Gay & Bisex
IL TERAPISTA (reloaded)
di jeepster
13.06.2024 |
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"La scoperta del sesso comincia da solo, i genitori sono moderni per l’epoca ma un po’ inibiti..."
PRIMA PARTE:Numerose immagini sacre alle pareti ed altrettante testimonianze di stima: il “santuario” è misticamente avvolto nella penombra, l’atmosfera odora d’incenso che io detesto, mi disturba, si mescola con quello forte del pino di Svezia del quale è composto praticamente tutto l'arredamento, comprese le pareti integralmente rivestite dello stesso materiale.
Penso: “Così è più facile piantare nel muro tutti quei chiodi per appendere le madonne”.
Sono nello studio di un pranoterapeuta perché me l’ha consigliato una parente che aveva un dolore di vecchiaia e adesso sta meglio.
Da un po’ la schiena mi fa male, non tanto, ma abbastanza spesso; il mio medico mi ha visto un paio di volte ma deve avere concluso che sono un ragazzetto rompipalle.
Anche se non ci sono evidenze cliniche e non credo in queste cose, mi son detto: “proviamo pure la medicina alternativa, male non mi potrà fare”.
Ho vent’anni, gli ormoni mi scorrono a litri nelle vene, la vita fortunatamente non mi dà problemi: faccio lo studente, vivo al mare, sembra di essere in vacanza tutto l’anno.
La natura mi ha omaggiato di una discreta presenza e una certa statura; un fisico attraente, anche se abbastanza magro; un viso discreto ed una giusta dose di faccia tosta acquisita col tempo, che mi permette, già da qualche anno, di non farmi mai mancare le ragazze, e tutte le annesse frequenti gustose scopate: praticamente ogni giorno.
Siamo negli anni '70 perciò riuscire a farsela dare da una ragazza non è facile né scontato: loro sono molto più serie ed attente delle diciottenni superficiali e viziate del XXI secolo.
L’unica preoccupazione dell’adolescente è quella di fare una “retromarcia” tempestiva e ragionata, pena un paio di settimane di ansia tremenda oppure un inimmaginabile tremendo futuro.
L'AIDS lo inventeranno dieci anni dopo.
Il preservativo è una pratica raccomandabile ma dopo la prima volta che provi una vagina “al naturale” avvolgente, bagnata e caldissima, il coso di plastica che ti strizza l’uccello ti ripugna; nell’età matura sarà anche in grado di farmi ammosciare tutto.
Sempre in età matura, scoprirò che avrei dovuto dotarmi di preservativi della mia misura che non sapevo esistessero, perciò ogni volta che ho infilato l’uccello in uno di quei cosi per cinesi, era così stretto che è stato come introdurlo dentro un tubo da annaffiare il giardino (sai che gusto, eh?).
La scoperta del sesso comincia da solo, i genitori sono moderni per l’epoca ma un po’ inibiti.
Io e mio padre non abbiamo mai parlato di “certe cose”, mia madre era squalificata in partenza.
La prima volta che parlai col dottore da solo avrò avuto dieci anni. Dopo avermi strizzato un po' le palline e scappellato il pisellino lui mi dice che lì cresceranno dei peli. Boh, la cosa mi dovrebbe turbare?
Quindi la cultura in materia me la farò con il passaparola, che per l’argomento in questione è il peggior metodo possibile, infatti nessuno sa un cazzo, tutti hanno sentito dire, la fantasia galoppa e il popolo inventa.
C’è però l'amico più caro e sincero, il primo, quello che conosci dai tempi delle elementari, con lui non ci sono segreti, parli di tutto e condividi tutto.
A dodici anni si va al mare insieme, ci si cambia nella stessa cabina, ci si guarda, ci si tocca, ci si confronta e si commenta.
Quando siamo già abbastanza grandicelli da esserci fatti tante pippe ognuno per sé, già sufficientemente sviluppati a giudicare dagli schizzi che produciamo, nei frequenti pomeriggi di gioco si conversa, l’argomento principale è sempre lo stesso: si parla di figa, scopare, bocchini eccetera.
«Chissà com’è?»
«Perché non proviamo?»
«Perché no?»
Ci tocchiamo, ci manipoliamo, ci succhiamo il pisello; non è ben chiaro qual è il metodo giusto ma stiamo esplorando.
La prima sensazione di avere l’uccello del mio amico in bocca?
Qualcosa di non troppo pulito né inodore, però caldo, duro, per quanto curiosamente incurvato da un lato come una banana difettata.
Provo un certo godimento e compiacimento, ma non provo nessun senso di colpa o ansia moralista. Non sono “finocchio”, non mi sento tale, sto solo dando libero sfogo ai miei istinti, mi sto preparando per la vita, senza preoccupazioni.
Scambio di ruolo, lui mi succhia, è piacevole, ma non sono emozionato oppure teso. Riprovo io, giochiamo a lungo senza ansie da prestazione.
La mia abilità con la bocca e la lingua non dev’essere un granché, perché il mio amico per venire si deve maneggiare da solo per un po’, poi solo quando è il momento glielo prendo in bocca e me la sento riempire con un getto caldo e salato.
Venirsi in bocca aveva uno scopo pratico: si evitava di sporcare in giro, poi bastava sputare nel posto opportuno.
Non inghiottiremo mai il nostro sperma, in quel momento l’atto non riveste alcun particolare significato; sarà un peccato perché sarà un’esperienza che ci mancherà per sempre, almeno a me.
Subito dopo i primi approcci sviluppiamo la variante sessantanove, che usiamo a seconda degli spazi e degli ambienti disponibili. L’emozione è data soprattutto dall’ansia di venire scoperti.
Cresciamo un paio d’anni. Il mio amico ha un albergo sulla spiaggia, perciò appena arriva la nuova estate scopre la variante della femmina e comincia a scopare, i nostri scambi di esperienze si diradano sempre di più finché l'ultima volta che siamo soli io e lui in casa sua, alla consueta domanda: «Che facciamo?» la quale prelude a un doppio pompino o a un sessantanove come sfogo di tensione dei maroni, lui non reagisce: è diventato grande. È un peccato perché potrebbe trasferirmi un po’ della sua nuova esperienza, invece se la tiene per sé.
I miei non hanno un hotel sulla spiaggia, non hanno proprio un cazzo, perciò devo farmi le pippe, tante; fino a quando a diciassette anni la prima generosa, simpatica, intraprendente, volenterosa ragazza scavalca di slancio il mio blocco emotivo iniziale e mi “apre” un nuovo mondo, che già da prima sapevo mi sarebbe piaciuto un casino.
Nelle due stanze in penombra una varia umanità in attesa in religioso silenzio: mamme con bambini, anziani accompagnati dai figli già maturi, coppie di mezza età, uomini soli, adulti o vecchi.
Sebbene la cosa non m’inquieti, penso che io e la mia ragazza che mi ha accompagnato, siamo gli unici giovani presenti. Anche l’estrazione è varia: molta gente di campagna, qualche cittadino di paese, alcune signore con la puzza sotto al naso.
C’è una porta nella semioscurità sopra alla quale c’è la scritta “AVANTI” fatta di LED rossi.
Ad intervalli di quattro o cinque minuti suona un cicalino e la scritta si accende, il soggetto in attesa davanti alla porta può entrare. Mi incuriosisce che quelli entrati in precedenza escono da una porta di fianco alla prima. Cosa mi attende oltre la porta?
Man mano che la folla scorre si avvicina il mio turno: seguo l’esempio del popolo e mi piazzo di fronte alla porta: “beep” il cicalino mi ordina di entrare.
Entro in una stanzetta minimale, probabilmente un disimpegno che collega altre due stanze e può contenere al massimo due persone: uno sgabello, un comò ingombro di cianfrusaglie, quadretti mistici alle pareti, madonne ovunque e una radio vecchissima che miagola in onde medie roba sacra (forse è radio vaticana).
Mi accoglie un ometto bassetto, tarchiato, senza collo, avrà l’età di mio padre. Ha una folta barba tutt’intorno alla faccia.
Se la situazione non fosse carica di solennità, potrei pensare che se dovessi immaginare uno gnomo delle favole, non avrei dubbi: ce l’ho davanti.
Mi parla con voce bassa e fare solenne, ma il tono è un po’ stridulo con note femminili.
Mi chiede quale sia il motivo della mia visita: gli spiego che spesso mi fa male la schiena anche se non è sicuramente dovuto alla “dolce” fatica che faccio ogni giorno... (risatina). Ho già interpellato il medico e le analisi cliniche dicono che non ho niente; non è grave però la cosa comincia a infastidirmi, così ho pensato di percorrere delle strade alternative.
Sentenzia che probabilmente il mio corpo ha accumulato delle tensioni e proverà ad allentarle utilizzando il suo “fluido”. L’azione è perciò rivolta all’intero corpo, devo stare tranquillo e rilassato e comunicargli le mie sensazioni quando lui me lo chiederà.
Eccomi seduto sullo sgabello, mi strofina i palmi delle mani sulle spalle poi li solleva di poco, sensazione di calore come se ci battesse il sole.
Procede con le scapole, poi la schiena, i reni. Stessa procedura: ogni volta mi chiede se avverto il calore e io rispondo: «Sento».
Mi fa alzare in piedi, mani sul petto, sento sempre il tepore delle sue mani, sarà il “fluido”?
Le mani sulla mia pancia; mi avvisa: «Sento delle attività infiammatorie». Annuisco: lui è il sensitivo, io il paziente.
Ora le sue mani sono all’altezza della vescica, poi le solleva, gli dico che avverto il calore.
Le poggia delicatamente sul mio pacco, non faccio una piega: è un terapeuta.
Sento il calore sulle palle e sul pisello. Ripete l'operazione, poi mi fa risedere e ripete tutto il ciclo dall'inizio fino a toccarmi di nuovo il pacco alla fine.
Mi dice: «Abbiamo finito, ma avverto delle tensioni a livello dei reni, quindi quando esci non andare via che ti faccio rientrare fra pochi minuti, quando avrai assorbito bene il calore».
Pausa.
Siamo nell’epoca dei jeans indossati come una pelle, almeno due taglie in meno del prescritto. Immense torture ai testicoli, spiaccicati come frittelle, e il pene altrettanto spiaccicato, il tutto sacrificato sull’altare delle mode abominevoli.
Sono anche “fortunato”! Di pisello e di testicoli ho due taglie in più della media: non serve a niente ma per impressionare il prossimo aiuta.
Il pacco è compresso, sempre in bella evidenza e i pantaloni sono sbiaditi e consumati proprio in corrispondenza dei gioielli, in una palese ostentazione di virilità.
Tutto era talmente stretto e piccolo che a quell’epoca avere una erezione significava vedere il glande sporgere da sopra la cintura dei jeans.
Al tempo, una delle mie più fantasiose amiche si è bevuta così il mio succo, senza nemmeno sbottonarmi.
Col senno di poi, ora sì che posso con ragionevole certezza risalire all’origine del mio mal di schiena: le mie povere palle schiacciate, con le relative ghiandole surrenali.
Aspetto diligentemente il mio nuovo turno; la mia ragazza fuori sopporta pazientemente.
Eccomi di nuovo sullo sgabello, poi ancora in piedi per sentire il calore prima sui reni e poi alla vescica.
«Devo sentirti più in profondità, puoi aprirti i pantaloni?» chiede. Obbedisco senza obiettare.
Il mio fisico magrolino mi induce a portare una taglia di slip abbastanza piccola, la quale però non è sufficiente a contenere la mia attrezzatura palesemente maggiorata.
Risultato: anche quando tutto è completamente a riposo, resta per metà scoperto, all’aria.
La sua mano sulle mie palle, l’altra sulla mia mazza floscia; sento il caldo, dico “sento”, indugia ancora con le mani sulla vescica, sento il caldo.
Torna giù, tiene in una mano le mie palle, le stringe delicatamente e le rilascia più volte; se non fossimo in una situazione professionale direi che mi sta palpando, però mi sottopongo al trattamento in silenzio.
L’altra mano che prima mi premeva sul pene, ora delicatamente e professionalmente me lo ha tirato fuori e lo impugna tra il pollice e l’indice, stringendolo alla base; lui resta floscio, sebbene imponente, e non reagisce, comprendendo la situazione.
La delicata stretta alle palle continua, in più fa scorrere il prepuzio tutto verso il basso fino a provocare la completa scopertura del glande, che è contento di uscire a prender un po’ di fresco.
Continua la serie di azioni: «Senti?»
«Sento». Il caldo c’è, anche se la storia è che si dovrebbe sentire da una certa distanza e non con il mio uccello in mano.
Il tempo si sta dilatando, mi sembra di essere li da un po’, penso che gli altri fuori si stiano spazientendo. L’azione oramai si svolge solo sul mio pacco.
Lo gnomo si abbassa col viso a controllare la situazione da vicino abbastanza a lungo, mi sfiora il glande con le labbra, non ne sono sicuro, mi sarò sbagliato?
Improvvisamente mi trovo col pisello completamente avvolto da una sensazione caldissima e bagnata. Quattro secondi e da floscio diventa duro come di pietra. È tutto dentro la sua bocca, come ci possa stare non lo so. Si muove velocemente avanti e indietro. Sono di sasso. Altri quattro secondi e sto eiaculando copiosamente a getto continuo, senza impulsi, così a lungo che avverto come se stessi pisciando in bocca a questo sconosciuto senza riuscire a controllare lo stimolo.
Questo brutto insignificante ripugnante ometto barbuto ha abusato di me ed in un attimo mi ha svuotato completamente le palle!
(continua… la seconda parte è già disponibile sul mio profilo)
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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