Lui & Lei
Tutto può succedere
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22.01.2025 |
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"La sera, a cena, parlai di Alice con Giada; con lei potevo parlare di tutto, non era gelosa del mio passato, anzi voleva sapere tutto..."
Era passato qualche anno dall’ultimo incontro con la coppia Alice e Paolo. La mia vita era cambiata: ora uscivo con Giada, una donna bellissima e particolare che avevo conosciuto. Ero molto coinvolto da lei, perciò le altre mi erano quasi indifferenti. Tuttavia, conservavo un bellissimo ricordo di Alice: del suo corpo, dei suoi capelli morbidi dietro l’orecchio, dei suoi profumi sofisticati, del suo modo autoritario e dolce di fare l’amore.Navigando un po' in rete mi sono imbattuto, per caso o forse no, nel suo profilo di coppia. Le foto erano tutte nuove, tranne una: in una era stesa su una chaise longue Le Corbusier, indossava un intimo di colore neutro di seta e aveva i capelli raccolti come sapeva fare lei, lasciando qualche ciocca libera. In un'altra foto era di schiena: aveva una schiena sempre bellissima e definita e in mano teneva una rosa.
La mia fantasia cominciò a galoppare e mi sentii immediatamente eccitato nei pantaloni. Ricordavo le sue carezze, le sue "torture", il suo corpo in mio possesso e il mio completamente assoggettato a lei.
La sera, a cena, parlai di Alice con Giada; con lei potevo parlare di tutto, non era gelosa del mio passato, anzi voleva sapere tutto.
Non mi soffermai sui particolari, ma una volta a casa le diedi i fogli con i miei racconti sugli incontri con Alice. Li divorò in pochi minuti, in silenzio. Io la guardavo, guardavo il suo volto, la sua espressione. Notai che di tanto in tanto si mordeva un labbro, forse nei punti in cui provava più piacere.
Quando finì di leggere, mi guardò e mi chiese: "Hai scritto così anche di me e di noi?"
«Certamente» risposi. «È il mio modo per non perdere la memoria, il mio modo di ricordare i momenti salienti della mia vita. Attualmente tu sei il momento più importante che io abbia vissuto e non posso non scrivere di te».
Mi guardò con fare indagatorio: "Li voglio leggere", "Ora non è il momento", le dissi, attirandola a me e baciandola. Si lasciò andare a quel bacio, aprì la bocca e intrecciò la lingua con la mia. Le carezzai il collo, le baciai i capelli dietro l’orecchio, le presi la nuca tra le mani e la adagiai sul divano. Le slacciai la camicetta: non indossava il reggiseno. La baciai sul petto, giocherellai con la lingua e i suoi capezzoli. Chiuse gli occhi e si abbandonò alle mie carezze. Le aprii i jeans e glieli abbassai. Notai che aveva appena depilato la sua vagina. Baciai il tatuaggio a forma di merletto che aveva sul monte di Venere. Con le labbra, iniziai a baciare la sua clitoride. Lei inarcò la schiena, affondò le unghie curate di colore ciliegia nella mia testa per non farmi muovere ed esplose in un orgasmo travolgente.
Si rialzò, mi fece sedere sul divano, mi abbassò i pantaloni e salì a cavalcioni su di me. Mi prese dentro e mi baciò, assaporando il suo sapore che avevo sulla barba e sulle labbra. Sentii il sapore della sua bocca fresca, la sua saliva si mischiò ai miei umori. Ero di marmo. Muoveva il bacino su di me ritmicamente, facendo delle pause quando ero nel punto più profondo della sua vagina. All’improvviso si staccò da me e mi inchiodò al divano con le mani sulle spalle. Ricominciò a muoversi guardandomi negli occhi come se volesse sfidarmi a duello, ma era lei che controllava la mia spada.
Fui costretto a fare uno sforzo e la catapultai di schiena sul divano.
Uscivo grondante di umori dalla sua vagina.
La girai e le assestai un ceffone sul sedere perfetto.
Sussultò e fece per alzarsi. La bloccai con una mano dietro al collo e le leccai la schiena tesa. Lo presi con una mano e lo appoggiai al suo fondoschiena. Si strinse, ma insistetti nella spinta, agevolato dai suoi umori e dalla sua voglia di sesso. La penetrai lì con dolcezza. Sembrava non provare dolore, cedette quasi all’istante e cominciò a gemere. Il ritmo aumentò leggermente. Le lasciai il collo e la presi per i fianchi. Lei mi spingeva contro. Sentivo che voleva il mio piacere dentro di lei e cominciai a muovermi con più decisione. Cominciò a mordere un cuscino per non alzare il volume dei suoi gemiti, fin quando non le esplosi dentro. Rimasi fermo qualche secondo, poi mi rilassai e lei mollò il cuscino. Scivolò supina sul divano, mi stesi accanto a lei, la abbracciai e le presi un lobo tra le labbra, strusciandomi poi sui suoi seni. Si appiattì su di me.
Restammo in quella posizione per qualche minuto, poi si girò e disse: “È così che scopavi con Alice?”
Guardandola, capii che i miei racconti l'avevano eccitata.
Continuava a guardarmi e chiedermi: «Perché non la ricontatti e me la presenti? Voglio proprio vedere se hai descritto bene la tua storia con lei».
Rimasi un attimo perplesso, ma eccitato da quella richiesta. Avevo scoperto un lato di Giada che non conoscevo.
«Io, Giada e Alice» pensai.
Mi ritornò l’erezione. Lo vide, mi prese il cazzo con la mano e disse: «Non l’hai proprio dimenticata, o ti eccita quello che potremmo fare con lei e il marito?». Aveva piantato il seme dell’eccitazione.
«Scriviamole ora», disse.
Le promisi che lo avrei fatto con lei l’indomani, dopo il lavoro. Non avremmo dovuto fare tutto sull’onda dell’eccitazione; avremmo dovuto entrarle nella testa prima che nel corpo. Alice era molto cerebrale; si nutriva di situazioni più che di sesso, di atmosfere, di profumi, di corteggiamento.
Ma questa è un'altra storia: io, Giada e Alice.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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