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Gay & Bisex

Incontri inaspettati


di cazzovenoso
07.12.2024    |    725    |    8 8.6
"Lui ripulisce tutto, fino all’ultima goccia; se non l’avesse fatto l’avrei comunque costretto..."
Ogni volta che mi dico “oggi me la prendo con calma” finisce sempre che sono in anticipo.
Vabbè… doccia fatta, son già pronto, inutile aspettare: vado al lavoro, arriverò prima e farò colazione prendendomi tutto il tempo necessario.
Fa freschino, stamattina, l’aria è frizzantina e io son già bello carico.
Speriamo non sia un’altra di quelle giornate interminabili, che ho già in mente un bel programmino per il dopocena.
C’è una serata molto porca in un localaccio non troppo lontano da casa e non vedo l’ora di andarci per fare qualche maialata.
Con questo in mente mi avvio verso la metropolitana più vicina, timbro il biglietto, scendo e resto in attesa sulla banchina; intanto la mia mente continua a fantasticare su tutto ciò che avrei voglia di fare se al Depot -così si chiama il cruising- dovessi incontrare qualche cagnetta vogliosa.

La metro tarda ad arrivare, ma tanto sono in largo anticipo; la banchina comincia a riempirsi, mi guardo in giro giusto per vedere se c’è qualcuno che conosco ma nulla.
Noto però un ragazzo carino, decisamente sexi, a qualche metro da me.
Rasato, sul metro e ottanta, occhi scuri, barbetta incolta; avrà tra i 25 e i 30 anni, e me lo farei volentieri.
Immagino di incontrarlo nel locale: sarebbe la mia preda perfetta, ha un’aria da bravo ragazzo, semplice, vagamente timido. Di quelli che poi, invece, a letto (o altrove) si rivelano in tutta la loro troiaggine.
E il mio cazzo si risveglia al punto che preme nei pantaloni, ed è un problema, perché non porto le mutande.
Mi piace sentirlo libero, e mi eccita che se ne possa intravvedere la forma attraverso la stoffa.
Ed è proprio quello che deve aver notato il ragazzo carino, visto che il suo sguardo non si stacca dal mio pacco; sembra che deglutisca da quanto è attratto da quella visione forse inaspettata.

Lo osservo bene e mi convinco proprio che lui mi piace, come se avessi bisogno di conferme.
Lo guardo in faccia, ma lui punta sempre lì, e io allora sfrontatamente mi ci passo la mano con finta indifferenza, per segnarne il contorno.
Lui alza lo sguardo e incontra i miei occhi, puntati dritti nei suoi; avvampa in un nanosecondo e guarda altrove, ma dopo un attimo torna all’oggetto del suo desiderio.
Arriva la metro, finalmente, così alleggerirà questo momento di tensione crescente e potrò riderne più tardi raccontandolo agli amici.
Salgo e per reggermi mi appoggio ad un palo, lui sale poco dopo e si posiziona davanti a me, leggermente distante; sale un bel po’ di gente e lui è “costretto” ad avvicinarsi più del previsto, al punto che siamo sostanzialmente vicinissimi, a pochi centimetri.
Non mi guarda, anzi mi evita proprio.
Peccato, poteva essere un’occasione.
Alla fermata successiva non scende nessuno ma altra gente si accalca, sospingendolo praticamente addosso a me.
Alzo lo sguardo, lui guarda dall’altra parte.
Il mio uccello ha un sussulto, vorrebbe essere agguantato e se potessi lo farei all’istante, mi eccitano le situazioni nei posti pubblici, o all’aperto; così mi appoggio a lui, vorrei che lo sentisse.
Premo e spingo, non può non accorgersene.
Non si allontana, e questo è già un buon segno.
Sposto con nonchalance il mio corpo e faccio in modo che il mio palo finisca direttamente a contatto con la sua mano; simulo più spinte.
Non si sposta nemmeno stavolta, ma nemmeno reagisce.
All’improvviso sento le nocche della sua mano che si muovono leggermente sul rigonfiamento dei miei pantaloni; con l’indice, credo, ne disegna il contorno.
Al che passo al contrattacco e gioco la carta pesante: abbasso la zip.
Lui mi guarda come a dire “Che fai, sei impazzito?”.
Sorrido e gli faccio l’occhiolino a tranquillizzarlo, per fargli capire che siamo talmente pressati che nessuno potrebbe mai accorgersene, e lui inserisce prima un timido dito all’interno, poi distinguo pure il pollice, perché mi prende il tronco con due dita soppesandolo un po’.
Sembra piacevolmente stupito di trovarlo già spacchettato, nudo, pronto all’uso.
Si passa la lingua sulle labbra, segno inequivocabile che vorrebbe fare altro ma cazzarola non si può.
Io però non voglio accontentarmi di una palpatina da adolescenti, voglio spingermi oltre: lo so, sono un porco, quindi mi prendo la sua mano e gliela ruoto in modo tale che il mio cazzo duro sia completamente a sua disposizione, senza possibilità di inutili strusciate.
Strabuzza gli occhi, ma stringe forte ciò che gli è capitato tra le mani.
Comincia una lunga, lenta, interminabile sega che mi porta quasi al limite tant’è l’eccitazione che si respira in quel vagone.
In un attimo mi rendo conto che la successiva fermata è la mia, e mi trovo costretto ad interrompere una delle situazioni più eccitanti che mi sia mai capitata.
Mi ricompongo velocemente, lo guardo fisso e dico “Alla prossima dobbiamo scendere!”.
Lui mi guarda stranito -io sorrido- e intuisce immediatamente cosa potrei avere in mente.
Non sono sicuro che accetterà la mia provocazione, ma lo spero vivamente.

Così scendo, e mi incammino verso l’uscita a passo lento; mi giro per vedere quale decisione ha preso ed eccolo lì, che mi segue da vicino.
È fatta.
Fuori l’aria è più gelida di prima, ma sono più concentrato sul calore che sento io in mezzo alle gambe.
Se mi segue, come sembra, lo porterò in studio da me: per un’oretta dovrei essere tutto solo, gli altri sono in cantiere.
Dico “Vieni con me, non dire una sola parola, se il portinaio dovesse mai fermarci per un qualsiasi motivo tu sei un cliente” e tiro dritto, senza nemmeno aspettare un’eventuale sua risposta.
Allungo il passo, la voglia mi sta assalendo, e rapidamente raggiungiamo l’edificio nel quale si trova lo studio presso cui lavoro; all’ingresso Tonino non c’è quindi proseguiamo indisturbati dritti fino all’ascensore, pregustandomi una pomiciata veloce prima di dare libero sfogo ai nostri impulsi più sfrenati.
Saliamo, non senza una certa tensione, ma all’improvviso si intrufola una delle signore che abitano lì, rovinandomi i piani.
Stronza -penso- non potevi aspettare? Cosa stracazzo avevi da fare di così importante? Fanculo, va!
Arriviamo al terzo piano, usciamo abbozzando un sorriso alla cretina, e apro finalmente la porta d’ingresso.

La postazione di Anna, la receptionist, è impeccabile come al solito; un ordine maniacale che mi snerva ogni volta che passo da lì.
Prima o poi le butterò tutto all’aria, così senza un preciso motivo.

Chiudo la porta, e in un attimo gli sono addosso: la mia lingua si infila di prepotenza nella sua bocca e cominciamo un bacio lungo e succoso, il mio cazzo è duro da far male, preme nei pantaloni e lui lo agguanta senza dire nulla, perché è ovvio che sia venuto solo per quello.
Mi slaccia i pantaloni, li abbassa velocemente, e si prende tutto il mio uccello in bocca senza alcuna esitazione.
Cazzo se è bravo; silenzioso, forse troppo, ma bravo!
Si impegna parecchio, del resto le mie dimensioni non sono per tutti, ma lui lo ingoia senza problemi fino alle palle.
Talmente bravo che mi tremano le gambe, devo appoggiarmi. O sedermi.
Ed è lì che penso che potrei accomodarmi sulla poltroncina di Anna, appoggiare il mio culo nudo mentre il tipo -manco so come si chiama- si prende cura del mio palo.
Mi trascino fino al desk, tirandomi appresso pure “bocca famelica” e appoggio le mie chiappe sulla morbida pelle della poltroncina girevole.
Lui asseconda ogni mio movimento, soprattutto quando spingo per scoparlo ripetutamente in quella gola che sembra non avere fondo.
Non si è nemmeno tolto il giubbotto, e quasi quasi potrei pensare di sborrargli addosso per marchiarlo a dovere, come dovrei; mi ecciterebbe vederlo andarsene tutto sporco di sperma, perché ovviamente -stronzo come sono- non gli darei modo di ripulirsi in bagno.
Ma lui non perde nemmeno un centimetro dell’asta che sta lavorando abilmente; io grugnisco, mi sta facendo venire e glielo faccio capire.
Lui non molla la presa: vuole tutto il succo che saprò regalargli, glielo leggo in quegli stessi occhi che fino a qualche istante prima non si staccavano dal mio cazzo, ma che all’improvviso si incollano imploranti nei miei.
E sborro.
Moltissimo.
Non succedeva da un po’ che schizzassi così tanto, lo percepisco anche dall’orgasmo improvviso che non solo mi inonda il cervello, ma che mi fa sussultare come se fosse la prima volta.
Lui ripulisce tutto, fino all’ultima goccia; se non l’avesse fatto l’avrei comunque costretto.
Dà un’ultima lappata alla cappella, indugia sul frenulo, poi si stacca e si rialza riallacciandosi i pantaloni.
Non me n’ero nemmeno accorto che si stesse segando.
Dice “Gran cazzo… comunque io sono Daniele”.
Gli indico la porta e rispondo “Grazie, buona giornata!”.
Se ne va, leggo nel suo sguardo un misto tra imbarazzo e delusione, ma non sono in vena di smancerie.
Ho sborrato, ho goduto, e questo mi basta.

Mentre mi rivesto noto che proprio ai piedi della poltroncina c’è una sborrata enorme, da film porno; cazzo dovrò ripulire!
Un ghigno malefico si fa strada sul mio viso: nessuno mi ha visto entrare, così me ne vado dall’ufficio come se niente fosse e mi fermo al bar di fronte a far colazione abbondante, devo riprender forza.

Aspetto che Anna varchi la soglia del palazzo.
Che salga e si accomodi alla sua postazione.
Immagino la sua faccia quando troverà la seduta umida del sudore delle mie natiche, ma soprattutto il lago di sborra che la troietta ha prodotto.
E sorrido compiaciuto.
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