Lui & Lei
La sua troia - I - Troia
di NoOne8
14.03.2022 |
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"Poi aggiunse:
“Muovi quel culo..."
Era successo per sbaglio. Marco aveva trovato il telefono di sua moglie abbandonato sul comodino della camera da letto, illuminato da una notifica. Il testo sullo schermo era inequivocabile:- Ti è piaciuto sentirti una troia?
Non sentì il bisogno di sbloccare il telefono per leggere il resto della conversazione. Serena, era uscita per fare un po’ di spesa sotto casa, sarebbe tornata presto e adesso aveva bisogno di pensare.
Marco si rifugiò nel suo studio, seduto sulla poltrona dell’angolo salotto dove riceveva i clienti, a rimuginare su quello che aveva visto.
Pensò a quante volte si era dovuto contenere, a come Serena stessa si era sempre opposta a quel genere di volgarità, che in realtà a lui tanto piacevano e che, come aveva appena scoperto, a quanto pare piacevano anche a lei.
Gli passarono davanti anni di compromessi sulla sua vita sessuale, perché in fondo lei gli aveva fatto sentire, senza mai dirlo però, che quel modo di intendere la loro intimità, era sbagliato.
Qualcosa si spezzò. Non il suo cuore, aveva un po’ troppa esperienza per piangersi addosso come un bambino. Quella che si era inevitabilmente spezzata era la maschera di marito che si era fabbricato da solo, pensando che fosse la cosa giusta da fare.
In quel momento, prima che riuscì a elaborare altri pensieri, sentii il portone di casa aprirsi e richiudersi pochi secondi dopo.
“Amore?” Serena lo chiamò dall’ingresso. Non rispose.
“Amore? Dove sei?” Insistette.
“Nello studio…” replicò stavolta Marco, con tono brusco.
La moglie lo raggiunse subito, trovandolo accigliato.
“Che succede?” indagò.
“Vieni, inginocchiati qui.” Le ordinò. Serena trovò strana quella richiesta, ma vedendo il marito così turbato la accontentò senza pensarci troppo.
“Hai dimenticato questo”, Marco le lanciò il telefono.
La donna prese lo smartphone, trovando subito quella notifica. Sgranò gli occhi.
L’uomo la guardava dalla sua poltrona come un re osserverebbe un suddito dal suo trono prima del giudizio.
“Per favore, fammi spiegare.”
“Cosa c’è da spiegare? Mi sembra abbastanza chiaro, no? Sei una troia.”
Serena rimase in silenzio, abbassando lo sguardo come se fosse un nascondiglio sufficiente.
“Allora, rispondi: sei una troia sì o no?”
“S-sì…” rispose la donna con un filo di voce.
“Non ti ho sentito. Parla a voce alta.”
“Sì.” Replicò Serena, provando a essere più decisa.
“Sì, cosa?”
“Sono una troia…”
Marco la guardò soddisfatto.
“Ma Amore, io…”
“Zitta. Non voglio scuse. E non chiamarmi ‘Amore’. Da oggi per te sono solo Signore o Padrone. Prendere o lasciare. Capito?”
Serena rimase in silenzio per alcuni secondi a considerare l’offerta. Avrebbe mai potuto fargli cambiare idea? Le cose sarebbe mai tornare come prima? Ma soprattutto, voleva veramente che tornassero come prima?
Si era già pentita di quella breve, purché emozionante, relazione extraconiugale e la reazione di Marco gli stava chiaramente dimostrando che qualunque fosse il brivido che stesse cercando al di fuori del loro rapporto, le sarebbe bastato chiedere.
In sei anni di relazione e due di matrimonio, non aveva mai visto Marco imporsi in modo così autoritario. Forse era proprio per questo nuovo aspetto, o forse era per gli insulti che stava ricevendo che sentiva quel calore farsi strada tra le sue gambe. Ancora prima della sua testa, fu il corpo di Serena a rispondere:
“Sì, padrone.”
“Brava, adesso…” senza alzarsi, Marco si slacciò la zip dei pantaloni, estraendo il cazzo dalle mutande.
“… vediamo cosa sai fare con quella bocca, puttana.”
Senza distogliere gli occhi dal suo sguardo severo, Serena cominciò a leccare l’asta dalla base fino alla cappella, aiutandosi con le mani. Rispetto alle altre volte, il sapore le risultò strano. Marco era solito pulirsi sempre molto bene, troppo addirittura a volte, sapendo quasi di sapone. Questa volta invece l’odore di sudore e urina era quasi evidente. Forse non si aspettava quel pompino o forse era una punizione voluta.
La voce del suo padrone interruppe il suo ragionamento.
“Lo so, non è pulito come sempre, ma non dovrebbe essere un problema per una succhiacazzi come te.”
Forse era il nuovo appellativo o forse quella scortesia studiata, ma Serena sentì un’altra ondata di calore attraversarla. Adesso era sicuramente bagnata.
Delicatamente, prese in bocca il cazzo di Marco, sentendolo rovente tra le labbra. A ogni leccata diventava sempre più duro e gonfio. Serena era sicura di non averlo mai sentito così grosso. La situazione stava sicuramente piacendo anche a lui.
“Ti sembra questo il modo di succhiare un cazzo? Ma che troia sei?”
Senza darle tempo di rispondere, Marco le afferrò saldamente la testa tra le mani, spingendola giù lungo il cazzo, ignorando i contati di vomito della ragazza, finché le sue labbra non furono avvolte attorno alla base della sua nerchia.
Gli occhi di Serena si riempirono di lacrime, non riuscendo a respirare. La donna ebbe bisogno di alcuni secondi per capire che fosse il caso di respirare con il naso e come posizionare la lingua per non vomitare.
“Oh, molto meglio…”
Quindi, tenendole ancora la testa ferma tra le mani, cominciò a pomparle il cazzo in bocca, scopandole la faccia.
Spinta dopo spinta, Marco lasciò lentamente andare la presa, constatando che Serena stava prendendo il ritmo da sola.
“Brava, hai capito…”
Serena sentiva il cazzo del suo uomo penetrarla fino alla gola. La prepotenza con cui la stava scopando la bocca l’aveva eccitata ancora di più. Sentiva le sue mutandine completamente bagnate e, con una mano, provò a darsi un po’ di sollievo da sopra i leggings.
Marco non ci mise molto ad accorgersi dell’ancheggiare di Serena mentre osservandola dall’alto mentre gli stava ancora succhiando il cazzo.
“Basta così.” Le ordinò.
La ragazza obbedì immediatamente, sfilandosi dall’asta, lasciando densi fili di bava e sperma tra le sue labbra e il sesso del suo uomo.
“Ti stavi toccando?”
“Sì, padrone.” Rispose timidamente.
“Ti è piaciuto farti scopare la bocca, eh?”
“Sì, padrone…” replicò ancora con un pizzico di vergogna, nonostante avesse il viso imbrattato di saliva e umori.
“È inutile che fai finta di vergognarti, lo sappiamo entrambi cosa sei.”
Serena abbassò lo sguardo. In realtà, a Marco erano bastati cinque minuti per farla sentire molto più troia di quanto non fosse riuscito a ottenere il suo amante, che si era limitato a un po’ di turpiloquio e alcuni messaggi un po’ più spinti prima di quell’unico incontro per cui adesso stava pagando caro, ma volentieri.
“Dillo, dì cosa sei…”
“Sono una troia…” replicò Serena abbassando un filo la voce.
“Lo sei. Ma non mi sembri abbastanza convinta… Ripetilo, fammi sentire che l’hai capito, che ci credi.”
“Sono una troia.” Affermò a voce più alta.
“Brava e cosa vuoi, troia?”
Serena rimase alcuni secondi in silenzio a pensare quale fosse la risposta giusta o, quanto meno, la migliore che potesse dare.
“Voglio il tuo cazzo.”
Marco sorrise.
“Questo?” Le chiese, stringendoselo per la base, agitandolo verso il viso della donna, ancora in ginocchio tra le sue gambe.
“S… Sì.” Fu la risposta di Serena, quasi ipnotizzata dall’oscillazione di quel bastone lungo e duro.
L’interrogatorio la stava facendo bagnare ancora di più in anticipazione.
“E pensi di essertelo meritato, troia?”
La incalzò Marco, cominciando a schiaffeggiarla sulle guance e sulle labbra con il suo scettro. Serena accettò volentieri quella punizione, indecisa se rispondere o tirare fuori la lingua.
“Io… non lo so…”
“Bugiarda, sai benissimo di non essertelo meritata. Allora? Come vuoi convincermi?”
La moglie intuì immediatamente la risposta, tirando fuori la lingua, lasciando la bocca spalancata.
“Ma guarda che zoccola che sei! Lo vuoi di nuovo in bocca?”
Serena annuì, obbediente, senza chiudere le labbra. Marco la guardò sorridendo, iniziando a sbatterle il cazzo sulla lingua, quindi lo allontanò, come se ci avesse ripensato.
“No. Per meritartelo dovrai impegnarti di più. Mettiti a pecora, cagna. Fammi vedere quel culo.”
La donna lo accontentò subito. Lentamente, senza alzarsi, si girò, dando le spalle al suo padrone. Quindi, si buttò giù appoggiandosi sulle braccia, tenendo bene alto il suo culo tondo e sodo, ancora fasciato dai leggings visibilmente bagnati tra le gambe.
“Avvicinalo.” Ordinò Marco.
Senza muovere le ginocchia dal tappeto, Serena portò indietro le braccia, alzando ancora di più le sue chiappe, offrendole al marito come su un piatto d’argento.
L’uomo, ancora seduto sul suo trono, si chinò in avanti, portando la mano destra sull’elastico dei pantaloni, tirandolo leggermente a sé per saggiarne la consistenza. Quindi, senza preavviso, agguantò la cucitura centrale con entrambe le mani, strappandola.
“Ma!” protestò Serena.
“Tanto non ti serviranno più.” Spiegò Marco.
Le sue mani allargarono bene le chiappe, trovando solo il perizoma a ostruirgli la visuale del suo buchetto ancora vergine e della sua figa già bagnata.
“Senti come sono bagnate queste mutandine…” osservò, toccando il tessuto sopra le labbra gonfie. Con uno strattone, le strappò via il perizoma, facendola trasalire. Quindi, con un dito iniziò a esplorarle la figa, facendolo scivolare lungo tutto il solco, lentamente, fino al clitoride.
“Ti piace essere trattata come la troia che sei, vero?” Le chiese, continuando quella tortura.
“Sìì…” rispose Serena con un gemito. Intanto, aveva cominciato ad assecondare la mano di Marco con lenti movimenti di bacino.
“Bene – allontanò la mano – allora fammi vedere quanto vuoi questo cazzo.” Disse, sbattendogli l’asta sulle chiappe per farle sentire quanto fosse dura. Poi aggiunse:
“Muovi quel culo.”
Serena era completamente soggiogata. Quella negazione, l’umiliazione, gli ordini, non facevano altro che buttare benzina sul fuoco ardente che sentiva tra le gambe.
Senza pensarci due volte, cominciò a contrarre e rilassare ritmicamente i glutei tondi, facendoli ballare sotto gli occhi di Marco. Gradualmente, iniziò anche a far rimbalzare il culo su e giù, spingendosi con le gambe, come se stesse scopando un cazzo invisibile. Persa in quella fantasia, continuò ad accelerare il ritmo finché non si ritrovò a gemere di un piacere tutt’altro che immaginario.
“Che cagna che sei! Vorresti toccarti, vero?”
“Sììì…”” rispose Serena senza fermarsi.
“Allora toccati, ma sappi che potrai venire solo se te lo dico io.” La ammonì.
Senza farselo ripetere, Serena si portò una mano tra le gambe, iniziando subito a sgrillettarsi.
Marco la guardava dall’altro, accarezzando lentamente il suo cazzo gonfio, orgoglioso di quello spettacolo dedicato solo a lui.
“Brava, così, continua.”
Sentendosi incoraggiata, Serena iniziò a gemere.
“Aaah… Aaah…”
“Sì, continua, più veloce.”
La mano della donna accelerò il ritmo, salendo ogni tanto per penetrarsi con due dita, un dettaglio che Marco non mancò di notare.
“Brava, scopati la mano come se fosse il mio cazzo. Usale entrambe.”
Serena appoggiò immediatamente la testa sul tappeto morbido, portando anche l’altra mano tra le gambe. In pochi secondi si ritrovò a sgrillettarsi con la sinistra, mentre con la destra si stava scopando la fica con tre dita. Si sentiva più troia di quanto non avesse mai potuto immaginare.
“Ahh… Ahh…” urlava.
“Ti piace fare la cagna in calore?”
“Sììì!” Era sempre più vicina.
“Dimmi cosa sei!”
“Sono una cagna! Sono la tua cagna!”
“E cosa vuoi?”
Serena non ci capiva più nulla, stava per venire ma sapeva di non poterlo fare, quell’orgasmo negato stava diventando tutto il suo mondo.
“Voglio sentire il tuo cazzo! Voglio che mi scopi! Voglio godere con il tuo cazzone dentro di me! Voglio che mi riempi di sborra!”
Era chiaro che non ce la facesse più.
“Fermati.”
Serena si bloccò quasi di scatto, continuando a respirare affannatamente, sperando che finalmente sarebbe riuscita a ottenere il suo desiderio.
“Tirati su, girati.”
Tremando, la moglie tornò in ginocchio, girandosi per guardare Marco negli occhi. Non aveva mai goduto così in vita sua, e ancora non era venuta.
“Togliti quella maglietta.”
Serena obbedì immediatamente, rimanendo a seno nudo, indossando solo i leggings strappati, che le lasciavano scoperte le cosce e la fica fracida.
Marco le porse il perizoma che le aveva strappato di dosso. Lei guardò l’offerta con un’espressione confusa.
“Prendile”, insisté.
Serena allungò la mano e prese l’indumento lacero.
“Adesso, mettile nella fica.”
Lentamente, la donna si portò le mutandine tra le labbra gonfie e bagnate, preoccupata, ma non appena cominciò a farle entrare si rese conto che era così bagnata e aperta dalle sue dita che entrarono praticamente da sole.
“Brava.”
Marco cominciò quindi a dedicarsi alle tette della moglie, finalmente esposte. Serena non aveva un seno grande, aveva una terza neanche troppo piena, ma proprio per questo era rimasto sodo come quando l’aveva conosciuta, anzi, da allora si era solo riempito, senza perdere in alcun modo di tonicità. Adesso, gonfio per l’eccitazione, con i capezzoli turgidi come spilli, era più invitante che mai.
“Stringiti le tette.” Ordinò.
Si portò entrambe le mani sotto i seni, sollevandoli e stringendone uno per mani tra i palmi, accostandoli tra loro.
Marco si chinò in avanti, pizzicando i capezzoli tra pollice e indice. Serena trasalì.
“Fa male?”
“S-Sì…” Balbettò Serena, avendo paura di deluderlo.
“Ti abituerai.” Rispose secco il suo uomo, tirandola a sé proprio dai capezzoli.
Avendola di nuovo tra le gambe, Marco iniziò a marcare il territorio sbattendo e sfregando il suo cazzo umido sulle tette, infilandolo anche nella generosa scollatura, spalmando i suoi umori sui capezzoli. Una volta finito di incensarle il seno, si chinò, allungando una mano tra le sue gambe, per sentire quanto fosse ancora bagnata. A mala pena fece in tempo a toccarla.
“Ahh…”
Serena stava per esplodere. Voleva solo venire. E ora che aveva le tette spalmate degli umori del marito, non riusciva a liberarsi di quel profumo di cazzo che le penetrava le narici a ogni respiro. Sentiva le pareti della sua fica pulsare contro le mutandine, impregnandole sempre di più. Era completamente sottomessa al volere di Marco, in una specie di trance. Se glielo avesse chiesto, si sarebbe volentieri ficcata un palo in culo pur di farsi scopare da quel grosso cazzo duro e godere come la puttana che ormai aveva la certezza di essere.
“Senti quanto sei bagnata, quelle mutandine staranno annegando…”
Osservò Marco, accarezzandole le labbra con la mano, divaricandole con tre dita per raccogliere più umori possibili, provocando numerosi sussulti alla moglie.
“Guarda quanto ti eccita essere la mia puttana.”
Le mise le dita imbrattate di umori biancastri davanti agli occhi.
“Assaggiati.” Continuò, infilandole due dita in bocca.
“Succhiale.”
Serena serrò le sue labbra intorno alle dita, ripulendole di tutti i suoi umori, che trovò buonissimi e le confermarono quello che ormai sapeva benissimo: era una zoccola vogliosa di cazzo, che si eccitava all’inverosimile dando piacere al suo uomo, venendo umiliata da lui, il suo padrone.
Con questa nuova consapevolezza si prodigò in un febbrile pompino a quelle dita, che a breve cominciarono a uscire e entrare, scopandole la bocca.
“Toccati.” Arrivò l’ordine e Serena non stava veramente aspettando altro.
Lanciò immediatamente una mano tra le gambe per sgrillettarsi forsennatamente. Con l’altra mano invece si strinse un seno come in una morsa, pizzicandosi violentemente un capezzolo. Ogni pochi secondi la mano passava da una tetta all’altra, le dita da un capezzolo turgido all’altro.
Non ci mise molto prima di ricominciare a gemere con le dita di Marco ancora intente a scoparle la bocca. Gli occhi erano fissi sullo sguardo austero del marito, desiderosi solo di sentirsi concedere una cosa.
“Vuoi venire, troia?”
Serena annuì, con aria supplichevole.
“E allora godi, fammi vedere come gode la mia puttana.”
Quindi, tirò fuori le dita, afferrandole il faccino, stringendolo per non farle chiudere la bocca, fissandola intensamente nei suoi occhi vogliosi.
A Serena bastarono pochi secondi per cominciare a urlare, in preda all’orgasmo più potente della sua vita.
“Aaaaah!”
“Sì, godi puttana!”
“Aaaaaaahhh!” urlò ancora più forte.
“Fammi vedere quella lingua da succhiacazzi!”
Serena lo assecondò subito, continuando a urlare mentre tutti i muscoli si contraevano in preda a spasmi che la stavano facendo tremare come un’ossessa. La figa continuava a spruzzare umori sul tappeto, che ormai era così intriso da non riuscire ad assorbire altri liquidi.
Dopo alcuni secondi che sembrarono infiniti, gli urli tornarono respiri affannati. Era sfinita.
Sorridendo soddisfatto, Marco si chinò allungando una mano tra le gambe della donna, penetrandola facilmente con due dita per recuperare le mutandine. La trovò praticamente spalancata, avrebbe potuto scoparla facilmente con una bottiglia di champagne per quanto era aperta e grondante.
Recuperato l’intimo, lo portò ancora gocciolante al naso, inspirandolo a pieni polmoni, riempendosi le narici del profumo di figa e orgasmo di sua moglie.
“Senti quanto sei troia.”
Gli occhi di Serena stavano piangendo di felicità e soddisfazione incondizionata: era quasi in uno stato catatonico.
“Apri la bocca e tira fuori la lingua.”
Senza capire più nulla, Serena obbedì ancora una volta.
Marco le riempì la bocca con le mutandine e finalmente si alzò.
“Ora tocca a me.” Annunciò.
Puntando il cazzo verso la bocca di Serena, iniziò a spararsi una sega furiosa.
“Fammi vedere quelle tette.”
Come prima, Serena si portò le mani sotto il seno per porgerlo in offerta al suo uomo.
“Vuoi la mia sborra?”
Serena annuì, rapita. Non potendo deglutire per via delle mutandine in bocca, la saliva stava cominciando a colarle lungo la lingua, gocciolando sulle tette in un lungo e denso filo. Era un capolavoro di oscenità.
“Voglio ricoprirti come una puttana!” Le urlò, sempre più vicino.
Per aiutarlo, cominciò a far rimbalzare le tette, sempre più bagnate di bava.
“Oddio quanto sei troia!”
Finalmente, Marco cominciò a venire con una serie di copiosi schizzi. Il primo fiotto di sborra finì proprio sulle mutandine, mentre gli altri andarono ovunque. In pochi secondi, la lingua di Serena era ricoperta di sperma, che colava abbondantemente sulle tette. Ma anche le labbra e le guance erano state colpite, uno schizzo le aveva addirittura imbrattato le lunghe ciglia da cerbiatta.
Marco tolse le mutandine dalla bocca della moglie, consegnandogliele in una mano.
“Adesso pulisciti come una vera troia.” Le ordinò, prendendo il suo telefono dal tavolino accanto alla poltrona, cominciando a documentare la scena con foto e video.
Senza mostrare più alcuna timidezza, Serena si leccò immediatamente le labbra, quindi per quanto possibile provò a recuperare la sborra che le imbrattava la faccia verso la bocca, leccando e succhiandosi le dita man mano.
Sul seno invece decise di spalmarsi lo sperma come se fosse una crema per il corpo, salvo comunque leccarsi le dita dopo aver finito.
“Sei veramente una gran puttana. La MIA puttana.”
Serena sorrise provando un perverso orgoglio.
“Ti ho mandato una foto da mettere come sfondo sul tuo telefono. Così avrai sempre un promemoria per ricordarti cosa sei e a chi appartieni.”
“Ma come faccio? E se lo vede qualcuno?” Provò a obiettare.
“Vorrà dire che dovrai stare attenta a dove lasci il telefono d’ora in poi.”
Serena annuì.
Marco si girò, avviandosi verso la porta. Prima di uscire, si voltò verso Serena:
“Oggi non te lo sei meritata il cazzo, magari la prossima volta.”
Quindi uscì, chiudendosi la porta alle spalle, lasciando Serena in ginocchio sul tappeto, con i leggings strappati, un lago tra le gambe, tette e faccia imbrattate di sborra e tanta, tanta voglia del suo cazzo.
Continua...
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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