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La sorpresa tra le gambe (terza e, forse ultima parte)


di Cazzone76
06.01.2024    |    354    |    2 9.3
"E ogni volta è la scopata più bella della mia vita..."
E giunse giovedì. Ovviamente io ed Elisabetta ci eravamo scambiati numerosi messaggi. Lei, dopo anni trascorsi a Roma, tra teatro e cinema (nelle vesti di organizzatrice) aveva comprato un paio di case ed era venuta a vivere nella mia città. A gestire il business del momento: gli affitti brevi. Giunsi in perfetto orario a casa sua. Suonai e non rispose nessuno. Riprovai tre, quattro volte. Nulla. La chiamai una, due, tre volte. Niente. Il telefono suonava, ma a vuoto. Mi stava salendo una rabbia clamorosa. Mi aveva preso per il culo? A quale pro? Il cognome sul campanello era il suo, possibile una omonimia? Camminavo nervosamente su e giù sul marciapiede quando mi sentii toccare sulla spalla. Mi girai e ciaf. Mi arrivò un ceffone in pieno volto. "Questo per l'altra volta e per aver pensato che ti avessi dato buca. Quando capirai che sono venuta a vivere in questo paesino che definire città solo per te?". Ero nero. Aveva ragione ed io avevo fatto la figura del diciottenne. Dovevo recuperare. Così feci una cosa tanto istintiva quanto stupida. Nella mia posizione. La spinsi al muro e la baciai. Ignaro (ma anche indifferente) di chi potesse vedermi. Salimmo le scale (perché in questo condominio l'ascensore non c'era proprio) avvinghiati, come adolescenti. Le misi una mano sotto la gonna e aveva la fica fradicia. "Ora ti faccio squirtare". Così iniziai a leccarla, e con un dito le stuzzicavo la fica e con uno il culo. Dopo sei minuti scarsi schizzò come una fontana. "Sei un pezzo di merda, non c'era mai riuscito nessuno". La guardai con aria soddisfatta, poi misi le mani dietro la nuca, appoggiata a sua volta sul cuscino. "Ah è così. Mi sfidi. Ti ricordo che non sei mai riuscito a resistere troppo ai miei pompini". E me lo prese in bocca. Quasi fino in fondo. Durai tre minuti e le venni in gola. "Ma quanta roba hai nelle palle!!". Non contenta si misi davanti allo specchio e mi piscio' sul cazzo. Ero di nuovo eccitato. La girai e le infilai il cazzo durissimo prima in fica e poi in culo. "Sai, stamani ho ripensato alla nostra prima volta. Libero di crederci o meno, ma resti, ancora oggi, l'unico uomo che mi abbia mai sborrato in culo". Inutile negarlo: sapeva toccare le corde del mio ego con maestria assoluta. Da quel giorno Elisabetta era diventata la donna del giovedì. In realtà ci sentivamo ogni giorno, 15/20 messaggi. Un giovedì dovevo andare in trasferta, per lavoro, in Abruzzo. Le proposi di venire con me. Accettò con entusiasmo. Avevo prenotato una casa, invece del solito albergo. Un po' di prudenza non fai mai male. Era inverno e ricordo come fossi ieri quel bar nel quale entrammo a prendere un caffè. Ordinai due caffè e poi andai in bagno. Non feci in tempo a sbottonarmi la patta che la sentii urlare. Un demente le aveva appena toccato il culo. "Vediamo se il tuo uomo c'ha i coglioni". Io non feci troppi discorsi. Presi la testa del demente e la sfondai sul bancone del bar. Una, due, tre volte. Fin quando non svenne dal dolore. Si avvicinarono i suoi amici. "Decidete voi. Se volete fare la stessa fine, io son qua. In caso contrario portato questa merda d'uomo fuori di qui. Pagate i danni al barista. E non vi fate mai più vedere". Presi Elisabetta per mano e tornammo in auto. "Sto per dirti una cosa stupida. Dovrei dirti che la violenza è sempre sbagliata, che quel cretino potrebbe denunciarti. Ma, in realtà, non mi sono mai sentita di qualcuno come quando sto con te. Oggi mi hai difeso, mi hai fatto sentire tua. Come una vera donna". Lo confesso, ero eccitatissimo. Arrivammo in casa, lei era appoggiata al tavolo. Le sollevai la gonna. Aveva un paio di collant. Senza mutandine sotto. Avevo il cazzo duro come il marmo. La misi a novanta gradi, le abbassai le calze e la leccai. Poi le infilai il cazzo e andai avanti per oltre venti minuti. "Mettimelo in culo, ti prego". Eseguii l'ordine e in pochi colpi sborrai copiosamente. "Sei magnifico, lo sai vero?". Andò in bagno e la seguii. "Voglio guardarti mentre pisci". Lei non sembrava né sorpresa né infastidita. "Ad un patto. Poi me la lecchi". La stronza sapeva benissimo che mi era tornato duro. E dopo una copiosa pisciata, le leccai la fica, come fosse la prima volta. Quella notte, dopo essere stati a cena in un bellissimo ristorante, scopammo cinque volte. Ero stravolto. "Ho fica e culo in fiamme. Ma sono una donna fortunata. Perché tu sei mio. Anche se poi torni da tua moglie e te non lo ammetterai mai, io so che non rinuncerai mai a me". Aveva ragione. Ma non le diedi la soddisfazione della vittoria completa. La storia di Elisabetta finisce qua. Ma una risposta, cari lettori, Ve la devo. Sì, da quel giovedì la vedo ogni settimana. E ogni volta è la scopata più bella della mia vita
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