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4 “Donne” in una stanza - 2° parte


di LittleMargot
20.09.2015    |    1.059    |    1 9.0
"”, iniziò Samantha, “fermati un po’..."
Il giorno dopo, domenica 6 Aprile, la temperatura pomeridiana era di 56 °F (13,3 °C), la minima della notte 36 °F (2,2 °C). Giovedì e venerdì aveva piovuto un po’, ma sabato no. Anche la domenica si annunciava senza pioggia, e così sarebbe stato anche il giorno seguente.
Angela se ne stava da sola, seduta sul comodo divano del soggiorno dell’appartamento al quarto piano di un condominio sulla Est Ontario St, al n° 44 sopra ‘Trader Joe’s’. Era da sola in casa, sola e annoiata. Suo marito, un’ora prima, era uscito per sbrigare delle commissioni fuori città e le aveva raccomandato di non uscire di casa per nessun motivo. Ma alle 15.35 Angela si stancò di quella solitudine, quindi si vestì alla sua classica ed austera maniera ed uscì, aveva voglia di una cioccolata calda al vicino Mc Donald’s sulla West Ontario St, una passeggiata di una decina di minuti o poco più non le avrebbe certo fatto male. Fuori del palazzo girò a destra passando davanti a ‘Trader Joe’s’, quindi giunse all’incrocio con la North Wabash Ave ed attraversò per andare sull’altro marciapiede della Est Ontario St, e riprese la direzione di prima attraversando la North Wabash Ave. All’incrocio dopo il quale iniziava la West Ontario St, in attesa che scattasse il verde, diede una sbirciata all’interno del salone di bellezza ‘Michael Anthony’, e salutò con un cenno di malinconico sorriso mal velato, all’interno non c’era nessuno, il negozio era chiuso. Attraversò quell’incrocio e guardò con simpatia al ristorante italiano ‘Osteria Via Stato’, quindi proseguì il suo cammino, attraversò l’incrocio con la North Dearborn St e circa 200 metri dopo, oltrepassato un parcheggio, giunse al Mc Donald’s, una costruzione bianca e bassa, slanciata verso la strada, con quei suoi caratteristici archi di colore giallo e le pareti verso la strada vetrate a specchio. Stava per entrare nel locale quando si bloccò all’istante, aveva avuto una specie di flash, una percezione particolare, e sentì un formicolio interno, una certa cosa che aveva appena visto di sfuggita in quel parcheggio le era balenata all’improvviso nella sua mente, e fece qualche passo indietro. Timidamente girò l’angolo per guardare dentro il parcheggio, fece una ventina di passi e si fermò. Mai l’avesse fatto! Non c’era alcun dubbio che l’auto che stava ad una trentina di metri da lei era quella di suo marito: non che fossero in pochi a girare con una Chevrolet di quel modello, ma che la porta posteriore destra fosse di colore diverso dal contesto della macchina (una porta verde presa dallo sfasciacarrozze a sostituire quella danneggiata in uno stupido incidente di parcheggio, peccato che l’auto fosse stata di colore bianco) era un fattore piuttosto particolare per non essere notato, neanche per sbaglio. Angela vide come delle ombre muoversi dentro la macchina ed intuì che doveva esserci qualcuno. Si avvicinò con circospezione, senza essere notata, e trasalì quando vide suo marito che si stava sbaciucchiando con la giovane domestica dei vicini di pianerottolo, una ragazza di origine messicana di nome Jacinta, poco più che ventenne. Di colpo sentì come un annebbiamento nella sua testa, tutti i pensieri andarono alle regole di ‘buona condotta’ che le erano state imposte fin da bambina, e che continuavano ad esserle imposte, sia dai suoi famigliari che da suo marito. Camminò all’indietro per qualche passo, si sentiva intontita, si girò e andò a sbattere contro un uomo super panciuto appena uscito dal Mc Donald’s. “Ma stia attenta a dove mette i piedi... guardona!”, le disse in tono scortese quell’uomo, ma lei non replicò e si allontanò velocemente, la voglia della cioccolata calda le era passata di colpo e si riavviò verso casa. Non salì, ma andò dritta in garage a prendere la sua macchina, una modesta Toyota Yaris del 2009. Erano appena passate da poco le 16 quando accese il motore e partì, non aveva idea di dove andare in quel momento. Prese la strada per andare in riva al lago a fare una passeggiata per sbollire la tensione, ma poi cambiò idea anche perché c’era parecchio traffico, e si era allontanata già almeno un paio di miglia da casa sua. Alle 16.20 girò in una laterale e decise di andare a casa di Alejandro Gutierrez per spiegarle la situazione in cui si trovava e cominciare a valutare un possibile trasferimento fuori da Chicago, il più distante possibile. La zona dove abitava Alejandro era tutto sommato vicina, infatti alle 16.40 parcheggiò lungo la strada dove lui abitava, in un condominio di pregio e ben rifinito, con tanto di servizio di portierato. Scese dall’auto e s’incamminò, mancavano più o meno 200 metri per arrivare.
Erano le 16.45 quando il portiere del condominio, Gerald, si domandò chi potesse essere quel gran bel pezzo di figliola, piccola di statura, con gli occhiali da sole ed i capelli neri corvini a caschetto con i tirabaci (il taglio laterale a mo’ di mezzaluna ai lati) che le era appena passata davanti a passo affrettato. Sporse fuori la testa per guardarla, almeno di spalle. Quel giubbotto nero in pelle, e quegli stivali neri con la zeppa e la cerniera esterna dorata, fecero girare la sua fantasia, tanto che avvertì un gonfiore all’interno dei pantaloni. La ‘ragazza misteriosa’ uscì velocemente dall’androne condominiale e andò diretta al bordo strada dove c’era un taxi in attesa. Angela era ad una ventina di metri di distanza, la vide di profilo e ne rimase colpita. “Quella sì che è una bella ragazza!”, disse tra sé, “Che passo elegante, deciso e sicuro allo stesso tempo, che look fantastico... fortunata lei che se lo può permettere... e che giovane che è”. La vide salire sul taxi con quella sua borsa a tracolla abbastanza grande, chissà cosa c’era dentro! Un attimo dopo il taxi partì, e Angela rimase assorta un paio di minuti con quel pensiero, e dentro di sé avrebbe voluto conoscerla, fare amicizia con lei, per poter cambiare ed essere un po’ come lei. “Inutile che mi faccia illusioni, chissà se mai la incontrerò più, e figuriamoci se vorrebbe essere amica di una come me”, mormorò sconsolata. “Magari è un’amica di Alejandro ed è appena uscita da casa sua, lui è una persona brillante, perfetto ed in stile con una ragazza come quella!”, disse tra sé rincuorandosi, non vedeva l’ora di parlare con Alejandro. Entrò nell’androne e salutò Gerald che ricambiò in tono poco sostenuto vedendo la differenza tra la ‘ragazza’ che era appena uscita di corsa e quella che era appena entrata. Angela si avvicinò alla schiera dei campanelli e suonò quello di Alejandro, ma non ottenne risposta. Provò ancora, ma con lo stesso risultato. Chiese a Gerald se per caso Alejandro fosse uscito. Gerald rispose che non era tenuto a dare informazioni su chi abitava nel palazzo, ma vedendo il volto quasi supplichevole di Angela le rispose semplicemente che non lo sapeva, anche perché non era sempre di continuo alla ‘consolle’, e le disse anche che non sapeva se fosse mai uscito e rientrato quel giorno. Tra l’altro, aggiunse che lui per quella settimana aveva il turno pomeridiano e serale, per cui non poteva sapere se fosse uscito al mattino e non ancora rientrato, forse questo l’avrebbe saputo il suo collega, Jacques, ma non poteva esserne certo. Angela ebbe l’impulso di scrivere un biglietto per Alejandro e lasciarlo al custode ma ci ripensò, dopotutto all’indomani l’avrebbe visto in ufficio. Quindi salutò Gerald e se ne andò, riprese la sua auto e tornò a casa per far finta di nulla e buon viso a cattiva sorte quando suo marito sarebbe rientrato.

Alle 17.20 Aleja scese dal taxi che l’aveva portata a circa 300 metri dalla villa di Valery, aveva deciso lei di scendere prima e fare due passi per non far venire certi pensieri al taxista su dove lei fosse realmente diretta. Durante quella sua breve passeggiata due macchine passarono per quella strada, ed in entrambi i casi vennero suonati dei colpetti di clacson. Quando Aleja si trovò di fronte al maestoso cancello della villa si guardò attorno con circospezione, nessuna automobile in arrivo, né da destra, né da sinistra. Vide parcheggiate nel cortile interno, prima del porticato e a fianco della Lincoln Continental di Marc, una BMW X6 50i color nero zaffiro metallizzato del 2008 e una Ford Taurus bianca terza serie restyling del 2010, segno inequivocabile che Jennifer e Samantha erano già arrivate. Suonò il campanello, e un attimo dopo sentì una voce a lui ben nota.
“Ciao Aleja...”, disse Valery seguita subito dal rumore dello sblocco della serratura. Aleja aprì il cancello, guardò verso il piano superiore e notò le sagome di due ragazze dietro la tenda, chissà se l’avevano già riconosciuto! Questo era il pensiero di Aleja. Con passo elegante e fiero si diresse verso il porticato, il portone massiccio era già stato sbloccato, lo aprì ed entrò. Il portone si richiuse con un tonfo sordo, mentre dal piano di sopra giungeva il ritmo di una sensuale discomusic non molto datata. Giunta al piano di sopra, Aleja entrò in modo solenne nella stanza palestra che ben conosceva. Jennifer e Samantha rimasero senza fiato appena videro entrare quella donna minuta e di piccola corporatura, ma dall’aspetto super sensuale, però anche Aleja trasalì appena le vide in quel loro abbigliamento, visto che le conosceva già abbastanza bene ma solo in altre situazioni.
Jennifer sfoggiava un completino con bustino vittoriano rosso sgargiante, in pelle, con una buona imbottitura delle coppe per il seno, quindi una microgonna rossa, sempre in pelle, un paio di autoreggenti nere in pizzo ricamato con baby-doll reggicalze sotto il bustino e un paio di stivali rossi di vernice alti al ginocchio, con le stringhe posteriori, zeppa non grossa (1 pollice) e tacco quasi a spillo da 4 pollici (circa 10 cm). Alla vita portava una cinturona color oro con fibbiona e finto diamante al centro. Al suo braccio destro faceva bella mostra di sé un bracciale d’oro (molto più probabilmente similoro) a forma di serpente avvolto su due spire, mentre al polso sinistro c’era il suo bellissimo orologio massiccio, che forse mal s’intonava con la sua corporatura snella. A contorno di tutto le unghie posticce color rosso acceso, in tinta col suo rossetto, che le davano un aspetto certamente ‘graffiante’.
Samantha, invece, appariva più sobria al cospetto di Jennifer, pur mettendo più in mostra la sua farfallina rispetto a lei. Indossava un corpetto in pizzo nero, ricamato tutto a cuoricini, con le imbottiture al seno e un contorno di piume con tonalità sul verde scuro. A scendere un perizoma rosso, un paio di autoreggenti nere con i reggicalze compresi nel corpetto, quindi un paio di tronchetti neri alla caviglia, con una zeppa da 1 pollice e tacchi da 3 pollici di media grossezza, un paio di fibbiette dorate a fianco delle caviglie. Non aveva unghie posticce, ma le sue naturali erano molto belle, dipinte di rosso come normalmente le portava tutti i giorni. I suoi lunghi capelli biondi e lisci che arrivavano sotto le spalle facevano brillare ancor di più il suo viso sempre solare e sorridente, il rosso vivo del rossetto era quasi superfluo, la sua carnagione chiara era un perfetto contorno per i suoi occhi grandi e azzurri.
Le due ragazze si guardarono quasi attonite nel vedere quello schianto di bellezza che era appena entrata in quella stanza. A Valery (cioè Marc), la gigantessa tutta in bianco, si fermò un attimo il respiro anche se era la stessa Aleja che aveva incontrato la domenica precedente, uguale e precisa in tutto e per tutto, compreso il cappello nero da sceriffo con la stella dorata in mezzo che aveva tirato fuori dalla borsa e indossato un attimo dopo essere scesa dal taxi.
“Benvenuta, padrona Aleja”, disse Valery andandole incontro e facendo l’inchino col baciamano appena le fu davanti. Fece le dovute presentazioni, anche Jennifer fece un inchino e le baciò la mano, gesto che Aleja contraccambiò, mentre Samantha, con gli occhi che le brillavano per l’emozione, si mise in ginocchio davanti ad Aleja, le baciò prima la mano destra guantata di raso nero e, di seguito, le punte dei suoi stivali: quelle cerniere esterne dorate l’avevano quasi stordita, così pure come le catenelle dorate che pendevano dalla cinturona, ed anche la collana di perle a tre giri che si stagliava sul suo petto tra le coppette imbottite. Sia Jennifer che Samantha non si erano ancora rese conto di chi realmente avessero davanti, e Valery sorrideva sorniona.
“E vai col ritmo”, disse all’improvviso Jennifer facendo schioccare il suo frustino da mistress. Aleja sorrise e fece schioccare il suo, Valery indietreggiò di due passi assieme a Samantha, in attesa che le due ‘belve’ decidessero cosa fare delle loro ‘prede’. In un batter d’occhio Jennifer fu dietro a Samantha, la fece sua immobilizzandole le braccia dietro la schiena e la portò al cospetto di Aleja che la guardava con seducente malizia. Samantha teneva la testa reclinata un po’ indietro in segno di sottomissione, mentre la superba Jennifer, con uno sguardo, lanciò il ‘guanto di sfida’ ad Aleja, la sua complice e allo stesso tempo rivale di quel pomeriggio. Aleja stuzzicò il seno di Samantha che si limitò a fare un sibilo tirando su aria con la bocca. Aleja girò la testa di lato, il suo mezzo sorriso dietro quella pettinatura con i tirabaci non faceva altro che stimolare ed eccitare Valery che fremeva nell’attesa. L’attesa non durò a lungo, grazie anche all’incalzante musica da discoteca di sottofondo, con intermezzi di ‘Pitbull’ ed anche ‘Rihanna’ e ‘Anastacia’, per gran parte senza le parole, ma solo con la musica in un ‘progressiv-tech’. Aleja mosse verso Valery e rapidamente la afferrò per il gingillino, trainandola verso le altre due ragazze, mossa questa che piacque molto a Jennifer. Appena fu portata al cospetto di Samantha, Valery dovette chinarsi per adorare quelle belle gambe e baciare i suoi tronchetti neri, e appena la sua testa fu quasi vicina al pavimento, oplà, Aleja la scavalcò e strinse il collo di Valery tra i suoi polpacci, strofinando con la giusta forza i suoi stivali sul collo della sua vittima preferita alla quale però il gingillino cominciava già ad indurirsi. La posa era perfetta! Come d’accordo con Valery e Samantha, e questo lo sapeva già anche Aleja (grazie a Valery naturalmente), Jennifer premette un tasto del telecomando che teneva in mano assieme al frustino, e scattò una serie di foto.
Quindi Aleja liberò Valery dalla sua morsa: “Prendila per le caviglie!”, ordinò Jennifer a Valery. Un attimo dopo, con l’aiuto di Jennifer, la bionda Samantha era stesa supina sul materassone, la tremenda Jennifer subito le legò i polsi ma decise di non metterle il bavaglio a palla, voleva sentire i suoi mugolii di piacere per ciò che le avrebbe fatto Aleja mentre lei se la sarebbe spassata con Valery, intanto per iniziare. Con abile e seducente mossa Aleja si pose davanti a Valery, mise la gamba destra dietro le sue, la spinse con dolce garbo così da stenderla supina sul materassone a fianco di Samantha. “Ah ah ah ah ah ah...”, rise Jennifer in maniera stregonesca, “eccole quiiii!! Adesso siete nostre!! Ah ah ah ah ah ah....”, continuava a ridere vedendo Aleja a cavalcioni sopra il petto di Valery che agitava le gambe tentando di divincolarsi mentre Aleja le prese le mani portandogliele dietro la testa per legarle i polsi posti in maniera incrociata, i nastri di seta rossa erano sempre perfetti allo scopo. Più Valery si dimenava e più Jennifer si divertiva mentre stuzzicava i seni di Samantha con le sue lunghe unghie prima di applicarle le mollettine. Anche Samantha si dibatteva, ma nulla poteva fare: Jennifer la dominava, almeno fisicamente, e nonostante lei fosse una donna in tutti i sensi, la sensazione di essere dominata da un’altra donna le infondeva una tale eccitazione che quasi le sarebbe bastata per essere appagata. Allo stesso tempo a Jennifer piaceva dominare Samantha, ma a lei piaceva dominare chiunque, era il suo recondito desiderio di piacere, visto che nella vita di tutti i giorni, nonostante avesse una certa autonomia nel suo lavoro, doveva sempre sottostare alle decisioni del suo capo ufficio che, guarda la ‘fortuna’, era anche il suo ‘caro’ marito che per tre sere alla settimana (martedì, giovedì e sabato) usciva dalle 19 e rincasava alle 23, andava sempre al ‘circolo dei velisti’, cosa questa che Jennifer trovava noiosa, sempre le stesse cose, le stesse persone e le stesse chiacchiere, sempre a chi la sparava più grossa, tra chi raccontava di essersi trovato un tonno che gli era saltato in barca (cosa strana in un lago) e chi si era trovato in balia di una tempesta improvvisa (come se fosse stato nel mar dei Caraibi)... mancava solo qualcuno che raccontasse di aver portato a spasso Nessie sul lago Michigan con un guinzaglio tessuto in ‘filo di Scozia’. La rabbia di Jennifer stava nel fatto che lei, laureata in economia, era sottoposta ad una persona, benché fosse suo marito, che oltre ad aver fatto l’università a spintoni, aveva l’unico merito di essere il cugino del titolare dell’azienda per cui lavorava, un ottimo fornitore di componenti elettronici per la ‘Gothelm Co.’, perciò lei avrebbe dovuto anche ringraziare per la posizione che occupava, oltre al fatto di dover sistemare i numerosi errori che lui commetteva nel preparare certi documenti amministrativi di vendite e acquisti... quanto avrebbe voluto poter lavorare alla ‘Gothelm Co.’, ma non ne aveva mai parlato con Marc. Lei non voleva però perdere Laurence, ma non voleva nemmeno fare una vita sciatta e moscia: intanto lo lasciava che si divertisse, non era proprio convinta che andasse soltanto al ‘circolo’, ma tra qualche mese sarebbe tornata alla carica con la proposta di avere un figlio, era certa che così le cose tra loro sarebbero cambiate. Quel pomeriggio lei era uscita tranquillamente con la scusa che sarebbe andata a fare un giro assieme a Samantha, e non era tutta una bugia, d’altronde lui non chiedeva spiegazioni, e aveva preso la palla al balzo per passare il pomeriggio al circolo velico. Intanto, però, si divertiva anche lei, e con lei anche Samantha, che, a differenza di Jennifer, aveva una vita molto normale a parte questi ‘capricci’ saltuari che poteva soddisfare anche grazie ai suoi genitori che, all’occorrenza, le tenevano volentieri il bimbo di pochi anni, come quella domenica: infatti la trasferta di lavoro di suo marito in Pennsilvanya che era in programma il giorno prima, sabato, era stata spostata per motivi tecnici al giorno dopo, domenica, così Samantha dovette spostare l’incontro che stava vivendo in quel momento perché il giorno prima era stato deciso di restare in famiglia. Suo marito avrebbe dovuto rientrare la sera stessa, verso le 23, ma aveva telefonato all’ora di pranzo per dire che sarebbe rientrato lunedì pomeriggio per poter eseguire dei controlli più accurati agli interventi che stava eseguendo su dei motori di elettrotreni ad alta velocità. Jennifer iniziò a picchiettare con la lingua i turgidi seni di Samantha che riprese a lottare dimenando le gambe e sbattendo ripetutamente le mani legate dietro la testa, e ancor di più quando Jennifer le pizzicò i capezzoli con le mollette, lasciandogliele lì, come due piccoli coccodrilli in formato micro-mignon, però efficaci!
“Wow!!”, esclamò Jennifer vedendo Aleja alzarsi in piedi e premere il gingillino di Valery sotto lo stivale sinistro. Quindi Aleja pose il piede tra la parte alta delle gambe di Valery e con un cenno le ordinò di porgergli le mani legate. Così fece Valery e Aleja, premendo il piede sul materassone per far leva, diede l’invito a Valery di alzarsi e la condusse ad un certo lettino attrezzato per gli esercizi ginnici.
“No, ti prego, Aleja, no!”, implorò Valery che in realtà voleva proprio ciò.
“E’ inutile discutere, cammina! Avanti, marsh!! Schnell! Schnell!”, ordinava Aleja facendo schioccare il frustino mentre Jennifer, che guardava estasiata, avvicinò a sé la borsetta che aveva lasciato sul materassone e ne tirò fuori lo strap-on: aveva deciso di fare sua Samantha che cominciò a mugulare e implorare.
“No... ti supplico, Jenny, padrona, no, nooo”, ma era inutile: Jennifer si alzò in piedi e mise lo stivale destro sul seno di Samantha in segno di dominazione, quindi si cinse con lo strap-on e prese dalla borsetta la vaselina medicale per penetrarla meglio, la sua intenzione iniziale era di possederla da ambo le parti per prepararla alla perfezione per Aleja, immaginando che anche lei, essendo ‘donna’, l’avesse posseduta volentieri con il suo strap-on, ma subito dopo pensò di lasciare stare il lato ‘B’ di Samantha. Dopodiché sarebbe toccato a Valery, e certamente da ambo le parti come le aveva promesso.
Jennifer tolse le mollettine dai capezzoli di Samantha e riprese a stuzzicarli con la lingua, Samantha si sentiva come se stesse camminando tra le nuvole e sotto un arcobaleno, il suo volto appariva estatico. Jennifer, con la coda dell’occhio, notò che Valery stava opponendo una certa resistenza (faceva parte del gioco) ad Aleja che l’aveva già messa con le spalle verso il ‘lettino delle visite specialistiche’ e la supplicava di lasciarla libera. Si alzò in piedi quasi di scatto, lasciando così libera Samantha.
Con lo strap-on nero proteso in avanti come la spada di un pirata che sta per arrembare un vascello carico d’oro, mosse qualche passo veloce tacchettando sui suoi stivali rossi, e in un paio di secondi si pose davanti a Valery, con le mani ai fianchi e lo sguardo severo verso l’alto, fisso negli occhi di quella gigantessa: “Sitz und halt die klappe!!”, disse in tono così energico e deciso che persino ad Aleja un brivido corse giù per la schiena. Valery smise subito di parlare e si sedette sul lettino come Jennifer aveva appena comandato, non era certo un problema per Valery la lingua tedesca, ma quell’ordine ’seduta e zitta’ così autoritario proprio non se lo sarebbe mai aspettato, anche se le aveva infuso un certo senso di malizioso piacere. Poi fu Aleja con un tocco di mano ad adagiarla supina su quel lettino, mentre Jennifer si allontanava, con sguardo compiaciuto, per tornare da Samantha che stava lì distesa in trepida attesa della sua padrona. Jennifer vide Aleja che con un agile balzo era appena salita a cavalcioni sull’addome di Valery. Quella mossa l’aveva stuzzicata, ma allo stesso preoccupata: infatti avrebbe voluto essere stata lei a giocare per prima con il palo di Valery, la sua eccitazione stava crescendo, con un dito appena umettato sfiorò il suo clitoride mentre stava sopra il seno di Samantha alla quale non sfuggì quel gesto, un gesto che avrebbe voluto poter fare lei solo se avesse avuto le mani libere. Jennifer immaginava la farfalla di Aleja che cominciava a strusciarsi sul palo di Valery, e ancora di più cresceva la sua eccitazione, assieme alla preoccupazione di non poter primeggiare con quella bellissima ’ragazza’. Aleja si distese sopra Valery per accertarsi che i suoi polsi fossero ben legati tra di loro, quindi la legò bene assicurandola al lettino, stavolta però in posizione supina, e lei ne sapeva già il motivo, era Jennifer però che non lo sapeva. Fatto ciò, con agile mossa scese e risalì, ponendosi a cavalcioni sul petto di Valery ma dandole le spalle, e si chinò per giocare con il suo gingillino, iniziando a stimolarlo con le sue dita guantate di raso nero mentre i suoi stivali volteggiavano davanti agli occhi di Valery incrociandosi ritmicamente al passo di ’Please don’t stop the music’ di Rihanna, cosa questa che dava a Valery un’eccitazione pazzesca, tanto agitava freneticamente le sue lunghe gambe. Aleja sorrideva sentendo fra le sue dita l’erezione di Valery che stava crescendo via via sempre di più, e quella turgidità eccitava anche lei, quasi pronta al passo successivo di fare sua Samantha: lei infatti sapeva che Jennifer voleva gustare il ’palo’ di Valery, e non avrebbe certo ostacolato questo desiderio.
Intanto Samantha mugulava di godimento e piacere sotto le attenzioni di Jennifer che la stuzzicava su tutte le parti del corpo, e non aveva resistito all’idea di massaggiarle il clitoride con la lingua, cosa questa che l’aveva fatta andare ancora più in alto, le sembrava proprio di volare. “Ahhhhhh....”, iniziò Samantha, “fermati un po’.... ti prego”, diceva mentre tirava le gambe su e giù facendo strisciare sul materassone la parte posteriore dei suoi tronchetti neri. Ma Jennifer continuava e la stimolava ancora di più, quel corpo palpitante che si dibatteva sotto di lei la eccitava all’inverosimile, talvolta si fermava un attimo immaginandosi a cavalcare Valery, ma vedeva la sua rivale ancora sopra di lei, e quell’attesa le procurava un formicolio alla sua farfallina. “Oooohhhh....”, fece Samantha allargando le gambe, “...non resistooooo.... aaahhhhh....”, ed un attimo dopo Jennifer iniziò a penetrarla, lentamente, con movimenti anche circolari di quell’arnese per toccare meglio tutte le umide pareti di quell’oscura grotta tutta da esplorare. Samantha distese le gambe stirandole più che poteva, e cominciò a sbatterle rapidamente con piccole oscillazioni, pareva vibrassero, girò la testa di lato e chiuse le mani a pugno, girò ancora la testa per guardare Jennifer, come gli appariva bella e sensuale, e allo stesso tempo superba e autoritaria, mentre affondava con garbo e giusto ritmo lo strap-on nelle sue intimità più nascoste, sentiva quel pungolo che si avvicinava e si allontanava, si sentiva vibrare tutta dentro.
Nel frattempo Aleja si era girata di nuovo per applicare le mollettine ai capezzoli di Valery, che ebbe un fremito, e null’altro potè fare se non scuotere le gambe, mentre il sorriso velato della sua mistress aumentava ancora di più la sua eccitazione. Aleja scese un istante da quella divertente posizione ed avvicinò meglio l’attrezzo con la barra in alto, normalmente usato per aggrapparsi con le mani e appendersi, ottimo ausilio invece, in questo caso, per una sospensione parziale del corpo. Aleja prese due corde e le assicurò per bene alla barra alta, tenendole alla distanza di un metro, poi con le estremità libere di ciascuna legò strette le caviglie di Valery e regolò bene la lunghezza delle corde in modo tale che il bacino di Valery restasse di poco sollevato dal lettino mentre le sue gambe erano divaricate della giusta misura, spalmò con la vaselina il lato ’B’ della sua grande amica, quindi le diede una sculacciata e alcune frustatine: quegli schiocchi così cadenzati fecero sorridere Jennifer maliziosamente. L’erezione di Valery era perfetta, e Aleja comprese che era giunto il momento di cambiare ’carrozza’. Si rimise seduta sopra di Valery, prese e strinse le sue guance con la sua piccola mano e poi scese dal lettino. “Mistress Jennifer”, disse Aleja, “la gigantessa è pronta per voi”. Per Jennifer quelle parole ebbero un magico significato, tanto che non si accorse nemmeno che doveva esserci qualcosa di strano nel timbro di voce di Aleja, seppure l’avesse camuffata molto bene cercando di darle un tocco di femminilità decisa e forte, certamente il volume della musica era stato anch’esso sufficientemente complice allo scopo, oltre al fatto che la mente di Jennifer era inebriata a dir poco.
“Certamente, arrivo subito”, rispose pronta Jennifer che si sentiva già eccitatissima, “e tu bada di comportarti bene con Aleja, altrimenti....”, disse poi con sguardo severo e stuzzicante a Samantha, che si era già prefigurata l’idea di sottostare ad un’altra donna con lo strap-on.
Aleja e Jennifer, incrociandosi, si diedero il ’5’ strizzandosi l’occhio a vicenda, Jennifer tra i suoi pensieri aveva però anche quello di sottomettere Aleja, ne sarebbe stata orgogliosa ed appagata, oltre a Valery avrebbe avuto sotto di lei, nello stesso pomeriggio, anche due donne. Jennifer diede una disinfettata accurata allo strap-on e lo spalmò di vaselina, quindi prese il preservativo che stava sul tavolino a un paio di metri dal lettino dove Valery la stava attendendo. Aleja la guardò e sorrise, e da un piccolo taschino tirò fuori un preservativo. Lo tenne in mano dando le spalle a Jennifer che non s’accorse di nulla. Samantha la vide avanzare verso di lei, sulle prime non aveva capito a cosa potesse servire quel preservativo, ma quando Aleja sollevò la minigonna di quel poco che bastava a mettere in risalto la sua turgida erezione, Samantha non potè fare a meno di esserne entusiasta, e la sua eccitazione crebbe ancora di più, temette di poter arrivare all’orgasmo ancora prima che Aleja potesse farla sua, tanta era stata la stimolazione e l’eccitazione che le aveva procurato Jennifer con tutte le sue attenzioni. Jennifer cominciò a penetrare con cura e attenzione l’ingresso posteriore di Valery la quale ebbe un fremito iniziale da mettere in tensione le gambe e stringere i pugni. Iniziò a lamentarsi di piacere: “Buona, piccolina...”, disse Jennifer in tono soave mentre iniziava il suo movimento alternato perfettamente cadenzato col ritmo musicale che usciva dalle casse dello stereo. “Buona ho detto... fai la brava, tanto, è inutile che ti lamenti, non puoi scapparmi, ti ho inchiodata, sei mia... eh eh eh eh... ma senti che eccitazione...”, continuava in tono sensuale quasi sentisse dentro di sé lo scorrere di quell’attrezzo dentro il corpo di Valery.
“Mmmmhhhh... mmmhhhhhh...”, mugulava Valery muovendosi per quel che poteva come se cercasse di liberarsi da quella presenza interna, ma era tutto inutile, Jennifer sapeva bene come muoversi per tenere Valery sotto il suo dominio. Dopo alcuni minuti di passeggiata avanti e indietro come una sentinella che monta la guardia, Jennifer si tolse lo strap-on e lo lanciò sopra un tavolo, quindi massaggiò con cura il gingillo di Valery. Poi passò all’altro lato del lettino, si mise di schiena e si sollevò, facendo forza sui polsi, di quanto bastava per adagiarsi comodamente seduta sulla faccia di Valery, allargò appena le gambe e iniziò a muoverle lentamente, roteandole e facendo toccare tra loro le zeppe degli stivali al ritmo della musica. Una leggera pressione sul tasto del telecomando e anche quella situazione piccante fu immortalata da un flash. Tenendo le mani ai bordi del lettino, Jennifer reclinò la testa all’indietro godendo di piacere mentre la lingua di Valery le stuzzicava l’orifizio del suo lato ‘B’, anche lei sospirava di piacere, e ancor di più dopo che, spostatasi un po’ indietro, sentì la grossa lingua di Valery che giocava con il suo clitoride. Eccitatissima e piena di desiderio, Jennifer si girò verso le gambe di Valery, scese dal lettino e sciolse le corde da quelle caviglie. Mise le gambe di Valery distese unite sul lettino, decise di non legarle e, con mossa sensuale, a poco a poco infilò il preservativo su ciò che a breve sarebbe stato il suo strumento di piacere, ed era pronta per dare a Valery anche il godimento che meritava, attraverso la sua farfalla palpitante che già da un po’ stava fremendo nel desiderio dell’attesa.
Aleja si era distesa sopra Samantha, e le loro labbra si sfiorarono, quindi le loro lingue si toccarono muovendosi all’interno dei loro palati come in una danza sfrenata. I capezzoli di Samantha s’inturgidirono ancora di più, i seni andavano su e giù per il respiro veloce. Cercò di liberare i polsi da quei legacci, ma i nodi di Jennifer non perdonavano, non poteva fare niente, era una lotta decisamente persa, era destinata a stare sotto, ed era proprio questo ciò che più le piaceva e le procurava eccitazione. La lingua di Aleja sui suoi capezzoli la fecero irrigidire dal piacere, era una sensazione fantastica, si sentiva tutta bagnata, e dopo un attimo sentì una leggera pressione all’interno della sua farfalla, Aleja aveva appena iniziato a penetrarla, e così allargò le gambe ancora di più, il massimo che poteva.
Dalla sua posizione sopra Valery, il cui respiro si stava facendo più veloce, Jennifer notò il divaricamento delle gambe di Samantha, e intuì che Aleja le stava dando delle sensazioni piacevolissime. Quindi fissò Valery dritta negli occhi, e si sollevò di quel che bastava per afferrare le redini e iniziare la sua cavalcata. Ebbe un gemito quando sentì il turgido membro di Valery scivolare dentro di lei, si mosse di lato, prima da una parte e poi dall’altra, e chiuse gli occhi provando un piacere indescrivibile. Tosto iniziò a muoversi piano, su e giù, immaginando quelle apparecchiature che nel Texas scavano i pozzi di petrolio, e guardò Valery con una certa severità. “Hai voluto fare la furbetta, eh!!”, iniziò in tono soffiato, “E brava... con questo incontro a 4, hai voluto un incontro a 4, eh?!”, disse alzando la voce, le sue parole giungevano nitide alle orecchie di Aleja e Samantha che stavano godendo di piacere, a Samantha non mancava molto per giungere all’orgasmo, e i movimenti di Aleja andavano tutti nella stessa direzione, con la fantasia di Samantha che anch’essa galoppava guardando il volto e l’espressione seducente di Aleja che però, in quel frangente, pareva volessero farle capire qualcosa, ma non capiva cosa.
“Ahhhh...., padrona Jenny.....”, sibilava Valery, “ooohhhhh...., la supplico”.
“Tre donne hai voluto per te in questo incontro, eh?! Insaziabile!!”, disse in tono soffiato ed autoritario, che però faceva sempre parte del gioco, Jennifer aveva trovato l’occasione di uno spunto per fare la cattiva con Valery, ben sapendo chi c’era sotto le sembianze di Valery ma senza sapere tutto il resto della faccenda.
“Ahhhh.... ho pensato che mi sareste bastate in tre...”, disse Valery tirando le parole.
“La prossima volta che organizzi un incontro a 4, stammi attenta....”, riprese Jennifer, “non che io abbia qualcosa contro Aleja, anzi, è strepitosaaaaa...”, disse questo allargando le braccia e ponendo la testa all’indietro, evidentemente il menbro di Valery stava stuzzicando il suo punto ‘G’ e chissà quante altre lettere dell’alfabeto, greco, cinese e russo compresi, “...però voglio che inviti un uomo... e io so chi voglio...”.
“Dimmi.... aaaahhhh.... “, replicò Valery che così facendo cercava di allungare i tempi prima dell’esplosione.
“Voglio il tuo assistente che lavora a fianco del tuo ufficio, il dottor Gutierrez... ogni volta che lo vedo mi vibra la farfallina al solo desiderio di sentirlo sopra di me e di cavalcarlo poi come sto facendo ora io con teeeee... aaaahhhhh aaaahhhhh!!!”, disse in preda all’eccitazione mentre Valery s’irrigidì e dovette trattenersi, a fatica, perché stava quasi per esplodere non per l’orgasmo ma per il ridere. A quelle parole anche Aleja si bloccò per un istante, e trattenne a stento una risata, ma ne uscì un sussulto e un mezzo sorriso che, accompagnato dallo sguardo lucente degli occhi, fece intuire di colpo a Samantha chi veramente fosse la persona che stava sopra di lei. Samantha però non riuscì a trattenersi, ed esplose in una risata isterica, mista di piacere e godimento, e cominciò a sbattere le gambe all’impazzata.
“Oooohhh... vengooooo....”, disse Aleja supercarica di eccitazione, sentendo che il suo membro si era irrigidito al massimo, e ne uscì il primo fiotto di liquido seminale.
“Ah ah ah ah ah ah..... ah ah ah ah ah ah..... oooohhhhh.... mmmhhhh....”, rideva e gridava Samantha a gran voce, “sto per godereeeee.... ahhhhhh.... mmmmhhhhhh..... aaaahhhh.... più forte!! Più forte!! Sssììììììì.... sssìììììì....”, ed ebbe un orgasmo da favola mentre Jennifer, alla quale mancava pochissimo, la guardava con gli occhi sgranati. Samantha e Aleja sussultarono assieme per alcuni istanti, dopodiché la piccola mistress morettina si adagiò distesa sulla sua preda per riposarsi mentre il suo membro lentamente si ritirava dal fronte di combattimento. Samantha diminuì pian piano il ritmo a cui muoveva le gambe finché, esausta, le divaricò in una posizione comoda e le lasciò rilassare, le sembrava di volteggiare nell’aria.
“Aaahhhh...”, gridò forte Jennifer, il membro di Valery era giunto al massimo, e lei era ad un secondo dall’orgasmo.
“Eccomiiiihhhh.... ooohhhhhh..... mmmhhhhh.... sto per venireeeeee......”, disse Valery concitata dimenando le gambe, “ci sonooooo..... aaahhhhh....”.
“Ooohhh.... volooooo...”, disse quindi Jennifer sentendo un ingrossamento pauroso dentro di lei, più forte della serata trascorsa martedì, “...ssssiiiiiii.....”, ed in preda all’orgasmo si mise a galoppare più forte mentre Valery schizzava così forte che il preservativo avrebbe potuto rompersi, certo non avrebbe potuto dare frutti futuri, ma era per una questione di igiene e prevenzione. Valery la implorò di fermarsi, si agitava, ma Jennifer continuò ancora per mezzo minuto e dovette aggrapparsi con tutte le sue forze ai bordi del lettino, sembrava che all’improvviso fosse arrivata una scossa di terremoto. Quando tutto si fu quietato, Jennifer si adagiò sul corpo di Valery.
La frenetica attività in quella stanza era praticamente cessata, l’unica cosa che continuava ad andare avanti era lo stereo.
Alcuni minuti dopo Jennifer si alzò e scese dal lettino e spense lo stereo. Anche Aleja si alzò, e mosse qualche passo verso Jennifer, aveva un sorriso smagliante che lei contraccambiò, mentre Samantha e Valery osservavano per godersi la scena. Ad un tratto Aleja spostò leggermente la parrucca e guardò Jennifer fissa negli occhi. “No!! Non ci posso credere!!”, disse quasi sgomenta voltandosi verso Valery che stava già ridendo di nascosto, “Adesso te la do io una bella sistemata!”, disse quindi riavvicinandosi al lettino ed abbracciando Valery per il collo riempiendole il viso di baci. Dentro di sé era imbarazzata, mentre Aleja le si stava avvicinando. “Scusami, ti chiedo scusa...”, iniziò Jennifer rivolta ad Aleja che nel frattempo si era risistemata la parrucca.
“E di cosa dovresti scusarti?”, le chiese Aleja, “Del fatto che mi apprezzi moltissimo? Ne sono lusingata... o lusingato, come preferisci”.
“Sei fenomenale... e anche il boss lo è... certo che avrei voluto vedere il volto di Samantha quando ti ha riconosciuto... sono certa che è per questo che si è messa a ridere all’impazzata, avendo sentito ciò che avevo detto”, disse Jennifer che stava già accennando ad un inchino sul pavimento davanti ad Aleja che però la trattenne in piedi.
“Così mi gusti di più”, disse la ‘pantera nera’ alla ‘tigre rossa’ dandole un puffetto sul viso. “Cosa ne dici se adesso mettiamo in libertà le nostre prigioniere?”.
“O.K. mistress!”, rispose Jennifer col pollice destro verso l’alto.
Erano tutti allegri e di buon umore, e mentre Samantha e Jennifer erano andate a farsi una rapida doccia ai bagni di sopra, Aleja e Valery scesero di sotto anch’esse per darsi una rinfrescata e preparare la tavola del soggiorno per la cena. La raccomandazione di Valery era stata quella di mantenere però l’abbigliamento così com’era per la cena. Preparando il tavolo, Valery mise una busta piegata sotto il piatto del posto dove si sarebbe seduta Aleja che, stando in quel momento nella stanza accanto, la cucina, non si accorse di nulla. Alle 19.40 Valery telefonò al servizio di catering che avrebbe portato la cena, già scelta al mattino, in quindici minuti, quindi diede a Samantha e Jennifer il compito di ricevere il fattorino, non poteva certo andarci lei come Valery.
Mancavano un paio di minuti alle 20 quando il campanello suonò. Valery aprì il grande cancello esterno col telecomando e le due ragazze scesero nell’atrio d’ingresso. Appena il portone fu aperto, il fattorino, un ragazzo venticinquenne col carrello porta vivande, quasi restò di sasso nel vedere davanti a sé quelle due ragazze seducenti e bellissime, rimase senza parole, non sapeva cosa dire ed iniziò a balbettare: “... ecco... è l’ordine del... del dottor Gothelm... una firma di ricevuta, grazie”, disse con voce tremula porgendo il blocchetto delle ricevute e la penna.
“Certo tesoro”, disse Samantha con voce suadente e gli occhi ammalianti. Quel ragazzo era come estasiato e non capiva più niente, avvertì un forte formicolio e una certa pressione tra le gambe nella parte alta, e se ne vergognò. Jennifer, che se n’era accorta, roteò la lingua umettandosi le labbra. “Ecco a te”, disse Samantha porgendogli una busta.
“No, non serve, va tutto nel conto alla Gothelm Co.”, disse il ragazzo tremando per l’emozione: aveva appena detto una sciocchezza, considerate le garbate e generose usanze di Marc.
“Tieni”, riprese Samantha, “è un extra per te e i tuoi colleghi che fate le consegne a domicilio, mi risulta che Marc lo fa sempre”.
“Ah... grazie... è che di solito sono abituato a vedere il dottor Gothelm che ci da la mancia... ma due ragazze come voi...”, disse lui che salutò e tornò al furgone. Caricò il carrello vuoto, salì a bordo ed uscì dal cancello. Fatte alcune centinaia di metri si fermò di lato ed aprì la busta. Al tatto contò cinque biglietti e sorrise. “E’ sempre un piacere fare le consegne al dottor Gothelm”, mormorò tra sé, “un bel centone ciascuno anche questa volta... che tipo, due o tre volte al mese è una festa”. Fece per chiudere la busta e sbiancò in volto quando si accorse che si trattava di banconote da 1000 dollari.
Con passo elegante e cadenzato Jennifer e Samantha fecero il loro ingresso in soggiorno, e quindi nella cucina accanto per preparare meglio i piatti assieme ad Aleja e Valery. Un menù davvero stuzzicante, con antipasto a base di ostriche, cappe sante, polpa di granchio e filetti di aragosta. Come primo piatto tagliolini alle vongole in salsa piccante al rum secondo una ricetta italiana con una variante caraibica e risotto di gamberoni; il secondo piatto era una prelibatezza di spiedini di calamaretti e gamberi ed involtini di filetto di pescespada scottati alla fiamma con ripieno costituito da un paté di capperi ed olive greche con spruzzata di peperoncino, Ad abbellire il tutto prezzemolo a gogò e spicchi sottili di limoni siciliani con grissini rustici al sesamo trafilati a mano in una guantiera d’argento. Faceva bella mostra di sé al centro del tavolo la bottiglia da 1,5 litri di ‘Champagne Armand de Brignac Blanc de Blancs’, ovviamente non mancava però la caraffa d’acqua, mentre le 4 coppe di macedonia di frutta con gelato per il dessert erano state opportunamente messe in frigorifero.
I ‘fantastici 4’ si sedettero due per lato: Valery aveva Jennifer al suo fianco, mentre al lato opposto c’erano Aleja e Samantha, quest’ultima di fronte a Valery. L’atmosfera era serena e gioiosa, tutti i loro volti si erano schiusi al sorriso quando Valery, con disinvoltura e grazia nei movimenti, si alzò per servire gli aperitivi e l’antipasto, come un ‘maitre’ professionista. Quando lei si sedette, al suo cenno tutti alzarono i calici e brindarono. Jennifer non riusciva a distogliere lo sguardo da Aleja, quell’improvvisata con quella ‘gaffe’ aveva dato un tocco inaspettato di maggior allegria. Confabulavano del più e del meno, ad un certo punto lo sguardo ammiccante tra Aleja e Jennifer fu colto anche da Samantha. “Chi di noi due ti riaccompagna a casa, Aleja?”, chiese Jennifer.
“Il desiderio sarebbe che possiate farlo entrambe...”, rispose Aleja che non voleva creare conflittualità tra le due splendide ragazze.
“La puoi accompagnare tu?”, chiese Jennifer a Samantha.
“Volentieri... certo, grazie Jenny”, rispose Samantha.
“E bada di trattarmela bene, eh?”, riprese Jennifer con voce maliziosa, seguita dal cenno di assenso di Samantha. Un’occhiata in più diretta ad Aleja fece capire a quest’ultima cosa volesse da lei Jennifer, e sia Valery che Samantha l’avevano già capito da prima.
“Bene, Jenny... adesso, per questa cena, tu sei mia!”, le disse Aleja mentre le imprigionava le gambe con le sue, “E adesso... si mangia! E trattate bene le ostriche, eh?! Succhiare con cura e amorevolezza”, e Jennifer avrebbe voluto liberarsi solo un secondo per poterle dare un colpo di tacco, ma non ci riuscì.
“Vi gusta il menù?”, chiese Valery.
“Altroché!”, risposero all’unisono Jennifer e Samantha.
“Dovrò portarvi a fare una gitarella a... Napoli e Palermo, credo che apprezzerete moltissimo la cucina locale”, disse Valery.
“Ne sono certa”, disse Samantha, “io ho ancora dei bellissimi ricordi dell’anno che sono stata a Roma e all’isola d’Elba, indimenticabile anche la Toscana, che bello sarebbe avere un’azienda lì con un vigneto...”.
“Per me sarebbe un’esperienza del tutto nuova, non sono mai stata in Italia”, disse Jennifer.
“Comunque, per questa estate, avrei una bella proposta per una vacanza da fare assieme noi quattro”, disse Valery.
“Magari, ma sarà da vedere come possiamo fare con i nostri impegni e doveri famigliari”, disse Samantha.
“E’ vero...”, ammise Valery, “per Jennifer sarebbe semplice, non avendo figli, giusto? Però, per Samantha...”.
“Ci vorrebbe una ragione che non ci coinvolga tutti noi direttamente”, replicò Samantha, “lasciare il bambino da solo con il padre, che magari non avrà ferie, o con i miei genitori, che la disponibilità me la darebbero certamente...”.
“Diciamo che la filiale di Houston della Gothelm Co. avrà bisogno, per la trattativa commerciale ed il controllo di una grossa fornitura di componentistica elettronica, della supervisione in loco da parte di una persona di elevato livello e che goda della massima fiducia da parte della stessa Gothelm Co., e questa persona saresti tu, Jenny, visto che l’azienda per cui lavori è il nostro maggior fornitore. I documenti in bozza per la richiesta della supervisione sono già pronti... che te ne sembra?”, spiegò Valery.
“Per me sarebbe perfetto”, rispose Jennifer, “certo che come creatrice di alibi sei insuperabile. Ma per Samantha come si può fare?”.
“Si fa che nel periodo in cui tu dovrai essere a Houston lei sarà in ferie, e siccome tu a Houston da sola non ci vuoi andare, allora andrai a casa sua a parlargliene”. Si rivolse quindi a Samantha: “Tuo marito non sarà in ferie in quel periodo, conosco molto bene il suo titolare, e ci sarà da fare la manutenzione a diverse apparecchiature elettriche della filiale di Philadelphia della Gothelm Co., per cui il bambino potrà stare con i tuoi genitori e fare un mese di vacanza ai monti, presso il confine col Canada, senza alcun onere di spesa, mi farò io carico di tutto per venire incontro al fatto che tuo marito è stato chiamato a Philadelphia per conto della Gothelm Co.”, spiegò Valery.
“Per caso hai studiato il Machiavelli?”, chiese Aleja a Valery.
“E’ probabile”, rispose lei.
“Perciò faremo tre settimane di vacanza a Houston?”, chiese Jennifer.
“Certo che no...”, rispose Valery, “Houston sarà soltanto il punto di partenza...”.
“Dai, non tenerci sulle spine”, disse Jennifer.
“Molto bene, ora vi spiego...”, iniziò con alone di mistero Valery mentre i primi bocconi di antipasto erano stati già gustati, mancava poco al primo piatto, “partiremo da qui con un jet privato della Gothelm Co.. Giunti a Houston ci imbarcheremo, assieme alla decappottabile di rappresentanza della filiale, la limousine da 7 metri, sul mio panfilo da vacanza e faremo rotta per il Messico, a Tampico per la precisione...”.
“E poi?”, chiese Samantha accarezzando la bottiglia di quel bianco Chardonnay.
“Da Tampico andremo a Città di Messico, dove ci fermeremo un paio di giorni, e poi da qui ad Acapulco dove staremo una decina di giorni...”, fece una pausa, “e non finisce qui”, riprese vedendo l’interesse negli occhi dei suoi interlocutori, “ritorneremo via terra, faremo tappa a Guadalajara, quindi a Chihuahua ed infine passeremo il confine presso Ciudad Juarez. Da qui faremo una puntatina nell’ex vecchio ‘far west’, andremo a Phoenix e quindi a Yuma, dovrò sistemare delle cose per dei documenti che il mio fratello di Philadelphia ha rinvenuto durante i sopralluoghi ad una vecchia fabbrica di armi di Boston di nostra proprietà, inutilizzata da almeno 60 anni... non ho ancora capito bene di cosa si tratta, mi darà informazioni nelle prossime settimane, comunque mi ha detto di aver già provveduto a contattare un notaio per la firma di una delega o procura in mio favore da parte sua e dell’altro nostro fratello che dirige la filiale di Houston, sarà lui a consegnarmi tutti i documenti. Spero solo non si tratti di qualche scocciatura... visto che hanno pensato di far subito una procura in mio favore, il che significa prendere decisioni o... una patata bollente”.
“Uaoo! Sono entusiasmata al pensiero!”, disse subito Jennifer.
“Anch’io!”, replicò Samantha.
“Idem!”, chiuse il giro Aleja.
“Ovviamente la vacanza con relativi accessori è tutta offerta dalla Gothelm Co., praticamente dalla sottoscritta”, riprese Valery, “ovviamente non dovrete fare economia di bagagli per quanto riguarda il necessario per i nostri giochi e trasformazioni d’abbigliamento!”, disse infine strizzando l’occhio.
“Ovvio che no!”, disse Samantha raggiante, mentre Aleja e Jennifer, rimaste senza parole, continuavano a stuzzicarsi sotto il tavolo con le loro gambe ben stivalate.
L’antipasto era ormai terminato, tutti bevvero l’ultimo goccetto di aperitivo. Valery si alzò per prendere i piatti sporchi e portarli nell’acquaio in cucina, all’indomani ci avrebbe pensato la governante a sistemare tutto: ovviamente quella giornata, fino al pomeriggio del giorno seguente, era stata data libera a tutti i suoi collaboratori domestici. Quando Aleja sollevò il suo piatto per porgerlo a Valery notò la busta piegata in due che stava di sotto. Ci fu silenzio mentre l’aprì. Lesse il contenuto e sorrise.
“A Milano, dunque?”, chiese a Valery come per cercare una conferma.
“Certo, a Milano!”, rispose Valery.
“Partenza mercoledì 16 Aprile, tra 10 giorni... perfetto, ho tutto il tempo per documentarmi al meglio...”, replicò Aleja.
“Certo, documentati bene su tutto ciò che c’è d’interessante, posto dove alloggiare, itinerari particolari, luoghi d’interesse artistico, storico... approfittane!”, disse Valery.
“Sicuramente...”, disse Aleja con gli occhi che le brillavano, “il Duomo, il castello Sforzesco, il teatro alla Scala.... ed anche qualche posto perfetto per Aleja....”.
“Ovvio, e...”, continuò Valery.
“E....?”, stuzzico Aleja.
“E non dimenticarti del risotto alla milanese! E’ buonissimo!”, concluse Valery chiudendo così in un clima di gioia e di ilarità quella splendida domenica d’Aprile, mentre dallo stereo del soggiorno iniziavano ad uscire le prime note musicali di ‘Could it be magic’ di Donna Summer, in versione ‘extended remix’ ballabile da disco-music, e sul ritmo di quelle note si apprestò ad andare in cucina a prendere i primi piatti da portare al tavolo per i suoi magnifici ospiti.


* * * F I N E * * *

Nota: pur essendo certi luoghi di ambientazione in un contesto reale, si fa presente che i nomi dei personaggi e di società, aziende e il settore merceologico sono di pura fantasia. Ogni riferimento a fatti realmente accaduti o persone omonime è puramente casuale.
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