Lui & Lei
La Sua Troia - Finale - Parte II: Il viaggio
di NoOne8
03.08.2022 |
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"Intanto, l’altra mano aveva estratto completamente il giocattolo e lo stava strusciando lungo il perineo, aiutando gli abbondanti succhi che le stavano..."
Entrata in macchina, Serena provò subito un senso di estraniamento. Il vano passeggeri non era come se lo sarebbe aspettato. Tanto per cominciare, era completamente isolato dall’abitacolo, chiuso da un pannello di vetro nero liscio e lucido. I finestrini poi, non erano oscurati solo dall’esterno, anche lei non poteva vedere praticamente nulla dall’altra parte.Fece a mala pena in tempo a notare queste due peculiarità, che il veicolo si mise in moto, lasciando il posto dove era parcheggiato.
Il dettaglio successivo di cui si accorse, fu il sedile. Non era rivestito con uno di quei tessuti sintetici tipici delle macchine, né tantomeno era un sedile nel senso più stretto del termine. Sembrava più un divanetto di pelle, non ecopelle da due soldi, ma pelle vera, di qualità.
Quando i suoi occhi si furono abituati all’assenza della luce del sole estivo, si rese conto anche della striscia di LED lungo tutto il tettuccio, che stava tingendo l’ambiente di una luce rossa calda e sensuale.
Distratta dal nuovo ambiente, trasalì quando sentì il telefono vibrarle tra le mani. Era un messaggio di Marco:
“Spero che la macchina sia di tuo gradimento. Goditi il viaggio, durerà un po’…”
Serena sorrise. Certo, la macchina era comoda, su quello non c’erano dubbi. Ma per quanto riguardava godersi il viaggio… Non c’era molto da fare. Era completamente da sola, isolata persino dal mondo esterno. Cosa avrebbe dovuto fare?
Si era accomodata sul divanetto, intenta a fissare il vetro nero che la separava dall’autista. Adesso, nella penombra, riusciva a vedere la sua immagine riflessa. Si era già specchiata prima di uscire, sapeva di essere vestita da mignotta, ma rivedersi così, seduta a gambe aperte, con la figa esposta e bagnata, le fece un certo effetto.
Non c’era da sorprendersi che quei ragazzini l’avessero scambiata veramente per una professionista. Lo sembrava davvero. E nonostante la loro maleducazione, la sua esibizione era servita ad accenderla di più di quanto non lo fosse già.
Si fissò intensamente negli occhi, vedendo le labbra curvarsi in un’espressione maliziosa, fiera. Si sentiva una dea, con il potere di far godere o soffrire gli uomini. Quella consapevolezza, la stava eccitando da morire.
Senza rendersene conto, le mani stavano accarezzando le gambe velate dalle calze a rete, quando notò un nuovo particolare. Poco sopra il riflesso della sua testa infatti, notò un puntino di luce rossa. Non riusciva a capire se fosse dovuto ai LED che illuminavano l’ambiente o se fosse altro.
Si alzò, piegandosi in avanti per studiare meglio quel dettaglio. Come pensava, non era affatto un riflesso, ma un LED acceso, accanto a un obiettivo nascosto nel vetro. C’era una telecamera nella macchina ed era accesa. Qualcuno la stava guardando.
Serena tornò a sedersi, senza riuscire più a distogliere lo sguardo da quell’ospite non annunciato. Era Marco a guardarla? L’autista? All’idea di essere osservata in quella macchina, vestita in quel modo, sentì una nuova ondata di umori lubrificarla tra le gambe. Con un dito, si saggiò il sesso. Era un lago.
Era questo che intendeva con quel messaggio, “goditi il viaggio”?
Al posto dell’obiettivo nascosto nel freddo vetro nero, si immaginò lo sguardo dominante e intenso del suo uomo e cominciò ad accarezzarsi le labbra gonfie e bagnate con tre dita.
“Toccati.” Sentì la sua voce nella testa e le obbedì come avrebbe fatto se fosse stato lì, davanti a lei.
La mano si fece più pesante, applicando più pressione. A ogni passaggio, sentiva la figa bagnarsi sempre di più e le labbra lubrificate schiudersi e abbracciare le sue dita. Chiuse gli occhi e buttò la testa indietro.
Non era più la sua mano, era quella di Marco che le stava accarezzando il clitoride, scendendo fino a penetrarla con due dita, lubrificandole poi tutta la vagina.
“Mmmh…” Mugugnò sensualmente.
Poi, mentre con la destra continuava a massaggiarsi compulsivamente la parte più alta del sesso, la sinistra salì fino al collo, sfiorandosi, scendendo lentamente, apprezzando ogni tocco dei polpastrelli, fino al seno, che agguantò con foga, come avrebbe fatto lui.
Abbassò facilmente le coppe della bralette, che essendo troppo piccole quasi scattarono via con un gesto, per concentrarsi quindi sui capezzoli, passandoci sopra delicatamente il pollice, prima su uno e poi sull’altro, sentendoli piegarsi sotto il polpastrello, gustandosi le reazioni di tutte le terminazioni nervose dell’aureola.
Le mani cominciarono a frugare il corpo come se non fosse il suo, esplorandolo, concentrandosi su ogni sensazione piacevole, studiandosi come non aveva mai fatto prima, con una nuova consapevolezza.
Tornate sul seno, provò a strizzarsi i capezzoli come faceva Marco, con veemenza e decisione.
“Ah!” Gemette di dolore, riconoscendo però anche il piacere in quella percezione.
Provò ancora una volta, stavolta però non lasciò subito la presa alla prima fitta, continuò a pizzicarli, muovendo le dita, tirandoli in avanti.
“Aaaah…”
Si sorprese da sola del piacere che si stava riuscendo a dare. Ne voleva di più. Si girò, mettendosi in ginocchio sul divanetto, piegata in avanti, continuando a torturarsi un seno con una mano, mentre l’altra andò a cercarsi le natiche.
Dopo averle sfiorate e accarezzate, si strinse saldamente un gluteo, riconoscendone la tonicità frutto della sua disciplina e dei suoi allenamenti continui. Ma che senso aveva, avere un corpo così e non goderselo fino in fondo?
Si diede una sonora sculacciata, immaginando che fosse stato il suo Padrone a dargliela e quindi trovò la butt-plug, afferrandone il cuore, cominciando a pomparla nell’ano.
“Oddio sì…” Sospirò ad alta voce.
Quanto vorrei che fosse il tuo cazzo… pensò, stantuffandosi il culo con intensità crescente. Dopo alcuni lunghissimi istanti di quel gioco però, dovette arrendersi alla realtà che il giocattolo regalatole per l’occasione non poteva in alcun modo sostituire il suo uomo.
Le serviva di più.
Si rigirò di nuovo, mettendosi quasi sdraiata sull’interezza del divanetto, che fortunatamente aveva una seduta profonda, poggiando la testa sullo schienale. Quindi spalancò le gambe, sollevandole in aria, piegandole in avanti.
Ormai era assolutamente convinta che il marito si celasse dietro quell’obiettivo e sapeva che vederla così aperta lo avrebbe fatto impazzire.
Portò la mano destra intorno alla coscia, anche per usarla come sostegno, tornando ad afferrare la butt-plug, mentre la sinistra si allungò direttamente sulla figa. Le due mani cominciarono a lavorare in modo freneticamente coordinato.
Si penetrò con tre dita, allargandole una volta entrate, strofinando la parete superiore, sentendo il suo meritato orgasmo montarle dentro. Intanto, l’altra mano aveva estratto completamente il giocattolo e lo stava strusciando lungo il perineo, aiutando gli abbondanti succhi che le stavano grondando dalla figa a scorrere verso il buchetto per lubrificarlo, quindi lo reinserì. E poi lo riestrasse. E lo reinserì ancora. Continuò quel gioco sempre più velocemente.
“Aaaah!” Urlò di piacere.
Voleva essere scopata, sbattuta, riempita in ogni buco. Non era solo vestita come una zoccola, era una zoccola e si meritava di essere trattata di conseguenza.
“Godi, puttana!” Le rimbombò in testa la voce di Marco e, anche questa volta, non riuscì a non obbedire.
Sfilò rapidamente la mano fradicia dalla figa, cominciando a sfregarla ossessivamente sul clitoride, come in trance.
Sentì un fiume in piena attraversarla come una rapida e straripare.
“Sìììììì! Sìììììììììììì! Cazzo sìììììììììììììììì!” Urlò senza neanche provare a contenersi, assolutamente incurante di quello che avrebbe potuto pensare l’autista.
Serena squirtò copiosamente, esplodendo improvvisamente come un temporale d’estate, schizzando tutto il suo piacere sul vetro davanti a lei.
“Aaaaah… Aaah… Ah…” A poco a poco riprese fiato, pienamente soddisfatta, sentendosi più donna che mai.
Sì portò la mano madida alla bocca, leccandosi dapprima le dita, quindi facendole scomparire tra le labbra.
“Mmmmh…” si gustò a fondo il suo sapore.
Il telefono abbandonato sul divanetto vibrò. Era di nuovo Marco.
“Brava, sei veramente una troia spettacolare. Adesso riposati, ci vorrà ancora un po’…”
Serena sorrise, appagata, e si coricò sul sedile.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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