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Perdo la verginità con una trans superdotata


di Lo_Scrittore
24.10.2024    |    9.445    |    15 9.1
"Lei voleva dominarmi, spingermi oltre i miei limiti..."

I fatti che vi narrerò risalgono a tre anni fa, quando avevo 22 anni. Quel giorno, tornavo dall'università in autobus, stanco e distratto. Mai avrei immaginato che quell’incontro avrebbe cambiato tutto. Salì a una fermata poco dopo la mia, la vidi subito: alta, sicura di sé, con lunghi capelli scuri che ondeggiavano mentre avanzava decisa verso di me. I nostri sguardi si incrociarono, e lei venne a sedersi proprio accanto a me. C'era un'aura di autorità nel suo modo di muoversi, come se sapesse già l'effetto che avrebbe avuto su di me.

Iniziammo a parlare di cose banali, ma dietro ogni frase, sentivo crescere una tensione sottile, un gioco sottinteso che mi confondeva e mi eccitava allo stesso tempo. Mi chiese il contatto Instagram prima di scendere, e io, senza pensarci troppo, glielo diedi. Mi lanciò un ultimo sguardo che sembrava promettere molto più di quello che le parole avrebbero mai potuto dire.

Quella sera, ricevetti il suo primo messaggio. Il tono era ancora leggero all’inizio, ma presto cambiò radicalmente. Senza preavviso, mi mandò una sua foto nuda. Il suo corpo era perfetto, sensuale in ogni curva, ma fu il suo atteggiamento a colpirmi di più: sembrava esigere che io la guardassi, che la desiderassi. Sentivo il cuore battere forte, quasi incredulo di fronte a tanta sfacciataggine. Poi, senza giri di parole, mi chiese: "Hai mai fatto qualcosa di fuori dagli schemi?"

Risposi di no, sentendomi improvvisamente vulnerabile. E fu lì che il gioco di potere prese forma. Lei voleva dominarmi, spingermi oltre i miei limiti. Mi mandò un’altra foto, ancora più esplicita, mostrandomi il suo cazzo, grande, imponente. Era chiaro chi comandava in quella situazione, e mi sentivo completamente alla sua mercé.

"Vieni da me domani," mi scrisse dandomi il suo indirizzo alla fine della conversazione, e io, senza esitazione, accettai.

Il giorno dopo, arrivai a casa sua con il cuore in gola. Mi aprì la porta con un sorriso sicuro, indossando un body nero che abbracciava ogni centimetro del suo corpo. Non c'era spazio per esitazioni: prese subito il controllo. Le sue mani scivolarono su di me con sicurezza, mi spogliò senza fretta, ma con una determinazione che lasciava intendere che tutto sarebbe accaduto esattamente come lei voleva.

Io ero lì, nudo e vulnerabile davanti a lei, e ogni secondo aumentava il mio desiderio di lasciarmi usare, desideravo con tutto me stesso quel cazzo che avevo visto in foto. Lei lo sapeva, lo percepiva, e il suo sguardo sembrava nutrirsi della mia sottomissione. Mi spinse sul letto facendomi sdraiare a pancia in giù, con una fermezza che non ammetteva obiezioni. Non c’era dolcezza nei suoi gesti, solo la volontà di farmi sentire il suo potere.

Quando si posizionò sopra di me, sentii la sua saliva sul mio culo e il suo cazzone premere contro di me, duro, pronto a sfondami. Il primo contatto fu intenso, doloroso, e per un attimo il respiro mi mancò. Lei mi parlava in maniera autoritaria, come se stesse sfidandomi a resistere. Ma io non volevo resistere. Ogni spinta era una prova, ogni gesto un’affermazione del suo controllo totale su di me. Sentivo il dolore, sì, ma anche un piacere crescente, quasi perverso, nel lasciarmi dominare completamente.

Lei mi faceva suo, senza tregua, e io non riuscivo a pensare ad altro che al piacere che derivava dalla mia sottomissione. Il suo ritmo aumentava, ogni movimento era deciso, autoritario, e io non potevo fare altro che assecondarla, farmi penetrare a fondo da quel cazzone voglioso di esplodere. Mi sussurrava parole che mi facevano sentire ancora più piccolo, più sottomesso, e questo non faceva altro che alimentare il mio desiderio.

Alla fine, con un gesto deciso, mi fece inginocchiare davanti a lei. "Adesso bevi," ordinò, mentre il suo sguardo non lasciava spazio a esitazioni. Senza pensarci due volte, feci esattamente quello che voleva e non sprecai nemmeno una goccia della sua sborra.
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