Gay & Bisex
La Trasferta (1)
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20.11.2024 |
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"Spero solo non ricapiti, altri ospiti potrebbero arrabbiarsi molto di più..."
Era da prima del lockdown che la mia azienda non mi mandava in trasferta.Mi mancavano quei giorni di lavoro più o meno intenso, durante i quali attendevo con trepidazione le serate in solitaria nelle quali davo libero sfogo, quando potevo, alle mie fantasie sessuali più recondite.
Ho 54 anni, sposato da 22, ma fin dall’adolescenza non ho mai disdegnato di scopare con chiunque mi piacesse.
Sarà stato merito del mio fisico curato, tonico e definito, o delle voci che giravano sulle dimensioni del mio cazzo, fatto sta che non mi sono mai dovuto impegnare più di tanto nella ricerca di un/una partner.
Con la pandemia mi son dato una regolata, non ho più cercato o creato occasioni extraconiugali, e in fondo mi stava bene così… non potevo lamentarmi.
Ma questa trasferta era l’occasione per rifarmi del tempo perduto.
Quando Luca, il mio capo, mi disse che sarei dovuto andare 4 giorni a Roma per occuparmi di alcune questioni legali il mio cazzo ha cominciato a risvegliarsi, e la mia testa non ha più smesso di fantasticare sulla quantità di sborra che avrei scaricato in qualche buco accogliente, culo o bocca che fosse non aveva importanza; che sarebbe stato di un uomo però ne ero più che certo.
Con gli uomini ho sempre dato il meglio di me; o forse il peggio, dipende dai punti di vista.
Da qualche tempo mi eccitavano i ragazzi più giovani, dai 20 ai 30-35 anni massimo, dei quali potevo benissimo esserne il padre.
Mi intrigava il ruolo di maschio alfa che potevo esercitare nei loro confronti, nonostante la maggior parte di loro fossero già esperti livello pro; affamati di cazzo e vogliosi in qualsiasi momento.
La mia segretaria, con la quale mi ero già divertito più e più volte, si premurò di prenotarmi sia il treno che l’hotel; così, il martedì successivo mi misi in viaggio verso la capitale con le migliori intenzioni, sia lavorative sia scoperecce.
L’hotel era molto accogliente, alla reception trovai direttamente la proprietaria, una bella donna sulla cinquantina, elegante, sicura di sé; dopo aver espletato le normali formalità amministrative mi consegnò la tessera magnetica per aprire la porta della mia camera dicendomi che il bagaglio me l’avrebbe fatto portare da un suo collaboratore; risposi che non c’era fretta, perché mi sarei dovuto recare ad un appuntamento di lavoro e sarei rientrato nel primo pomeriggio.
Dal cliente ero costantemente distratto, avevo un prurito nei pantaloni… non vedevo l’ora di sbrigare le prime pratiche per potermene tornare in camera a farmi una sega in tutta calma, magari chattando con qualche puttanella.
Nonostante cercassi in tutti i modi di concentrarmi su ciò che stavo facendo, la mia mente vagava e pensava alla mia lingua che si intrufolava in qualche bel culetto, e il cazzo mi faceva talmente male da quanto era duro che dopo nemmeno mezz’ora, con la scusa di un’emicrania fortissima, riuscii a rimandare al giorno successivo.
Tornai in hotel con una voglia che metà bastava: volevo solo prendermi la nerchia tra le mani e masturbarmi a bestia fino a sborrare; soltanto dopo sarei andato a pranzo, e forse avrei pure cercato di soddisfare le mie voglie in ben altri modi.
Entrato in camera buttai la giacca sulla poltrona, mi liberai dei pantaloni, delle mutande, e senza nemmeno togliermi camicia e cravatta mi buttai sul letto per giocare, finalmente, col mio cazzo.
Le dita della mano destra sulla cappella già gonfia, quelle della sinistra a titillarmi il capezzolo, mi piace strizzarmeli fino a sentire quel dolore che si trasforma in piacere e accentua ancora di più, per quanto possibile, la mia porcaggine; sputo sulla cappella per agevolare il movimento della mia mano e inizio una di quelle seghe che si godono dall’inizio alla fine, senza fretta, con tutto il tempo a disposizione, portando l’uccello ogni volta al limite per poi ricominciare da capo.
Tempo zero, sento un “clic” e la porta si spalanca.
Che cazz…
È il fattorino che sta consegnandomi in camera il trolley.
“Non si usa bussare?” tuono incazzato la prima cosa che mi viene in mente, cercando di nascondere la mia erezione sotto la camicia.
Il ragazzo si scusa, arrossisce, balbetta qualcosa tipo “S..sapevo che doveva rientrare nel pomeriggio, mi scu…si tanto!”, lascia il trolley in mezzo alla stanza e se ne va di corsa.
Cristo! Che figura di merda!
Farmi beccare come un adolescente a farmi una sega!!!
Sto coglione mi ha rovinato il momento, testa di cazzo!
Vabbè, m’è passata la voglia, mi rivesto alla bell’e meglio e vado a cercar qualcosa da mangiare, mi è venuta la fame nervosa.
Scendo nella hall buttando un occhio alla reception pronto a fare un cazziatone, ma non c’è nessuno.
Meglio, dai, evitiamo di far scenate inutili e peggiorare la situazione già imbarazzante.
Esco e cerco una trattoria per soddisfare almeno le mie voglie culinarie, rimandando i culi in aria a più tardi; una bella cacio e pepe non me la negherà nessuno.
Mangio bene, caffè e ammazzacaffè, spendo relativamente poco, ci tornerò.
Anzi, me la segno proprio tra i ristorantini da consigliare agli amici, se dovessero capitarci.
Passeggio un po’ per le vie intorno, non siamo proprio in centro ma chissene, Roma è bella ovunque, si respira storia in ogni angolo.
Poi i romani, chettelodicoaffà, son proprio simpatici e caciaroni, ti mettono addosso un’allegria tale che ti si stampa il sorriso addosso.
Cazzeggio tra i negozi, mi attardo un po’, scatto qualche foto e nel tardo pomeriggio rientro in hotel.
Ho proprio bisogno di una doccia.
Al desk mi trovo davanti il ragazzo che mi ha portato il bagaglio in camera senza bussare.
Prima che io possa dire qualcosa mi anticipa lui: ”Davvero non so come scusarmi, veramente, non è mia abitudine entrare nella camera di un cliente senza avvisare… Mi deve perdonare, ero davvero sicuro che non ci fosse nessuno… La prego non lo dica a mia madre!”
Io: “Prego? Sua Madre?”
Lui: “Sì, mia madre, l’albergo è di nostra proprietà. Lei ci tiene molto alla forma… se sapesse che le sono piombato in camera mentre… ehm… cioè… oddio mi sto incartando” -è imbarazzatissimo, e paonazzo- “insomma ha capito… Davvero le chiedo scusa!”
Lo guardo bene, è davvero un gran bel ragazzo; non molto alto ma ben proporzionato, con un faccino a metà tra il principino e il porco che sa il fatto suo.
Forse avrei dovuto approfittarne, stamattina.
Il mio cazzo ha un sussulto, ma è sicuramente meglio che mi faccia passare ste strane voglie col figlio dei proprietari.
Rispondo: “Non si preoccupi, ho capito. Spero solo non ricapiti, altri ospiti potrebbero arrabbiarsi molto di più.”
“La ringrazio, davvero” dice con fare ossequioso.
“Meriterebbe una punizione” rispondo sornione, facendogli l’occhiolino per sdrammatizzare.
Salgo in camera e mi butto in doccia, ne avevo proprio bisogno; mi attardo perché voglio proprio togliermi la stanchezza di dosso accumulata tra viaggio, riunione inutile, sega interrotta, …
Mi insapono pensando solo che tra non molto mi rimetterò comodo a chattare online per trovare chi soddisfi, finalmente, le mie voglie; ho il cazzo barzotto ma decido di ignorarlo, godrò sicuramente più tardi.
Mi guardo allo specchio mentre mi asciugo, lo faccio sempre.
Mi piaccio parecchio, non posso negare che se incontrassi la mia fotocopia non penserei altro che scoparci di brutto; sono proprio un bell’uomo, e il fatto che abbia tra le gambe un attrezzo notevole non è solo un semplice valore aggiunto.
Anche il culo è un gran bel vedere, ma lì non ci faccio avvicinare nessuno, se non con la lingua; se poco poco provi ad infilarci un dito parte minimo una gomitata sulle gengive, figuriamoci se ti avvicini con la cappella!
Vabbè, ognuno ha i suoi limiti: i miei sicuramente sono solo mentali.
Mentre mi rimiro bussano alla porta.
Ma cristo! Si potrà mai star un attimo in pace in questo hotel di merda???
Avvolgo velocemente l’asciugamano in vita e vado ad aprire facendo sporgere solo la mia faccia, dopotutto son mezzo nudo.
È ancora il solito ragazzo, ma stavolta ha in mano una bottiglia di spumante e dei dolci, “In segno di ringraziamento per non aver detto nulla”, esordisce sorridendo.
È molto sexy con quell’aria tra il timido e lo spavaldo: gli occhi vispi, il fisico minuto ma che si intravede tonico sotto la camicia aderente, i pantaloni che segnano quel culetto tondo…
Mmmmmm.
Ed è esattamente in quel momento che mi scatta qualcosa di perverso e porco, e decido di buttare l’esca: spalanco la porta, mostrandomi in tutto il mio splendore, con il telo che copre ben poco e ancora qualche goccia d’acqua che mi imperla il torace e dico “Entra pure…”
Vedendomi deglutisce vistosamente e declina gentilmente l’invito.
“Entra!” gli intimo con fare perentorio “Non era un’opzione.”
Alessio avanza lentamente all’interno della stanza, consapevole del fatto che forse ha rischiato un po’ troppo a presentarsi di nuovo da quell’uomo senza chiedere il permesso.
Ma non ha resistito al richiamo del sangue; quel sangue che quando l’aveva visto arrivare in hotel gli era salito al cervello, per poi precipitargli in mezzo alle gambe al punto da farlo tremare.
Si era nascosto alla sua vista, altrimenti era sicuro sarebbe stato sgamato immediatamente.
Quell’uomo avrebbe capito subito che era una facile preda, fin troppo facile; arrendevole, servile -del resto quello faceva in albergo, servire i clienti, accontentarli, accondiscendere alle loro richieste.
Sapeva di dovergli portare la valigia in camera, così ha aspettato proprio che il signor Cattaneo rientrasse per piombargli in stanza con nonchalance, fingendosi sorpreso di trovarlo.
Ne avrebbe approfittato per lustrarsi gli occhi, annusarlo, immagazzinare il suo profumo nel cervello che invece era già obnubilato alla sola idea di incontrarlo di nuovo.
Quello che non aveva preventivato era di trovarlo col cazzo in mano.
E che cazzo! Venoso, spesso, duro… con una cappella sulla quale fiondarsi senza pensare a nulla se non a gustarsela con tutta l’anima.
Non era servito a nulla che il signore cercasse di nasconderlo; quel pezzo di carne premeva da sotto la camicia e c’era mancato davvero poco che facesse partire tutti i bottoni che invano tentavano di contenerlo.
Si era effettivamente imbarazzato.
Non era pronto a quella visione, aveva biascicato qualche parola ed era fuggito. Oltretutto maledicendosi per aver reagito in quella maniera così infantile, anziché fingere di restare impassibile e preservare ciò che rimaneva della sua professionalità.
O approfittare della più che golosa situazione.
Invece se n’era andato facendo la figura del coglione.
Fece in modo di non farsi trovare in reception per tutto il pomeriggio, non voleva incontrare i suoi occhi; gli avrebbe dimostrato -o confermato- il suo essere sottomesso e remissivo, gli avrebbe fatto capire che avrebbe potuto chiedergli qualsiasi cosa e lui non si sarebbe sottratto.
Ma il terrore che la madre lo cazziasse di nuovo per la sua sfrontatezza lo bloccava.
Già una volta era stato beccato da lei a farsi scopare da un fornitore, ed era successo un putiferio, ma questa è un’altra storia…
Decise quindi di prender tempo, e capire se c’era un qualche margine di recupero.
Più pensava a lui e più si sentiva piacevolmente in soggezione, totalmente assoggettato da quell’uomo che poteva benissimo essere suo padre, vista l'età; dopotutto aveva sempre avuto un debole per i maturi: gli davano l’impressione di aver acquisito quell’esperienza che a lui stesso invece mancava, nonostante avrebbe tanto voluto averne per poter soddisfare a dovere un uomo che ai suoi occhi risultava perfetto.
E in questo caso l’uomo in questione non poteva che essere il sig. Cattaneo, del quale aveva già memorizzato numero di telefono ed indirizzo, dalla registrazione, e l’aveva pure stalkerizzato su Instagram dal profilo falso che si era creato per guardare gli uomini senza destar sospetto; aveva così avuto modo di constatare che era proprio un gran bel pezzo di maschio, alimentando le fantasie su di lui.
Così, quando lo rivide rientrare nel tardo pomeriggio, si obbligò ad affrontarlo.
Chiese umilmente scusa, come un vero slave farebbe col Padrone, sperando che lui cogliesse questa sua volontà di riconoscerne la superiorità.
Non si aspettava certo che, tra il serio e il faceto, lui gli rispondesse “Meriteresti una punizione” facendogli l’occhiolino.
Bastò questo per farlo sciogliere definitivamente.
Cominciò ad immaginarsi scenari inverosimili in cui quell’uomo lo umiliava e godeva di lui, del suo corpo, del suo culo che pulsava al solo pensiero di essere posseduto.
Doveva creare un’altra occasione.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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