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Amélie: La sua Prima Gang


di Membro VIP di Annunci69.it LucasFromParis
10.02.2019    |    11.659    |    11 6.5
"Nel Gioco esiste sempre una sofferenza..."
La frequentazione fra Amélie e me proseguiva da molti mesi ormai. Sbocciava come un fiore sotto i miei occhi. Pian piano imparava a scoprire la sua intimità, i suoi desideri. Aveva quel bisogno che ben capivo, essendo uguale a lei, di mettersi sempre alla prova. Di dimostrare qualcosa. A sé stessa ovviamente. Ero riuscito a infonderle sicurezza e sapeva che non doveva dimostrare nulla agli altri. Tantomeno a me. Io ne ero incantato e la volevo esattamente come era. Non avrei cambiato nulla di ciò che era. La mia Amélie. Quanti incontri fugaci all’hotel! Vennero le sperimentazioni BDSM sempre più audaci. Lei scopriva quel mondo ma anche io, che lo conoscevo e praticavo in modo più superficiale, imparavo a comprenderne tanti risvolti profondi. In qualche modo stavamo crescendo assieme. Beh, poi giunse nelle nostre vite San Luigi e ci si aprirono (ma soprattutto le si aprirono) orizzonti ancora più vasti. Ma questa è un’altra storia. Quando avvertii che avevamo raggiunto un livello di fiducia e di intimità perfetto, osai andare oltre. Osai passare al piano superiore. A giocare con altre persone. A sperimentarci fuori dalla nostra confort zone che a un certo punto finisce per essere, a mio avviso, il vero limite. Sperimentare con altre persone, entrare nel Mondo del Gioco con tutti i suoi pericoli, i suoi trabocchetti. Ma anche le sue infinite possibilità. Creammo un profilo di coppia. E soprattutto iniziammo a frequentare una nota SPA del milanese. Amélie lo adorò fin dalla prima volta. Ancora oggi è con immenso piacere che la frequentiamo assieme. Le poche volte che vi sono andato con altre donne ho avvertito un senso di insoddisfazione. Solo con Amélie riesco a vivere pienamente le sensazioni. Quando siamo assieme nella grande vasca colma di acqua calda, ci fissiamo negli occhi, ci accarezziamo la pelle bagnata. E sono felice. Si, cazzo!, in quel momento sono felice a prescindere da ciò che potrà accadere in seguito. Ma neppure questa è la storia che voglio narrare oggi…

Mi affaccio dalle finestre oggi; fuori il cielo è grigio e triste. Pioviggina. E ricordo. Ricordo una serata di quasi un anno fa. Quella sera pioveva, ma a dirotto. Era la serata di Amélie. Aveva osato confidarmi, un brandello alla volta, la sua fantasia suprema. Una gang. Me lo aveva confidato certa che non avrei giudicato. Ma anche certa che io avrei fatto di tutto per mettere in pratica la sua fantasia. Mi ero segnato pazientemente tutti i piccoli e apparentemente insignificanti tasselli che avrebbero dato vita alla sua serata perfetta. Volevo che lei lo vivesse. Volevo che fosse il suo regalo. Per una volta avrei avuto la forza di mettere da parte il mio maledetto egocentrismo. Avrei messo da parte la mia superficialità. Avrei messo, per una volta!, in un angolo il mio egoismo. Non sarei stato il protagonista. Non sarebbe stato tutto al mio servizio. Mi sarei messo io pienamente al suo servizio. Avrei avuto accesso alla forma di amore più pura. Il piacere di vedere felice l’altro. Non è facile. Non è per nulla facile. Questo racconto è anche una confessione. E’ la confessione di un uomo che si è innamorato. E’ la confessione di un uomo che fa maledettamente fatica a trovare pace ed equilibrio. Un uomo che vuole tutto e che quando lo ottiene non riesce a goderselo. Un uomo che si rende conto di quanta strada deve ancora fare. Un uomo che resta, nonostante le apparenze e le mille conferme che ha ricevuto nella sua vita, fragile. Amélie, mi hai dato e mi stai dando più di quanto alcuna donna mi abbia dato nella mia vita. Mi stai insegnando più di quanto abbia mai imparato in tutta la mia vita. Ed ho iniziato a capirlo ora, dopo quasi due anni. Mi hai lentamente invaso l’anima e il cuore. Ho cercato di fuggire, di tagliare, per noncuranza e vigliaccheria. Hai avuto la pazienza e l’amore (devo dire un grazie enorme a Tiziano per questo!) di ravvicinarti a me.

Quella sera non sapevo nulla. Ero e sono troppo scemo. Non capivo nulla. Sapevo solo di voler realizzare la tua fantasia nei minimi dettagli. Si fa presto a dire gang! Credete sia facile? Non lo è per nulla. Intanto non volevo mettermi in casa chiunque. Volevo persone fidate, educate, che sapessero comportarsi. Li volevo consci del proprio ruolo. Volevo che si attenessero scrupolosamente alle mie istruzioni. Avere il controllo della situazione mi permetteva di lenire la mia sofferenza. E’ un aspetto che ho già sottolineato. Nel Gioco esiste sempre una sofferenza. Una sofferenza buona che ci fa sentire innamorati e coinvolti. La famosa “gelosia adrenalinica”. Ma è un filo dannatamente esile quello. Sono equilibri fragili, da coltivare con cura maniacale. Più profondi sono i sentimenti più ci si mette in gioco. E’ amore o possesso? Dove sta la linea che divide in maniera netta questi due elementi, uno bello e l’altro negativo? Trovai i tre complici adatti, e spiegai minuziosamente cosa mi aspettavo da loro. Tre mi parve il numero giusto. Erano tutti uomini molto decisi. La fantasia di Amélie non prevedeva né dolcezza né delicatezza. Voleva essere la preda di questi maschi. Suscitare la loro bramosa esitazione. Renderli folli di desiderio per il suo corpo. Voleva che si gettassero su di lei come animali abusandone. Non si sarebbe di certo spaventata. Io non avrei partecipato. Volevo da un lato godere lo spettacolo. Dall’altro essere certo che la cosa non uscisse dai binari che lei voleva. Sarei stato il regista. Avrei sorvegliato. Avrei vegliato su di lei in modo che potesse abbandonarsi senza remore né timori. C’era un altro motivo. Non volevo mischiare la mia carne alla loro. Questi maschi erano solo i nostri strumenti.

La serata era stata pianificata con cura. Prima volli passare del tempo da solo con lei. La portai in un locale alla moda. Non ci stufavamo mai un istante di parlare assieme Avevamo sempre qualcosa da dirci. Non le avevo anticipato nulla circa il seguito. Ricordo i suoi occhi brillare innamorati. Ci aprimmo e mi confidai con lei come non avevo ancora fatto prima. E’ talmente più facile togliere i vestiti che coprono il nostro corpo rispetto a quelli che coprono il nostro cuore. Ci stavo arrivando solo ora. E passammo assieme due ore bellissime. Quando ci avviammo pioveva a dirotto. Stretti solo l’ombrello eravamo fradici. Fradici e felici. Quando giungemmo a casa avemmo il tempo di asciugarci e riassettarci. Poi venne il momento. La bendai e la feci inginocchiare seminuda sul letto. La lasciai sola e accolsi i miei ospiti. Entrammo assieme nella stanza. Lei udì i nostri respiri. Respirava affannosamente a sua volta, in attesa. Le dissi che c’erano dei ragazzi lì con me che volevano il suo corpo. Che sarebbe stata scopata e abusata da questi sconosciuti. Iniziò a tremare leggermente per l’eccitazione. Le chiesi di girarsi a pecora per esporre il suo culo e obbedì immediatamente. Commenti grossolani iniziarono a circolare

Nell’atmosfera cresceva l’eccitazione. L’odore del sesso era già presente fra le mura o era solo la mia immaginazione? La mia bellissima Amélie sembrava una vittima sacrificale. Ma era davvero così? O piuttosto il contrario? Non era invece la Dea che si sarebbe fatta omaggiare da quei cazzi duri solo per lei? Chi era la vittima? Chi sarebbe stato usato da chi? E non è questa la magia, ruoli che si invertono? Cose che non sono come appaiono? Gli uomini commentavano ad altra voce lo spettacolo che avevano di fronte. Parlavano di lei come se non fosse stata presente. Parlavano dei loro desideri. Si dicevano l’un l’altro ciò che avrebbero voluto farle. Era una parte significativa della fantasia di Amélie, me lo aveva confessato. Non si gettarono su di lei subito. Volevo far durare la tensione al massimo, il più possibile. Sono certo che la mia donna fosse fradicia in quel momento. Dissi loro apertamente che se la potevano scopare senza troppo riguardi, che era aperta davanti e dietro. Usai apposta questo linguaggio crudo. Mi sentivo come il domatore che tenga al guinzaglio una muta di cani feroci. Al mio cenno si sarebbero gettati. Infine, il mio cenno arrivò.

I cani non erano così feroci come sembrava. Quasi intimiditi all’inizio si avvicinarono a lei e iniziarono ad accarezzarle la pelle. L’eccitazione di Amélie era allo zenith e subito iniziò cercare a tastoni su quei corpi maschili l’oggetto del suo piacere. Cazzi nodosi, duri, caldi, pulsanti. Li accolse fra le sue mani, fra le sue labbra. Era totalmente fuori controllo. I miei complici si dimostrarono all’altezza della situazione, li avevo scelti bene. La Dea venne onorata. I ragazzi si incitavano l’un l’altro. Raramente avevano trovato una donna così libera e selvaggia. Non disse di no a nulla, mentre io continuavo a guardare. Era meravigliosa. Tolta la benda guardava in faccia la gang, e ne godeva in ogni fibra del suo corpo. Bocca, figa, culo, doppia penetrazione. Non le fu risparmiato nulla. E i suoi orgasmi si susseguirono per un tempo che mi parve infinito. Quando l’ultimo sussulto si placò, mi avvicinai a lei. I patti erano stati chiari e i ragazzi si rivestirono immediatamente accomiatandosi. Non li volevo più. Volevo stare da solo con la mia Amélie. Abbracciarla, vedere la felicità nei suoi occhi per il momento che aveva passato. Sapere che avevo fatto qualcosa di bello per lei.

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