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Lui & Lei

La Manager venuta da lontano


di Membro VIP di Annunci69.it LucasFromParis
13.04.2023    |    6.730    |    4 8.7
"Un passo alla volta, senza staccare la bocca dalla sua, la portai fino al muro..."

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Proprio quando penso di aver esaurito gli aneddoti piccanti da raccontare una frase, un dettaglio o un’immagine sorgono spontanee da un qualche cassetto misterioso dentro di me. Mi dico che forse questa vale pena di essere raccontata. Non esiste un vero criterio per scegliere, fra le molte esperienze che ho vissuto, quelle che sento di voler rievocare. E’ una scelta personale e intima che nasce dentro di me. Non sono per forza le più estreme ma quelle che un motivo o per un altro mi hanno lasciato dentro qualcosa di particolare, un sapore che giudico unico. Esperienze che si differenziano dalle altre, foss’anche per un semplice e in apparenza insignificante dettaglio. Questa volta credo fosse lo scenario iniziale ad avermi eccitato in modo particolare.

Noi Europei siamo stati profondamente segnati dal cinema americano; ci siamo abituati a considerare familiari contesto che invece non appartengono al nostro vissuto quotidiano. Nelle grandi città USA abbiamo visto spesso questi bar eleganti, con i loro lunghi banconi e tutti gli sgabelli a fronteggiarli. Abbiamo visto belle donne e uomini affascinanti recarvisi per un drink, magari dopo il lavoro. Si siedono appunti su questi sgabelli, scambiano qualche parola con il barman, ordinano il loro cocktail guardando distrattamente uno schermo. Quello che mi ha sempre colpito è che molto spesso ci vanno da soli, cosa che a mio avviso è molto distante dalla nostra natura irrimediabilmente latina; io credo poche persone in Italia vadano a bar a bere qualcosa da soli. In questi sgabelli ci si conosce, si flirta, ci si seduce nel modo anglosassone, un po’ goffo ai nostri occhi.

Insomma avevo spesso trovato (solo io?) assai interessante questa modalità di conoscenza. Una modalità che non avevo mai avuto occasione di sperimentare in prima persona. Non avevo mai avuto l’occasione prima di quella sera. Va bene, lo ammetto, l’incontro non era propriamente casuale. Era stato concordato fra noi; eppure le circostanze nella quale si era svolto lo aveva fatto assomigliare almeno in apparenza a quel tipo di scenario.

Lei era bionda, il viso di porcellana, gli occhi chiari e gli zigomi alti che solo le ragazze slave possono vantare; veniva da un paese che impropriamente noi chiamiamo “dell’est” quando invece, più correttamente, apparteneva alla sfera mitteleuropea. La Repubblica Ceca è infatti saldamente incastonata nel cuore dell’Europa. La distanza geografica e culturale che la separa dall’Austria è assai inferiore rispetto a quella con la Russia. Ho avuto la fortuna di conoscere il popolo Cèco e di ammirarlo per la sua cultura, la sua educazione e la sua apertura al mondo.

La ragazza era a Milano per affari; la incrociai su una piattaforma di incontri, non un sito dichiaratamente libertino; tuttavia le sua intenzioni erano esplicite. Cercava di incontrare un uomo interessante una sera; non vi erano garanzie né certezze. Ci si vede, si fa conoscenza e poi di decide se e come proseguire la serata. Non era sola, bensì faceva parte di una piccola delegazione. La discrezione era quindi per lei particolarmente importante. Avrebbe dovuto apparire come un incontro di lavoro, benché tardivo e informale. Del resto si sa che gli affari più importanti di decidono nelle sedi meno istituzionali e che molti contratti sono stati abbozzati su semplici tovagliette al tavolino.
L’accordo fra noi fu il seguente: mi avrebbe atteso al bar del suo albergo e lì l’avrei raggiunta. Mi disse che i suoi colleghi sarebbero probabilmente stati presenti nello stesso ambiente che il nostro comportamento doveva essere tale da non ingenerare alcun sospetto in loro. Business outfit per lei e per me. Quel bar era chiaramente uno di quelli eleganti ma anonimi che si trovano in quel genere di Hotel e risentiva inevitabilmente della famosa impronta USA che ho evocato sopra.
Bancone e sgabelli.
Proprio quelli che volevo vedere e sperimentare in prima persona. Come si poteva immaginare l’albergo si trovava fuori città, presso il polo fieristico. Era probabilmente in corso una fiera nella quale l’azienda della ragazza aveva forti interessi e probabilmente uno stand. Non indagai troppo in merito.

Nel buio vedevo distintamente la sagoma di vetro e acciaio stagliarsi di fonte a me mentre mi avvicinavo. Quali emozioni si agitavano in me? Un mix familiare: curiosità, di certo quella era la mia motivazione principale; curiosità di conoscere dal vivo questa persona con la quale, in fondo, avevo scambiato poche battute. Avvertivo poi il desiderio di misurarmi ancora una volta con l’eterno gioco della seduzione. Sarei piaciuto a lei? Lei sarebbe piaciuta a me? Avremmo trovato la sintonia per decidere di andare oltre? Era anche una sfida, naturalmente. Ma non ero ossessionato dall’idea di possederla. Avrebbe potuto succedere come no. Il bello stava lì. La famosa attesa che avevo imparato a non fare mai diventare aspettativa. Non avevo aspettative; stavo per vivere una bella serata e ne avrei goduto qualsiasi cosa fosse successa o meno.

Entrai disinvoltamente nella Hall; i nostri messaggi mi avevano confermato che lei era già lì e mi attendeva. Sulla destra si apriva un corridoio che mi portò direttamente nel bar. Lanciai un rapido sguardo tutt’intorno e subito misi a fuoco una figura seduta al famoso sgabello. Esattamente come avevo visto in tanti film. Altre persone, a coppie o in gruppetti, stavano ai tavoli. Ma al bancone c’era solo lei. Avanzando misi a fuoco il viso che avevo ammirato in foto. Era vestita sobriamente con un tailleur che mi parve nero. Nessuna civetteria nel suo abbigliamento lasciava indovinare la seduzione. Ma la sua gonna era risalita (involontariamente) oltre le ginocchia scoprendo le gambe inguainate in calze scure e coprenti (autoreggenti o collant, è sempre quello il dubbio in questi casi!). Le strinsi la mano in modo amichevole ma asciutto; non sapevo quali fossero i colleghi fra la dozzina di persone che stavano nella sala. Avevo promesso di metterla in imbarazzo ed ero ben deciso a mantenere l’impegno.

Credo che uno dei ruoli maschili durante un incontro, soprattutto se le circostanze lo richiedono in mondo particolare, sia di rassicurare la donna. Rassicurarla su ogni piano. Fare bene attenzione alle sue richieste, non sottovalutarle superficialmente e comportarci come ci viene richiesto siano premesse indispensabili. Necessaria ma ovviamente non sufficienti. Diciamo che sono un prerequisito, il minimo sindacale.

Mi accomodai nello sgabello a fianco del suo. Finalmente mi stavo comportando come un protagonista di un film di Hollywood e questo mi divertiva segretamente. Inappuntabile nel mio completo scuro ero per discutere di affari, magati di una partnership internazionale. Avrei potuto essere un uomo d’affari incontrato quel giorno stesso alla Fiera. Sono certo che la ragazza avesse già pensato a possibili spiegazioni plausibili che avrebbe dato ai colleghi, se fossero stati un po’ ficcanaso il giorno seguente. Ho detto di aver scambiato poche battute in chat con la bionda, ma non sono stato del tutto esatto. Infatti il mio zaino conteneva almeno un paio di oggetti che speravo di poter utilizzare più in là durante la serata, se si fosse fatta più piccante. Ci vennero serviti un paio di Gin Tonic e iniziammo a chiacchierare piacevolmente. Penso che uno dei criteri per cui ero stato prescelto fosse la mia conoscenza dall’Inglese, assai poco diffusa fra manager e pseudomanager Italiani, almeno fra quelli della mia generazione. Non avevo infatti alcun problema a conversare con lei in quella lingua. La parlava molto bene anche lei ed è sempre molto più facile comprendere e interagire con qualcuno che non sia lui stesso madrelingua.

Non ricordo più bene di cosa parlammo. Ricordo solo che tenevamo la voce bassa entrambi, sempre nell’idea di garantire la sua discrezione. Non mi permisi alcun gesto o sorriso ambiguo. Era buffo, di certo i nostri argomenti erano di natura personale, o addirittura intima, ma i nostro linguaggio non verbale obbediva a codici differenti mascherando così le nostre vere intenzioni. Quello che però compresi presto era che l’attrazione c’era. Eccome se c’era. Da parte mia, dato che lei era superba; ma anche da parte sua.

Un uomo esperto capisce subito se sta piacendo o meno. L’attrazione non nasce dalla testa come si crede; o meglio non nasce solo dalla mente. Nasce dal corpo e dal primo chakra. Nasce dall’istinto, da uno sguardo, da un profumo, da un sorriso appena accennato. Quando fui bene certo che lo voleva anche lei, le dissi semplicemente: “What about going to your room now?”. Lo dissi senza spocchia, ma senza incertezze. Lo dissi come un uomo che sente di poter osare quel passo decisivo, di giocare il tutto per tutto. La sua esitazione durò un instante.

Si guardò rapidamente attorno, con quella discrezione di cui solamente le donne conoscono il segreto. Nessun collega in vista. Senza rispondere scese agilmente dallo sgabello e si avviò. La seguii fino agli ascensori. Nessuno ci vide salire assieme su quell’ascensore. Nessuno ci vide emergerne alcuni piani più in alto. Nessuno, infine, ci vide sgattaiolare nella sua camera. La sua privacy era salva e non ero neppure sicuro di essere davvero autorizzato a trovarmi lì a quell’ora!

La ragazza era sicuramente una di quelle che si definiscono “una donna in carriera”; solida, ambiziosa e concreta come sanno esserlo i Cèchi. Aveva una trentina di anni e penso che si dedicasse con grande impegno a questo progetto di vita che le chiedeva di essere anche dura. Le richiedeva di essere certamente forte e assertiva. Le chiedeva di tenere molte cose sotto controllo. Ma come è tipico della natura umana, quando determinati bisogni vengono soppressi il alcuni ambiti della vita, non fanno che riemergere in altri. Ho spesso osservato che più una donna è forte e sicura nella sua vita (o piuttosto è costretta a farlo!) più segretamente desidera essere sottomessa in segreto. Desidera per una volta delegare il controllo, non dover decidere nulla. Desidera essere guidata dal maschio. Entrate nella confidenza giusta con questo tipo di donna e vi sorprenderà sempre! Nello zaino avevo infatti le manette e il mio fedele flogger che, benché sia stato definito “poco più di un gadget” da slave esperte, per una neofita può bastare.

La porta si chiuse dietro di noi; alla luce soffusa che aveva acceso la vidi ampia e lussuosa, di quel lusso anonimo che solo un albergo dedicato alla clientela business internazionale può avere. Una cappa di silenzio pesante era improvvisamente calata fra noi; conoscevo bene quel silenzio. E’ il silenzio di una donna che si rende conto di essere arrivata al momento decisivo. Si era spinta un filo troppo oltre per fare marcia indietro. Non nei miei confronti, dato che avrei capito e rispettato una sua retromarcia. Bensì nei confronti di sé stessa. Aveva mostrato o simulato grande sicurezza, forse la stessa che usava come arma di negoziazione per essere presa sul serio. Ma adesso? Adesso combatteva l’ultima battaglia dentro di sé e io avvertivo il tumulto interno che la agitava. Troppo grande per essere una ragazzina spaurita ma troppo giovane per essere una donna davvero sicura di sé stessa si stava chiedendo se davvero era pronta a sottomettersi sessualmente a quell’uomo gentile, che però in filigrana già mostrava il profilo del lupo.

Mi avvicinai con lentezza, sempre lasciandole il tempo di termarmi. Di fermarsi. Ma non disse nulla…ero ormai vicinissimo e troneggiavo su di lei. Pur non essendo io un gigante, lei era piccolina nonostante i suoi tacchi. La baciai senza parlare, con la dolcezza iniziale che voleva rompere le sue ultime reticenze. Rispose alla mia lingua e compresi in quell’istante che la battaglia era stata vinta. Era mia e l’avrei usata per il suo e mio piacere; per realizzare la sua e la mia fantasia segreta. Un passo alla volta, senza staccare la bocca dalla sua, la portai fino al muro. Quando la sua schiena vi si posò seppe di essere in trappola, nella piacevole trappola che lei stessa aveva voluto.

Il corpo premuto con fermezza contro il suo assaporavo la sua bocca senza fretta. Poi le posai le mani sulle spalle: “turn yourself, face to the wall; now!”. Obbedì senza opporre resistenza. Presi le sue mani e le portai dietro la schiena; fermo, deciso, ma senza alcuna frenesia. Ero in controllo ed era esattamente quello che lei voleva da me. Esperienza e sicurezza. “Tlac” fu il suono delle manette che le imprigionarono i polsi. Era completamente in balia di uno sconosciuto visto solo un’ora prima. Sono certo che questa consapevolezza la eccitò profondamente. Senza difese, non potè opporsi quando alzai lentamente la sua gonna nera. Apparvero le autoreggenti (ed ecco la risposta alla domanda che mi ero posto prima. Fossero stati collant li avrei semplicemente strappati!) il suo culo e l’intimo nero. Accarezzai con forza quelle chiappe sode e invitanti. La manager, da brava manager moderna, curava il suo corpo con lo sport! Stringevo, accarezzavo.
Iniziai a sculacciarla. Prima con delicatezza, per saggiare le sue reazioni per far salire gradualmente la temperatura. Non parlava, non rispondeva. Ma neppure cercava di sottrarsi a quel trattamento brutalmente eccitante.

Comparve il flogger e fu con quello che la colpii. I colpi facevano più rumore che effetti reali. Il dolore, se di dolore si più parlare, era poco più di un pizzicore. Sapevo quanto fosse neofita e graduavo l’intensità guidato dal mio istinto di lupo. Dominante ma non violento in modo gratuito. Ero tremendamente eccitato dalla situazione e desideravo che lei lo fosse altrettanto. Le sue natiche erano solo leggermente arrossate quando mi inginocchiai dietro di lei. Sfilai le sue mutandine e mi apparvero la figa lucida e il suo ano. Fu lì che spinsi improvvisamente la lingua! Non aspettava una invasione così intima e così dannatamente perversa. Provò a dimenarsi a destra e a sinistra ma la tenni ferma e continuai a tormentare con la mia lingua entrambi i buchi coprendoli di saliva

Le ordinai di girarsi. Faccia a faccia le dissi solo “go down on your knees”. Obbedì soggiogata. Era ammanettata e in ginocchio davanti a un perfetto sconosciuto. Sapeva cosa stava per accadere e fu esattamente ciò che accadde. Un rapido movimento della mia mano, il suono di una cerniera che si apre, e il cazzo fu proprio di fronte alla sua bocca. “Open!” fu la richiesta successiva. Non si oppose alla mia invasione e si fece scopare la bocca. Non poteva usare le mani e avevo la sensazione che fosse per lei una situazione del tutto nuova. Cercava di fare del suo meglio, leccava e succhiava. Ma in realtà poteva solo accettare di essere scopata in bocca lentamente e profondamente. La mia mano sulla nuca non le dava scampo, non le dava modo di ritrarsi. E non potè neppure impedirsi di sbavare. Lunghi filamenti di saliva le colavano sul mento e giù sul famoso tailleur nero.

Quando fui soddisfatto del suo lavoro di bocca la alzai e la disposi sul letto a quattro zampe. Non chiese di essere liberata dalle manette e la sua testa era posata sul cuscini. Completamente indifesa e così sexy. Indossava ancora autoreggenti, scarpe e giacca da cui pendevano i seni Mentre la ammiravo io invece mi spogliai completamente. Il suo sguardo era su di me e guardava il mio corpo ormai nudo che si avvicinava a lei. Non era il momento della delicatezza nel tantomeno del romanticismo. Non voleva quello da me; voleva completare la sua esperienza di dominazione (soft, va detto) con una monta animalesca. Dietro di lei ammirai ancora una volta quel meraviglioso paesaggio di femmina. La punta del mio cazzo avvertì immediatamente quanto fosse umida e pronta a essere montata.

Così feci, come un lupo monta una cagna. I movimenti erano forti e secchi. Ebbi la conferma di quanto le piacesse dai suoi gemiti di piacere. Ebbi la conferma quando, finalmente, mi disse anche lei una frase: “fuck me like a slut”. Era una slut, una troia, in quel momento. Voleva essere trattata da slut, godere come una slut. Voleva assaporare il suo momento segreto esattamente così. Dopo poche ore sarebbe tornata l’inflessibile donna di affari, avrebbe negoziato i suoi contratti con la sua competenza e la sua sicurezza. Avrebbe proseguito la sua ascesa professionale. Ma in quel momento, voleva solamente dare vita a una altro suo lato. Non meno importante.

Io fui lo strumento scelto da lei e per lei
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