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Lui & Lei

12. Un tuffo nel passato


di lilli1972
24.12.2024    |    1.669    |    12 9.3
"Domenica pomeriggio prima di Natale, esco per fare quattro passi in centro..."
Domenica pomeriggio prima di Natale, esco per fare quattro passi in centro. Pessima idea! Sui marciapiedi o nella zona pedonale sembra di essere in metropolitana nelle ore di punta, la gente è impazzita in piena frenesia per gli acquisti di Natale. Via Dante è un fiume in piena ma riesco a raggiungere piazza Castello e il parco decisamente meno frequentato. Quattro passi tranquilli nel parco mi faranno bene, mi ricordano i tempi dell’università quando talvolta di pomeriggio venivo a passeggiare e svuotarmi il cervello.

Incrocio qualcuno che cammina intabarrato un po’ rattrappito dal freddo, con la testa china.
Quando mi è accanto alza la testa e lo riconosco: è Marco un mio ex “fidanzato” (che orribile parola) che non vedo da almeno cinque anni. Avevamo avuto una storia di cinque o sei mesi che poi era finita, esaurita per “consunzione”, stanchezza, chissà… ma ci eravamo lasciati bene, senza alcun rancore, come due amici, aiutati anche da un suo trasferimento per lavoro a Singapore. “Lontano dagli occhi, lontano dal cuore” e non ci eravamo mai più sentiti.
- Marco! Ma sei tu! - esclamo.
Lui mi guarda per un attimo interdetto e poi:
- Lilli! Ma non ti riconoscevo più con i capelli neri!
Lui oggi ha cinquantacinque anni portati benissimo, poco più alto di me, magro (quasi esile, ma non gracile), “occhi grandi color di foglia”, era brizzolato e oggi è decisamente bianco, capelli ondulati un po’ lunghi, barba corta bianchissima, naso importante: un uomo di grandissimo fascino.
E cominciamo a chiacchierare raccontandoci le nostre vite sorpresi della facilità di questi scambi dopo così tanti anni. Chiacchieriamo e passeggiamo e senza renderci conto usciamo dal parco e dopo un’oretta di camminata tranquilla ci ritroviamo in una parte di Milano poco frequentata; ci sono pochi negozi e quindi poca gente. Si è fatto tardi è ora di cena… una pizzeria senza pretese è proprio di fronte a noi mentre ci diciamo che potremmo mangiare qualcosa insieme.
Una pizza buonissima, come non ne mangiavo da tempo, ma forse era solo la piacevolezza della compagnia a renderla squisita. Sto bene con Marco, sono sempre stata bene con lui.
Marco a tavola ricorda qualche episodio di quando stavamo insieme e finendo gli ultimi bocconi di pizza scivola sul “piccante”:
- Ricordo benissimo la cura che hai sempre messo nella scelta del tuo intimo - mi dice con fare bonariamente sornione e allusivo.
- Ricordi bene - lo stuzzico io.
- Già… chissà cosa indossi questa sera - mi dice ammiccando.
- Possiamo scommettere, se vuoi: bianco o nero? - lo provoco.
- Nero secondo me! E ora come faccio a sapere se ho vinto la scommessa?
- Beh… c’è un solo modo: controllare! - gli rispondo seduttiva.
Il conto è pagato in fretta e sul taxi devo faticare per fargli tenere le mani a posto:
- Non ti azzardare a toccarmi - gli bisbiglio nell’orecchio.

Entriamo in casa e lui si siede sul divano invitandomi a sedergli accanto.
- No caro, io mi siederò ben lontano da te! - gli dico sorridendo e accomodandomi sulla poltrona.
La poltrona è disposta novanta gradi rispetto al divano e lui è alla mia destra.
Io accavallo le gambe, provocante, la destra sulla sinistra; sono sempre stata brava a mostrare solo ciò che voglio: ora può si vedere la fine delle calze della coscia destra, ma non ancora il reggicalze. Lui si muove inquieto sul divano e ha gli occhi puntati sulle mie gambe; con finta indifferenza mi sistemo l’orlo della gonna per mostrargli il gancetto del reggicalze.
- Bianco… - mormora deluso.
- Hai perso mio caro - lo canzono sorridendo - e ora paghi la penitenza.
E così dicendo scopro lentamente le gambe ancora accavallate.
- Beh, mi sembra una bella penitenza - dice toccandosi il membro da sopra i calzoni.
- Non toccarti! Non puoi toccarti, sei in penitenza! - lo sgrido ridendo.
- Ma qui sotto mi fa male - esagera lamentandosi Marco.
- Allora tiralo fuori, ma non azzardarti a toccarti - gli intimo io.
Abbassa velocemente la zip dei calzoni, li abbassa un po’, poi sembra ripensarci e li toglie completamente.
Il suo membro è esattamente come me lo ricordavo: curvo come una banana, ma all’ingiù, non grandissimo, ma di dimensioni rispettabili, con una grossa vena che lo rende “rustico”, virile. Visto di fianco sembra il braccio meccanico di una escavatrice: robusto e possente!

Ora comincio a stuzzicarlo tenendolo sulla corda e continuando ad eccitarlo: scavallo lentamente le gambe e le apro leggermente facendogli intravedere il pizzo semitrasparente delle mutandine.
Mi slaccio i bottoni della camicetta e mostro il seno coperto da un leggerissimo pizzo bianco, le areole scure si vedono benissimo e i capezzoli cominciano ad indurirsi e premono sul velo che li ricopre. Lascio la camicetta aperta in modo che Marco possa vedere bene il seno e controllo che intanto non si stia toccando. Sembra obbedire fino ad ora.
Mi sfioro la passerina da sopra le mutandine e ho un fremito, la voglia di toccarmi mi assale, ma devo resistere: più a lungo mi tratterrò più intenso sarà l’orgasmo, lo so, mi conosco.
Lentamente infilo la mano destra sotto gli slip e mi sfioro i peli che intuisco essere già umidi. Marco è come paralizzato: mi guarda e sembra non respirare. Mi tocco sotto le mutandine, sono molto bagnata e mi apro un po’ per potermi bagnare il dito il medio con i miei umori.
Con la sinistra scosto il cavallo degli slip verso sinistra scoprendo così l’intera micetta pelosa. Guardo Marco che sta iniziando a toccarsi.
- Fermati subito - gli ordino.
- Sei crudele - mi sussurra con voce roca.
- Mi dirai dopo se sarò stata crudele, ora tu non toccarti se non vuoi che chiudiamo qui la serata.
La minaccia - che comunque non avrei voluto certo mettere in atto - lo blocca immediatamente. Come premio mi alzo e mi tolgo la gonna e il reggiseno, mi sfilo le mutandine e mi presento di fronte a lui nuda con solo calze e reggicalze.
Mi godo il suo sguardo bramoso e mi inginocchio davanti a lui, gli scosto le gambe e gli titillo il glande completamente scoperto con la lingua, lo picchietto tenendo la lingua dura, un piccolo martelletto tenero e bagnato. Gli sfioro le palle con le unghie, ha lo scroto durissimo come piace a me e lo stringo dolcemente accarezzandolo. Una leccata profonda al glande per bagnarlo e poi comincio una lentissima masturbazione: con la destra glielo stringo fortissimo mentre salgo e scendo lungo l’asta e con la sinistra continuo ad accarezzargli i gioielli di famiglia, durissimi.
Dopo qualche minuto lo prendo tutto in bocca e comincio un intenso lavoro di lingua mentre entra ed esce dalla mia bocca. Mi fermo dopo un po’, non voglio rischiare un prematuro orgasmo di Marco. Salgo in ginocchio sul divano, ho i fianchi all’altezza della sua testa e premendogli la passera sulla bocca:
- Ora tocca a te - riesco a dirgli mentre lui comincia a leccarmela.
Marco è sempre stato bravo con la lingua, alterna leccate profonde tra le piccole labbra a succhiotti al clitoride, poi lo mordicchia con le labbra, poi torna a leccare, beve i miei umori, li succhia avidamente e io sento arrivare l’orgasmo:
- Non smettere ti prego - mentre cominciano le prime contrazioni di un orgasmo che si preannuncia intenso e profondo.
Sono tutta scossa, tremo, serro le gambe e mi accascio sfinita sul divano.
Marco non ce la fa più e guardandomi si masturba. Mi riprendo e mettendomi carponi gli dico:
- Prendimi così adesso - lo imploro
Lui non aspettava altro: mi passa più volte il glande tra le piccole labbra, di fatto mi sta masturbando con il suo durissimo bastone ed infine mi penetra.
Il suo uccello si adatta perfettamente alla mia micetta e in questa posizione la sua curvatura mi stimola intensamente. Mi stringe le mani sui fianchi e io mi godo per un po’ i suoi colpi possenti, poi comincio anche a titillarmi il clitoride aggiungendo godimento a godimento. Un secondo orgasmo vaginale mi contrae la passera e penso di non aver mai goduto così.
Sento che i suoi colpi aumentano, forse sta per venire e gli chiedo:
- Come preferisci venire? Così o in bocca?
- In bocca - mi risponde - sai che mi è sempre piaciuto - mi dice uscendo e rimettendosi seduto.
In un attimo sono inginocchiata davanti a lui e glielo prendo in bocca avidamente, succhiandolo fino a che lo sento irrigidirsi, sento le palle che hanno una piccola contrazione e un primo fiotto di sperma mi riempie la bocca, e poi un altro e poi ancora e ancora mentre Marco si rilassa lentamente.
Lo pulisco bene, non perdo neppure una goccia del suo sperma, mi piace farlo venire in bocca, mi piace guardarlo negli occhi mentre gode.

Quando riprendiamo fiato dopo gli orgasmi, Marco mi chiede se può andare in bagno e si riveste, io mi infilo una vestaglia e quando esce dal bagno ci rendiamo conto insieme che abbiamo tutt’e due voglia di restare da soli. È stato molto bello, intenso, appagante, ma ora è finito.
Ci salutiamo con affetto:
- Dopo le feste torno a Singapore… ma sentiamoci - mi dice.
- Certo, sentiamoci - gli rispondo, ma sappiamo tutt’e due che non succederà.

È stato un tuffo nel passato, un gran bel tuffo, ma è passato.
Addio Marco.

(Dicembre 2024)
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