trans
Questione di altezza - 1° parte
di LittleMargot
27.04.2015 |
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"Per lui è solo una questione di soldi, ed è questo che l’ha rassicurato, e così anche Richard”, spiegò Alejandro..."
Era una fresca serata di Marzo 2014 quando Marc Gothelm, al termine di una intensissima giornata di lavoro, si stava concedendo un po’ di relax giocando a minigolf nel suo ampio studio privato dei suoi ancor più ampi uffici al 44° piano del n° 77 della West Wacker Drive, uno dei più alti grattacieli di Chicago, la ‘città del vento’ sul bellissimo lago Michigan. A quell’ora ben 540 lampade illuminavano il grattacielo. I pilastri esterni in granito portoghese bianco ed i vetri argentati riflettenti con colonnine in acciaio inossidabile sembravano proprio adattarsi bene al suo fisico immenso e statuario, con i suoi 2 metri e 5 cm di altezza per 120 kg di peso che rendeva piccolo tutto ciò che lo circondava. Aveva una laurea in scienze biologiche conseguita ad Harward con un punteggio molto elevato, ma non con la lode (aveva anche molti impegni sportivi, soprattutto nel basket-ball, e non solo sportivi....), e due master, uno in nanotecnologia applicata alle scienze mediche e uno in organizzazione aziendale. Quest’ultimo gli era costato non poca fatica, specie da quando aveva dovuto assumersi l’onere di dirigere l’azienda di famiglia dopo che i suoi genitori, alcuni anni prima, erano passati a miglior vita a causa di un incidente aereo, durante una vacanza ai tropici... il loro aereo privato da turismo si era imbattuto in una tempesta improvvisa non distante da ‘Le Keys’, nel triangolo delle Bermude, e non furono trovati resti, nemmeno del velivolo. A poco più di 40 anni, con un volto che lo faceva apparire più giovane di 30, aveva un patrimonio personale a 9 cifre, ma ciò non gli dava alcun senso di superiorità rispetto agli altri, era entusiasta del suo lavoro, in quello che la sua azienda e le succursali producevano, in particolare, ultimamente stava avendo un buon approccio con un’azienda dello stesso settore in Italia, a Roma, e aveva una particolare simpatia per la titolare, Mara Berenghi, che stava cercando di omologare dei prototipi molto interessanti. Era divorziato ormai da sette anni, subito dopo la dipartita dei suoi genitori. La moglie chiese il divorzio dopo appena un anno di matrimonio, quando da esami clinici emerse che Marc era affetto da azoospermia; a nulla valsero le sue proposte di cercare un’altra soluzione, come l’adozione. Affrontò la situazione con grande dignità, l’unica cosa che lo consolava era che i suoi due fratelli, più giovani di lui di tre e sette anni, avevano entrambi due figli, ma purtroppo abitavano distanti, uno a Philadelphia e l’altro a Houston, dove c’erano altri insediamenti rilevanti dell’azienda di famiglia. Marc era concentrato sulla sua mazza da golf, con la pallina vicina alla buca, quando sentì bussare alla porta.“Avanti!”, disse Marc,
Fece capolino Alejandro Gutierrez, 37 anni e mezzo, nato il 24 Agosto 1976 a Las Vegas ma di origini peruviane, era il responsabile del personale dell’azienda per la sede centrale di Chicago. Piccolo di statura, appena un metro e 60 cm scarsi per 50 kg di peso, vantava una laurea con lode in psicologia alla Columbia University, aveva fatto una breve esperienza di un paio d’anni presso un centro per la riabilitazione post-carcere a New York prima di entrare alla ‘Gothelm Corporation’. Per un estraneo, vederlo a fianco del suo titolare faceva una certa impressione, ma per loro era una cosa normalissima.
“E’ qui, la faccio passare?”, disse Alejandro.
“Certamente”. Alejandro uscì, e un attimo dopo Marc sentì un rumore di tacchi che risuonava ritmicamente sul pavimento in marmo pregiato di Carrara. La porta si aprì nuovamente, ed entrò Pamela, una splendida bionda alta un metro e 75, un fisico mozzafiato con una quinta di seno, due gambe che facevano girare la testa e che si muovevano agilmente sulle sue ‘décolleté’ di vernice, rosse brillanti, con tacco da 5 pollici (quasi 13 cm). Senza dire una parola si tolse la pelliccia di visone, mostrando le gambe avvolte da autoreggenti in pizzo e una minigonna in pelle nera sopra la quale faceva bella mostra una cinturona con fibbiona a contorno dorato, la camicetta metteva in risalto i brillantini nonostante una collana di perle adornasse il suo collo leggiadro. Marc rimase incuriosito dal papillon rosso e sorrise avvicinandosi a lei. Pamela era responsabile della contabilità dello studio notarile e legale presso cui la ‘Gothelm Co.’ si appoggiava per contratti e pratiche varie, soprattutto per i brevetti. Alejandro rimase al suo posto, nell’ufficio a fianco di quello di Marc, ormai da almeno un’ora tutti se n’erano andati via, solo loro due si trattenevano, almeno due o tre giorni alla settimana, fino all’ora di cena e anche dopo, Alejandro soprattutto per ragioni di lavoro, Marc anche per qualche altro motivo di semplice intuizione.
Alejandro provò a cercare di concludere la stesura delle statistiche trimestrali sugli infortuni e assenze per malattie del personale, ma i vari ‘aaahhh’... ‘aaahhhh’.... ‘ooohhhhh’...... di Pamela non erano certo la sinfonia migliore per poter procedere in tal senso. Erano le 20.15 quando la porta dell’ufficio di Marc si aprì e Pamela uscì tacchettando veloce, salutò Alejandro con un ampio sorriso e si diresse all’uscita; in mezz’ora sarebbe arrivata a casa, la cena portata da un servizio di catering un paio d’ore prima era stata messa in caldo, giusto per non scontentare il suo fidanzato che sarebbe arrivato alle 9 o poco dopo, di solito ritardava sempre quei classici 15 minuti.
“Alejandro, puoi venire da me un attimo?”, chiese Marc aggiustandosi la cravatta.
“Sì, dimmi pure”, rispose Alejandro.
“Pamela è molto attraente... come anche lo sono Deborah, Josephine, Catherine, Samantha, Veronica, Barbara, Jennifer... però... ho bisogno di altri stimoli, ho bisogno di qualcosa di diverso... di un’avventura eccitante, al di fuori di ciò che è organizzato e scritto su un’agenda... sai chi e cosa voglio... capisci quello che intendo dire?”.
“Certo che capisco”, disse Alejandro sorridendo maliziosamente.
“Mi aiuteresti?”, chiese Marc.
“Come sempre, Marc... io ti devo molto. Se non fosse stato per te sarei ancora a fare colloqui a galeotti ed ex carcerati... è stata una fortuna che quella volta sei venuto tu di persona per quel grosso contratto di fornitura per le carceri, ed io ero assieme al direttore e al segretario del governatore... quello che tratta gli affari...”.
“Chiamiamolo pure quello che vuole sempre tirare sul prezzo, meno male che sono stato tenace e l’ho spuntata bene”.
“D’accordo Marc”, disse Alejandro, “comincerò ad attivarmi già da domani”.
“Bene, adesso chiudiamo la baracca ed andiamo a cena, offro io”.
“Come sempre”, concluse Alejandro spegnendo il suo computer e sorridendo.
Il giorno seguente era un mercoledì piuttosto frenetico, movimentato e intenso per le telefonate, in special modo con gli enti previdenziali e i sindacati, le assenze per malattie ed infortunio non giovavano a nessuno, ma soprattutto ai dipendenti sprovvisti di una copertura assicurativa, infatti non era prevista un’indennità salariale, e Marc pensava al sistema che gli aveva spiegato Mara Berenghi in una conversazione telefonica. Ciò che gli piaceva di più di quella donna, mai conosciuta di persona se non in videoconferenza, era che parlava un inglese americanizzato alla perfezione, quasi meglio di lui, che talvolta faceva sentire l’accento tedesco acquisito dai suoi genitori, nati e cresciuti a Stoccarda, e che erano migrati negli Stati Uniti pochi anni prima della sua nascita, erano quasi coetanei, all’epoca ventottenni, pieni di grinta ed entusiasmo e con molta voglia di fare impresa, lui laureato in fisica nucleare e lei in biotecnologia.. Marc guardava le foto dei bei tempi ormai andati... sorrideva e soffriva allo stesso tempo. Sentì bussare. “Avanti...”, ed entrò Alejandro.
“Marc, ho terminato quelle pratiche e ho anche preparato i test per i colloqui di assunzione per la filiale di Houston... io, col tuo permesso, andrei via...”.
“Non serve che mi chiedi il permesso... e poi sono già le 19 passate... vai, vai pure”, gli disse Marc strizzandogli l’occhio.
Assieme ad Alejandro uscirono anche gli altri due impiegati che si erano trattenuti fino a quell’ora. Presero tutti e tre l’ascensore per salire al 49° ed ultimo piano e da qui l’ascensore rapido, che si fermava direttamente solo al 40° (se richiesto) e poi, al massimo, solo ogni dieci piani, per giungere fino all’autorimessa interrata, anche questa di alcuni piani. Giunti al terzo piano interrato, dove c’erano i posti riservati alle loro autovetture, si salutarono, mentre di sottofondo si sentiva il rumore incessante degli impianti per il ricambio dell’aria. Alejandro passò a fianco dei quattro furgoni di proprietà della Gothelm Co. e dopo altri sei spazi auto c’era la sua Porsche ‘Carrera 911’ di color nero brillante. Salì e girò la chiave, il motore rombante fece partire l’auto con uno scatto da pantera. In breve giunse alla sommità della salita, passò la mano sinistra sullo scanner e la barra si sollevò. Giunto in strada ebbe presto a che fare con il traffico caotico di quell’ora, ma la sua conoscenza delle strade interne e secondarie gli permise di giungere nei pressi di casa sua in una ventina di minuti scarsi. Oltrepassò il grazioso condominio dove viveva per dirigersi al vicino ‘Burger King’ dove aveva un appuntamento con due suoi conoscenti, evitava la definizione di amici, che per lui erano qualcos’altro, ma comunque erano due giovani con cui aveva un buon rapporto di conoscenza. Parcheggiando notò la ‘Lumina’ malandata di Samuel, aveva già più di vent’anni, certamente Richard era salito in auto con lui, giusto per risparmiare sulla benzina. Alejandro scese dall’auto indossando il suo giubbotto di pelle ‘Armani’ e un attimo dopo entrò in quel locale non proprio raffinato ma abbastanza buono per essere in zona quasi periferica. Samuel e Richard, seduti ad un tavolo vicino al retro, lo videro e richiamarono la sua attenzione. Entrambi erano operai presso una ditta che produceva componenti elettrici, stavano uno alla catena di montaggio e l’altro nel magazzino imballi e spedizioni. Samuel aveva 34 anni, scapolo, a suo dire cambiava fidanzata una volta alla settimana, ma in realtà non c’era una ragazza che se lo filava, chissà, forse perché aveva poca cura di sé, per il suo modo di fare; Richard aveva 36 anni ed era sposato con una commessa di boutique da cui aveva avuto tre figli, due maschi e una femmina, il più grande aveva 11 anni e il più piccolo ne aveva 4, la bambina ne aveva 8, un buon matrimonio, anche se a Richard piaceva prendersi ogni tanto certe libertà, non trascurava le sue amicizie. Fisicamente Samuel e Richard avevano più o meno la stessa corporatura, un metro e settanta circa di altezza per quasi 70 kg di peso, di stazza media, quindi, ma lo stesso grandi per uno come Alejandro.
“Salve ragazzi”, esordì Alejandro, “come va?”.
“Non c’è male”, rispose Samuel.
“Sentite”, riprese Alejandro, “spostiamoci in quella saletta sul retro, devo parlarvi di una cosa abbastanza riservata”. I tre si avviarono nella stanzetta sul retro, era vuota, non c’era nessuno, come Alejandro aveva convenuto col titolare del ‘pub’.
“Bene, si tratta di questo”, iniziò Alejandro, “un mio caro amico, che ha un sacco di avventure con ragazze bellissime, vuole provare qualcosa di diverso....”.
“Interessante...”, disse Samuel, “...non è che dovremmo essere noi due l’alternativa?”.
“No, no....”, lo rassicurò Alejandro, “ho bisogno del vostro aiuto per trovare quella che hai appena chiamato alternativa...”.
“Spiegati meglio”, disse Richard accigliato, che già voleva alzarsi dal tavolo per andarsene.
“Vorrebbe che io gli portassi un trans o un travestito, di bella presenza e corporatura, meglio se con lineamenti femminili, ma non è per forza importante questo punto”, disse Alejandro, mentre gli altri due si guardavano come inebetiti.
“Ma perché non va lui a farsi un bel giretto una sera?”, disse Samuel.
“Vi interessa guadagnare duemila dollari a testa?”, rispose Alejandro.
“Spiegaci tutto!”, disse Richard.
“Nelle prossime sere comincerò a fare dei giri qui intorno e verso la periferia Est, la zona industriale dove ci sono anche diversi capannoni abbandonati e che vengono usati da chi potete intuire.”, iniziò Alejandro, “Girerò finché vedrò quella che ritengo la preda giusta, e poi ci vedremo”.
“La preda giusta? Ma cosa dobbiamo fare?”, chiese Samuel.
“Catturarla, naturalmente!”, spiegò Alejandro.
“Cioè?”, insistette Richard.
“Io posso utilizzare i furgoni dell’azienda...”, riprese Alejandro, “passo a prendervi e vi porto col furgone in un posto isolato, presso uno di quei capannoni, Richard salirà con me sul furgone mentre Samuel ci seguirà con la sua auto. Metto il furgone in un posto che non si vede e voi due restate lì in attesa. Io prendo la macchina di Samuel e vado ad abbordare la preda... vedrà me da solo, per di più piccolo, perciò salirà senza farsi tanti problemi, e così arriveremo al capannone. Parcheggio ed entriamo nello spazio interno, in modo da non vedere la macchina di Samuel e nemmeno sentirla partire. Farò in modo che la nostra bella dia le spalle a dove sarete voi due, allora cominceremo a farci delle effusioni... al mio cenno di mano intervenite voi due, mi raccomando, mettetevi un passamontagna... dovrete balzargli addosso e immobilizzarlo, io chiaramente dovrò fare la parte di quello che ha preso paura, e scappo via a gambe levate, ma andrò a nascondermi da qualche parte lì vicino. Voi dovrete legarlo per bene, bendarlo e mettergli un bavaglio a palla che vi darò la sera stessa dell’operazione, quindi lo caricherete dentro il furgone, assicurandovi che non possa farsi male durante il viaggio... o trasporto, come volete. Lo legherete con delle cinture che sono a bordo, e ci saranno anche diversi cuscini. A questo punto, chiuso il furgone, io sbuco fuori e vi do i soldi, quindi voi due andate alla macchina e tornate a casa, oppure fate quello che volete, basta che non pensiate di fermarvi da qualche parte per aspettare che vi passi davanti col furgone per poi seguirmi... noi ci rivedremo successivamente”.
“Praticamente farai una consegna a domicilio...”, disse Richard, “ma qui c’è da andare in galera, è un rapimento a tutti gli effetti.... a noi non ci vedrà in faccia, ma quello sicuramente denuncerà chi ti ha commissionato questo favore... a meno che non sia mascherato anche lui...”.
“Non ci sarà nessuna denuncia”, li rassicurò Alejandro, “è come fosse un gioco... dopotutto, se a voi da duemila dollari a testa, vedrete che ci saranno molti più argomenti per non farsi denunciare, state tranquilli”.
“Capisco, la nostra preda ne riceverà almeno il doppio... magari ci prenderà gusto, la nostra vittima, e si farà rapire almeno una volta al mese”, disse ironico Samuel.
“Mah, non penso”, disse Alejandro. “comunque, la sera dell’operazione dovrà essere di domenica”.
“Ah, domenica.... tra quattro giorni, non c’è tanto tempo”, puntualizzò Richard.
“Non questa domenica”, precisò Alejandro, “ma quella dopo, come minimo... dovrò fare anch’io i miei giri di ricognizione, giusto?”.
“Certo, dovrai meritare il tuo compenso... a proposito, quanto?”, chiese Samuel.
“Non vi riguarda”, disse Alejandro, “ovvio che è maggiore del vostro, dopotutto ho il rischio e l’incombenza del trasporto... o consegna a domicilio come la chiamate voi”.
“Va bene, tienici aggiornati, allora”, riprese Richard, “la cosa mi stimola e mi eccita, e non solo per il denaro... magari ci divertiremo... evviva la trasgressione”, disse alzando il boccale di birra.
“Ah, niente birra o alcolici per la sera dell’operazione, intesi?”, puntualizzò Alejandro con voce autoritaria.
Quindi parlarono d’altro, e dopo mezz’ora uscirono dal locale per darsi reciproco congedo. Alejandro andò diretto a casa soddisfatto per aver indirizzato il tutto nel modo più corretto.
Il giorno dopo, durante la pausa pranzo, Alejandro riferì a Marc dell’incontro della sera precedente, e questi ne rimase soddisfatto. Quindi scese giù nell’autorimessa, al terzo piano interrato. La zona riservata ai loro furgoni distava una ventina di metri dall’ascensore rapido, quello che si fermava solo ogni dieci piani, ma che i piani dell’autorimessa li serviva tutti uno ad uno. Aprì uno dei furgoni, uno dei tre muniti di scivolo posteriore. Ben ancorato alla fiancata interna c’era un trans-pallets, sarebbe stato sufficiente mettere a bordo delle buone corde e una tavola in legno delle giuste misure per poter fare da pianale di appoggio, l’avrebbe caricata la stessa domenica dell’operazione, per non dare adito ad eventuali domande curiose da parte dei dipendenti che usando quel furgone avessero notato al suo interno quell’oggetto estraneo anche se, secondo lui, avrebbe potuto sempre servire anche per le normali funzioni aziendali, durante le consegne o i ritiri delle merci. Richiuse il tutto e salì al ristorante del piano primo.
Venerdì sera, prima di chiudere, come di consueto Marc chiamò Alejandro nel suo ufficio per i rendiconti settimanali, ma stavolta aveva altro da chiedere.
“Ti senti pronto?”, chiese Marc, “Io mi sento fibrillare al pensiero di trasgredire in maniera diversa dal solito... martedì sera verrà qui Veronica, usciremo assieme al ristorante, poi passerà la notte a casa mia, non quella al centro, ma alla villa...”.
“Però... ti senti tranquillo? Sai che è curiosa, ed ha anche un paio di amiche che lavorano per qualcuno vicino alla concorrenza... e poi, c’è anche il resto.... lo sai...”, disse Alejandro.
“Nessun problema...”, lo rassicurò Marc, “i files sono sotto password, anche il computer all’apertura, ed io non parlo nel sonno, sempre ammesso che ci sarà il tempo di dormire... quanto al resto, è ben sottochiave, non preoccuparti... e la chiave è molto bene protetta e al sicuro...”.
“Non ne dubito”, disse Alejandro sorridendo, “adesso vado a casa, chiamo quei due per incontrarli domani sera...”.
“Spero non cambino idea... alla fin fine, da parte loro pur sempre di un rapimento si tratta, anche se breve, e noi ne conosciamo i dettagli e lo scopo... loro no, non vorrei ci ripensassero”.
“La cosa che li aveva un po’ preoccupati era il timore di una denuncia”, disse Alejandro.
“E contro chi? Tu scapperai per la paura, giusto? Loro non saranno riconoscibili, vero? La preda verrà bendata e imbavagliata e, poi... non farà certo alcuna denuncia...”, disse Marc ilare.
“Samuel avrebbe voluto conoscere il compenso previsto per il rapito... poi avrebbe voluto sapere anche il mio... per lui è solo una questione di soldi, ed è questo che l’ha rassicurato, e così anche Richard”, spiegò Alejandro.
“Allora, che si proceda”, disse Marc.
Detto ciò si salutarono, e Alejandro andò a casa. In auto aveva lasciato un pacco con degli oggetti comprati durante la pausa pranzo in un vicino sexy-shop. Fece un ampio giro verso la periferia e poi, giunto a casa, aprì il pacco, c’erano dentro delle corde rosse, un bavaglio a palla, una benda di seta azzurra, un cappuccio, due passamontagna e anche un paio di manette. Telefonò a Samuel, dando appuntamento al solito posto per l’indomani sera, cioè sabato.
“Qualche novità?”, chiese Samuel appena Alejandro entrò nella saletta.
“Ieri sera ho fatto un bel giro in periferia, e credo di aver trovato la nostra preda”, rispose Alejandro.
“Com’è?”, chiese Richard incuriosito.
“E’ un bel travestito o trans di buona stazza, l’ho guardato in distanza, è piuttosto solitario, la zona è tranquilla, credo proprio non ci saranno problemi”, disse Alejandro.
“Buona stazza...”, disse Samuel preoccupato, “non è che ne usciamo con gli occhi pesti?”.
“Ma se siete in due...”, disse Alejandro.
“Mah... avrei sperato in qualcosa di più facile cattura”, continuò Samuel.
“Dai, smettila”, lo rassicurò Richard, “c’è l’effetto sorpresa!”.
“Esatto!”, disse secco Alejandro, “Per scrupolo farò un giro martedì sera ed anche giovedì sera, giusto per essere più certo delle abitudini della preda, e venerdì ti telefonerò”, disse quindi rivolto a Samuel.
“Ed io chiamerò Richard”, continuò Samuel.
“Ed il cerchio o, meglio, il ‘triangolo’, almeno quello delle telefonate, si chiude”, disse infine Richard. “Comunque, ci fai un riassunto delle operazioni?”, chiese ancora costui.
“Va bene”, disse Alejandro, “ci vediamo qui fuori, io verrò col furgone. Tu, Richard, salirai con me, e Samuel ci seguirà. Andremo tutti assieme nel luogo appartato fuori periferia, e metterò il furgone in un posto che non si vede. Voi tenete i passamontagna e il resto, vi acquattate in attesa. Io prendo la macchina di Samuel, prendo a bordo il nostro ospite, lo porto qui, sbucate fuori voi per fargli la festa, mentre io, ‘terrorizzato’, scappo via. Lo legate e imbavagliate e, anche, lo incappucciate, poi lo caricate sul furgone. Quindi ve ne andate via con la macchina di Samuel e da quel momento ci penso io”.
“Cosa succederà se ti ferma la polizia... che so, per un controllo? Non si sa mai....”, disse Samuel.
“Non mi pongo il problema e non voglio nemmeno pormelo”, disse Alejandro, “io punto al fatto che vada tutto bene... a me basta che voi torniate a casa, non aspettatemi ad un incrocio per seguirmi”.
“No, no... non preoccuparti...”, disse Richard, “ma non è che la preda sia in realtà per te?”.
“Se così fosse che bisogno avrei di voi due?”, rispose Alejandro, “tanto, così, per spendere 4000 dollari?”.
“Giusto....”, ammise Richard.
“Allora, d’accordo?”, chiese Alejandro.
“D’accordo”, risposero quasi all’unisono.
Quei giorni passarono piuttosto rapidi, e giunse il venerdì successivo. Erano le 19.20 quando Marc uscì dal suo ufficio per parlare con Alejandro. “Tutto a posto, Alejandro?”, chiese Marc.
“Tutto O.K.”, rispose Alejandro, “domenica sera, dopodomani, missione segreta!! Direi di fare tutto già dalle 20...”.
“Molto bene”, disse Marc, “la copia delle chiavi ce l’hai sempre con te?”.
“Certo, ci mancherebbe altro...”, lo rassicurò Alejandro.
“Ottimo, a domenica sera, allora... e... mi raccomando....”, disse Marc tornando nel suo ufficio facendo cenno ad Alejandro che se voleva poteva anche tornare a casa. Poco dopo Alejandro uscì dall’ufficio, e, tempo qualche minuto, la sua Porsche filava già sulla strada. Appena arrivato a casa telefonò a Samuel come convenuto.
Quella domenica, verso le 18.30, la Porsche di Alejandro fece il suo ingresso al terzo piano sotterraneo dell’autorimessa, e parcheggiò al solito posto. Era vestito in maniera non convenzionale, tra l’altro era domenica, non un giorno lavorativo. Non rinunciava al suo giubbotto in pelle di gran marca, ma stavolta sembrava davvero un po’ eccentrico con quella camicia in flanella con le tasche alte, i blue-jeans semi stinti, cintura con fibbiona e stivali in pitone. Se avessero avuto gli speroni gli sarebbe mancato soltanto il cappello tipico per sembrare un ‘gaucho’ della prateria. Sceso dalla Porsche, dopo un attimo salì sul furgone che aveva debitamente approntato, regolò il sedile per la sua piccola statura ed avviò il motore, non era certo come guidare la Porsche!
Fece un giro piuttosto largo, anche verso la periferia, un paio di volte. Si rassicurò che tutto fosse a posto e che non vi fosse il rischio che potessero insorgere dei problemi... era tutto O.K.! Poco prima delle 20 giunse all’appuntamento con i suoi due complici che, stavolta, stavano aspettando in macchina. Richard salì con Alejandro, così lui poté rispiegargli gli ultimi dettagli, intanto Samuel li seguiva a debita distanza. Giunsero nel posto convenuto, un casolare abbandonato in periferia, sede di una vecchia fabbrica dismessa. Richard era un po’ perplesso per lo strano giro fatto per arrivare fin lì, c’era un percorso più diretto, ma non ritenne opportuno farne questione. Il furgone venne parcheggiato alle spalle di un muro che non si vedeva dalla strada, intanto Samuel era già sceso. I tre si ritrovano all’interno dell’area dell’agguato, Alejandro consegnò loro il pacco con gli accessori del caso.
“Tenete anche questa”, disse Alejandro.
“Cos’è?”, chiese Richard.
“Una ricevente”, spiegò Alejandro, “qui nel taschino della camicia ho un piccolo microfono, così potrete sentire la conversazione con la nostra preda, magari cominciate ad eccitarvi nell’attesa, così avrete più grinta... oppure... se va tutto a monte lo saprete almeno in diretta, ecco, così è accesa”.... e si sentì un fischio quasi assordante per la vicinanza del microfono nel taschino di Alejandro.
“Spegni, per carità...”, implorò Samuel, e Richard spense.
“Accendete appena salgo in macchina, e ditemi se sentite”, disse Alejandro, “e, ricordatevi, intervenite solo al mio segnale, mi raccomando”..
“Va bene”, disse Richard.
Samuel gli dette la chiave della macchina e si salutarono. Un attimo dopo Alejandro salì sull’auto di Samuel... “bla bla bla bla...”, disse Alejandro, e Richard gli fece cenno che era tutto a posto, che aveva sentito la sua voce. Così, mentre Samuel e Richard si erano già appartati in attesa dell’evento, con Samuel che, tra l’altro, appariva un po’ intimorito ed insicuro, Alejandro era già partito per la sua battuta di ‘caccia grossa’
Quindici minuti dopo, lungo una strada poco trafficata e comunque discretamente illuminata, vide 200 metri avanti a sé la sua ‘preda’. Camminava nella sua stessa direzione, dandogli le spalle, avrebbe notato i fari dell’auto solo quando sarebbe giunto a debita distanza. Alejandro rallentò, guardò bene in avanti e nello specchietto retrovisore, non c’era nessuna macchina in vista nelle vicinanze e, quasi, neanche nelle ‘distanze’. Si avvicinava lentamente, ed il suo obiettivo si notava molto bene, era appena stato catturato dalla luce dei fari. La ‘preda’ era molto alta, bionda spumeggiante, con i capelli lunghi e a boccoli fin sotto le belle spalle larghe, le mani erano guantate di bianco e indossava un giubbotto/pelliccia che arrivava giusto alla coscia ed appariva di gran pregio, di colore ambrato chiaro... a seguire una minigonna rossa, in pelle, con cinturina brillante, ed il tutto svettava su degli altissimi stivali bianchi con plateau e tacchi abbastanza alti, forse 4 pollici (una decina di centimetri), faceva da cornice una bella borsetta bianca in pelle, del tipo a tracolla. Alejandro si affiancò e abbassò il finestrino lato passeggero.
“Ciao bellezza”, esordì Alejandro andando a passo d’uomo.
“Ciao”, fu la risposta di quell’alta figura che continuava comunque a camminare.
“Quanto vuoi?”.
“Andiamo?”, disse la preda fermandosi, e così fece anche Alejandro, spegnendo il motore.
“Sì, ma... quanto?”.
“Fammi salire.... fa un po’ freddo, dai, poi ti dico...”, disse chinandosi verso il finestrino..
“No, me lo dici adesso.... quanto?”.
“Ciao...”, disse riprendendo il cammino.
“Aspetta, dai....”, e la preda fece ritorno sui suoi passi.
“Mi fai salire?”, disse afferrando la maniglia della portiera.
“Dimmi quanto...”, insistette Alejandro.
“Uffaaaa!”, rispose la preda battendo con stizza un piene a terra, “va bene, voglio 100... andiamo qui vicino, c’è un piccolo parcheggio sterrato dietro quegli alberi, è un posto tranquillo, facciamo tutto con calma, O.K.?”.
“Andiamo in un posto che ho pensato io, poi ti riporto qui...”, disse Alejandro.
“Ciao ciao”, disse ancora la preda, ponendosi eretta e riprendendo a camminare. Alejandro riaccese la macchina, col finestrino sempre giù, e si riavvicinò.
“Dai, 200, e ti riporto qui....”, ma la preda non accennava a fermarsi, “300....”, ma la camminata continuava, “senti... 500...”, disse quasi gridando, e la preda si fermò, così anche Alejandro, che spense nuovamente la macchina.
L’imponente bionda figura aprì la portiera lato passeggero e salì, senza però richiudere la medesima, “prima tu mi dai i soldi, poi andiamo”, disse in tono deciso.
“Non è che appena te li do, tu esci di scatto e scappi via?”, chiese Alejandro.
“E dove potrei scappare con questi tacchi? Questi sono come una palla di ferro al piede”, disse la preda, “mi prenderesti subito e saresti anche incazzato... anche se sei piccoletto cosa potrei fare? Magari sei anche armato, che ne so?”.
“Va bene, ecco i soldi”, disse Alejandro, quindi la sua preda chiuse la portiera abbastanza rumorosamente.
“Puoi chiamarmi Valery, se vuoi, piccoletto...”, disse il travestito.
“Piacere, Aleja... eh.. egghhh....”, ed ebbe un colpo di tosse creato ad arte, “scusa, mi chiamo Alberto... è che sono un po’ emozionato...”.
“Ti capisco”, disse Valery accarezzandogli la guancia e passando la mano tra le cosce, dove avvertiva un certo rigonfiamento, “oh.... che bel pacchetto regalo tra le gambe, che hai....”.
Nel frattempo, Richard e Samuel tirarono un sospiro di sollievo nell’aver appena appreso che l’abbordaggio era andato a buon fine, erano entrambi eccitati. Valery, intanto, per stare più comoda, portò il più indietro che era possibile il suo sedile, e lo reclinò un po’.
“Perché hai voluto un travestito, e poi così alto come sono io? Mi sembri piuttosto piccolino, tu, o sbaglio?”, disse Valery.
“Questione di gusti... e, poi, non ne faccio una questione di altezza... una volta orizzontale... a proposito, quanto sei di statura?”, chiese Alejandro.
“Supero i 2 metri... senza tacchi, tesoro...”, disse Valery, mentre Richard e Samuel si scambiarono un’occhiata sbigottita e cominciarono ad andare a prepararsi con i loro passamontagna ed il resto, “e comunque sei molto simpatico con questa tua idea dell’orizzontale...”. Alejandro rallentò un po’, guardò Valery negli occhi, strizzò l’occhio e si scambiarono un reciproco sorriso. Dopo una decina di minuti giunsero sul posto prescelto da Alejandro, che parcheggiò poco fuori le mura dello stabile in disuso. “Che posto sinistro... dà i brividi”, disse Valery, “aprimi tu la porta, per piacere”.
Alejandro scese, chiuse la porta lato guida ed andò ad aprire l’altra da dove scese Valery che, in piedi vicino a lui, appariva come una gigantessa vera e propria.
“A braccio?”, chiese Valery, “conducimi tu”. Alejandro cinse Valery ad un fianco, ed insieme si avviarono verso l’edificio abbandonato, entrarono e giunsero nella zona dove era stato predisposto un materasso da gettare via e parecchi cartoni. Entrambi si sedettero, fianco a fianco. Cominciarono a scambiarsi le prime effusioni, Alejandro accarezzava il collo di Valery, aveva una collana di perle molto bella... prese le sue spalle e con dolcezza l’adagiò sul materasso, quindi vi si distese sopra, prese le sue mani e tenne le sue braccia distese giù, leggermente aperte. Alejandro sentiva il corpo di Valery che si muoveva piano sotto il suo, le gambe aperte che si muovevano a ritmo lento come se stesse nuotando piano... poi Alejandro si mise a cavalcioni su Valery, tenendole le mani, scese dal suo lungo corpo e, afferrando un suo braccio, accennò a che si girasse a pancia in giù, e così fece Valery... Alejandro salì a cavalcioni sulla sua schiena... Valery non poteva certo vederlo, ed ecco che Alejandro alzò il braccio destro col pugno chiuso ed aprì di scatto la mano... era il segnale convenuto con Richard e Samuel!
Come due pantere che di notte balzano silenziose sulla loro selvaggina che incautamente si è trovata a passare nei loro paraggi, così Samuel e Richard si avventarono all’improvviso su Valery e Alejandro, parevano proprio sbucati fuori dal nulla.
“Ma che cosa....?”, disse Alejandro con fare spaurito.
“Bloccalo!”, ordinò Richard a Samuel, il quale afferrò un braccio di Alejandro, che prontamente si divincolò.
“Chi siete, cosa volete?”, gridò Valery mentre cercava di rendersi conto della situazione, sentendo per il momento il peso di uno dei due sulle sue lunghe gambe.
Con uno strattone Alejandro balzò di lato mandando Samuel a vuoto (era già tutto preorganizzato così), e scattò verso l’esterno.... “Alberto! Alberto!”, gridò Valery, “Aiutami, ti prego.... corri a chiamare la polizia!! Fai presto!”.
Solo il fatto di aver sentito la parola ‘polizia’ fece venire un tremito a Samuel, che per un attimo soltanto aveva quasi dimenticato che Alejandro era loro complice.
“Lascialo perdere quel nanerottolo, ed aiutami!”, imprecò Richard che a stento riusciva a trattenere Valery per una gamba, era quasi riuscita a mettersi seduta per potersi alzare. Con un guizzo ritrasse la gamba e la liberò dalla morsa di Richard, e quasi fece per alzarsi quando Samuel balzò sulla sua schiena tirandola ancora giù a terra, e di questo ne approfittò Richard per agguantarla di nuovo, anche se a fatica, visto che Valery stava cercando di divincolarsi con tutte le sue forze dalla presa di quei due individui col passamontagna. Samuel non le mollava il collo, e Valery rispose con una gomitata in petto, che gli fece mollare la presa. Riuscì a respingere Richard ancora per un attimo, ma subito entrambi le furono sopra. Intanto Alejandro, nascosto di fuori e non visto, controllava lo svolgersi degli eventi, soprattutto guardava ad un puntino azzurro luminoso che né Richard né Samuel avevano notato prima. La battaglia si faceva sempre più movimentata, Richard provò ad avvolgere una corda attorno alle braccia di Valery, ma ne risultò una goffaggine, teneva le manette dentro una tasca dei pantaloni, ma non riusciva a prenderle in maniera sufficientemente rapida per lo scopo e, tra l’altro, i polsi di Valery non erano mai nella perfetta posizione, perciò tentò di forzarli prendendone uno e standole dietro la schiena, mentre Samuel cercava di prendere e immobilizzare l’altro braccio, ma il risultato era sempre negativo, Valery si dibatteva con molto vigore, e gli altri due non riuscivano ad avere la meglio. Ad un certo punto Samuel, passato dietro a Valery con uno scatto, l’afferrò stringendole ancora un braccio intorno al collo e la mise con la schiena a terra, mentre le lunghe gambe si stagliarono verso l’alto in un movimento frenetico, mise i piedi a terra e cercò di far leva per sollevarsi, ma Richard balzò sul suo addome... dopo dieci minuti di furioso combattimento Richard e Samuel ebbero finalmente la meglio, girarono Valery a pancia in giù mentre cercava ancora di liberare le mani che quei due non mollavano, e si sforzavano per far in modo da avvicinare i polsi.
“Dai, ci siamo....”, disse Richard che per poter agire con più forza aveva allungato una gamba sul collo di Valery che ormai era faccia a terra, “....dai.... dai....”, diceva mentre i polsi di Valery si avvicinavano nonostante la sua strenua resistenza. Con la mano sinistra Richard estrasse le manette dalla tasca dei pantaloni, aspettava il momento propizio per usarle, mentre Samuel non ce la faceva più a tirare il braccio di Valery verso l’altro, e guardava per terra ansimando, con gli occhi socchiusi, finché non giunse alle sue orecchie quel ‘clik’ liberatorio che gli fece comprendere che la lotta era finita. Si girò per guardare quella ‘gigantessa’ distesa a pancia in giù, con le mani dietro la schiena e i polsi ammanettati. Richard era ancora a cavalcioni sopra la schiena di Valery, sfinito, si era chinato in avanti con le mani a terra per sostenersi, ansimava che non ce la faceva più, mentre Valery muoveva ancora i piedi e le gambe lentamente, come volesse riposarsi o in segno di resa.
“Prendi il cappuccio e le corde”, disse Richard. Samuel, che a malapena riuscì ad alzarsi in piedi, andò barcollando fino al punto dove erano rimasti nascosti nell’attesa di quell’evento, prese quanto chiesto da Richard e tornò da lui. “Legagli le caviglie...”, disse Richard a Samuel.
“Legagli... ‘legale’, dovresti dire... è una ‘lady’”, disse Samuel tanto per dire qualcosa.
“Non fare lo scemo, dai....”, lo incalzò Richard.
“Ma di cosa hai paura, ormai? Non può più far nulla...”, rispose Samuel.
“Voglio solo che ce ne andiamo da qui il più presto possibile...”, grignò Richard in tono secco e rabbioso.
“Va bene, va bene...”, disse Samuel. Mentre Richard fece qualche giro di corda attorno ai polsi, Samuel sollevò le caviglie di Valery, e nel legarle sentì che il suo pacco si stava gonfiando, fece per passarsi la mano dentro, quando Richard si girò e lo vide.
“Ma cosa stai facendo?!”, lo sgridò Richard.
“E’ una cosa spontanea. e....”...
“Dammi qua...”, e in un attimo Richard legò strette le caviglie di Valery, avvolgendo la corda poi quasi fino al ginocchio, quindi girò quel corpo a pancia in su, lo mise seduto e con molta facilità fece alcuni giri di corda attorno al torace di Valery per bloccare ancora meglio le sue braccia, quindi la rimise distesa a pancia in su.
“...ma chi siete?... cosa volete da me?...”, chiese Valery, “...tanto, tra poco sarà qui la polizia... Alberto l’avrà già chiamata....”.
“Infatti....”, disse Richard, “ecco che sento le sirene....UAO UAO UAOOOO... ah ah ah... il tuo piccolo amichetto sarà già a cento miglia da qui... è partito come un tornado...”.
“Se trova la polizia”, continuò Samuel, “lo arresteranno per eccesso di velocità... o per guida non autorizzata di un missile terra-aria... ah ah ah...”...
“Vigliacchi.... cosa volete farmi?”....
“Basta domande”, e Richard le mise il bavaglio a palla, la benda sugli occhi ed infilò un cappuccio nero sulla sua testa, mentre Alejandro continuava ad osservare, sperando che quei due si sbrigassero presto.
“E adesso come lo carichiamo sul furgone?”, disse Samuel, “non ce la facciamo a sollevarlo e portarlo fino lì, e io non voglio slegare le sue gambe perché cammini... non si reggerebbe in piedi, è come uno straccio”.
“Come al solito ti perdi in un bicchier d’acqua”, disse Richard. Questi si allontanò per uscire dall’edificio, un momento dopo si sentì il rombo di un motore che si accendeva. A fari spenti, e molto lentamente, il furgone guidato da Richard entrò all’interno dell’edificio abbandonato attraverso una delle grandi aperture che a suo tempo, probabilmente, erano utilizzate da camion per le operazioni di carico e scarico merci. Con una manovra millimetrica in retromarcia, grazie anche all’aiuto di Samuel con le sue indicazioni, il furgone venne parcheggiato molto vicino ai piedi di Valery che, per via del cappuccio, ma soprattutto per l’oscurità, non avrebbe mai potuto leggere sul portellone posteriore la scritta con le insegne della ‘Gothelm Co.’. Richard scese mentre Samuel aprì il portellone e fece scorrere giù il breve scivolo, quindi salì a bordo stando all’estremità posteriore del furgone stesso. Richard sollevò le gambe di Valery e Samuel le afferrò per le caviglie, e si assicurò ancora una volta che fossero legate bene. Richard andò dietro la testa di Valery, infilò le mani sotto le sue ascelle e la sollevò un po’. “Sei pronto?”, chiese a Samuel.
“Sì, pronto....”.
“Forza, allora... oh.... issa”, spronò Richard, e adagio spostarono Valery lungo lo scivolo. In meno di un paio di minuti la ‘gigantessa’ era a bordo, distesa sul pianale, con la testa vicina al fondo dell’automezzo. In base alle istruzioni di Alejandro, Richard mise ai lati di Valery qualche cuscino, quindi la assicurò bene con delle cinture alla struttura del furgone. Fatto ciò scese, chiuse il portellone ed in silenzio, con Samuel, si avviò verso Alejandro.
“Ottimo lavoro, ragazzi”, disse Alejandro a bassa voce anche se erano a venti metri dal furgone, “questi sono per voi”, disse poi consegnando loro il compenso pattuito.
“Va bene, grazie... io sono sfinito, e penso anche Samuel lo sia... ci sentiamo per venerdì, così ci dici com’è andata...”.
“Non dubitare”, rispose Alejandro, “andate a casa, adesso... aspettate però che io accenda il motore del furgone, così da coprire il rumore della macchina di Samuel quando l’accenderete”, e detto ciò si salutarono. Alejandro salì sul posto di guida del furgone e accese il motore, un attimo dopo vide la macchina di Samuel che si allontanava silenziosa nel buio e sorrise. Appena vide che era abbastanza distante spense il motore. Scese e salì nel vano posteriore, accese la luce interna. Vide che Valery era legata per bene, ed anche messa in maniera confortevole e sicura. Volle controllare meglio, e salì per comodità sul suo corpo, di cui poteva sentire il respiro e le pulsazioni. Non resistette alla tentazione, prese fuori da una tasca del giubbotto la sua macchina fotografica digitale comprata appena da nemmeno un mese, sembrava un PC miniaturizzato; la accese e la regolò nel modo più opportuno, con il ‘flash’ e l’autoscatto sui 10 secondi; andò verso la parte anteriore del furgone, fissò in maniera rudimentale la macchina fotografica in modo che l’obiettivo riprendesse tutto quanto, premette il pulsante per scattare la foto ed arretrò di qualche passo, sfoderò uno smagliante sorriso di soddisfazione, quindi pose il piede destro sul ventre di Valery, facendo una leggera pressione e si mise di lato, con le mani ai fianchi e trattenne il respiro. Un attimo dopo si accese il ‘flash’ e si udì il caratteristico ‘clic’. Andò a riprendere la macchina fotografica e rimise il piede sul ventre di Valery, più che altro per restare meglio in equilibrio, guardò com’era riuscita la foto, e dall’entusiasmo premette un po’ sul corpo di Valery, era perfetta, il suo sorriso appariva davvero vincente e vincitore, con il trofeo sotto i suoi stivali di pitone... Marc certamente avrebbe gradito, alla fine, anche quella sua iniziativa. Ripose la macchina fotografica nella custodia e si chinò ancora su quel grande corpo disteso inerme sotto di lui. Le cinture erano a posto, durante il trasporto Valery non avrebbe corso alcun rischio di farsi male sbattendo da qualche parte. Fu un gesto istintivo, prima di scendere e chiudere il portellone, quello di accarezzarle i fianchi e le cosce, ed avvertì un leggero fremito. Fece un breve giro di perlustrazione, raccolse tutto ciò che era da raccogliere, quindi salì nuovamente al posto di guida del furgone, accese il motore ed i potenti fari, e, infine, partì per la meta che si trovava vicina alla periferia, ma da un’altra parte della città, un viaggetto di quasi 20 miglia nella notte... erano già le 22 passate.
Fine 1° parte - Nota: pur essendo certi luoghi di ambientazione in un contesto reale, si fa presente che i nomi dei personaggi e di società, aziende e il settore merceologico sono di pura fantasia. Ogni riferimento a fatti realmente accaduti o persone omonime è puramente casuale
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