Gay & Bisex
Samu

13.09.2024 |
12.160 |
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"Ogni volta che lo vedo penso sempre la stessa cosa: lo sfinirei di pompini..."
Ogni volta che lo vedo penso sempre la stessa cosa: lo sfinirei di pompini.Maschio, etero, rasato, fisico nella norma ma con 2 bicipiti da paura; è sempre lui a salutarmi per primo, sia che passi da solo sia quando è in compagnia della fidanzata, comunque carina e simpatica.
Ma c’è qualcosa che mi fa pensare che prima o poi succederà il patatrac… sarà il modo in cui mi parla, in cui mi guarda, in cui si ferma a giocare col mio cane.
Non lo so, ma nessuno potrà togliermi dalla testa che un minimo di curiosità, chiamiamola così, nei miei confronti ce l’abbia.
Intendiamoci, non sono e non sono mai stato quello che rincorre gli etero nella vana speranza di indurli in tentazione e portarli sulla retta via, ma con Samuele era diverso.
Con lui si è sempre chiacchierato del più e del meno: lavoro, vacanze, cazzate, cani, palestra, cibo...
Mai con malizia, mai con doppi sensi, mai una parola di troppo.
Eppure c’era questa “cosa” sospesa nell’aria, che mi stuzzicava e mi faceva volare con la fantasia.
Molte volte mi sono ritrovato a fantasticare su di lui, su cosa avremmo potuto combinare in un contesto diverso, alla sua lingua nella mia bocca, alle mie mani sul suo corpo, a noi due aggrovigliati a scopare come se non ci fosse un domani.
E ogni volta, puntualmente, il mio pisello incominciava ad intostarsi, finché la mia mano non brandiva il mio cazzo ormai durissimo e mi masturbavo furiosamente immaginando le peggio cose, fino a sborrare con un grugnito animale.
La mia mente aveva già immaginato ogni scenario possibile, ogni posizione, ogni sguardo, ogni parola, anche quelle non dette, ogni schizzo, …
I miei film mentali ormai superavano qualsiasi immaginazione.
Poi tornavo alla realtà e pensavo che se solo avesse saputo ciò che mi passava per la mente mi avrebbe preso a cazzotti facendomi nero.
E l’idea che potesse essere anche un po’ violento nemmeno mi dispiaceva; io che son sempre stato dominante mi sarei fatto fare qualunque cosa da lui, sapendo che avrei comunque goduto.
Altre volte invece me lo immaginavo arrendevole e sorridente, quasi che se ci avessi provato si sarebbe abbandonato a me, non senza timore.
Passavano i giorni e ogni volta che lo incontravo facevo di tutto per incrociare i suoi occhi scuri, quasi a cercare risposte dove fino a quel momento trovavo solo impulsi per le mie fantasie masturbatorie.
Un pomeriggio, però, mi si presenta l’occasione ladra.
Diluvia, uno di quei temporaloni milanesi in cui l’acqua scende a secchiate.
Lui arriva con la moto, lo vedo parcheggiare dall’altro lato della strada e scendere velocemente.
Attraversa correndo, si ferma davanti al portone del palazzo e dopo un nanosecondo impreca tutti i santi del paradiso.
La pioggia è torrenziale, il balcone sopra il portone non è sufficiente a ripararlo e lui si butta a corpo morto nel mio negozio, grondante d’acqua, chiedendo asilo perché non trovava le chiavi di casa.
Gli dico di star tranquillo, che poteva star da me almeno fino alla chiusura, o quantomeno fino a che la fidanzata non sarebbe rincasata.
Ringrazia e la chiama “Sono da Marco, il ragazzo del negozio sotto casa; non trovo più le chiavi, devo averle lasciate al lavoro boh… Tra quanto rientri?”
Evidentemente non riceve la risposta che si aspettava e “ma porca troia, come faccio io? Non posso aspettare 3 ore, come cazzo faccio?” poi “vabbè dai mi arrangio, fanculo!” e riattacca incazzato.
“Sta scema è fuori a far l’aperitivo con quelle quattro troie delle sue amiche e non vuole tornare adesso perché diluvia, ma che cazzo!”
“Tranquillo -gli dico- per ora puoi rimanere qui, ma non puoi stare con quella maglia inzuppata addosso… ti prenderai qualcosa”
“Non ho un cambio, mica posso stare a petto nudo nel tuo negozio, ahahahahahah”
“Seguimi, nel retro ho un paio di cose che lascio nel caso in cui mi dovesse capitare di sporcarmi, o… BAGNARMI (accentuando il tono sulla declinazione) come te…"
Così metto il cartello TORNO SUBITO, chiudo la porta e gli faccio strada nel retro.
Vabbè, onestamente non è la prima volta che faccio sta cosa, di solito è per qualcuno che ho raccattato su Grindr, ma questa è un’altra storia.
Il retro è un piccolo magazzino di poco più di 10mq, ma funzionale: ci tengo gli articoli doppi o che temporaneamente tolgo dalla vendita, in ordine sugli scaffali, qualche scatolone e una vecchia poltrona sulla quale mi butto in pausa pranzo a riposare e a volte anche a farmi le seghe.
Mi segue, cerco nel borsone un asciugamano e una maglia che possa stargli e glieli passo.
Nel frattempo lui, alle mie spalle, si sta sfilando la t-shirt e sento che impreca; mi giro e scoppio a ridere, perché è rimasto “incastrato” nella maglietta bagnata.
Più io rido e più lui tira bestemmie, ma non riesco a smettere.
Poi in un lampo di improvvisa serietà lo guardo meglio e vedo che le braccia sono praticamente per aria e la maglia è alzata a scoprire un capezzolo… il pelo gli delinea l’addome, e a me diventa il cazzo duro all’istante.
Deglutisco e vado nel panico.
Lui sbraita “ma cristo! aiutarmi no??"
“No, non lo farò; un maschio alpha come te come fa a rimanere incastrato così come un coglione?”
“Coglione coglione coglione coglione aiutami!!!”
“Non provocarmi, sei tu ad aver bisogno di me”
“Non fare il duro con me, mi incazzo sul serio!”
“Ah sì, e cosa fai? Mi metti le mani addosso? Non mi sembra che tu ne abbia la possibilità in questo momento”
Mi sferra un calcio.
Gli tiro un pugno nello stomaco “non fare il cazzone, sei nelle mie mani”
Mi avvicino, non mi può vedere perché anche la faccia è nella maglia, ma sicuramente mi può percepire; quel capezzolo mi tenta, lo vorrei toccare, prendere tra le dita, giocarci… ma non voglio rischiare così lo aiuto, non senza problemi, a sfilarsi sta benedetta maglia.
Le mani si infilano tra pelle e tessuto, i bicipiti sono tesi e quasi impediscono movimenti e centimetro dopo centimetro riusciamo a sfilarla ma lo strattone finale mi fa perdere l’equilibrio cadendo all’indietro, e lui sopra di me.
La sua faccia è a pochi centimetri dalla mia “Sei un coglione” -mi dice- io lo guardo e l’unica cosa che vorrei fare è mettergli la lingua in bocca, e credo l’abbia capito.
Faccio per alzarmi ma lui non si sposta di un millimetro, e la mia faccia è pericolosamente vicina alla sua.
Sento un fremito in mezzo alle gambe, spero non se ne accorga, ma mi rendo conto che non sono io ad averlo.
Si rialza di colpo, si asciuga e si mette velocissimamente la polo che gli sto prestando; prende il telefono e chiama un amico “Mi passi a prendere? Son rimasto chiuso fuori e piove a bestia: ci beviamo qualcosa, sono nel negozio XYZ riesci a passare? (…) ok, tra 5 minuti perfetto!”
Torna in negozio, lo seguo, riapro e tolgo il cartello.
Aspettiamo in silenzio e appena il suo amico accosta esce senza nemmeno dire nulla,
Fanculo va, almeno ringrazia!
Ma non è veramente quello a cui sto pensando; ho veramente sentito il suo “gonfiore” o me lo sono solo immaginato?
É per questo che è scappato?
Passa meno di mezz’ora e mi ripiomba in negozio come una furia sbraitando “Cosa cazzo avevi in mente prima, eh? Mi hai fatto spogliare con la scusa che ero fradicio solo per vedermi nudo? Coglione! Ho visto come mi guardavi… cosa volevi fare???” e si avvicina con la faccia inferocita a un centimetro dalla mia.
Non so che fare, ho il timore che mi metta le mani addosso, la voce mi trema “Io…” provo a dire.
“Io un cazzo!” -urla- e mi da una testata, fronte contro fronte, e resta lì, occhi dentro gli occhi per un tempo che sembra infinito.
Mi sovrasta di pochi centimetri, ma bastano per farmi paura,
Sento le gambe cedere, ed è proprio in quel preciso momento che cedo anche alle sue labbra che con prepotenza cercano le mie.
Non so cosa pensare, la mente si annebbia, la sua lingua cerca la mia che non si fa trovare impreparata.
“Chiudi il negozio!” mi dice, e non glielo faccio ripetere due volte.
Mi precede nel magazzino e in un nanosecondo si è già tolto la (mia) maglia; non perdo tempo e mi butto su quei capezzoli che altro non chiedevano se non di essere accuditi.
La mia lingua se ne prende cura, i denti li mordicchiano, lui sussulta; le mie mani stanno sbottonandogli i pantaloni, sento un interessante rigonfiamento, è il suo cazzo che sta prendendo vita dentro a quelle inutili mutande.
Gliele abbasso velocemente e mi fiondo su quell’uccello tanto bramato: pensavo meglio, ma è comunque bello averlo finalmente in bocca e sentire che si ingrossa sotto i colpi della mia lingua.
Mi inginocchio per agevolare il lavoro, mentre le mani corrono ai pettorali, e poi ai capezzoli, titillandoglieli.
Samu mugola, non so se per il pompino o per la tortura ai capezzoli, ma comunque sia capisco che gli sta piacendo; non sto a domandarmi se si sta semplicemente sfogando nella bocca del primo frocio che gli è capitato o se effettivamente è perché sono io, fottesega: mi godo il momento e poi vedremo.
Mi concentro sulla cappella, infilo la punta della lingua nell’orifizio uretrale e ci gioco un po’, poi scendo lentamente al frenulo e sento che le scariche delle terminazioni nervose gli arrivano al cervello.
“Cazzo sì, Marco, cristo mi fai impazzire”
Lascio i suoi capezzoli e con una mano comincio a segare il mio uccello che nel frattempo era diventato di marmo, mentre con l’altra gli massaggio le palle, e con l’indice faccio una leggera pressione sul perineo, con un movimento circolare.
D’istinto mi toglie bruscamente la mano, ma la rimetto e aumento la pressione “Co…sa cazzo mi fai -farfuglia a denti stretti- sto im…pazzendo cazzooo” e capisco che ce l’ho in pugno.
Mi alzo di scatto e lo bacio, mentre le mie mani, a coppa, masturbano i nostri cazzi durissimi contemporaneamente, come se fosse un enorme cazzo unico, un totem a cui essere estremamente devoti.
“Sputami in bocca –gli chiedo- sputa, cazzo”
“Sei un porco, lo sapevo”
“SPUTA!!!” e lo fa; ingoio e gliene chiedo ancora, e lui mi accontenta di nuovo, ma stavolta tengo la sua saliva sulla punta della lingua e prima che se ne possa rendere conto lo giro su sé stesso e risputo sul suo buco del culo, affondandoci la lingua.
“Cazzo fai? -dice con un tono tra l’incazzato e l’incredulo- non vo…gli…oooo porca tro…ooo…oooo…ia mmm cazz…ooo” e fa per spostarmi la testa ma non mi muovo di un millimetro, anzi affondo ancora la lingua in quel pertugio che piano piano si lascia andare.
Samu non vuole, ma vuole! E decide di lasciarmi fare, così ci gioco un bel po’, mentre lui grugnisce confermandogli che gradisce il trattamento.
Mi stacco di colpo “Anna non te l’ha mai fatto, vero?” dico con un ghigno malefico.
“Ma ti pare? Già è tanto che si fa scopare quella. E comunque non gliel’avrei mai lasciato fare!”
“Eh già, il maschio alpha non deve essere violato, non sia mai -sussurro guardandolo dritto negli occhi- tranquillo non mi spingerò oltre se non vuoi, anche se so che ti è piaciuto” e lo ribacio con passione.
Sembra che le nostre lingue non abbiano mai fatto altro, sembra che i nostri corpi siano fatti di elettricità, sembra che non ci sia niente e nessuno che possa impedirci di fare quello che stiamo facendo.
Già… “Cazzo sto facendo?” – dice- e si stacca da me.
“Voglio il tuo cazzo” rispondo, e non gli do il tempo di ripensarci riprendendoglielo in bocca… “Dammi la sborra” -continuo- e lo pompo come se non potessi, o non sapessi, fare altro.
Mi siedo sulla poltrona trascinandolo con me, voglio stare un po’ più comodo, voglio e devo farlo godere.
Gli aspiro la cappella gonfia, mi tiene la testa tra le mani e accenna a dare un ritmo ma voglio condurlo io il gioco, e mi oppongo a lui stantuffandolo con la mia gola, colando saliva.
Con la mano destra risalgo verso il suo culo e mi fermo sul solco, è ancora bagnato per il mio lavoretto di prima, e prima che se ne possa rendere conto mezza falange vìola il suo buchetto e lui ha un sussulto che gli si strozza in gola.
Fa per spostarsi ma non mollo la presa, e col dito mezzo infilato dentro mi rialzo e lo attiro a me con un bacio da film porno mentre sento il suo cazzo pulsare contro il mio ventre.
È frastornato, lo so, e ne approfitto: gli prendo la mano e me la porto sul cazzo, voglio che anche lui partecipi attivamente.
Si limita a stringermelo, senza fare altri movimenti, così io improvviso una lenta scopata nella sua mano e lui lascia fare.
“Vedi come scorre bene? Pensa a come sarebbe se facesse dentro e fuori dal tuo buchetto”
“Scordatelo coglione” dice.
“Mmmm come ti piace fare il maschione della situazione… eppure hai il mio cazzo in mano”
“Ce l’hai messo tu”
“Non ti sei spostato”
Fa una smorfia di disgusto ma si capisce che lo fa perché è il suo ruolo; intuisco che non mi concederà il privilegio di essere succhiato, almeno non oggi, ma almeno una sega me la deve cazzo! Così prendo la sua mano nella mia e lo accompagno a masturbarmi, lentamente, col mio uccello che apprezza molto il trattamento.
Non voglio azzardare troppo, sento che non è ancora perfettamente a suo agio con questa nuova situazione, così mi risiedo nuovamente in poltrona e mi applico per farlo godere.
Il mio uccello in una mano, il suo nella mia bocca.
Mi sego furiosamente mentre mi dedico con tutto me stesso a quella cappella e a tutta l’asta, che sembra sempre più turgida quasi non possa resistere ancora a lungo.
Vorrei farli sborrare insieme, e cerco di giocarmela affinché possa succedere.
“Così mi fa…i ve…ni…re” aumento rantola, e io aumento il ritmo fino a portarlo al punto del non ritorno “Sbooo…rrooooo… cazzoooooo cazzooooo cazzoooooo cazzoooooooo!” e comincia a spruzzare uno, due, tre… cinque schizzi degni di nota dritti dritti nella mia gola, che non vedeva l’ora di ingoiare.
Nello stesso istante anche il mio cazzo esplode e il mio cervello va in tilt.
Ripulisco il suo pisello con la lingua, lui sembra in estasi ma non dice niente, nemmeno una parola.
Si accascia seduto per terra, stremato, forse confuso, più probabilmente consapevole di quello che è appena successo ma non riesce -o non vuole- darsi una spiegazione.
La schiena appoggiata ad uno scatolone, i pantaloni alle caviglie, non parla.
Mi alzo, faccio per avvicinarmi, ma squilla il suo cellulare:
Risponde all’istante “Hey amo” “ah sei già a casa? Arrivo subito!!!”
Si riveste in un nanosecondo e fa per andarsene, poi si ferma e “Non deve saperlo nessuno!”
“Non lo saprà nessuno”
Sorride come se volesse aggiungere altro, ma non lo fa.
Lei lo aspetta, e non voglio trattenerlo.
Non sarebbe giusto.
Magari un giorno, chi lo può sapere, avremo un’altra occasione.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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