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Diario erotico di un patriota - 3


di jeepster
29.07.2023    |    7.357    |    5 9.9
"Mentre ero disteso sul mio letto come privo di forze, ho sentito Rino gemere debolmente e volgendo lo sguardo l’ho visto in piedi che ancora scorreva le sue..."
1 APRILE 1855
Da un po’ di giorni mi trovo in infermeria con un altro mio compagno di cella. Non siamo ammalati ma a turno ci viene data la possibilità di passare un po’ di tempo in un luogo più salubre e confortevole, dove possiamo lavarci a dovere e mangiare dei pasti migliori.
Oggi si festeggia la domenica delle palme: il giorno in cui Gesù entrò in Gerusalemme e fu accolto con grande giubilo dal popolo desideroso di credere nella promessa di riscatto del Messia.
Purtroppo in pochi giorni, queste aspirazioni di giustizia e libertà furono totalmente represse dal potere costituito e Gesù finì sulla croce, morendo tra atroci tormenti.
Mi viene di fare un parallelo col destino toccato a me, ai miei compagni e anche al mio caro Rino, che abbiamo preso parte ai moti del ’48: dapprima acclamati dalle genti, poi abbandonati al nostro destino quando spietata e crudele c’è stata la repressione. Non sono mancati i tormenti e gli strazi, che ancora patiamo, e neanche la condanna a morte, che seppur non eseguita, è stata sostituita da questo ergastolo ch’è qualcosa di ancor peggiore. Perciò ci hanno sepolti in questo luogo che è una sorta di sepolcro dal quale però, al contrario di quello che è stato per il figlio di Dio, noi non abbiamo alcuna speranza di “resuscitare”, tranne il buon Rino la cui condanna è stata solo, si fa per dire, a 12 anni; e certo 12 anni mi sembrano pochi in confronto a tutti quelli che ancora mi è dato di vivere.
Sebbene non vedo l’ora che arrivi per il mio caro amico il giorno in cui potrà lasciare questo luogo di miseria e perdizione, non posso fare a meno di temerlo, giacché non potrò più avere il conforto della sua amorevole amicizia.
Oggi ho ricevuto una sua lettera che però mi ha causato una certa irritazione.
Ne ricopio una parte per quando in futuro dovessi aver voglia di ben ricordare le sue parole, benché tra noi due c’è l’accordo di distruggere le missive che ci scambiamo ma se anche occhi indiscreti dovessero leggere quello ch’egli scrive, non credo gli sarà causa di grande nocumento.

“Mio caro Gigi… stanotte mi è capitata una cosa che voglio assolutamente raccontarti. Era notte tarda ormai e nonostante mi fossi disteso da un po’, ancora non avevo preso sonno. Credevo che tutti gli altri compagni rimasti nella nostra cella dormissero, invece a un tratto mi accorgo che qualcuno si era avvicinato al tuo giaciglio, che ora uso io da quando sei in infermeria, poiché è in basso ed è più comodo. Grazie al chiarore lunare che filtrava nella stanza sono riuscito a riconoscere “Napoleone” ma ho fatto finta di dormire per capire che intenzioni avesse. Ho pensato che forse voleva rubare qualcosa ma dopo un po’ si è rivolto a me con voce bassissima e mi ha chiesto: «Rino, stai già dormendo?». Io non gli ho risposto, affinché potesse credere che fosse così; dopodiché mi ha rifatto la domanda con tono un poco più alto ma io niente, continuavo nella mia finzione. A questo punto sento che comincia a tirarmi giù la coperta e lì mi ero già convinto che volesse rubarmela quando invece si ferma dopo avermi scoperto fino al bacino. Subito dopo sento la sua mano toccarmi con delicatezza nelle parti basse.
Puoi immaginarti la mia sorpresa e incredulità ma l’ho lasciato fare, così le sue carezze hanno ottenuto subito l’effetto voluto, rivelando così anche la mia condiscendenza. Quello che non mi sarei mai aspettato è che dopo avermelo tirato fuori, lui cominciasse a baciarmelo e a leccarmelo; poi se l’è cacciato in bocca per succhiarmelo, quindi ha iniziato a farselo scorrere in gola facendo avanti e indietro con la testa.
Mi ha stupito assai il piacere intenso che tutto ciò mi provocava; mi richiamava alla mente le sensazioni che ho provato quelle poche volte che ho avuto rapporti carnali con le femmine e infatti dopo poco ho raggiunto il culmine dell’eccitazione e non ho potuto trattenermi dallo schizzare fuori tutto il mio seme. Con mia grande sorpresa Napoleone ha lasciato che gli riempissi la bocca e ha inghiottito tutto, mentre inginocchiato di fianco al letto si toccava a sua volta e quasi subito ha avuto il suo godimento.
Spero che questo mio racconto non ti scandalizzi e che non diminuisca in alcun modo la considerazione che hai di me. Ho voluto raccontarti tutto questo, anche con dovizia di particolari, perché ho deciso che il “servizio” che ancora ti devo, voglio assolverlo in questa maniera…”.

Ordunque ricopio anche una parte della mia lettera di risposta:

“Oh Rino, mio caro, non temere. Dopo tutte le brutture viste e i racconti più turpi e osceni che mi è capitato di ascoltare qua dentro, ci vorrà ben altro per scandalizzarmi che non un innocente racconto di un “lavoro di bocca” tra uomini.
Per quanto riguarda il tuo proposito, ne apprezzo il sentimento di riconoscenza che lo ispira ma sappi che tu non devi sentirti in debito di niente.
Anch’io ho trovato sbalorditivo il comportamento del mio “siniscalco”, al quale entrambi vogliamo un gran bene, e non saprei giustificarmelo se non per la sua indole di giovane servizievole e riconoscente verso chi lo considera, lo ascolta e lo aiuta a migliorare la sua istruzione, come noi facciamo. Mi viene da pensare altresì che l’aver scelto quel modo di dimostrare la sua gratitudine sia stato suggerito dall’aver scoperto che tra noi due c’è quel tipo di confidenza e intimità che va al di là di una compagnesca amicizia. Mi riferisco a quella volta che entrò nella cella dopo che noi ci eravamo appena baciati. Alla luce di quel che mi hai raccontato, sono portato a credere che lui si sia fermato sulla soglia a guardarci, ed è entrato solo dopo che ci siamo staccati.
Ciò non di meno trovo comunque assai avvilente dover constatare che questo stato di cattività ci porta un po’ tutti ad avere dei comportamenti che forse mai avremmo avuto fuori di qui.
Tuttavia io, paradossalmente, sono grato a questa condizione che in qualche modo può averci spinto a vivere fino in fondo e senza remore questo sentimento d’amore che ci lega entrambi…”

Per quanto credo che sia proprio questo stesso sentimento d’amore che ha suscitato in me un moto di gelosia, venendo a sapere che un altro uomo ha avuto con lui un momento di sensuale intimità: ma questo non gliel’ho scritto.

10 GIUGNO 1855
Ieri io e S. (un altro dei miei compagni di sventura) abbiamo dovuto lasciare l’infermeria e così siamo tornati nella nostra cella. Non è stato affatto facile riadattarmi allo spazio angusto, all’affollamento, alla scarsa pulizia e alla vetustà di essa. Non sapevo che fare; sono rimasto a lungo seduto sulla tavola che mi fa da letto a guardarmi intorno, a riascoltare i suoni e gli strepiti che venivano dabbasso, che invece arrivavano molto più attutiti in infermeria.
L’unico conforto è stato poter riabbracciare il mio caro Rino, che mi ha accolto con gran festa insieme agli altri compagni rimasti lì; uno dei quali ha tirato fuori una bottiglietta messa da parte per l’occasione, contenuta nel pacco che aveva ricevuto da poco: così abbiamo brindato con del sidro di mele fatto in casa.
Non ho ritrovato “Napoleone”, il quale due giorni prima aveva chiesto di andare in un’altra cella dov’era un suo compaesano di Reggio ed era stato subito accontentato visto che di là erano solo in quattro e invece col ritorno di me e S. saremmo stati in sei anziché in cinque.
Più tardi Rino mi ha raccontato un episodio che forse ha determinato la scelta di colui che avevo eletto mio “siniscalco”.
Infatti a sera siamo rimasti a lungo a parlare: tante erano le cose che avevamo da dirci; lui mi ha aggiornato su chi è uscito dal carcere e su chi è entrato, io su quanto son venuto a conoscenza sulla situazione politica di fuori. Quando era ormai notte fonda e già sentivamo distintamente gli altri tre russare, abbassando di molto il tono della voce, Rino mi fa: «Devo raccontarti una cosa a proposito del nostro benamato Napoleone… una notte della scorsa settimana, si è avvicinato di nuovo al mio letto, al tuo in verità, insomma questo su cui siamo seduti ora; a bassa voce lo sento domandare: “Rino, ti va se ti faccio come l’altra volta?” e senza aspettare la mia risposta mi ha messo la sua mano in mezzo alle gambe, dando per scontato che l’avrei lasciato fare, com’era stato in precedenza. Stavolta però non mi ha colto di sorpresa: quando l’ho visto avvicinarsi ho capito subito le sue intenzioni. Con garbo ma con fermezza gli ho bloccato la mano dicendogli: “Amico carissimo, mi è piaciuto quello che hai fatto l’altra volta e te ne sono grato ma non mi sento di lasciare che questa cosa si ripeta, anche perché non vorrei che gli altri se ne accorgano”. “Ma stanno dormendo tutti, nessuno se ne accorgerà” ha insistito lui; però io fermo nella mia intenzione gli ho risposto che era meglio se lasciavamo perdere. Così lui se n’è tornato al suo giaciglio e nei giorni successivi ha avuto con me un comportamento un po’ freddo o comunque meno cordiale del solito. Forse per imbarazzo o semplice irritazione per il rifiuto ricevuto, sta di fatto che io penso che la sua decisione di andarsene sia dovuta a quanto ti ho appena riferito».
«Certo, è probabile che sia così – gli ho risposto anch’io sussurrando – e non immagini quanto mi fa piacere che tu abbia deciso in tal modo; ti confesso che quando ho ricevuto la lettera in cui mi raccontasti di quell’altra volta, ho avuto un moto di gelosia».
Rino ha ridacchiato piano, poi ha aggiunto: «Ciò che dici mi lusinga e ti dirò che anch’io sarei geloso se venissi a sapere che tu hai rapporti carnali con un altro. Il pensiero che qualcuno possa mettersi fra me e te mi getterebbe nello sconforto più nero» e detto ciò si è voltato e mi ha afferrato entrambe le spalle, ha avvicinato la sua bocca alla mia e così ci siamo dati un lungo e appassionato bacio. Poi ci siamo abbracciati e distesi e abbiamo continuato a baciarci e poi ad accarezzarci ovunque, e man mano sempre di più nelle parti intime.
L’eccitazione è cresciuta rapidamente, come pure le dimensioni dei nostri sessi, e così a un certo punto Rino si è staccato, è sceso dal letto per togliersi la camicia; anch’io me la son tolta mettendomi a sedere ma a quel punto Rino mi ha afferrato ai fianchi i pantaloni facendomi capire che voleva sfilarmeli; l’ho agevolato nel movimento e quando il mio membro è svettato fuori da sotto la stoffa, senza indugi Rino l’ha accolto nella sua bocca per mantenere la promessa che mi aveva fatto poche settimane fa.
Non avendo mai sperimentato prima nulla di simile, ha molto sorpreso anche me l’intenso piacere che il lavorio di Rino mi provocava, al punto che mi sembrava che stessi per perdere i sensi; di sicuro sentivo di non aver più il controllo di me stesso e così ho afferrato la testa di Rino come a volerlo fermare ma lui ha proseguito imperterrito e nel giro di pochi secondi con uno degli orgasmi più intensi che abbia mai avuto ho eiaculato, sussultando e trattenendo a stento i gemiti per il godimento. Anche Rino, come aveva fatto “Napoleone” con lui, si è fatto riempire la bocca dal mio seme per poi inghiottirlo.
Mentre ero disteso sul mio letto come privo di forze, ho sentito Rino gemere debolmente e volgendo lo sguardo l’ho visto in piedi che ancora scorreva le sue dita lentamente sul membro che aveva appena finito di masturbare.
Dopo esserci ricomposti, lui si è disteso di nuovo al mio fianco e bisbigliando ha detto: «Sono felice per essere riuscito a compiere la reciprocanza che ti dovevo».
(continua)
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