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Amélie: l'Inizio della Depravazione


di Membro VIP di Annunci69.it LucasFromParis
02.01.2019    |    8.219    |    5 6.5
"Le avevo promesso emozioni forti..."
Non sapevo nulla. Non immaginavo nulla. Ero lontano mille miglia dall’immaginare che quell’incontro sarebbe stato foriero di sviluppi impensabili e profondi. Non sapevo chi fosse Amélie (così sceglierà successivamente di essere chiamata, in ossequio alla regola non scritta per cui quasi tutti scelgono un nome d’arte per giocare). Non potevo immaginare che quel giorno stavo iniziando un nuovo affascinante viaggio nella trasgressione e in definitiva dentro me stesso. Non sapevo quanto fosse affascinante. Non sapevo quanto fosse poliedrica. Non sapevo quanto fosse intelligente.Non sapevo quanto fossimo simili; non immaginavo fino a che punto i nostri cuori e le nostre anime si sarebbero avvicinate fino a toccarsi. Non sapevo neppure che sarebbe diventata una mia allieva – se mi si perdona l’arroganza del termine. E non immaginavo che nel tempo il nostro rapporto sarebbe mutato e approfondito.

Con Amélie ho iniziato un cammino che continua ancor oggi. L’allieva per certi versi ha superato il maestro, o meglio ha seguito un suo percorso che in qualche caso non coincide con il mio. Vive le sue esperienze. Ma torna sempre da me. Siamo due magneti: ci riavviciniamo sempre. Non sapevo nulla. Non immaginavo nulla. Pensavo di aver toccato il massimo quando avevo vissuto l’emozionante relazione con la Lupa. Ma E. era ripartita per la sua strada, e mi ero ritrovato solo. Quel giorno Amélie era per me soltanto Niko. Una donna bella e sensuale. Bionda, straniera. Irresistibile. Era solo un incontro, senza pretese e forse senza domani.

Niko si trovava nelle condizioni ideali per incontrare il Lupo; gli incontri, lo sappiamo, non sono mai casuali. La vita ci pone davanti delle persone per uno scopo. Gli incontri importanti lasciano in ciascuno di noi un segno indelebile. Ero semplicemente la persona giusta al momento giusto per lei. Questo apparve immediatamente chiaro Ma anche lei era a sua volta la persona giusta per me. Questo lo compresi molto dopo, nel tempo. Man mano che imparavo a comprendere e apprezzare la sua profondità. Niko aveva trascorso anni della sua vita nei quali la sua sessualità si era assopita. Addormentata. Era stata mamma; era stata professionista. Ma aveva un disperato bisogno di essere DONNA. Si trovata in un momento di crisi, di passaggio. La sua sensualità non era affatto spenta. Covava sotto le ceneri come braci ardenti. Sarebbe bastato un soffio per farla divampare.

Perché la bella straniera (lo seppi poi) si era data già molto da fare in gioventù. Anni universitari spensierati, sesso nei parchi della bellissima città estera da cui proveniva. Niko amava il sesso, amava gli uomini e amava i maschi. Li conosceva, ne conosceva i limiti e i pregi. Li vedeva per quello che erano e non per quello che lei avrebbe voluto fossero. Occorreva il soffio. Ma un soffio giusto. Vedete, c’è un modo preciso di accendere le braci: occorre mettere la bocca al livello e soffiare delicatamente in un punto. Riprendere fiato, vedere che queste iniziano ad arrossarsi. Poi ricominciare ancora e ancora. Finché come per incanto guizza una prima fiammella. A quel punto si può aggiungere nuova legna e l’incendio divampa. Questa mi pare la miglior metafora di ciò che ho fatto con lei.

Niko si era inscritta su una piattaforma di incontri online: in quel momento le sue fantasie erano alquanto limitate. Incontrare uno sconosciuto, flirtare con lui. E farsi scopare. Sentirsi desiderata era quello che cercava, come rimedio alla sua insicurezza. Era confusa. Non sapeva bene quello che davvero cercava. Sapeva solo che la vita che stava vivendo in quel momento non la soddisfava. Niko porta in sé sempre questo contrasto sbalorditivo: è una delle donne più solide e razionali che abbia mai conosciuto in vita mia, ma questo non la rende affatto arida e calcolatrice. In lei alberga una ricerca, un mondo interiore complesso, ricco, sfaccettato. Una ricerca continua che non le lascia tregua. E che non lascia tregua neppure a chi abbia la fortuna di starle vicino. In quei giorni non osava neppure immaginare che si potesse fare qualcosa di più trasgressivo che scopare uno sconosciuto. Mi disse di aver fatto un solo incontro, dopo un lunghissimo tempo trascorso a chattare. Un incontro che da un lato le era piaciuto, ma dall’altro l’aveva lasciato non del tutto appagata. Niko voleva di più. Voleva immergersi fino in fondo nelle sue fantasie. Niko aveva un animo intimamente sottomesso, lo compresi subito. Non avrei passato settimane in chat inutili. Il lupo azzanna la sua preda senza darle respiro. La attrassi con il mio lato dominante. Neppure lei conosceva la profondità delle sue voglie. Il mio ruolo sarebbe stato quello di guidarla e accompagnarla passo passo attraverso un viaggio dentro la sua stessa intimità. Potrei scrivere, me ne rendo conto, per ore di Amélie e di ciò che stiamo vivendo assieme.
La sedussi con facilità online. Mi diede senza protestare il suo contatto privato e iniziammo a scriverci. Capivo esattamente ogni sua parola e ciò che vi si celava. Intuivo come funzionava il suo mondo emotivo. Mi sintonizzai sulle sue frequenze. La mia capacità di empatia funzionò magnificamente con lei. Sentivo i suoi dubbi, i suoi timori e la sua confusione. Ma avvertii anche la sua determinazione e il suo coraggio. Non era una habitué degli incontri, cinica e disincantata; ma neppure una ragazzina fatua e incosciente. Era una vera donna che cercava sé stesso. Non ero un buon samaritano! Avrei avuto anche io le mie belle soddisfazioni. Intuii che, donna sicura e forte nella vita, cercava uno spazio mentale in cui abbandonarsi alla sottomissione. Conquistai subito la sua fiducia e non la tirai molto per le lunghe. La frase che fece crollare le sue ultime difese fu: “se non vivi ora i tuoi desideri, quando pensi di farlo? A sessant’anni?”. Capitolò.

Le illustrai lo scenario e le diedi precise istruzioni su come vestire. MI eccitava il pensiero si saperla vestita come una zoccola in metropolita, con il cuore a mille, con lo stomaco contratto e la figa umida. Venne convocata. Avevo il dubbio che cambiasse idea, che fuggisse (di certo ne avvertì l’impulso). Che sparisse senza lasciar traccia. Ma ci scrivemmo lungo il suo percorso. A quel punto ero certo che sarebbe stata mia. Che l’avrei avuta. Che l’avrei usata. Che l’avrei montata come una cagna. Ricordo perfettamente quando emerse dalle scale, aveva quel sorriso timido e irresistibile. Era la prima volta che lo ammiravo. Mi fece subito impazzire. Così come mi faceva impazzire tutta la situazione. Solo con la forza delle mie parole avevo convinto una donna perfettamente sconosciuta a seguirmi in hotel. Nessun incontro conoscitivo. La brutale sincerità dei corpi avrebbe parlato. Solo quello. Sapeva cosa la aspettava. Non le avevo promesso carezze, dolcezza e farfalle nello stomaco. Le avevo promesso emozioni forti. Le avevo promesso sottomissione. Ci salutammo; mi seguì subito senza parlare. Chissà che pensieri le attraversavano la pancia e il cervello durante i pochi metri che ci separavano dal luogo in cui sarebbe stata posseduta?

Salimmo silenziosi in camera; il rumore della chiave girata nella serratura fu il segnale che era in trappola. Non ci sarebbero stati ripensamenti. Non esisteva via d’uscita. Fui duro fin dall’inizio. “girati faccia al muro”. Obbedì. “Lo sai perché sei qui vero?”. Sussurrò un “sì”. “Sei venuta qui per essere usata e scopata da uno sconosciuto. Come una troia. Te ne rendi conto? È quello che vuoi DAVVERO?”. Sono certo che in quel momento il suo stomaco si contrasse e la sua figa era già fradicia. Ne avrei avuto poco dopo conferma. Le accarezzai con delicatezza i capelli; poi di colpo li afferrai obbligandola ad alzare la testa. Un piccolo grido strozzato di sorpresa e dolore le uscì. “Alzati lentamente la gonna e mostra il culo”. Vidi le sue mani cercare l’orlo, e farlo risalire centimetro dopo centimetro. Vidi finalmente il suo culo. Sodo e maestoso. La prima sculacciata giunse a sorpresa. Altre seguirono finché la sua pelle si arrossò. Scostai bruscamente il filo del perizoma e vidi subito quando fosse bagnata. La penetrai con le dita e lei, sempre voltata, sussultò. Poi spinsi le dita nel suo ano. Nessuna pietà. Nessun ritegno per lei. Così doveva essere. “Girati e togliti i vestiti!”. Il suo viso era arrossato dall’emozione e dall’eccitazione. Dalla vergogna. Abbassò lo sguardo intimidita e seppi che era mia. Ne potevo fare ciò che volevo. Ma cosa volevo realmente? Solo entrare nel suo cervello. Sconvolgerla. Sedurla in modo così profondo che sarebbe diventata dipendente da me. Mi sfilai lentante la cravatta davanti a lei. Doveva sapere a cosa mi sarebbe servita. Si volto di nuovo. “incrocia le braccia dietro la schiena”. La legai. Presi la frusta in mano: “questa di farà male”, le annunciai. I primi colpi li ricevette in silenzio, poi non riuscì a trattenere grida strozzare di dolore. Di dolore e di piacere.

“Giù, in ginocchio, senza fare storie”. “Sai cosa fare o ti serve un disegno?”. Usavo apposta questo linguaggio duro; faceva parte della messinscena e credo di essere un ottimo attore. Lei sapeva perfettamente cosa fare, com'è ovvio. Iniziò a lavorare di bocca. La situazione mi dava le vertigini. Pensare che mezz'ora prima non ci eravamo mai visti, e che ora era lì in ginocchio a succhiare con cura il cazzo, le palle: tutto questo mi dava in brivido che andava ben al di là delle mere sensazioni fisiche, pur meravigliose, che stavo provando. Non si ribellò neppure quando le afferrai la testa e iniziai a scoparle prima la bocca. Poi la gola. È una pratica che ho sempre adorato. Ho sempre adorato ascoltare quel rumore gutturale; vedere lo sforzo della donna. Vedere la sua difficoltà. Vedere la sua bava che scorre incontrollata. Vidi una lacrima scorrere lungo la sua guancia per lo sforzo a cui l’avevo costretta. Asciugai quella lacrima con il pollice e le dissi “sei stata bravissima”. Lo avevo annunciato. Io non baro mai nel gioco. Non mento. Non esagero. Non mi vanto. Non blandisco. Non faccio il cagnolino. Non mi mostro né diverso né migliore da ciò che sono. Le mie foto sono vere; le mie intenzioni trasparenti. Faccio quello che dico. Dico quello che faccio. Mi sono accorto che, in un mondo nel quale troppi fingono in molti modi, questo sorprende spesso le mie partner. Non ci credono; perlomeno finché non mi mettono alla prova.

Le misi la cintura attorno al collo (non possedevo ancora un guinzaglio, ma proprio grazie ad Amélie colmai questa lacuna). La obbligai a gattonare per la stanza. Volevo vedere fino a che punto potesse arrivare. Non ebbi mai (certo di essere molto attento a questo) la sensazione che lei non volesse ciò che le imponevo. La sua eccitazione era arrivata al punto che iniziò a tremare. Mi accucciai, abbassai la maschera con cui stavo giocando e le rivolsi un sorriso caldo “tutto ok, piccola?”. Sì, era tutto ok per lei. Altre frustate si susseguirono mentre era sdraiata supina. Le cosce, il seno, infine la figa. Continuava a sussultare del tutto fuori controllo. Non appena la mia cappella le sfiorò il clitoride, venne.
La mia lingua assaggiava i suoi umori. Era eccitatissima. Per la prima volta, la prima di moltissime altre, cercavo i suoi punti deboli per farla godere. E quando ci riuscii, fu il momento della monta. Entrai in un lago infuocato, alternavo la forza e la profondità dei miei colpi. Spiavo ogni espressione dei suoi occhi. Le sussurrai “sei bellissima”. E lo era. Non potete immaginare lo spettacolo di quel viso puro ed elegante contratto dagli spasmi del piacere. Infine, la presi analmente. Girata verso di me, con un cuscino a tenerle i fianchi rialzati per accedere facilmente al suo ano. Non oppose alcuna resistenza e provò solo una fitta di dolore iniziale che presso passò. Non avrebbe evitato questa ennesima profanazione e lo sapeva. Senza pietà la aprii sentendola gemere. Niko era fatta il sesso e per il piacere. Ne ebbi la certezza. Non sarebbe stato un incontro senza futuro. Avevamo troppo da dirci e da darci a vicenda. In quel momento desideravo solo che si legasse a me in modo invisibile ma indistruttibile. Quando aprì la bocca per ricevere i miei schizzi fu mia. Da quel giorno. Per sempre. Come mi disse spesso e mi ripete ancor oggi la sua vita cambiò quel giorno e il nostro rapporto unico iniziò. Come un patto d’acciaio. Quello che non avevo ancora capito, io che mi consideravo un uomo che aveva visto tutto e fatto tutto, era che anche la mia vita non sarebbe più stata la stessa. Lei è dentro di me. Ogni istante.
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