Lui & Lei
Risvegli - Parte I - In Ginocchio
di NoOne8
06.01.2019 |
2.638 |
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"Le sue mani intanto iniziarono a sfiorarla dalla punta dei piedi, risalendo lentamente, alzandole la gonna lungo i fianchi, senza neanche osare avvicinarsi..."
Salve a tutti,Sono anni che leggo racconti su questo sito e finalmente ho deciso di pubblicarne uno anche io. È il primo racconto che riesco a finire e in realtà si tratta della prima parte di una serie che ho intenzione di continuare. Probabilmente verrà modificato e sistemato ancora un po', ma intanto ci tenevo a condividerlo con voi. Fatemi pure sapere cosa ne pensate, le critiche fanno sempre bene!
Risvegli - Parte I - In Ginocchio
Lo stava facendo impazzire. Il problema più grande è che non ci stava neanche provando, ci riusciva semplicemente esistendo. La loro relazione durava da anni e dopo un periodo di stallo più o meno prolungato, adesso le cose erano cambiate. Tanto. Avevano trovato un nuovo equilibrio, grazie a una comunicazione diretta, schietta, senza nascondersi nulla, o quasi. Il quasi era richiesto dalla sopravvivenza quotidiana, perché M sentiva necessario non parlare continuamente ed esclusivamente di quanto avrebbe voluto possederla, in ogni singolo istante, ovunque, a prescindere dalla situazione.
In verità, questo nuovo rapporto che stavano instaurando era inebriante, consentendogli un’intimità che finora non erano mai riusciti a vivere. Anche per questo, sicuramente, si stavano riscoprendo sessualmente. Frequenza, intensità, piacere, era tutto aumentato esponenzialmente, al punto che M si sentiva più un adolescente in preda alle tempeste ormonali che un trentenne con una maturità e dei gusti ben stabiliti e familiari. Era una scoperta continua, ogni giorno non riusciva non fantasticare su nuovi modi per farla sua.
Ormai era diventata praticamente un’ossessione e, complice la ritrovata intensità delle emozioni, la desiderava sempre di più. Il semplice rapporto non gli sembrava più abbastanza, non riusciva mai a dissetarlo completamente. Voleva sentire di più. Sentirla completamente sua, sapere che lei era ossessionata da lui almeno quanto lui lo fosse da lei. Quello di cui aveva bisogno, era constatare che anche lei si sarebbe spinta a fare qualsiasi cosa per il suo piacere. La cosa che bramava veramente, era un senso di proprietà reciproca ed esclusiva, la stessa follia che non lo faceva dormire la notte, che non gli consentiva di concentrarsi pienamente sul lavoro. Questa, la doveva provare anche S.
Forse era proprio perché sentiva una disparità nei desideri della sua lei, che nelle sue fantasie M continuava a vederla sottomessa a lui. Magari era solo un modo per sentirsi in controllo di una situazione che gli sembrava stesse sfuggendo di mano, o magari era semplicemente lei, sempre dolce, pacata, elegante ed estremamente controllata a tirargli fuori l’istinto di volerla vedere all’opposto della facciata che era solita tenere in pubblico e in buona parte della sfera privata. L’idea di vederla rinnegare i propri canoni per il suo piacere provocava in M un’erezione impossibile da ignorare, da risolvere necessariamente con una vigorosa masturbazione, quando era solo in casa, o dalla mano sapiente di S.
Nonostante lei si fosse sempre dichiarata abbastanza contraria alla sottomissione, nel corso degli ultimi mesi gli aveva concesso alcuni comportamenti che avevano portato M a supporre che forse, il desiderio di essere sottomessa c’era eccome, anche se magari non era ancora pronta ad ammetterlo, né a lui né a sé stessa.
Quello che però M voleva, più di ogni altra cosa, era sapere che lei traeva piacere anche semplicemente dal solo dare piacere a lui, così come succedeva per lui con lei. Era questa l’idea che lo continuava ad assillare mentre, davanti al suo computer, continuava a tentare di scrivere un articolo che ormai avrebbe dovuto essere pronto da almeno un paio di giorni. Intanto, nella loro camera da letto, pochi metri più in là, S era intenta a prepararsi per un appuntamento con un cliente, facendo avanti e indietro tra la cabina armadio e il bagno, cercando l’abbinamento tra trucco e abbigliamento che meglio si adeguasse alla sua carnagione in una fredda giornata di sole invernale.
Come ormai solito, ripercorrendo gli ultimi mesi della loro relazione, M si ritrovò infastidito da un potente gonfiore nei pantaloni, calcando quasi la soglia del dolore spingendo per uscire dai suoi jeans. Questa situazione ormai era veramente troppo frequente e sapeva benissimo che non sarebbe riuscito a lavorare senza risolvere prima il problema. Pensò subito di fare appello a S, che spesso gli dava sollievo non appena chiedeva, ma oggi sentiva che una mano non sarebbe basta, voleva di più. Voleva la sua completa attenzione e devozione. Così, passo ancora una volta in rassegna tutti i piccoli segnali e indizi che avrebbero potuto rilevare una segreta predilezione di S per servirlo e, finalmente, decise di farsi coraggio.
“S!”, la convocò con risolutezza nel suo studio.
“Arrivo Amore! Un attimo!”, rispose immediatamente la sua dolce metà.
Non ci vollero più di pochi secondi perché la donna varcasse la soglia dello studio, fermandosi proprio al centro del tappeto ai piedi della scrivania, guardando M con aria interrogativa.
“Sì Amore?”
Era stupenda, con i suoi lunghi capelli castani lisci, sciolti e portati dietro le spalle per lasciar respirare la generosa scollatura della camicetta bianca infilata in una gonna a palloncino grigia che aveva l’enorme pregio di esaltare le sue curve, cedendo quindi il passo alle sue gambe longilinee, fasciate da delle eleganti calze scure con una fantasia a rombi. Ai piedi non portava ancora nessuna scarpa, sicuramente M l’aveva interrotta mentre stava provando a scegliere quale tra i suoi innumerevoli tacchi vertiginosi sarebbe stato più appropriato per l’occasione.
Dopo averla studiata da cima a fondo ed essersi ripreso dalla visione che gli si era presentata, M lanciò uno sguardo d’intesa alla sua donna. Un’occhiata che S riconobbe subito, capendo che il suo compagno voleva giocare, anche se il tempo a disposizione non era molto.
“Inginocchiati.” Una parola, decisa, autoritaria.
Sicuramente, fu più sorpreso lui di vedere la ragazza abbassarsi sul tappeto, di quanto non lo fosse lei nel sentire l’ordine. Colto quasi alla sprovvista dall’obbedienza di S, M ebbe bisogno di un attimo per riprendere le redini della situazione, non poteva rischiare di sembra indeciso adesso, avrebbe smontato tutto. Si alzò, per osservare meglio la donna che altrimenti risultava parzialmente nascosta dietro il monitor. Gli occhi di lei lo seguivano silenziosamente mentre iniziò ad aggirare la scrivania per avvicinarsi, fermandosi a un passo dalle sue ginocchia.
Le calze, tirate sulle gambe per via della posizione, erano diventate ancora più trasparenti, evidenziando le cosce e trascinando gli occhi verso le ginocchia, i polpacci, le caviglie, fino ai piedi, stesi lungo il tappeto. M iniziò quindi a passeggiarle intorno, studiandola a fondo, per non perdersi nessun particolare della scena che gli stava offrendo. Le braccia le scendevano lungo i fianchi, appoggiando le mani sulla gonna e dall’alto riusciva anche a intravedere il reggiseno che stava indossando, uno dei suoi preferiti: di pizzo nero con dettagli verdi. Probabilmente anche lei aveva previsto di giocare quel giorno.
Dopo averle girato intorno quattro o cinque volte, la tensione nella stanza era palpabile, tanto che M non riusciva a capire se il rossore sulle guance di S fosse dovuto al trucco o alla situazione, anche se gli occhi verdi brillanti non mentivano: era curiosa, quel gioco le stava piacendo. Fermandosi alle sue spalle, si abbassò, spostandole i capelli su un lato per poterle baciare il collo liberamente, scendendo fino alla spalla e risalendo, passando quindi alla nuca e alla schiena, per quanto lasciata libera dal colletto della camicia. Le sue mani intanto iniziarono a sfiorarla dalla punta dei piedi, risalendo lentamente, alzandole la gonna lungo i fianchi, senza neanche osare avvicinarsi all’inguine però, riprendendo quindi la salita, accarezzandole prima le braccia e, una volta arrivato alle spalle, riscendendo per riservare lo stesso trattamento ai fianchi. Sentendo l’elastico del reggiseno M dovette impegnarsi per non cedere alla tentazione di toccarle il seno, avrebbe voluto, ma non era quello il punto.
Continuò ad accarezzarla e a baciarla fin quando il respiro di lei non si fece più intenso e quindi si staccò improvvisamente, tornando a sovrastarla. Finì l’ultimo giro intorno a lei, e una volta davanti, guardandola fissa negli occhi, si slacciò lentamente i pantaloni, estraendosi finalmente il cazzo dalle mutande, che ormai si sentiva più duro di quanto non riuscisse a ricordarsi. Lo sguardo di lei non tardò a saltare sul membro, senza osare più rialzarsi, come ipnotizzata. Con un piccolo passo avanti, M portò la punta a pochi centimetri dal naso di S, che reagì quasi d’istinto alzando le mani per afferrarlo, convinta di aver capito dove volesse arrivare il suo uomo.
“Ti ho detto che puoi usare le mani? Dietro la schiena.”
Rapidamente, la ragazza portò entrambe le braccia dietro la schiena, tornando a fissare l’erezione, lanciando un’occhiata a M come per avere la conferma che avrebbe dovuto prenderlo in bocca. Venne sorpresa ancora, quando il suo compagno si afferrò l’asta con una mano, segandosela un paio di volte, iniziando quindi a strusciarla lungo il viso di lei. Era come se stesse dipingendo il suo volto su una tela, passando lungo il naso, sulle guance, gli zigomi, fino ad arrivare alle labbra socchiuse, senza però mai entrarle in bocca. Dopo aver finito il dipinto una prima volta lo ricominciò, compiaciuto che lei adesso aveva iniziato ad assecondare i suoi movimenti. Sentire il calore e il piacere sprigionato dalla reazione che lei aveva su di lui le piaceva, voleva assorbirlo tutto.
“Lecca” le intimò, staccatosi finalmente dal suo viso, tenendo il cazzo verso l’alto per consentirle di passare la lingua sulla sua lunghezza. Dopo un attimo di esitazione, S iniziò subito a soddisfare il suo uomo, leccando sia lungo tutto il membro, che alternando dei rapidi colpi di lingua, mentre il suo sguardo continuava ad alternarsi tra cazzo a padrone.
“Ti piace?”, voleva sentirglielo dire.
“Sì.”, sufficiente ma non ottimo.
“Cosa?”, doveva dirlo.
“Leccarlo.”, ci sta arrivando.
“Leccare cosa?”, voleva che si spogliasse delle sue inibizioni, faceva sempre fatica a esprimersi su queste cose.
“Il tuo cazzo.”, finalmente.
“E perché ti piace leccarmi il cazzo?”
“Perché è duro, – si fermò per leccare ancora – lungo, – un altro colpo di lingua – caldo, – una pausa ancora più lunga per leccarlo tutto, dal basso verso l’alto – ed è mio.”
Sentendo la confessione M perse il controllo, entrando finalmente nella bocca di lei, che iniziò a succhiare senza bisogno di un nuovo ordine, passando la lingua intorno a tutta la cappella.
“E tu sei mia, completamente mia. Vero?”
Tirò fuori il membro per consentirle di rispondere.
“Sì, solo tua.”
Lo rimise subito tra le sue labbra, sentendo la foga di lei aumentare, odiava essere interrotta e lui lo sapeva bene.
“Come sei brava. Ti piace proprio avere il mio cazzo in bocca vero?”, ritraendolo ancora una volta per consentirle di rispondere.
“Sì,” rispose lei, lanciandosi subito sul membro per riprendere il suo lavoro.
“Ah, ah – commentò M, allontanandolo – Come si risponde?”
“Sì, mi piace succhiarti il cazzo.” Rientrò subito, ma stavolta le mani di lei si staccarono dalla schiena, per afferrarlo da dietro, come per assicurarsi che non potesse più staccarsi. Uno slancio che, per quanto apprezzato, risultò inutile.
“Ti ho detto che puoi usare le mani?” Se le staccò subito di dosso, uscendo ancora una volta.
“Adesso se lo rivuoi in bocca dovrai implorarmi.”
“Per favore…”
“Ho detto implorarmi.”
“Ti prego…”
“Ti prego cosa? Cosa vuoi fare?”
“Ti prego, voglio succhiare il tuo cazzo.” Il carico emotivo della frase fu veramente troppo, senza farselo ripetere rinfilò subito l’asta in bocca alla ragazza, iniziando a pompare come se le stesse scopando la bocca, ma non troppo per consentirle comunque di fare il suo lavoro.
Sarebbe potuto venire già a quel punto, ma sapeva che godere senza che godesse anche lei gli avrebbe lasciato l’amaro in bocca per tutto il giorno.
“Toccati.” Disse, rallentando il ritmo.
La mano di S si fece subito strada sotto le calze e le mutandine, trovando immediatamente il clitoride.
Ai mugolii soffocati adesso si stavano unendo anche dei gemiti di piacere, evidentemente non aspettava altro. Conoscendola bene però, M sapeva che difficilmente S sarebbe riuscita a venire mentre era impegnata con la sua bocca. Quindi si staccò ancora una volta, facendo un passo indietro per guardarla mentre la ragazza si masturbava.
“Continua, non fermarti.”
Il compagno tornò alle sue spalle, abbassandosi e portando le mani sulla donna. Senza slacciare neanche un bottone alla camicia tirò fuori il seno dall’intimo, cominciando a stimolarle un capezzolo da sopra il cotone bianco, mentre con l’altra mano le accarezzava l’inguine, vicino alla mano di lei. Si chinò verso l’orecchio di lei, iniziando a sussurrare.
“La vedi la scrivania?”
“Sì…”
“Chiudi gli occhi.” A ogni frase alternava baci sul collo, sulle spalle, sulla schiena.
“Ora voglio che ti immagini appoggiata a quella scrivania, in piedi, piegata in avanti.”
Aspettò qualche secondo, ascoltando i suoi gemiti per capire che l’immagine si stava formando nella sua testa, riempendo quei momenti di baci.
“La tua camicetta è aperta, il reggiseno è tirato giù, lasciando le tue tette libere, così che possa toccarle come ti piace.”
Altri gemiti, altri baci.
“Lo senti come ti sto scopando? Senti come ti sto riempendo?”
“Sì…”
Le mani di M si fecero più pesanti e decise.
“Vuoi che ti scopi più forte? Vuoi che ti faccia venire?”
“Sì…”
“Allora dimmelo.”
“Sì, scopami più forte – la mano destra di M ormai era sulla figa di S, per sentire quanto fosse bagnata – più forte – quella sinistra stringeva il seno come per farlo esplodere – Ah…”
Finalmente arrivarono quegli spasmi muscolari e i gemiti che M ormai conosceva fin troppo bene, S stava venendo, anche molto bene, da quello che sentiva tra le mani. Rimase in quella posizione finché la ragazza non tolse la mano, fradicia, dalle calze e quindi, trattenendosi dall’istinto di leccare tutto, come adorava fare, si rialzò, tornando alla sua postazione.
“Adesso apri la bocca.” Chiese, mentre iniziò a segarsi davanti alla sua faccia. Non le veniva praticamente mai in bocca, né tanto meno in faccia, ma oggi era completamente diverso.
Ci vollero pochi istanti per godere, iniziando a segnarle il viso con dense righe di sborra dal mento agli occhi. In bocca effettivamente ci finì poco. Gli ultimi schizzi più deboli li mirò al collo, facendone cascare un po’ anche sulla camicetta.
S ingoiò il poco che era finito in bocca, e quindi lo guardò soddisfatta, mentre lui si chinava verso di lei, baciandole la fronte e sussurrandole, ridendo: “Cambierei la camicetta se fossi in te, quella con il colletto morbido ti sta meglio comunque.”
Quindi la aiutò ad alzarsi. S iniziò a uscire dallo studio, visibilmente soddisfatta anche se un po’ amareggiata per il cambio forzato.
“Ti amo.”
“Anche io.”
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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