

- Alfredo (lo chiamavo quasi sempre così, in pubblico), Alfredo, non ti avevo riconosciuto.

Ci abbracciammo forte forte, erano mesi che non ci vedevamo, solo qualche telefonata, da quando si era separato da mia madre ci vedevamo solo alle feste comandate.
Mi presentò i suoi amici, più che sentire i nomi, cercavo di capire chi tra quelle donne, tutte abbastanza anzianotte, tutte più o meno con la faccia sgallettata da quasi-troia per bene, intorno ai cinquanta mi sembravano, cercavo di capire chi fosse la sua amante, chi gliela dava, se c’era in mezzo a loro anche quella con cui se la spassava mio padre, da quando se n’era andato via di casa.
Non riuscivo a capire, forse con nessuna, oppure con tutte quante, perché tutte erano interessatissime a me, tutte mi facevano complimenti, tutte a dire che ero bella, che assomigliavo tutta a mio padre, tutte a dire che belle gambe, che bel sorriso, che ragazza affascinante, tutta suo padre.

Lo capivo, capivo che buona parte di quei complimenti non erano per me, ma per mio padre.
Per interrompere quelle zoccole e le loro frasi inutili, presi per un braccio mio papà:

- Adesso, Alfredo, devi farmi ballare: un ballo romantico con tua figlia, non me lo puoi negare.

Uno della sua compagnia, uno dei più squallidi, ad essere sincera, non so se per fare un complimento a me o, anche lui, a mio padre, si intromise, prendendomi per un braccio:
- Non preoccuparti, Alfredo, se non ti va, ci penso io a far ballare tua figlia.
Lui mi staccò dalla presa del suo amico:
- Lascia perdere, sei troppo anziano per lei; stasera balla solo con il suo papà.

Dopo un ballo abbastanza movimentato, senza quasi toccarci, avevano messo su quella canzone lenta di Vasco, senso, e la stavamo ballando stretti stretti.
Appoggiandomi con il petto sentivo le sue braccia le sue spalle, il suo torace e, penso, lui stava sentendo le mie tette.
Appoggiandogli il ventre contro ora gli stavo facendo sentire il mio basso ventre e intanto stavo sentendo il suo.
Non mi era mai successo, prima; qualche volta, in bagno, mentre faceva la doccia, o al mare, mentre ci cambiavamo, gliel'avevo visto, ma non mi sembrava così grosso; e non gliel'avevo mai nemmeno sfiorato, neanche per sbaglio.

E ora lo sentivo, bello forte contro di me, di fianco; allora mi piazzai proprio di fronte per sentirlo meglio, cercavo di stuzzicarlo, avvicinandomi, premendo, così da fargli sentire il mio pancino, e poi scostandomi, e poi ancora contro, a strusciarlo, spostandomi appena appena a destra, poi appena appena a sinistra, sempre premendo contro, e ogni volta lo sentivo meglio, lo sentivo più grosso, alla fine mi sembrava quasi di sentirlo pulsare contro di me.

Lui mi accarezzava la testa, io gli davo bacini sulla guancia.
- Che succede – avrei voluto prenderlo in giro, così avrei fatto con un ragazzo qualsiasi
- ti stai eccitando, te lo faccio tirare?

Si era accorta delle mie manovre:
- Sei proprio una sciocchina, Margherita, una sciocchina fichissima, smettila però; non sono il tuo fidanzato, sono papà; stasera, se vuoi, chiamami pure Alfredo, ma smettila di fare la sciocchina fichissima.

Avrei voluto dirglielo:
- Alfredo, io sono una sciocchina fichissima, ma tu sei proprio un gran figo; se tu non fossi mio padre, ti chiederei di accompagnarmi a casa, stasera, quando veniamo via di qui; anzi subito, sei così figo che mi fai venire voglia di fare la puttanella, voglio essere la tua puttanella, stasera.

Invece gli dissi, nell’orecchio che avevo davanti al tratto di guancia che stavo sbaciucchiando:
- A parte gli scherzi, dimentichiamo che sei mio padre, Alfredo; mi accompagni a casa? Stasera sono sola, la mamma è dai nonni, si ferma a dormire da loro; Gualtiero (è il mio fratellino) è via con la scuola; insomma io sono sola sola a casa, mica mi vorrai lasciare da sola la tua bambina.

Non glielo dissi, ma avrei voluto aggiungere, non lasciarmi sola ... con la voglia che ho stasera; continuavo a spingere forte il mio ventre contro il suo, “con la voglia che ho io e con la voglia che hai tu ...”, ma non era necessario dirglielo, mi sembrava fin troppo chiaro.

Mi ero un po’ staccata da lui, ma dopo avergli detto che ero sola, un po’ per scherzo, un po’ sul serio, mi accostai ancora e questa volta il mio basso ventre era tutto addosso al suo pacco, quasi volevo avvolgerlo con la mia pelle, con il mio inguine, e mi stavo alzando sulle punte per sentirlo più vicino possibile alla mia sorellina, almeno alla parte alta della mia sorellina.

Aveva capito le mie manovre e non si tirava indietro, spingeva contro anche lui e sembrava incerto sul da farsi.
Poi mi guardò in faccia e mi chiese:
- Allora è vero, proprio come dice tua madre, che in questi mesi sei maturata, sei diventata una ragazza disinvolta e disinibita, insomma, hai avuto qualche bella esperienza, quest’estate?
- Non tutte belle, ad essere sincera. Comunque, non sono più vergine, Alfredo, se è questo che vuoi sapere; ed ho perfino imparato a distinguere chi ci sa fare, chi è capace di fare l’amore, e chi vuole solo fare il porco e godere del mio corpo. Ma forse sono cose che non si dicono, queste, al papà. Tu comunque sembri uno capace, vero?
- Non chiamarmi papà, mentre mi dici queste cose; no, no, hai ragione, io cerco di non essere un porco, l’amore si fa in due, ci si ama in due, si dà gioia e si riceve in due, se non sei capace di dare gioia, non puoi pretendere niente dalla partner.
- Adesso - aggiunse - andiamo a salutare i miei amici, poi tu saluti i tuoi e ti accompagno a casa.

Ci siamo fermati un attimo in soggiorno, gli ho versato un goccino del suo whiskey preferito, ho messo un po’ di musica, ho abbassato le luci e mi sono buttata tra le sue braccia.
Mi stava aspettando, sentivo di nuovo lui, le sue braccia, il suo petto, era forte ed avvolgente intorno a me, e subito è ritornata potente la sua eccitazione, come l’avevo sentita in discoteca; mi sembrava naturale mettergli una mano sulla patta, per sentirlo bene.

- Cosa dici, lo facciamo qui, sul tappeto? – gli chiesi, accarezzandolo sopra i pantaloni.
- Calma, Margherita, stai buona un attimo, non avere fretta, lasciati spogliare da me. E restiamo un poco qui, poi andiamo nel lettone.

È cominciata così, in quell’atmosfera soft, una delle serate, anzi una delle notti più hard della mia giovane vita sessuale.

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