Lui & Lei
La piccola baleniera
di LittleMargot
26.07.2017 |
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"Da alcune settimane aspettava si verificasse un certo evento speciale che per lei, in caso di successo, avrebbe significato il riscatto totale ma che, in..."
Quella sera di Venerdì 16 Maggio 2014, dopo aver cenato, la graziosa e seducente Ramona era scesa nel ripostiglio, come faceva tutte le sere da alcune settimane, a controllare che fosse tutto in ordine. Prima di cenare si era dedicata ai suoi quotidiani esercizi ginnici per mantenere la tonicità del suo corpo, e si esercitava anche nel trattenere il respiro. Guardava la spalliera e la panca per gli addominali, poi il marchingegno per fortificare le gambe. Mise un po’ d’ordine tra l’attrezzatura, ogni peso era al suo posto, quindi andò nella piccola stanzetta accanto e si sedette al tavolino per ricontrollare tutti i suoi progetti. Era sicura di quello che aveva intenzione di fare, e allo stesso tempo temeva di non farcela, un insuccesso sarebbe stato uno smacco troppo grande da sopportare oltre a tutto il resto. Guardava e controllava, ricontrollava ed immaginava, ed intanto i minuti passavano senza che lei se ne rendesse conto. Poi diede uno sguardo a tutto l’abbigliamento, non mancava niente ed era in perfetto ordine, come tutta l’attrezzatura. Da alcune settimane aspettava si verificasse un certo evento speciale che per lei, in caso di successo, avrebbe significato il riscatto totale ma che, in caso di insuccesso, avrebbe potuto nella migliore delle ipotesi renderla oggetto di chiacchiericcio da parte del suo giro di conoscenze, specialmente da parte di Erika, che lei credeva molto amica ma che in realtà, in occasione di una festa di alcuni mesi prima, non aveva esitato a metterla in ridicolo con le sue battutine fendenti come stilettate. Guardò ancora una volta i suoi progetti, quindi li richiuse dentro un cassetto. Era stufa, davvero, e l’ansia dell’attesa la rendeva sempre più nervosa, ormai erano quasi trenta giorni che ripeteva quel rituale tutte le sere, a tratti si sentiva sicura dei suoi calcoli, ma a volte il timore di un insuccesso la gettava nello sconforto, e l’immagine di Erika, incontrata casualmente anche il giorno prima, infondeva in lei un certo senso di impotenza: quante volte col pensiero le aveva tirato uno sganassone, dalla sera di quella famosa festa dell’ultimo Capodanno, ma il pensiero rimase sempre tale. Si stiracchiò per allentare lo stato di tensione, magari sperava di potersi allungare un po’, ma l’asta misuratrice diceva sempre metri 1,58 senza pietà, era comunque grata alla bilancia che non la faceva mai andare sopra i 45 kg, mentre il calendario le diceva che era giovane ed in gran forma, mancando quattro mesi al compimento dei 32 anni. Si avvicinò allo specchio, sorrise come per farsi dell’autoironia, quindi si mostrò i bicipiti che non erano certo da ‘body-builder’, ma erano ben proporzionati, gradevoli da vedere e, soprattutto, sodi e naturali, e bene spiccavano nel contesto i suoi capelli a caschetto neri come l’ebano. Guardò l’orologio, molto bello, a quadrante largo e di tipo subacqueo, sembrava più maschile che femminile, ma a lei piaceva molto, poteva andare anche a 100 metri di profondità senza rovinarsi (l’orologio ovviamente). Vide che erano le 22.50 e spense il lume della scrivania. Tornò per un attimo alla stanzetta palestra, quindi al ripostiglio, ed aprì l’armadietto delle calzature per darci un’occhiata scaramantica. Lo sguardo partì dalla zona alta per andare rapidamente al ripiano più basso, dove stavano gli ‘stivali speciali’, e guardandoli si domandò se e quando sarebbe venuto il momento di usarli, una domanda che da un po’ di tempo si poneva quasi ogni sera prima di andare a letto. Spense le luci, chiuse a chiave la porta di quella stanza e salì di sopra, fino al bagno. Senza far rumore si diede una risciacquata al viso, quindi si spogliò per indossare una maglietta di pigiama sportivo che però non faceva onore alla sua 5° di seno raccolta in due coppette di pizzo nero ricamato, mise il perizoma e nient’altro per le gambe, e finalmente andò a letto. Sorrise tra sé e si coricò, prima supina e poi su un fianco. Guardò verso la finestra, “...quando avrò la mia occasione?...”, mormorava tra sé come ogni sera da più di un mese, “...forse mai?... e chi lo sa...”......e giunse il mattino, una splendida giornata di sole, nemmeno tanto fredda. Ramona, uscita fuori di casa comunque ben coperta, si girò un momento a guardare indietro. Poi riprese il suo cammino per andare all’emporio, guardava la costa e la banchisa di ghiaccio a qualche centinaio di metri da lei. Soffiava una brezza moderata. Avrebbe potuto essere una buona giornata, come inizio, se non avesse sentito una certa stridula voce alla sua destra. “Ehilà, Ramona, dove stai andando a quest’ora?”, chiese Erika che stava alcuni metri dietro di lei.
Ramona si girò, e avrebbe voluto dirle che si facesse gli affari suoi se non fosse stato per il fatto che era accompagnata da un ragazzo dal fisico splendido e statuario, uno dei taglialegna del villaggio e, talvolta, anche fabbro e pescatore improvvisato. “Dove vuoi che stia andando? C’è qualche altra attrattiva oltre all’emporio di Georg e al bar di Hurjsky?”, rispose Ramona.
“Non prendertela, piccola Rammy”, replicò Erika con quel nomignolo che, detto da lei con un certo accento particolare, le faceva ribollire il sangue, “mentre tu esamini le tue teorie io faccio esperienza pratica... stanotte con lui, Fredrik! Beh, non lo saluti? Mi sembra che lo conosci... anche se non nel senso che lo conosco io... ah ah ah ah ah ah... buona questa”, disse ridendo come un’oca, “ma non preoccuparti, stanotte a me, domani notte ancora a me magari con un altro...”, continuò guardandola dall’alto verso il basso, dai suoi 1,80 di altezza che la sua capigliatura bionda e voluminosa facevano sembrare ancora di più.
“Se ti comporti bene, stanotte potresti avere me”, disse Fredrik sghignazzando.
“Non vado con chi conosco appena di vista, e specialmente al buio”.
“Lascia perdere, Fredrik!”, riprese Erika, “Ramona è sempre impegnata a studiare il suo grande progetto”, disse con enfasi mentre Fredrik rideva, “lo sai, no? C’eri anche tu quella sera! Vuole catturare, da sola, una balena senza usare arpioni, vuole dimostrare che lo si può fare senza ferirla a morte... ricordi tutti quei disegni che ha illustrato a Gennaio?”.
“Ah sì.... ah ah ah ah ah ah, al bar di Hurjsky sembrava dessero le comiche...”, disse Fredrik.
“Credete non sia possibile?”, domandò Ramona.
“Ma tu devi essere fuori di testa...”, continuò Erika, “e fuori di testa doveva essere anche il capo villaggio che ti ha dato il benestare per la tua folle impresa!”.
“Davvero, fuori di testa!”, rimarcò Fredrik, “Il capo ha deciso che la prima balena che in primavera fosse passata per lo stretto, e che sarebbe anche l’unica che verrebbe cacciata in un anno, per il sostentamento del villaggio, avresti provato a catturarla tu, col tuo sistema! Però, in caso di fallimento, il capo ha anche deciso che non si sarebbe cacciato fino all’anno prossimo... una follia, è ovvio che non ce la puoi fare, è un tuo trucco per salvarla e basta! Conosciamo la tua... sensibilità”.
“Voglio solo che non soffra a causa delle ferite che le procurereste voi”, ribadì Ramona.
“Perché, ti sembra che l’idea di rovesciarla per soffocarla non sia lo stesso crudele?”, chiese Erika, “Beh, sarebbe un confronto ad armi pari, o quasi, anzi, senza armi... ma non hai pensato che ad affogare potresti essere tu?”.
“Ho già preso le mie precauzioni per abbandonare la presa in modo sicuro!”.
“Ah ah ah ah ah ah...”, rise Fredrik, “Ventose, aste forate, corde, carrucolette, moschettoni, tutta la tua teoria sul farle alzare le pinne laterali in modo che si rovesci a pancia in su e lo sfiatatoio resti di sotto... ma perché non vai dal vecchio Osvald? Il pancione ce l’ha, eccome, e puoi star certa che lui per te si metterebbe a pancia in su senza bisogno di carrucole e stranezze varie, ti ci metti a cavalcioni su di lui, e via che ti diverti un po’ anche te... a proposito, se vuoi, io stasera sono libero, Erika è generosa con te, come vedi, e io potrei darti la possibilità di conoscermi più a fondo, e io a fondo ed in profondo conoscerei te, navigando tra i tuoi tempestosi e inquieti... canali uterini... ah ah ah ah ah ah ah, dai, ti aspetto stasera alle 9”.
“Non mi cibo degli avanzi delle cene altrui”, rispose Ramona, “piuttosto faccio digiuno!”.
“Ramona, Ramonaaa!”, si sentì all’improvviso una voce. Era Greg, l’anziano falegname del villaggio, che andava verso di lei, mentre gli altri due non capivano cosa volesse agitando la mano, “Ramona! Presto, sta arrivando, guarda!”. Una scarica elettrica attraversò il corpo di Ramona, mentre Erika e Fredrik si stavano già allontanando. Greg porse a Ramona il suo binocolo, lei ci mise gli occhi e sorrise. Era distante almeno 6 o 7 miglia sulla sinistra, quello spruzzo bianco e forte nell’aria era inconfondibile, il senso di eccitazione s’impadronì di lei, le pulsazioni le aveva in gola, l’emozione era fortissima. La tipica lentezza con cui nuotava la balena nera le fece capire che aveva tempo a sufficienza per prepararsi adeguatamente con tutta l’attrezzatura necessaria e partire con la sua barca per tagliarle la strada.
“Perfetto! Perfetto!”, disse Ramona con entusiasmo battendo ritmicamente i piedi per terra, “Aiutami Greg, metti in acqua la mia barca, il motore elettrico è già a bordo, e metti dentro anche una, anzi, due batterie di scorta. Io vado a casa a prepararmi, porterò la muta termica impermeabile, quella pesante, e carico la slitta con tutto l’equipaggiamento, ci vediamo all’attracco!”.
“Agli ordini, padrona!”, rispose Greg sorridendo in modo genuino, lui era uno dei pochi che credeva nell’idea di Ramona, non sopportava i metodi violenti e cruenti.
Neanche mezz’ora dopo Ramona, con la slitta equipaggiata, era all’attracco. La muta pesante (di color grigio chiaro argentato e che la copriva solo dall’inguine fino ai capelli lasciando libero solo il viso) l’avrebbe indossata al momento opportuno. Per adesso aveva una muta normale, lo stesso a tenuta termica ma più leggera, alle mani aveva dei guanti con delle piccole ventose, mentre gli stivali neri, di gomma piuttosto spessa, avevano le suole particolari: tirando una levetta fissata ai tacchi si aprivano piccole ventose diffuse su tutta la suola. La maschera era leggera, sarebbero però rimasti scoperti la bocca ed il naso, per quello doveva fare tutto in modo preciso e calcolato, per non far restare quelle parti del corpo per troppo tempo a diretto contatto con l’acqua gelida quando avrebbe dovuto immergersi, per quello aveva fatto tanti esercizi di trattenimento del respiro, infatti la parte cruciale del suo progetto era proprio il lavoro sott’acqua. In pochi minuti la barca fu caricata di tutto il necessario. Ramona guardò ancora col binocolo quello spruzzo bianco che nel frattempo si era avvicinato.
“O.K.! Vado a prenderla!”, disse con entusiasmo. Salutò Greg, fece per restituirgli il binocolo ma lui glielo lasciò, quindi salì a bordo. Accese il silenziosissimo ed ecologico motore elettrico e partì, calcolò che in 15 minuti sarebbe giunta presso il suo obiettivo, la sua grande preda.
Aveva fatto abbastanza bene i suoi calcoli, quando fu a debita distanza la lasciò passare per girare e mettersi dietro, per poi passare al fianco sinistro, da quella parte si sarebbe trovata meglio. La sua eccitazione aumentava sempre di più guardando quegli intensi spruzzi bianchi che si libravano nell’aria, e per un attimo ebbe davanti a sé l’immagine dei geyser islandesi. Calcolò che la balena doveva essere lunga sui 18 metri, ed era molto tozza. Preparò la ventosa col manico forato, e cordino metallico agganciato ad un grosso anello della barca con un moschettone, quindi controllò il cavo agganciato alla sua cintura ed alla barca, una specie di cordone ombelicale lungo una cinquantina di metri con moschettone a sgancio rapido in caso di problemi, doveva agire in modo da non avvolgere la balena con quel cavo, altrimenti la barca sarebbe potuta rimanere agganciata senza possibilità di liberare poi l’animale da quel cavo che avrebbe dovuto poi tirarsi dietro per chissà quanto tempo. La barca era silenziosissima, la balena nera era tranquilla, non si era accorta della sua presenza. Quando le fu a fianco, impugnò con tutta la sua forza quella che sembrava una scopa per le pulizie, ma che il realtà era un grosso bastone ben levigato con un’ampia superficie a ventose di sotto. Un colpo forte, e la presa su quel grande corpo fu assicurata. La balena si scosse un po’ allontanandosi dalla barca, certo... sapeva di non essere ferita? Ramona non poteva certo sapere cosa fosse passato nella mente del cetaceo in quel momento, comunque spense il motore elettrico, e cominciò ad avvolgere il cavo per riavvicinarsi fino a distanza utile per il salto. Indossò la muta termica più pesante per proteggere il corpo dall’inguine al collo, tirò su il copricapelli per non averli sciolti, prese con sé l’attrezzatura, solida ma leggera, tenuta con una corda e pose la punta del piede destro sul bordo della barca, il sinistro era su un asse interno, e sempre di punta, aveva infatti già tirato le levette per mettere giù le ventose. Manovrò la corda di aggancio per avvicinarsi ancora di quanto bastava e spiccò un balzo, salendo a bordo della balena. Stava in equilibrio perfetto, e si compiacque di essere leggera, così la preda nemmeno si era accorta della presenza clandestina sul suo grande corpo. Tirò il cavo che teneva in mano per sbloccare il meccanismo che teneva avvolto il ‘guinzaglio’ della barca, che così si allontanò di una quindicina di metri, a distanza di sicurezza nel caso che il rovesciamento del cetaceo non fosse andato a buon fine. Si arrampicò, è proprio il caso di dirlo, sul dorso della balena, e si fermò a circa tre metri dietro lo sfiatatoio. Si inginocchiò aprendo le gambe per stare più comoda e fissò due paletti corti con piatto metallico a ventose di sotto e con foro passacavi. “Bene!”, mormorò, “Questa è la parte più facile!”. Passò un cavo con finecorsa attraverso i paletti, fino a fissarne un’estremità per ciascuno, quindi lanciò fuori un cavo a destra e uno a sinistra. Pose le sue cose su quel grande dorso, assicurandole ad un paletto, quindi scese da un lato, e girò il cavo metallico (che era ricoperto tutto di gomma morbida per non causare ferite) in modo che avvolgesse la pinna laterale ad una certa distanza dal punto del corpo dov’era imperniata, quindi risalì e fece la stessa cosa dall’altro lato. Tornò sul dorso a prendere due paletti con ventose, uno aveva delle carrucolette per moltiplicare la sua forza, l’altro era come quelli appena fissati, serviva come finecorsa e punto fermo. Toccava adesso alla parte più difficile, andare sotto il ventre della balena a fissare quei marchingegni. Mise la maschera, quindi inspirò profondamente tre o quattro volte e s’immerse. L’acqua era limpida, sentì una sensazione di frescura in tutto il corpo, anche dentro la sua ‘farfalla’ che pareva volesse vibrare, una sensazione di eccitazione la pervase, come se stesse facendo all’amore con qualcuno, sentiva come che qualcosa la stesse accarezzando nelle sue parti intime, sentiva qualcosa che le sfregava il clitoride, come se una mano invisibile ma reale la stesse masturbando. Giunta sotto il ventre della balena in pochi secondi fissò il paletto con le carrucolette e, circa ad un metro di distanza andando verso la coda, fissò l’altro paletto. Riemerse dall’acqua che aveva ancora abbastanza fiato in corpo, prese il cavo che era avvolto sulla pinna laterale, inspirò, si reimmerse in quell’acqua tanto fredda quanto cristallina, passò il cavo nel primo paletto attraverso il foro, gli fece fare i giusti giri attraverso le carrucole, quindi passò l’estremità per il foro del paletto posteriore, e riemerse per prendere aria. S’immerse nuovamente mentre la sensazione di solletico tra i peli della sua ‘farfalla’ non la lasciava stare, ma era una sensazione piacevolissima. Tirò il cavo quanto bastava, lo ripiegò e fissò un moschettone per stringerlo proprio a ridosso del foro del paletto, in modo da bloccare il cavo in quella posizione, e subito dopo il moschettone il cavo era conformato ad anello per infilarci dentro una mano. Tornò fuori dell’acqua e risalì sul dorso della balena per prendere gli altri due paletti e il resto per ripetere l’operazione dall’altro lato, in questo caso c’era una doppia linea di carrucolette incrociate in modo da ottenere, col medesimo movimento, che se da un lato la pinna si alzava, dall’atro si abbassava, per dare inizio al rovesciamento e poi, facendolo ‘scartare’ sulla carrucola ausiliaria, avrebbe permesso, una volta completato il rovesciamento, di pareggiare l’effetto dell’altro lato facendo ruotare la pinna dall’altra parte in modo da stabilizzare la posizione rovesciata. Ma una sensazione di voglia e una scarica elettrica pervasero il suo corpo, era come inebriata. “Ma cosa cavolo mi sta accadendo?”, cominciò a mormorare, “Accidenti a te, Erika, se almeno non ti avessi incontrata a spasso con Fredrik.... nooo... nooo...”, e cominciò a dimenarsi allargando e sbattendo le gambe ritmicamente mentre la balena continuava con il suo lento incedere, e Ramona si sentiva cullare, andava su e giù, non la sfiorò nemmeno per un attimo il pensiero che la balena avrebbe potuto immergersi, avrebbe potuto essere la sua fine se non avesse sganciato in tempo il moschettone di sicurezza. Ramona era ancora lì, supina e con le gambe aperte, ansimava, sospirava, si dibatteva, “basta... basta, devo tornare in me”, ed istintivamente si passò una mano tra le cosce, cominciò a picchiettare la parte alta, sentiva i primi sudori che cominciavano a formarsi. Si ridistese a braccia e gambe aperte, quindi riprese il controllo di sé, i movimenti del cetaceo erano diventati più lenti. Si rialzò, prese l’attrezzatura e fece la stessa cosa anche dall’altro lato sotto il ventre della balena, la trappola era pronta! Ritornò sopra il dorso, aveva fatto tutto con cura, specie con il cavo che per lei fungeva da cordone ombelicale. Si distese prona e cominciò a simulare quello che doveva fare, in sostanza era come distendersi sopra qualcuno e tenerlo bloccato con la schiena a terra, l’unica differenza consisteva nella mole dell’avversario e nel fatto che si era in acqua e, non cosa da poco, che era necessario, prima di tutto, rovesciarlo partendo da una posizione in cui ad essere sotto era lei.
Inspirò ed espirò quattro o cinque volte, quindi si tuffò, scivolò sotto il ventre della balena, fece per infilare le mani dentro i due anelli, ma si fermò, guardò il tutto, preferì pensare ancora un momento, si concentrò sul da farsi, quindi riemerse, si rilassò tranquilla perché tanto era agganciata, e non sentiva particolare freddo nel corpo. Inspirò ed espirò altre quattro volte, quindi s’immerse e come un siluro giunse alla postazione di combattimento, infilando gli anelli a colpo sicuro e si pose in aderenza a quel grande corpo, allungando le gambe e tenendosi stretta premendo i piedi più che poteva. Pose le braccia con i gomiti sul ventre del cetaceo, ed iniziò quell’insolita sfida a ‘braccio di ferro’. Lentamente le sue braccia cominciarono a muoversi l’una verso l’altra, segno che le pinne stavano ruotando sotto il comando del meccanismo. I pugni erano quasi appiattiti sul ventre della balena, pareva non funzionasse, e Ramona era già quasi sconfortata, ma aveva ancora tanto fiato in corpo, e con la coda dell’occhio notò la differenza di illuminazione che veniva da fuori tra lato destro e sinistro: la fase di rovesciamento era iniziata! Ramona era eccitatissima, vide che a poco a poco si stava avvicinando alla superficie acquea, ancora pochi secondi, sì! Fatta! Il rovesciamento era giunto a metà, e lei, fuori dell’acqua, cominciò a respirare normalmente, ma con le palpitazioni a 1000 e più! Pareva di essere su una giostra, dopo una manciata di secondi era lei a trovarsi sopra il ventre della balena, in posizione esattamente speculare a quella iniziale. Fece rapida lo scambio di carrucola, e così la pinna manovrata da quelle carrucole, per effetto della tensione dovuta al forte tiro di Ramona, si mise alla pari dell’altra garantendo il termine del movimento di rovesciamento e la stabilità della balena in quella posizione. Era quindi diventata tutta una prova di resistenza tra il respiro della balena e la forza nelle braccia di Ramona che, trovandosi adesso sopra, aveva maggior facilità nello stare ‘premuta’ a quel grande corpo. Guardò di lato, uscivano le bolle d’aria emesse dallo sfiatatoio che si trovava sott’acqua. Spalancava la bocca per respirare, ma non potendo usare bene lo sfiatatoio cominciava ad ingolfarsi. Ramona sentiva i sussulti, si girò un attimo a guardare quella coda che sbatteva sull’acqua, cosa questa che poteva soltanto farla andare avanti e basta, le pinne laterali erano in suo potere. Il combattimento cominciò a farsi furioso in quanto la balena cercava in tutti i modi di tornare nella sua posizione normale, sussultava, pareva si contorcesse e saltasse di un paio di metri sull’acqua per lo spasmo, l’acqua attorno era biancastra e tutta bolle. “Forza, dai! Ancora un po’... e sei mia!!”, disse tra sé Ramona che si vedeva ormai vicina all’obiettivo che da tempo rincorreva. All’improvviso notò un’ombra stagliarsi davanti a lei, come ci fosse qualcuno alle sue spalle, oltre al sole. Ebbe un fremito, girò la testa e sorrise: “Ah, ma allora sei un maschione, e che bel maschione!!”, disse Ramona vedendo quel palo alto almeno due metri e bello grosso alla base che stava dietro di lei. “Beh, sono io che ti eccito?! Ma guarda un po’!”, continuò Ramona stemperando la tensione, immaginava però di cosa si potesse trattare. Tenendo le braccia giù per non perdere l’effetto sulle pinne laterali, Ramona scivolò un po’ indietro di quanto bastò per prendere tra i suoi stivali quel gigantesco attributo premendolo per avere un punto d’appoggio più saldo. “Ah! Se ci fosse stata Erika qui con me, non avrebbe certo esitato ad arrampicarsi tutta nuda sul ‘palo della cuccagna’ per sedercisi sopra... mmmhhh, chissà la rabbia che proverebbe se fosse lì a guardare col binocolo!!”, continuò muovendo le gambe su e giù per mantenere meglio la presa dando però contemporaneamente certe carezze. All’improvviso la balena rallentò, quasi si fermò, ebbe un forte sussulto, e s’inarcò saltando sull’acqua, ricadde e saltò ancora, ma Ramona non mollava la presa nonostante lo sforzo, l’adrenalina era al massimo! Poi, un altro grande sussulto, tra i suoi piedi sentì che quel ‘gingillo’ si stava ingrossando fuori dei modi, avvertì come una corrente che ci passava dentro, girò la testa guardando verso l’alto, e vide una spruzzata così copiosa che mai aveva visto in vita sua, spruzzata che ricadde sul suo corpo, tra le gambe ed il bacino. Fece una smorfia guardando quella ‘cosa’, poi guardò ancora verso l’alto e vide che il ‘palo’ le stava crollando addosso. “No!, No!... Ahi!!”, disse poi sentendo una specie di scudisciata sulle natiche, mentre l’attributo, ormai inerme, stava di traverso sopra le sue gambe, il combattimento era finito e lei ne era la vincitrice. Lentamente tolse le mani dagli anelli, “beh, finire il tutto in un orgasmo! Mica male, no?!”, disse per stemperare la tensione emotiva. Iniziò a sentire un ronzio nelle orecchie, si guardò attorno per vedere se ci fosse qualche imbarcazione in arrivo, ma non vide nulla. Si alzò e, tremante, camminò barcollando sul corpo della balena andando verso il lato dove stava la barca. Il ronzio non voleva saperne di cessare, cominciò a vedere luccichii verdi e gialli, era stanchissima ed esausta, ed intanto la luce del sole si faceva più fioca, quasi lattiginosa, era salita una stranissima nebbiolina, aveva sete, molta sete... si mise distesa a pancia in giù per fare meno fatica a raggiungere il paletto a cui era assicurata la barca, ma sembrava stesse facendosi buio, Ramona non capiva più nulla, e vedeva il paletto (poco sotto l’acqua visto che era finito di sotto col rovesciamento) che si stava allontanando, stava diventando irraggiungibile, solo quel fastidioso ronzio le teneva compagnia mentre avanzava strisciando. Sentiva caldo e una specie di affanno, finalmente afferrò il paletto, lo strinse e si fece ancora più buio, più buio...
...Ramona ebbe un sussulto quando si rese conto che stava stringendo a sé il suo cuscino, mentre quel ronzio non cessava. Dopo un attimo realizzò, guardando la sveglietta elettronica che stava sul comodino, che erano le 2.10 della notte, che era stato tutto un sogno, e che l’unica cosa reale che era rimasta di quell’incredibile sogno era quel ronzio che altro non era che il ‘russare’ di suo marito, un uomo di 36 anni, alto 1,96 per 148 kg di peso, che se ne stava lì, beatamente supino come niente fosse. Come niente fosse?! Stropicciandosi gli occhi, grazie al chiaror lunare che filtrava dalle tende (la notte di plenilunio era trascorsa da uno o due giorni, e le serrande non erano abbassate che fino a metà), Ramona si accorse che anche qualcos’altro di quel sogno, oltre al ‘ronzio misterioso’, doveva essersi trasferito nella realtà. Suo marito era seminudo con il gingillo messo fuori di traverso, e una certa chiazza lattiginosa che si poteva intravedere, legata al fatto che lei aveva sentito qualcosa di appiccicaticcio tra le gambe nella parte alta, le aveva fatto capire quale altra cosa di quel sogno si era trasferita nella realtà. Le venne da ridere, ma si trattenne, sorrise e si mise una mano davanti alla bocca; scese dal letto ed infilò in silenzio le morbide pantofole rosa, quindi prese una leggera vestaglia dall’appendiabiti presso la porta della camera. Camminò lenta per il corridoio, si avvicinò alla camera dei ragazzi, due maschietti, il più grande dei quali, Giacomo, aveva 9 anni, ed il più piccolo, Gianmario, ne aveva 5: origliò con discrezione e capì che stavano dormendo di un sonno profondo, ed un’idea maliziosa attraversò la sua mente. Scese al piano di sotto per andare in soggiorno, e senza fare il minimo rumore aprì la porta che dava sull’ampio terrazzo. Uscì un attimo per prendere una boccata d’aria. La loro graziosa villa si trovava in una bella zona residenziale di Firenze, verso la periferia, e lei era sempre suggestionata dal panorama notturno in cui si intravedevano le colline di Fiesole, da cui si poteva dominare Firenze con una visuale senza eguali. L’idea maliziosa prese sempre più corpo nella sua mente, e tornò di sopra in camera, passando prima per il bagno a prendere le salviettine per pulire il corpo. Accostò la porta, mise una stoffa rossa sull’abat-jour e lo accese mentre suo marito continuava a russare. Si sedette a cavalcioni sulla pancia di lui e si chinò verso il suo viso per stuzzicarlo con le punte delle mezzelune laterali in cui era stato foggiato il suo preferito taglio di capelli, un caschetto nero come l’ebano e con i riflessi azzurri. Quelle punte di capelli passate con maestria sulle labbra non potevano tardare molto a sortire il loro effetto. Finalmente Osvaldo cominciò a farfugliare qualcosa, chissà, pensò Ramona, magari anche lui stava facendo un sogno particolare, forse stava cercando di prendere una ‘sirenetta’... “in sogno ti concedo tutto”, mormorò, “basta che non sia bionda e non somigli ad Erika, altrimenti...”, ed avvicinò le sue piccole mani su quel grosso collo, con un’espressione accigliata quasi volesse strangolarlo, ma sorrise e avvicinò le labbra alle sue, gliele sfiorò, poi le contornò con la lingua, e sentì una specie di fremito. Osvaldo ebbe uno scatto involontario e si mosse stando sotto di lei che sorrise pensando ancora al sogno che aveva fatto e che mai avrebbe dimenticato. Con una mano sfiorò l’attributo di Osvaldo e si rese conto che doveva esserci ancora una certa voglia sopita, voglia che lei intendeva risvegliare quanto prima per soddisfare anche la sua, dopotutto erano le ore piccole di sabato e lui non doveva andare nel suo ufficio al Tribunale di Firenze dove da un paio d’anni, con sua palese tristezza, si occupava di chiusure di ditte e relativi fallimenti, di persone che rimanevano senza lavoro, e lui doveva sentenziare e ripartire, gli sembrava di essere un contabile piuttosto che un giudice, non avrebbe mai creduto di occuparsi di situazioni così disagiate purtroppo destinate ad aumentare senza una vera inversione di rotta nelle sfere alte, ma questa cosa non gli competeva, neanche come parere od opinione, fatti, solo fatti e conti, bilanci, attivi (praticamente quasi mai) e passivi (la normalità).
Ramona si girò un attimo e sorrise, il biancore dei suoi denti sfavillava in quel volto visto di profilo, sensuale come non mai, ed il ‘gingillone’ di Osvaldo cominciava ad ingrossarsi. Quindi si sedette su quel pancione, lo guardò e ripensò al suo sogno, ma anche ad un’altra idea da mettere in pratica, ma prima voleva soddisfare il desiderio contingente. Gli accarezzò il viso con i suoi delicati piedini, la barba rasata la mattina prima cominciava già a farsi sentire e le dava una sensazione inebriante sotto le piante.
“..mmhh... gmhhh...”, iniziò Osvaldo muovendosi un po’, ma Ramona stava in perfetto equilibrio seduta sopra di lui, “...mhhgm... amhhgghh... ma... cosa...”, iniziò sbattendo le palpebre. Osvaldo si stropicciò gli occhi e sorrise: “Ramona... sei irresistibile”, disse subito mentre lei aprì la bocca per un tenue sorriso alzando la testa in posizione quasi marziale, “sai, col taglio di capelli così e seduta con le gambe aperte mi fai venire in mente Donna Summer nell’immagine della copertina di ‘I feel love’... a parte quella gonna vaporosa giallo oro e gli stivaletti sul rosso metallizzato come fossero di raso... sai, non so cosa sia, ma mi sento strano e leggero, ho avuto una sensazione bellissima”.
“Lo so!”, rispose secca Ramona, “Peccato che tu non mi abbia fatta partecipe, se non in maniera indiretta, e solo figurata”.
“Cosa vuoi dire?”, chiese Osvaldo.
“Shhh...”, fece Ramona mettendogli un dito sulle labbra, “i bimbi dormono... adesso tu resti qui buono buono, aspetti una quindicina di minuti, anche venti, non ha importanza, abbiamo la notte ancora per noi”. Osvaldo accennò ad un sorriso, e Ramona si alzò, stando in piedi sul letto. D’istinto e con malizia mise il piede destro sulla pancia di Osvaldo, quindi lo fece pattinare lentamente fino al ‘giocattolo’ che già era felice per le attenzioni che gli venivano rivolte.
Osvaldo cominciava a sentirsi davvero eccitato: “Ramona, dimmi che...”.
“Shhhh!!!!”, fece ancora Ramona nel tono sottovoce soffiato che a lui stuzzicava moltissimo, “Comando io! Tu pensa solo a startene buono qui, comunque ti do il permesso di eccitarti... mentalmente s’intende!”. Detto ciò Ramona scese dal letto, infilò nuovamente le pantofole e la vestaglia, prese il suo beauty-case e altre cose, ordinando ad Osvaldo, con un solo gesto della mano, di non guardare cosa stesse facendo, ed uscì dalla camera da letto: era una gran bella cosa avere una casa con un bagno ad ogni piano, compreso l’interrato dove stava il garage al quale si accedeva anche dall’interno, tramite una porta tagliafuoco, dal ripostiglio. Giunta nell’interrato pose quanto aveva in mano sopra una mensola in bagno, prese dei panni e della gommapiuma, quindi andò dritta ad un certo armadio. Lo aprì e guardò in basso: “Credo proprio sia giunto il momento di ricominciare a darvi da fare”, mormorò sottovoce, “il riscatto dalla notte dello scorso capodanno sta per avere inizio!”.
Dopo quasi 20 minuti la maniglia della porta della camera da letto iniziò a girare lentamente, e molto lentamente la porta cominciò ad aprirsi. Come fu spalancata, Osvaldo, che se ne stava seduto comodamente sul lettone, s’irrigidì e sentì il respiro bloccarsi in gola. Ramona richiuse la porta, quindi si chinò per togliere i panni e la gommapiuma che aveva legato attorno alle suole per non fare rumore mentre saliva dall’interrato. Si mise in una posizione tale che Osvaldo poteva ammirarla completamente in tutta la sua bellezza e sensualità e, per farla risaltare ancora di più, avvicinò una sedia e vi poggiò sopra il piede sinistro tenendosi in equilibrio con una mano salda allo schienale, l’altra la mise al fianco in atteggiamento di sfida.
“Sei incantevole...”, disse Osvaldo che non sapeva più cosa dire, mentre il suo attributo parlava da solo in maniera più che eloquente. Ramona stava ritta, col piede sinistro sulla sedia, roteava i capelli neri e lucidi in modo sexy e accattivante, il taglio con le due mezze lune laterali (tirabaci) si adattava perfettamente con gli orecchini che aveva scelto, a forma di mezza luna, e col trucco per il contorno degli occhi, linea nera e fondo azzurro brillante, con le ciglia tirate su ad arte e nere come l’inchiostro di seppia, un leggero fondotinta sul viso che mai era stato pallido e sul quale spiccavano le labbra con un rossetto scarlatto brillante, mentre i denti bianchissimi luccicavano in quel sorriso da sogno. I guanti neri lunghi oltre il gomito, con un bracciale largo a perle bianche attorno al polso sinistro, ed il bustino in pizzo di color nero con le coppette mettevano in evidenza le armoniose forme dei suoi seni e le davano un’aria di superiorità. Ma il perizoma in pizzo nero con reggicalze, le autoreggenti nere e leggere e quegli stivali in pelle, neri, alti sopra il ginocchio e quasi fino all’inguine le conferivano senza dubbio un aspetto padronale, marcato ancor più dal fatto che sullo schienale della sedia aveva appoggiato una corda. “Non ci posso credere...”, mormorò Osvaldo incantato, “...ti sei messa gli stivali della discordia, quelli che ti hanno rovinato, secondo te, la festa di Capodanno!”.
“Mi sbagliavo! Non sono stati questi stivali a rovinarmi la festa di Capodanno, sono stata io stessa, a causa delle paturnie che mi sono fatta per le opinioni di una certa tizia, e adesso mi rendo conto che si trattava di sola invidia, diciamo che ho avuto una specie di visione”.
“Qualunque sia stata la tua visione, non credo possa essere migliore della visione reale che ho in questo momento davanti a me”, replicò Osvaldo con aria sorniona e furbetta.
“Ma sentilo l’adulatore”, disse Ramona in tono malizioso, “non riesco ancora a togliermi dalla testa quella battutina di Erika quando ci vide entrare nel salone della festa a casa di quel tuo amico industriale... mi sono sentita a disagio, è per questo che subito dopo il brindisi di mezzanotte ti chiesi di andarcene via con la scusa di un’emicrania che non avevo!”.
“L’avevo capito, sai... ricordo ancora le parole di Erika, si crede una diva solo perché è molto alta e bionda. Disse, in tono canzoniero: ‘Signore e signori, arriva Ramona! Tutta stivali e niente persona’”, continuò Osvaldo.
“Già, te la ricordi bene, eh?! E tutti risero, mi sentivo proprio fuori posto”.
“Sarà anche vero che tutti risero al momento per la battuta di Erika, ma è anche vero che finché eravamo lì avevi gli occhi di tutti gli uomini, e anche di qualche donna, puntati su di te... una torta piccola ma prelibata, un’unica fetta e bocconcino per me”, disse sorridendo, e altrettanto fece Ramona lasciando la sedia ed avvicinandosi al letto.
“Non hai provato un po’ di vergogna per me?”.
“Ma stai scherzando? Nemmeno per sogno, davvero. Semplicemente eri imbronciata perché sei un pochino sul permaloso, ma davvero, tutti ti sgranavano con gli occhi, e di questo Erika se n’era accorta, eccome!”, rispose Osvaldo già eccitato mentre Ramona si risedette a cavalcioni sul suo prominente pancione.
“Ecco il mio piccolo maialino...”, disse Ramona stringendogli le guance, per il piacere di Osvaldo che era così obbligato a stare zitto, mentre il suo gingillo, ergendosi, era come se parlasse da solo.
Ramona si distese su di lui, gli prese i polsi allargando le braccia, la eccitava il pensiero di sentirsi cacciatrice di una preda così corposa, e portandosi un po’ in avanti sferrò il primo attacco di quel grosso collo a colpi di lingua. “Mmmhhh... oohhh...”, iniziò Osvaldo girando la testa di lato per offrirle meglio quel gradito boccone. La successiva mossa fu un intenso succhiotto, per cui Osvaldo iniziò a dimenarsi, senza troppo vigore, con quell’agile pantera nera che si manteneva in perfetto equilibrio, tenendogli le gambe bloccate stuzzicando i polpacci con le punte degli stivali. Scivolò all’indietro passando allo stuzzicamento dei capezzoli, lui fece per piegare le gambe ma non ci riuscì. “Aaaahhh...”, mugulava di piacere in tono soffiato e sottovoce, non era ancora pronto per il piatto forte. Quindi Ramona si mise a cavalcioni sul petto di lui, chinandosi per portare i seni vicini a quella bocca desiderosa di assaporarli, e il desiderio fu esaudito, reciprocamente per ambo le parti in causa.
“Fffzzzhhh... mmmhhhh...”, fece Ramona sbattendo le gambe, “ooohhh... sì... sììì... aaahhh, ancora, sì... ancora...” gemeva di piacere in tono soffiato. I succhiotti di Osvaldo si fecero più intensi. “Aaahhh...”, gioiva Ramona, “fffsssììì... uuhhh.... aaahhh.... sììì, sììì”, e quindi si inarcò, continuando ad ondeggiare, “ooohhh... aaahhh...”, e strinse forte i polsi di lui. Si rimise a cavalcioni sul petto di Osvaldo e allargò le braccia liberando le sue mani, così che lui poteva stuzzicarle i seni con i polpastrelli, “sììì... ancoraaaa... vai Rambone!... vai... ancora, sìììì”. La domina in nero era molto eccitata e si distese all’indietro, supina sopra di lui. Piegando un po’ le gambe, con i tacchi gli stuzzicava il viso, e con i calcagni gli tamburellava la fronte quando le distendeva, poi si capovolse stando sempre sopra di lui, e allargò le gambe. Osvaldo si umettò le dita ed iniziò a stuzzicarle con tocco leggero l’orifizio anale, tanto che lei ebbe un fremito interno e sollevò la testa. Prese la corda che aveva posto di lato prima di salire sul lettone, e legò le caviglie a suo marito che, col gingillo duro che pulsava sotto il ventre di lei, stava per giungere in orbita. “Aaahhh!”, esclamò la cacciatrice sentendo un tocco più malizioso, “Mmmhhh... mmmhhhhh... sìììì...”, e, piegate le gambe, iniziò a muoverle in modo alternato, non veloce, ma più che sufficiente a Osvaldo per lasciare andare l’immaginazione a briglie sciolte. Alcuni minuti dopo Ramona sentì che la farfallina si stava già bagnando, così tornò supina e salì un po’ verso il viso di Osvaldo. Alzò le gambe e le divaricò più che poteva, Osvaldo le afferrò e la tirò ancora più a sé, sentendo così quel leggiadro corpo che strisciava sul suo ‘cetriolo’ durissimo. Alla giusta posizione Osvaldo avvolse quelle cosce stivalate di nero con entrambe le braccia e sollevò la testa di quel poco che bastò perché il clitoride di Ramona fosse alla portata della sua lingua. “Oooohhh... aaahhhhh...”, gioiva Ramona tentando di liberare le gambe, provando così la sensazione di sentirsi allo stesso tempo preda senza scampo e dominatrice senza pietà, per la maggior gioia di Osvaldo che non sapeva ancora per quanto sarebbe riuscito a resistere. Ramona stringeva i pugni e agitava le braccia, mentre con piccoli e rapidi movimenti di lato teneva a regime il grosso giocattolo che stava sotto di lei, “mmmhhhh... sìììì... aaahhhh... mmmhhh...”.
“Ooohhh... non resisto più...”, fece Osvaldo al quale pareva che il corpo di Ramona stesse vibrando dall’interno. Con una mossa lei gli fece capire di lasciare le gambe, era eccitatissima. Rapidamente con scatto felino si pose a cavalcioni su di lui, scese un attimo, giusto il tempo per avvicinarsi al comodino e prendere un preservativo. Le mani le tremavano dall’eccitazione, il gingillo di Osvaldo era come un ‘palo’, dritto e turgido. Aprì la bustina, prese il preservativo e, dopo aver dato una buona succhiata, lo srotolò con delicatezza su quel ‘palo della cuccagna’, quindi si mise a cavalcioni sulle cosce di Osvaldo iniziando la ‘manovra di avvicinamento’ strusciando la peluria della farfallina su quella turgidità pulsante. Era bagnatissima, iniziava già a sentire un tremore interno, si alzò sulle ginocchia e si calò su quel grande e grosso membro, avvolgendolo tutto mentre la sua bocca rossa sgargiante emetteva sospiri e mugulii, ma non era ancora finita: aiutandosi con le mani sollevò il bacino di quel poco che bastò per allungare le gambe e mettersi perfettamente seduta col durissimo membro di Osvaldo dentro di lei, mentre lui, con le sue robuste mani, le prese le gambe stivalate inebriandosi a quella visione e all’aroma di quel pellame che tenuamente gli permeava le narici. Ramona si reclinò un po’ all’indietro e, puntate le mani aperte sul lettone, cominciò a sollevarsi ed abbassarsi ritmicamente, come se stesse facendo un esercizio da palestra. “Mmmhhh... ooohhh...”, fece Osvaldo non appena Ramona ebbe iniziato quel suo movimento pseudo verticale alternato, e ritrasse le gambe che costituirono per la dominatrice un ottimo schienale.
“Aaahhh... ooohhh...”, mugulava Ramona a mezzo passo dall’orgasmo, “ancora un momento... aahhh... sììììì... oooohhhhh... oooohhhhh...”, fece con le palpitazioni fortissime, sempre controllando il tono della voce, sentendo quel coso dentro di lei che si stava ingrossando a dismisura.
“Aaaahhhh... mmmhhhhh... aaahhhhh...”, mugulava Osvaldo, “sto venendoooo... vengo...”.
“Sìììì... sìììì... vieniii... eeehh... aaahhhh... godoooo... sììììì... aaahhhh...”, godeva di piacere la splendida Ramona giunta all’orgasmo mentre il pistolone di Osvaldo spruzzava copioso.
Un minuto dopo i fuochi d’artificio cessarono, ci fu quiete e silenzio. Ramona si ritrasse, spense l’abatjour e si distese sopra di lui, ciascuno di quei due corpi sentiva le vibrazioni dell’altro.
Dieci minuti dopo Ramona riaccese l’abatjour e schiaffeggiò dolcemente Osvaldo che stava già per addormentarsi di nuovo. Lui allargò le braccia, come rassegnato in segno di resa, e lei gli si sedette sopra. Lo osservava con espressione dolce e rasserenata. “Me li toglieresti?”, gli chiese stuzzicandogli il mento con la punta dello stivale destro.
“Con molto dispiacere”, rispose rassegnato, “dai, mettiti giù di lato”. Un attimo dopo Ramona, stando distesa, sollevò prima una gamba e poi l’altra per agevolare Osvaldo che si era adagiato di fianco. Lentamente, ma davvero lentamente, aprì quelle lunghe cerniere sfilandole poi quei bellissimi stivali che le aveva regalato lo scorso Natale assieme ad una borsetta e ad un libro di satira. Ramona sgranchì i piedi, prese gli stivali, s’alzò dal letto e li mise sopra il comò. Poi tolse il corsetto ed il resto, rimanendo nuda, guardò suo marito con un sorriso smagliante e tornò a letto salendogli sopra a cavalcioni.
“Ti vedo raggiante, Rammy”.
“Detto da te lo adoro”, rispose lei.
“Detto da chiunque, basta che non si tratti di Erika, giusto?”.
“Già!”, fece lei con una smorfia, “sapessi quante volte immagino di stenderla K.O.”.
“Smettila... non pensarci più! Ma come si fa a rovinare un’amicizia di anni e anni per un paio di battutine... suvvia, vi conoscete fin da ragazzine, avete fatto assieme le scuole medie e le superiori”.
“Lei crede di essere chissà chi perché mi dà ben più di una spanna!”.
“Sono idee tue, sarebbe interessante sapere cosa pensa realmente lei nel suo intimo”.
“Non ne ho la minima idea... so che dopo le scuole superiori si sentiva già una diva perché aveva il fidanzato, perché aveva preso un voto più alto di me, e perché si era iscritta alla facoltà di Economia e Commercio mentre io avevo scelto l’ISEF”.
“Con la differenza che lei al secondo anno ha mollato e tu, almeno, ti sei diplomata con un ottimo voto, anche se non era il massimo, per cinque punti...”.
“Sì, certo, però lei con le sue conoscenze ha trovato subito un lavoro, ed io solo supplenze alle scuole medie, anche se già da un anno prima che terminassi l’ISEF”, disse in tono rassegnato.
“E solo per qualche mese... visto che il tuo ‘ciclo’ ha avuto il suo primo stop”, disse sorridendo.
“Già!”, rispose Ramona dandogli un puffetto, “Mi mancavano quattro mesi a compiere 23 anni che seppi di essere incinta di Giacomo... passa il tempo...”.
“Ma non si nota...”, e lei gli si gettò sopra per dargli un succhiotto.
“Ti amo... amore mio...”, gli sussurrò.
“Anch’io”, rispose Osvaldo, “E ti assicuro che vorrei vederti felice, davvero... so cosa ti sta preoccupando”.
“E’ da mesi che faccio conti e conteggi... la mia attività di palestra e fitness non funziona; il posto è bello, ma non ho tanti iscritti, e non posso calare ancora il prezzo degli abbonamenti, e c’è quel prestito che mi pesa! Ho fatto e rifatto più volte l’inventario e ho calcolato quanto potrei realizzare vendendo tutti quegli attrezzi: potrei saldare il debito con la banca e mi rimarrebbe una discreta somma, con la speranza di trovare un impiego entro pochi mesi. Lo so che ce la faremmo lo stesso con il tuo stipendio, ma ho bisogno di sentirmi utile e appagata, anche per me stessa, lo so che mi occupo in tutto e per tutto dei bimbi, ma devo trovare il mio spazio...”.
“Dovresti trovare qualcuno del settore che ti compri tutto, così chiudi il contratto d’affitto e l’attività... sai, mi dispiace moltissimo che non abbia avuto il successo che speravi!”.
“Ho chiamato diverse persone, ma niente ancora...”.
“Ti ci vorrebbe un bel... pesce grosso!”, disse Osvaldo.
“Non usare quel termine!”, disse Ramona dandogli un pizzicotto.
“E’ un modo di dire, e...”.
“Shhhhhh!”, le disse mettendole un dito sulla bocca, “Torniamo a dormire, e chissà che non faccia un bel sogno”.
“La realtà potrebbe essere migliore...”, disse Osvaldo incuriosendola.
“Perché?!”, chiese Ramona, “C’è qualcosa che non so?”.
“Mi hai detto... shhhhh!”, rispose lui con una smorfietta.
“Shhhhhh lo dico solo io!... comunque... parla!”, gli disse ponendosi di nuovo a cavalcioni sopra di lui tenendo le braccia incrociate.
“Li ho visti anch’io i tuoi conteggi, e non da poco tempo, già da metà Febbraio, e così ho capito che le cose non andavano bene da un anno almeno, e mi dispiace di non averti mai chiesto niente sulla tua attività. E’ da 3 anni che l’hai aperta, ma non ho mai voluto interferire. Però, stavolta, mi sono mosso un po’ anch’io e, devo dirtelo, mi ha aiutato anche Erika, col suo giro di conoscenze. Lei ha un amico il cui cugino ha svariate attività, un’azienda agricola con vigneto, due alberghi al mare e un albergo in collina, quest’ultimo dalle parti di Larderello. Ecco il punto: i suoi alberghi hanno anche il ‘centro benessere’, deve ammodernare e soprattutto ampliare, visto che a lui, per fortuna, le cose stanno andando bene. Venti giorni fa l’ho incontrato assieme ad Erika... sì, non guardarmi male... hai capito bene, non si trattava quindi di una cena tra colleghi magistrati...”, e disse quest’ultime parole in modo stranissimo, infatti Ramona gli aveva stretto le guance con la mano sinistra.
“... quando avrai finito, faremo i conti!”, disse Ramona maliziosa.
“... bene, infatti di conti si tratta. Allora, stavo dicendo... quel tale ha capito bene la questione, e un paio di giorni dopo è passato in palestra da te, per chiedere informazioni su orari, costi, e per dare un’occhiata in giro...”, e Ramona gli mise le mani sul collo, cominciava a sentire dentro di sé una certa eccitazione, “... immagino che te lo ricordi. Mi ha poi telefonato il giorno stesso, mi ha detto che doveva parlarne con il fratello e i suoi genitori, che sono poi i veri titolari, è di loro l’azienda agricola e la quota di maggioranza negli alberghi...”.
“... e poi?”, chiese Ramona sentendo un tremore interno e le palpitazioni salire.
“e poi mi hanno telefonato e scritto una mail martedì appena trascorso, aspettavo l’occasione per parlartene, comunque te l’avrei detto entro domenica, di sicuro... ho infatti spiegato a loro quanto sei legata affettivamente alla tua attività...”, e Ramona sorrise.
“... quanto?”, chiese alzando la mano destra strofinando tra loro l’indice ed il pollice. Osvaldo allungò le braccia, la prese per le spalle e la tirò a sé, e a teste affiancate le bisbigliò qualcosa nell’orecchio. Ramona ebbe un sussulto e tornò di colpo dritta a cavalcioni sull’addome di Osvaldo, “ma è fantastico! Davvero!”.
“Non è proprio la cifra che avevi in mente nei tuoi progetti, ma poco ci manca, qualcosa ti avanza lo stesso. Ho fatto bene ad accettare?”, chiese Osvaldo.
“Benissimo!”, rispose Ramona tuffandosi sopra di lui stringendogli il collo per dargli un succhiotto, “Sei il mio orso preferito!”.
“Più che un orso sembro una balena... anzi, un baleno!”, replicò Osvaldo.
“Shhhh! No! No! Cambia...”, disse Ramona mettendogli un dito sulla bocca.
“Ma cosa ho detto che non va?”.
“Shhhh!”, e stavolta lo zittì con un profondissimo bacio in bocca, mettendo K.O. la sua lingua, anche se più forte e robusta. “Sei stato fantastico...”, disse poi rimettendosi a cavalcioni, non aveva nessuna intenzione di lasciarlo ‘scappare’. “Rimane il fatto che dovrò cercarmi comunque un lavoro, non voglio fare soltanto la casalinga... il mese scorso che sono stata via una settimana, la palestra è andata avanti lo stesso senza di me, grazie a due ragazzi fidati cui ho consegnato le chiavi, avevo bisogno di un po’ di riposo, e nessuno in palestra ha sentito la mia mancanza, non c’è mai stato bisogno di telefonarmi... il che significa che io non valgo...”.
“Shhhh!”, disse piano Osvaldo mettendole il grosso indice sulle labbra, “Niente bugie o ti crescerà il naso!”.
“Corta come sono, ci mancherebbe altro!”, rise ironica Ramona. “Comunque mi darò da fare! Se abitassimo a Roma, magari mia cugina Mara mi aiuterebbe a trovare qualcosa per me, così mi ha detto, ma, chissà...”.
“Io purtroppo non ho alcuna possibilità di essere trasferito a Roma”, disse Osvaldo, “ma se tu vuoi e hai qualche possibilità, io non ti ostacolerò, promessa di Osvaldo o, se vuoi, anche del giudice Osvaldo Vortòn!”.
“Nemmeno per sogno... cioè, nemmeno per idea! Senza di te, nisba!”, e Osvaldo la prese per abbracciarla tenendola distesa sopra di lui.
“Mi hai anche detto che Mara ti è sembrata strana, l’hai trovata diversa dal solito”.
“Vero... questa faccenda dell’infertilità la sta distruggendo, o forse l’ha già distrutta! A guardarla, vedi una donna forte e intraprendente, ma cosa stia covando dentro lo sa solo lei. In quei giorni che sono stata a Roma stava chiudendo un grosso affare con un’importante società americana, non ricordo il nome, ma ho visto il titolare sul monitor mentre Mara era in video chiamata con lui... che pezzo d’uomo! Si chiama Marc, e mi sembrava che Mara facesse apposta la maliziosa con lui, ed io l’ho visto anche impacciato, per un attimo pareva stesse farfugliando... magari subisce il fascino di Mara... o della dottoressa Berenghi, come sicuramente la chiama lui... però anche lei nasconde qualcosa, o è attratta da lui, o c’è qualcosa che non va con Tiziano, o entrambe le cose...”.
“Tiziano mi sembra un po’ farfallone”, disse Osvaldo, “ma non voglio impicciarmi”.
“Giusto, meglio pensare a risolvere le nostre faccende, da lunedì mi metterò d’impegno alla ricerca di un lavoro”.
“Forse non serve...”, disse Osvaldo in un tono sornione che fece correre un brivido lungo la schiena di Ramona.
“Dai, dimmi tutto! Ho capito che avresti voluto aspettare Domenica, ma va bene anche adesso, è sabato da poche ore”.
“Venerdì scorso tua cugina Mara è andata a Milano per incontrare la titolare della GAR.TOM. per festeggiare la conclusione di quell’affare. E’ andata da sola, Tiziano all’ultimo momento non ha voluto andare, e lei è rimasta a Milano tutto il fine settimana, così mi ha detto martedì scorso al telefono”.
“Ah... ti ha telefonato... e a che scopo?”, disse con espressione appositamente accigliata per dare un tocco di malizia alla chiacchierata.
“Mara mi ha detto che ha parlato di diverse cose con la titolare della GAR.TOM., la dottoressa... mi sfugge il cognome, Sanbizzese... Barmittese...”, riprese Osvaldo.
“Ah... Garmizzese, avevo visto qualche lettera in ufficio di Mara”.
“Giusto!”, confermò Osvaldo schioccando le dita.
“E che nesso c’è?”.
“Parlando del più e del meno, Mara le ha parlato anche di te, di come sei, le ha mostrato anche delle foto di voi due assieme, e pare ne sia rimasta colpita”.
“Interessante... allora ho del fascino!”, disse Ramona.
“Una buona azienda loro cliente per assistenza notarile e legale ha una filiale qui a Firenze, e anche la filiale non è niente male. Siccome tra sei mesi il loro responsabile dell’ufficio spedizioni andrà in pensione stanno cercando una persona giovane e dinamica da affiancargli in modo da garantire la continuità operativa finché poi subentrerà nell’incarico... che te ne sembra?” .
“Ma... sarebbe fantastico... davvero! E quando...”.
“Aspetta, aspetta!”, riprese Osvaldo, “Quando Mara mi aveva chiamato, al pomeriggio, si era sentita al mattino con la dottoressa Garmizzese che si era già data da fare lunedì stesso, e l’ha informata che l’azienda è interessata alla tua candidatura. Hanno soltanto richiesto alla GAR.TOM. di preparare una scheda valutativa, in poche parole dovresti andare a Milano, venerdì prossimo, per un colloquio personale con la dottoressa Garmizzese, dev’essere una donna molto piacevole a quanto mi ha detto Mara, magari trascorrerai un bel fine settimana”.
“Spero che sia anche... piacente”, disse Ramona mettendosi in una posa sinuosa e sexy facendo anche la voce strana, “vedrò di sfoderare tutto il mio charme, oltre ai miei bei stivaloni per un’eventuale uscita serale, magari con sviluppi extra, per soddisfare il mio lato... segreto”.
“Ah ah ah ah ah...”, rise Osvaldo, “non si sa mai... io non sarei geloso... anzi, mi metteresti più pepe dentro raccontandomi poi i particolari”.
“A proposito di pepe... ma cosa ci hai messo nella zuppa a cena? Sento un salsicciotto bello duro dietro di me”.
“Non so cosa sia”.
Ramona si girò e guardò in giù, “uaoooo! Ih ih ih...”, e scese dal letto in punta di piedi per andare al comò, riprese gli stivali e le autoreggenti, in due minuti si era già preparata, ma solo con quelli: dall’inguine in su era tutta nuda. “Me ne comprerai un paio in gomma? Per andare al fiume a pescare... così come mi vedi adesso”.
“E cosa vorresti pescare?”.
“Un pesce Osvaldo!”, disse avvicinandosi al letto e gettandosi sopra. Dal comodino prese un altro preservativo e aprì la bustina. Salì sopra Osvaldo, già super eccitato e voglioso, e lei non era da meno. Lui la prese tra le braccia e la tirò a sé, ponendola sopra il suo corpo, ed iniziò a succhiarle i capezzoli. “Aaaahhhh... mmmhhh...”, fece Ramona sbattendo le gambe prima di passare di nuovo all’attacco di quel poderoso collo a colpi di lingua.
“Ooohhmm... “, mugulava Osvaldo dibattendosi sotto di lei, che ad ogni istante si eccitava sempre di più.
“Fffhhh...”, sibilò Ramona sentendo la farfallina già bella umida. Fece un balzo all’indietro e si girò dando le spalle a suo marito e, stando a cavalcioni su quel grande pancione, si chinò per prendere quel salsicciotto tra le sue morbide labbra.
“Aaahhh... ooohhhh...”, fece Osvaldo sussultando, cosa che a Ramona fece balenare in mente un flash di un certo recente sogno.
“Sei mio...”, sibilò mollando la presa per un attimo.
“Sìììì... tutto tuoooo...”, cercava di trattenersi Osvaldo. Quindi Ramona girò la testa verso di lui ed allungò la mano per chiedere che le desse il preservativo, e avutolo in mano rispose con un occhiolino molto malizioso. Si rigirò ancora sempre dandogli le spalle, estrasse il preservativo dalla bustina e con maestria lo srotolò sul duro salsicciotto, mentre lui le massaggiava la schiena dandole l’effetto dei brividi. “Ooooohhh...”, fece Osvaldo quando sentì il suo turgido membro avvolto dal calore delle grandi labbra di Ramona che si mise in perfetta posa di cavaliera alla rovescia.
“Fffssshhh... “, sibilò Ramona stringendo i denti e strizzando le palpebre, prima di iniziare i suoi movimenti alternati in verticale, su e giù, molto ben ritmati.
“Mmmhhh... mmmhhhh...”, fremeva Osvaldo sbattendo le gambe.
“E’ inutile che ti dibatti...”, sussurrava Ramona, “ormai sei mio... aaahhh... e io... aaahhhh... sono tuaaahhh...”. Tra i movimenti ben cadenzati di Ramona e quelli sussultori di Osvaldo, i minuti passarono veloci.
“Sta arrivando il trenooohhh...”, disse Osvaldo.
“Sììì... esplodiiihhh... aaahhhhh...”, strinse i pugni Ramona con le palpitazioni alle stelle, era appena giunta all’orgasmo, e le parve di salire in orbita quando il membro di Osvaldo si ingrossò al massimo prima di esplodere.
Ramona andò su e giù per quasi un altro minuto, con Osvaldo che mugulava. Poi, alla fine, si alzò, tolse il preservativo pieno e pulì il gingillo con una salvietta umida.
“Sono sfinito...”, disse Osvaldo.
“Anch’io”, replicò Ramona che si distese sopra di lui senza togliersi gli stivali, tenendo gambe e braccia aperte. Passarono cinque minuti. “Che ore sono Osvy?”.
“Le 4.35”, rispose sbadigliando, guardando con la coda dell’occhio la sveglia sul comodino.
“Dai, allunga una mano e spegni l’abatjour...”.
“Non ti togli gli stivali?”.
“No, sono troppo stanca... dai...”. Osvaldo spense l’abatjour, filtrava soltanto la luce lunare. “Da Lunedì ti metti a dieta, e io ti farò da personal trainer, parola di Ramona Berenghi!”.
“Perché proprio da Lunedì e non da oggi?”.
“Oggi e domani siamo in festa... e adesso... buonanotte”, disse dandogli un bacio sulle labbra per poi andare un po’ indietro.
“D’accordo”, disse Osvaldo sorridendo, “tornerò in forma come ai bei tempi di 12 anni fa”.
“Sarebbe meglio dire 40 chili fa...”, precisò Ramona.
“Vero... se io fossi una donna mi diresti che sembro una balena...”.
“Shhhh! Cambia animale... e dormi”, sibilò Ramona.
“Sei strana e frizzante stanotte... e pensare che a te piacciono tutti gli animali”.
“Mi piaci moltissimo persino tu”, replicò Ramona con malizia.
“Ottima idea... con una dieta corretta sarò anche più... maneggevole”, disse con una risatina sommessa.
“Certo, ti trasformerai da balena in aringa...”, replicò Ramona.
“Avevi detto che volevi gli stivaloni di gomma per pescare al fiume... guarda che l’aringa vive in mare”.
“Con la mia fantasia posso pescarti come e dove voglio...”.
“Magari anche nei bei sogni”, disse Osvaldo.
“Può darsi, amore, può darsi... e adesso... nanna...”.
“E che ne diresti se noi...”
“Shhhhhhhhh!!!!”, sibilò forte Ramona mettendogli un dito sulle labbra, e finalmente ci fu quiete e silenzio in quella stanza dove giungeva soltanto il cri-cri dei grilli.
Poco dopo si addormentarono così com’erano, con Ramona distesa sopra Osvaldo e con la testa poggiata di lato sul suo petto. Il regolare respiro di Osvaldo la cullava dolcemente, facendola andare su e giù come se fosse sul mare. Nel tenue chiarore lunare sul volto di Ramona era apparsa l’espressione di un sereno sorriso... chissà cosa stava sognando!
* * * F I N E * * *
Nota: pur essendo certi fatti e luoghi di ambientazione in un contesto reale, si fa presente che i nomi dei personaggi e di settori merceologici di aziende sono di pura fantasia. Ogni riferimento a fatti non storici realmente accaduti o persone reali od omonime è puramente casuale. Ovviamente è pura fantasia anche il marchingegno della parte iniziale del racconto e il suo funzionamento, nonché le idee tecniche espresse da Ramona, alla fin fine si trattava di un sogno... se vogliamo attribuirgli un significato, si può dire che Ramona aveva un grosso problema da risolvere, un problema che la angustiava, e non sapeva cosa fare per poter rovesciare la sua difficile situazione, che ne dite?
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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