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Gay & Bisex

I mondiali di calcio


di unodeidue
15.02.2025    |    6.709    |    5 7.8
"Inserii il dvd e ci sedemmo a vedere..."
Ciao Massimo,
la tua serata di qualche anno fa (qualche decennio), che mi hai raccontato a letto l'ultima volta che ci siamo visti, mi è piaciuta; mi sono eccitato, mentre me la raccontavi, e te ne sei accorto, eccome, di quanto mi abbia eccitato: è per questo che me l'hai raccontata?
Comunque, ho deciso di accontentarti: l'ho fatta diventare un racconto da pubblicare su A69.
Spero che piaccia ai miei lettori ma, ti assicuro, è stato molto più bello sentirla dalla tua voce, mentre eravamo a letto e mi toccava, che adesso, a secco, riscritta con parole mie.
Eccotela.
* * *
Come al solito, d’estate, le mogli vanno al mare un paio di settimane prima, con i bambini; ma quell’anno, con i colleghi, c’eravamo organizzati: visto che c’erano i campionati del mondo da vedere, le avevamo mandate via prima delle settimane della fase finale, per guardarci le partite senza rotture di scatole: eravamo tre field engineer (venditori, insomma), un assistente ai contratti (io) e il capo, e ogni sera si decideva il dove: stasera a casa sua, tu porti le pizze, quell’altro la birra, quell’altro il dolce o il wisky .. e il capo, sempre lui, il capo avrebbe portato i video-porno.
Sì, perché, se la partita non interessava, e qualche volta anche quando sembrava bella, meglio vedersi un bel video hard. Ogni volta, poi, finiva a masturbation.
“Allora stasera a casa tua” mi disse il capo e, guardando gli altri, aveva una faccia strana, un cenno d’intesa con loro; sì certo, a casa di Massimo; seguirono le trattative, che pizze, che birra, che dolce-gelato; e naturalmente lui, il capo, Alfredo, avrebbe portato i video porno:
“ne ho uno” diceva ammiccando agli altri, “uno straordinario, una roba che non avete mai visto prima” e gli altri ad ammiccare; “e neanche fatto, prima” aggiunse, e qui gli altri tre scoppiarono a ridere.
Quella sera arrivarono più o meno insieme, pantaloncini corti, ciabatte da mare, le borse con bibite e vivande, tutti pronti alla serata da scapoli; mangiammo alla svelta, c’era un Francia – Serbia, ma subito Alfredo prese in pugno la situazione.
“No dai, ragazzi, vediamoci ‘sto video hard, che è la fine del mondo”.
Inserii il dvd e ci sedemmo a vedere.
Di solito, quando guardavamo i film porno, Alfredo si abbassava i pantaloncini, tirava fuori l’uccello, anche gli altri tre facevano lo stesso, e si segavano a iosa, qualche volta perfino reciprocamente, commentando e ululando alle scene più porche. ma io no, io mi vergognavo, mi toccavo da sopra i calzoncini e quando non ne potevo più andavo in cesso a tirarmi una sega.
“Stasera devi tirarlo fuori anche tu” disse Alfredo e intanto mi mostrava il suo uccellone già in tiro; sul video erano apparse due coppie e ci accorgemmo subito che le due donne non erano donne, ma travestite.
“Ehi, ma c’hanno il difetto, quelle due” disse subito Giulio, il vice di Alfredo: lo assecondava come un servo, lo seguiva come un’ombra.
“Non fa niente, se ha il difetto” gli rispose Alfredo “anche Massimo ha il difetto; però, li vedi no, quando lo prendono in bocca, nessuno se ne accorge che ce l’hanno il difetto; eh, Massimo, come ce l’hai tu il difetto, eh? Stasera ce lo farai vedere, vero?” e giù a ridere lui, a ridere quello stronzo leccaculo di Giulio, ma anche Francesco e Nino; cosa ci fosse da ridere, non lo capivo, ma l’avrei capito dopo.
“Sentite un po', ragazzi’”, fece Alfredo, “se non vi fa schifo, un bel pompino ce lo possiamo fare, tra noi, no? In fondo, che male c’è, una volta lo fai tu a me, un’altra volta io a te, poi tu a lui, poi lui a un altro, e così via, almeno ci divertiamo sul serio, invece che farci venire i calli alle mani, vero Massimo?”.
“Ma sì, dai”, gli rispose e di nuovo tutti giù a ridere; il primo a starci, naturalmente, era stato Giulio, ma anche gli altri accettavano contenti; sul momento non ci ho fatto caso, ma il mattino dopo, quando ci ho ripensato, solo allora finalmente ho capito tutto: erano già d’accordo fin da prima su quello che sarebbe successo quella sera.
Ho provato a resistere, “vabbè, fate tra voi, io guardo il film”.
“Non se ne parla nemmeno” diceva Giulio “o tutti, o nessuno”.
“Ma dai, Massimo, ti vergogni?” era Alfredo a insistere, insomma, dopo un poco mi è sembrato stupido rifiutarmi e, naturalmente, dovevo essere proprio io a iniziare a prenderlo in bocca.
“Dai, prendimelo”, mi disse Alfredo, e mi mise in mano il suo cazzone; lo menai un poco, in fondo se l’avevano fatto tante volte tra di loro, sembrava quasi ovvio che lo facessi anch’io.
Poi Alfredo mi mise la sua manona sulla nuca e spingendola in basso se l’accostò al suo cazzo.
“dai, succhiamelo, dai, appena appena, dai succhiamelo, che dopo Giulio lo fa a te” mi disse, e infatti Giulio mi si era avvicinato e stava tirandomi giù i pantaloni, per mettermi in mutande, come erano loro. E, infatti, Giulio toccava il mio cazzino e me lo accarezzava, e idem Alfredo, ma lui mi accarezzava il culo.
Inutile negarlo, loro non lo sapevano, ma da ragazzo, al mare, ero stato proclamato il miglior bocchinaro della compagnia; nemmeno le ragazze più esperte dell’arte sovrana di fare i pompini, nemmeno le più navigate potevano competere con me. Mi ero specializzato, nelle gare di chi faceva venire prima il compagno di giochi: chiunque fosse, vincevo sempre io; e seconda era sempre Veronica, la mia ragazza di quell’epoca.
Di solito eravamo in quattro o cinque a gareggiare, l’unico maschio ero io, con altre tre o quattro ragazze, e tiravamo a sorte il compagno da spompinare: io mi applicavo con gusto, mi piaceva, inutile negarlo, lo succhiavo piano in punta, sul glande, passavo la lingua sul buchino, ho la lingua a punta, e la spingevo sul buchino, neanche fosse un catetere, giravo intorno al glande, poi strizzavo gentilmente la capocchia con le guance, tenendo lontani i denti. Per la verità, anche quella volta che abbiamo fatto la gara a chi leccava meglio e per primo faceva godere la partner del gioco, anche quella volta ho stravinto io, e la seconda è stata, ancora una volta, Veronica
Mi piaceva la sborrata in bocca, di solito buttavo giù tutto, tranne quando il compagno di giochi, il titolare del cazzo che stavo spompinando, era in astinenza da tempo, e allora la quantità di sborra era tale che mi riempiva la bocca e prima di soffocare dovevo sputare. Ma le altre volte mi piaceva tanto il sapore che buttavo giù tutto.
Quella volta, con il mio capo, cercai di fare una cosa normale, non volevo far capire quanto fossi esperto nel settore, ma quel poco che facevo era troppo bello per lui, infatti se ne venne gridando:
“Ragazzi, ma questo è uno specialista, Massimo è un dio, è il dio del pompino, Giulio, devi provare anche tu, vieni qui Giulio, senti che roba ..”.
“Scusa” gli dissi io, dopo essermi ripulito la bocca, avevo fatto finta di sputare tutto, invece no, avevo buttato giù un bel po’ di seme “scusa, Alfredo, ma adesso tocca a te prendermelo in bocca, non erano questi i patti?”.
“Sì, certo, dopo lo faccio io a te, ma adesso fai sentire a Giulio, solo un attimo, fagli sentire che lingua favolosa hai ...”.
Insomma, nel giro di mezz’ora li avevo spompinato tutti e, fin dall’inizio, mentre succhiavo il cazzo di Giulio, un coso piccolo e sottile e antipatico e con il seme acido (Alfredo invece aveva un seme dolcissimo), fin dall’inizio, mentre io lo succhiavo a Giulio, lui stesso, Alfredo, mi aveva tirato giù le mutande e mi accarezzava le chiappe.
Poi Francesco mi ha dato da bere un poco di coca cola, sicuramente ci avevano messo dentro qualcosa, perché non riuscivo più a capire niente: “fategli bere qualcosa” aveva detto Alfredo “almeno per sciacquarsi la bocca e rinfrescarsi la lingua” e Francesco mi aveva dato prontamente un bicchiere.
Poi mi ha spinto piano piano la testa in basso e me l’aveva messo vicino alle labbra; bello il cazzo di Francesco, bello grosso, non come quello di Alfredo, ma grande lo stesso, carnoso, duro dentro, e morbido fuori, mi piaceva prendermelo in bocca e forse l’avrei preso anche … intanto Alfredo mi aveva infilato un dito nel culo e me lo sditalava piano piano: “apri bene le chiappe” mi diceva Alfredo “aprile bene, che lo lubrifichiamo un poco, con la mia saliva”.
Ormai avevo capito come sarebbe finita la serata; non ero certo vergine di culo, ma l’idea di darlo ai colleghi e al capo mi dava fastidio: e se lo dicono in giro? E se lo viene a sapere mia moglie, che lavora all’Ufficio Vendite Estero, se lo viene a sapere lei, che figura ci faccio?
Ero rassegnato a farmi fare il culo, rassegnato e nemmeno troppo dispiaciuto, ma volevo salvare le apparenze.
Cominciai a farfugliare, un poco perché avevo la lingua impastata, un poco perché mi avevano dato qualcosa e sentivo un po’ di effetto, avevo davvero la testa confusa; ma soprattutto volevo far credere che l'avrei preso in culo solo perché mi avevano drogato.
“No, mi fai male, è troppo grosso” bofonchiai “mi fai male, no dai, ahi ahi, no, è impossibile ... non posso ... “ cercavo di scappare, ma Alfredo ora ne aveva proprio voglia: “ragazzi, tenetemelo fermo che lo voglio inculare, adesso non ne posso più dalla voglia, dai tenetegli ferme le mani, stai fermo ...”.
Io scalciavo, mi giravo, gridavo, finché Alfredo mi colpì in faccia con un ceffone, un poco mi faceva male ma, lui non lo sapeva, mi piaceva qualche piccola punizione; intanto Giulio cercava di convincermi:
”Cosa fai, ti rifiuti? Ma perché? è un gioco, dai, fa il bravo, se no ti fa male”.
Mi presero le braccia, Francesco mi fece bere ancora un poco del suo intruglio, io piagnucolando ma anche fingevo, e non gridavo più.
“Fa il bravo, Massimo” mi diceva anche Francesco, e mi accarezzava la faccia, e Alfredo intanto mi colpiva di ceffoni le chiappe, mi strizzava un poco le palle, proprio come piace a me, e picchiava strizzava picchiava, più mi lamentavo io, più forte picchiava e strizzava lui:
“Lo so, che ti piace, vedrai che bello adesso”.
Quando me lo infilò gridai davvero, e gridavo ancora mentre andava dentro e spingeva, gridavo, gridavo, ma mi piaceva moltissimo, era bello soffrire e godere insieme, godere e soffrire, soffrire e godere, intanto piagnucolavo e mi lamentavo, ma – forse Alfredo non l’ha mai capito - piangevo quando lui lo tirava fuori, e godevo e mi piaceva di più quando lo infilava dentro e lo spingeva forte.
Gli schiaffoni sulle chiappe mi piacevano, così cercavo di allontanarlo, apposta per prendere ancora qualche sberla a mano aperta da lui e qualche altra sua strizzata di palle.
Troppo bello. Anche per lui, che mi sborrò dentro.
“E adesso è vostro” disse alla fine, dopo essermi uscito dal culo.
Fu la volta di Francesco, quasi ero io a chiederglielo “guarda cosa mi ha fatto” gli dicevo piagnucolando “guarda come mi ha rotto il culo, quella bestia di Alfredo” e intanto gli facevo vedere il culo, il rivolo di sborra che scendeva, il buco ancora sporco e un poco, ma neanche tanto, arrossato.
Francesco non capiva, io intanto mi ero buttato addosso a lui, e fu Alfredo a spingerlo “dai faglielo sentire”; ero quasi in braccio a Francesco, Alfredo mi alzò un poco sollevandomi le cosce, prese il cazzo di Francesco, me lo appoggiò al buco e poi lasciò andare le mie cosce; ero appoggiato alla sua punta, ma ancora non entrava, un poco spostai le chiappe per centrarlo meglio e poi con la mano, quasi volessi toglierlo, afferrai il cazzo di Francesco.
“No, non te lo togliere” disse Nino, che non aveva capito niente; e io, quasi piangendo, ma in calore come una cagna, feci finta di accontentarlo: tenendolo insieme lo posizionammo nella direzione giusta e io mi abbassai addosso per farlo entrare meglio.
Ora mi lamentavo piano, quasi piangevo, ma invece stringevo bene le chiappe per sentirlo di più dentro, mi lamentavo, ma intanto godevo. Giulio se n’era accorto: “guardate come gli si rizza, gli piace” diceva.
Cretino, avrei voluto dirgli io, certo che mi piace, ha proprio un bel cazzo, Francesco, duro ma morbidoso, grosso, ma entra bene, aderisce da tutte le parti, proprio bello sentirsi il culo pieno pieno da quel cazzo morbido fuori ma duro dentro; certo che mi piace, cretino, vorrei vedere te, come ti piacerebbe sentirtelo tra le chiappe: saresti venuto quattro volte dalla goduria, cretino che non sei altro.
Francesco era molto affettuoso, mi baciava le guance e le labbra, mi accarezzava la testa e le spalle, poi mi stringeva i capezzoli, e mi faceva godere.
Alfredo non perdeva occasione per picchiarmi le chiappe, aveva in mano qualcosa, forse una rivista piegata, o una ciabatta, Giulio invece aveva preso in bocca il mio cazzino e si dava da fare; alla fine fui io a godere per primo, con una lunga sborrata in faccia a lui. Sporcai anche le gambe di Francesco, ma lui non ci fece caso e dopo un poco sborrò anche lui.
A questo punto mi buttai in terra, sporco, fingevo di star male, mi lamentavo ...
“guardate cosa mi avete fatto, che male, sporcaccioni, mi fa male tutto, culatoni che non siete altro, mi viene da vomitare, che schifo, ma questa me la pagate, vi denuncio .., ma perché proprio a me, schifosi, che male, ahi, non mi toccare, porco, ahi che male ...”.
Si era avvicinato Nino, voleva scopare anche lui, era eccitatissimo, con la coda dell’occhio avevo visto il suo cazzo, mica male; tutto sommato una scopa con lui non mi sarebbe dispiaciuta per niente, ma non potevo certo fare io il primo passo, anzi, cominciai ad allontanarlo, a spingerlo via, a smanacciare lui e gli altri che volevano mettermi in posizione. Purtroppo, stavo vincendo io, ma Alfredo aveva una sorpresa:
“Aspettate un attimo” disse “ho qui due oggettini che ci possono aiutare” e dalla borsa che aveva portato, con dentro i dvd, tirò fuori due paia di manette per scenette sadomaso.
Mi ammanettarono, facevo pochissima resistenza io, i polsi e le caviglie, mi legarono ai piedi del divano, le caviglie, e ai braccioli le mani; ora ero quasi inginocchiato davanti al divano, a gambe larghe, col culo in fuori, finalmente Nino incominciò a chiavarmi e intanto Alfredo mi sculacciava con le sue ciabatte, Francesco mi accarezzava, ma ogni tanto mi strizzava forte i capezzoli, aveva capito che mi piaceva il suo giochino sul petto e, quando Nino terminò gridando e sborrando, ancora Alfredo volle scoparmi il culo.
Mi faceva male, come al solito, e più sentivo male e mi bruciava il culo, e più godevo di quel misto di dolore-piacere, tipicamente mio.
Ad un certo punto si calmarono e cominciarono a prepararsi per andare via, erano distrutti loro, avevano goduto come porci, ma avevano capito che avevo goduto anch’io, accidenti, se avevo goduto. Mentre se ne andavano, Francesco mi chiese se avessi bisogno di aiuto, per sistemare la stanza.
“Grazie, sì” risposi io “da solo non ce la faccio e domani mattina non posso lasciare ‘sto casino, se no la donna delle pulizia poi si lamenta con mia moglie”.
Francesco restò per aiutarmi, e intanto mi chiedeva scusa e mi consolava per quello che avevano fatto, poi mi chiese se mi facesse ancora male.
Lo ringraziai, “sei proprio gentile, sei stato gentile tutta la sera, grazie Francesco, ecco è qui che mi fa male” e gli indicai, scostandomi le mutande, il buco arrossato “ma adesso prendo una crema che ho in bagno e me la metto sopra, così mi passa il dolore”.
“Te la metto io”, disse Francesco.
“Grazie, non volevo chiedertelo, mi faresti proprio un piacere”.
E dopo avermi messo la crema spingendola proprio dentro con il dito, mi chiedeva se mi avessi male ancora.
“No, anzi mi piace quando mi spingi la crema dentro, sento proprio una bella sensazione di fresco, più vai su e più mi piace”.
E poi aggiunsi: “Ti ringrazio, sei molto gentile, prova a spingere la crema più su … “.
Non capiva, così presi io l’iniziativa, glielo tirai fuori per baciarlo e insalivarlo e poi, dopo avergli messo un po’ di crema sul cazzo, glielo dissi apertamente:
“ecco, adesso spingimelo dentro con il tuo coso, mi piace sai come lo fai tu”.
Questa volta fu una cavalcata selvaggia, questa volta gridavo senza ritegno, dal piacere e dal dolore insieme e gli chiedevo di spingere, e di spingere forte.
Lui mi picchiava con le mani, poi con le ciabatte da mare e spingeva e chiavava come un forsennato.
Ancora una volta sono venuto io prima di lui, e subito dopo anche lui.
Se ne andò verso le due di notte, dopo averlo fatto ancora un’altra volta: ci salutammo con un bacio in bocca e un arrivederci.
. . .
È finita male, quella sera, quella storia, quella situazione, ed anche il rapporto di lavoro con loro, nel senso che dopo qualche giorno fui costretto a chiedere alla ditta di cambiarmi di lavoro e di ufficio e di sede, lì non ci potevo più stare.
Eh sì, perché al mattino dopo tutto l’ufficio sapeva di quella notte brava e Rosy, la segretaria, quando entrò Piera, la ragioniera dell’ufficio Paghe a chiederci le note spese, mi sputtanò davanti a tutti e tutte.
“Piera, stai attenta, sai” le disse Rosy.
“Perché” chiese Piera, “di che cosa devo stare attenta?”.
“Stai attento a Rino, tuo marito”.
“E perché” chiese Piera “cos’ha fatto Rino?”.
“Niente, niente, Rino non ha fatto niente, ma tienilo lontano da quest’ufficio, perché qui c’è qualcuno” e col capo accennava a me “qui c’è qualcuno che ce li porta via tutti, i nostri mariti”.
E come se non bastasse la maldicenza, aggiunse:
“Tra l’altro, i colleghi delle vendite dicono che la meglio figa di tutta la ditta ce l’ha lui, solo che ce l’ha dietro, pensa tu”.
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