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Prime Esperienze

07 - Fughe e ritorni - Legami ed appartenenze


di Coppia-Curiosa90
25.10.2024    |    1.161    |    1 9.0
"Attraverso quel monologo mi specchiavo nella sua inquietudine attuale, nella sua spasmodica ricerca di un nuovo equilibrio dopo che lo avevano obbligato a..."
Le settimane successive al pomeriggio da Franco che precedettero il matrimonio furono dominate da un opprimente senso di colpa e dall’angoscia che venisse rivelato quel mio tradimento.
Ovviamente interruppi le ripetizioni a Franco ed evitai di frequentare ancora il locale di Paolo e Sonia: ogni riferimento a Franco veniva troncato e rimosso dalla mia vita.
Il malessere che provavo non passò inosservato a Marco, che a più riprese mi chiese cosa stesse succedendo, preoccupato che l’organizzazione del matrimonio ed il cambiamento che avrebbe provocato nelle nostre vite mi stesse stressando più del dovuto.
Come potevo confessargli cosa era successo, cosa mi aveva portato nel letto di Franco e sperare che comprendesse fino in fondo le mie ragioni e trovasse la forza di perdonarmi, ricominciando daccapo, quando anch’io faticavo a scusare le mie illusioni?
Quando si accorse che l’abbandono delle lezioni e delle serate al locale non erano dettate da circostanze, ma da una scelta deliberata, mi chiese se fosse successo qualcosa con Franco: stavo quasi per confessare tutto ma, al limite della tenuta nervosa, trovai la forza per mentire ancora.
Gli dissi che Franco ormai aveva raggiunto il suo scopo formativo e che, per qualche battibecco tra le sue amiche, nella compagnia si erano creati dei dissapori e volevo aspettare che le acque si calmassero, senza essere coinvolta nei rancori crescenti.
Credo intuì che non gli avevo detto tutta la verità: riconoscevo lo sguardo dubbioso con cui cercava di indagare la coerenza delle mie espressioni e delle mie parole. Tuttavia, probabilmente per quieto vivere, vista la prossimità del matrimonio e l’allontanamento da quella compagnia, lasciò cadere ogni ulteriore domanda.
Chiusi tutti i miei sbagli a doppia mandata in un cassetto e provai a guardare avanti. La tremenda paura di aver perso tutto mi permise di maturare maggior consapevolezza sull’importanza del legame con Marco e mi pose nella condizione di non dare niente per scontato.


Il giorno del matrimonio fu una vera liberazione, ed il viaggio di nozze l’occasione per rinnovare la nostra appartenenza l’una all’altro. La vicinanza che mancò nei mesi precedenti ritornava prepotente con il suo flusso benefico e ci permise di prendere alcune importanti decisioni.
Al ritorno chiedemmo entrambi il trasferimento in un’altra sede delle nostre aziende, in modo da non dover più patire le reciproche assenze dovute a trasferte ed orari di lavoro intensi.
Le nostre richieste furono accolte senza intoppi e questo ci permise di pianificare anche il trasferimento in un’altra abitazione, la nostra prima casa.
Andammo ad abitare in un piccolo borgo composto da villette a schiera e bifamiliari in una zona periferica rispetto al centro cittadino. Un complesso di nuova costruzione che si stava popolando di giovani famiglie e coppie.
Dopo l’opprimente stato degli ultimi mesi, mi tuffai con gioia nella conoscenza dei nostri vicini: era l’occasione di un nuovo inizio per cancellare la sofferenza patita ed integrarci nella nuova realtà.


Con il passare dei mesi cominciammo a legare con alcune famiglie e coppie in particolare, ed avevamo preso l’abitudine di organizzare a turno delle cene in casa o di uscire in compagnia. Quando eravamo al completo, riuscivamo ad essere anche una dozzina di persone.
Fu un periodo davvero felice, che mi vide particolarmente unita a Marco. Il mio malessere e le mie incertezze erano stati curati con l’amore e la vicinanza.
Di tutte le coppie che vivevano in quel borghetto, ci affiatammo con Veronica ed Alessandro, anche loro neosposi, che si erano trasferiti nella villetta accanto alla nostra insieme ad un cugino di Veronica, Filippo, poco più giovane di noi, che viveva in quella dietro alla nostra insieme alla fidanzata Alessia.
Tutte le villette possedevano un giardino sul fronte ed uno sul retro, il nostro era affiancato a quello di Veronica ed Alessandro e fronteggiava quello di Filippo ed Alessia.
Per comodità, avevamo aggiunto un piccolo cancelletto che utilizzavamo per raggiungere direttamente i cortili attigui in occasione delle cene estive.
In Veronica stavo ritrovando la stessa sintonia e complicità che avevo con Serena: grazie a questo nuovo legame il distacco da quella realtà in cui avevo vissuto per lungo tempo si faceva sentire meno doloroso.
Alessandro invece era un uomo pratico a cui piaceva aggiustare le cose, e grazie a questo suo pragmatismo si trovava bene con Marco.
Filippo ed Alessia erano due fidanzati da copertina: giovani, belli ed innamorati. Filippo mi ricordava tantissimo Giulio, forse una versione più concreta e simpatica del mio primo amore; Alessia invece era una ragazza riservata e determinata che, a detta di Veronica, era riuscita a prendersi Filippo sgominando una fitta concorrenza femminile e portandolo direttamente ad una felice convivenza.


Vuoi che con l’inverno non vivessimo tanto il giardino e quindi non ci incontravamo all’aperto, vuoi che, nonostante uscissimo spesso tutti insieme, Filippo ed Alessia preferivano andarsene per i fatti loro, non notammo subito un cambiamento che avrebbe influito sulla serenità del nostro gruppo.
Da qualche tempo Alessia non si vedeva in giro e non usciva con noi la sera, anche se talvolta c’era Filippo. All’inizio pensammo a trasferte di lavoro, ma il protrarsi della situazione rese l’assenza evidente: un’assenza che né Filippo, né Veronica si premuravano di giustificare. Un giorno presi in disparte Veronica e le chiesi spiegazioni: lei mi disse che i due si erano separati per via di un tradimento. Alessia lavorava con il suo ex fidanzato, e per ragioni che neppure Veronica sapeva bene perché il cugino non si era confidato fino in fondo, c’era stato un ritorno di fiamma ed erano andati a letto. Alessia l’aveva confessato a Filippo ed era successo il finimondo.


La notizia mi fece rivivere un incubo da cui credevo di essere uscita. La storia di Filippo ed Alessia si sovrapponeva a quella mia e di Marco, ma con un finale differente e solo per la mia omertà. Alessia era stata più coraggiosa e dignitosa di me, ma non aveva trovato comprensione ed aveva perso il fidanzato.
Veronica mi parlava, ma io coglievo solo gli aspetti che più aderivano alla mia storia con Franco e mi trovavo a disagio ad accogliere quelle confidenze. Evitai di toccare quell’argomento con Filippo e soprattutto con Marco, temendo di far trasparire la mia agitazione e rischiare di espormi.


Nei mesi successivi Filippo reagì in un modo totalmente inaspettato per me e che fece preoccupare Veronica: quasi non lo riconoscevamo. Cercava ed ostentava conquiste femminili, in preda ad un avvelenamento da testosterone, come se volesse dimostrare a tutti, o forse solo a sé stesso, che la fine dell’amore con Alessia non lo aveva sconfitto ed umiliato. Lui, sempre desiderato, sempre in primo piano, si era ritrovato a coprire il ruolo di rincalzo.
Veronica non riusciva a parlargli, e mi chiese aiuto, sperando che con me riuscisse a dialogare, ma non volevo confrontarmi con lui perché sentivo troppo vicina la mia posizione a quella di Alessia.
Purtroppo, non potei esimermi a lungo e dovetti affrontare tutti i miei fantasmi. Non sapevo cosa dirgli esattamente, o come convincerlo ad uscire da quell’affanno: per quanto pianificassi un discorso, trovavo ogni soluzione insulsa.
Lo incontrai per caso una sera di primavera in giardino: ero uscita a sbattere la tovaglia della cena e lo vidi seduto sullo sdraio a fissare le stelle. Anche se ero impreparata, cercai di avvicinarmi e tentare un dialogo che riuscisse a sollevargli il morale.
Cominciammo a parlare del nulla ed a girare intorno all’argomento più spinoso, io perché temevo riaffiorasse forte il senso di colpa e lui perché aveva intuito che non ero lì per caso.
Il tempo passava e discutevamo di tutto, senza mai nominare Alessia. Poi, come se la tensione fosse arrivata ad un punto insostenibile, di colpo tutto il suo turbamento, la rabbia, l’umiliazione, la paura di aver trascurato qualcosa del rapporto con la sua ex fidanzata, le mancanze reciproche e la voglia di rivalsa cominciarono a fluire attraverso le sue parole, senza sosta, e si abbatterono su di me.
Attraverso quel monologo mi specchiavo nella sua inquietudine attuale, nella sua spasmodica ricerca di un nuovo equilibrio dopo che lo avevano obbligato a mettere in discussione tutto quello che aveva dato per sicuro fino ad allora. Quante volte avrei voluto interromperlo per dirgli: “Anch’io ho provato lo stesso, anch’io mi sentivo estranea alla mia vita”, ma come avrei potuto spiegare il resto? Dire ad un uomo ferito che anch’io avevo perso la testa per un altro? E poi raccontargli come avevo trovato la forza di reagire, la motivazione per evolvermi, senza smascherarmi?
In un certo senso eravamo simili, o almeno lui somigliava a quello che ero stata io. Adesso ero più forte rispetto a lui, perché ero andata avanti ed avevo trovato il modo di riportare armonia nella mia vita, mentre lui doveva ancora uscire dal vicolo cieco in cui si era cacciato.
Non sapevo cosa dirgli, così feci l’unica cosa che sentissi genuina ed utile: lo abbracciai, come una sorella, come un’amica, provando a trasferirgli con quel gesto tutta la forza che avevo guadagnato ma che non potevo giustificare.
Quando rientrai in casa Marco mi chiese com’era andata e l’unica cosa che mi venne voglia di fare fu baciarlo e piangere di una strana gioia perché avevo compreso attraverso Filippo tutta la forza di carattere che avevo dimostrato superando la storia con Franco.


Non saprei dire se fu grazie a quelle chiacchiere serali, o semplicemente fosse merito del tempo che aggiusta le cose, ma Filippo tornò lentamente ad essere la persona solare che avevamo incontrato più di un anno prima, anche se ancora tentava di pavoneggiarsi a uomo di mondo per la sua conoscenza dell’universo femminile maturata in quei mesi, attirandosi l’ironia mia e di Veronica. Punzecchiarlo e ridere del contegno che ostentava era un passatempo divertente.


Nel frattempo, Marco riprese ad effettuare alcune trasferte per lavoro che lo tenevano lontano da casa per un giorno o due durante la settimana. Fortunatamente, non erano così incalzanti e vivevamo serenamente il nostro matrimonio. Anzi, avevamo ritrovato la soddisfazione per qualche gioco del passato, come le chat erotiche, specie quando lui doveva assentarsi per più giorni. Mi adulava e mi spingeva sempre verso quell’esibizionismo che gli sarebbe piaciuto praticassi davvero.
Arrivò l’estate ed il borgo cominciò a svuotarsi per le partenze dei vacanzieri. Anche Veronica e Alessandro partirono, lasciandoci senza la nostra compagnia abituale.
Marco venne coinvolto in un lavoro impegnativo e dovette posticipare la sua pausa estiva a fine agosto, e così mi ritrovai a casa in ferie una settimana prima di lui. Sentivo la sua mancanza in quelle calde giornate vuote e solitarie ed avrei tanto voluto essere al mare con lui, ma il più delle volte dovevo ripiegare su uno sdraio in giardino.


Un caldo pomeriggio decisi di fare un bel bagno di sole per anticipare l’abbronzatura che avrei conquistato in spiaggia. Sdraio, telo mare, costume, crema, occhialoni da sole, un bel cappello di paglia a tesa larga, un libro ed il cellulare per la musica erano il mio armamentario per trascorrere qualche ora di relax. Mi distesi supina e cercai di leggere un po', ma la stanchezza post-prandiale stava prendendo il sopravvento e le righe della pagina si intrecciavano senza senso. Decisi di abbandonare la lettura e, calandomi il cappello sugli occhi mi appisolai.
Un piccolo segnale dal telefono mi svegliò quasi subito: era un messaggio da parte di Marco che mi chiedeva come andava o se mi stavo annoiando. Gli risposi che ero andata a prendere il sole in giardino, e subito lui mi rispose di coprirmi, che non voleva che qualche ragazzino del vicinato ci rimettesse la vista. Sorrisi a quella battuta e gli dissi che non c’era problema: erano tutti partiti per il mare.
Appoggiai il telefono al tavolino accanto allo sdraio e ripresi la lettura interrotta poco prima.
Da sotto il cappello colsi del movimento sotto il portico della casa di Filippo: il cugino della mia amica era uscito anche lui e stava cominciando a fare un po' di esercizio con gli attrezzi che aveva installato all’aperto. Lo vidi salire sulla cyclette e cominciare a pedalare, guardando ogni tanto nella mia direzione ma senza salutarmi, come se non volesse attirare la mia attenzione.
Assecondai questa scelta e feci finta di non averlo visto continuando a prendere il sole: mi divertiva quella sua nonchalance nello sbirciare verso di me cercando di non farsi notare. Il Dongiovanni de noialtri non era così freddo e distaccato come cercava di farci credere: aveva ragione Veronica, suo cugino si atteggiava a “tombeur de femme” solo per camuffare la scottata patita con Alessia.
Comunque, vederlo così interessato alle mie forme mi divertiva e lusingava, così decisi di giocare un po' con lui alla gatta ed il topo, tanto per provocarlo.


Sempre senza dare l’impressione di averlo notato mi alzai a sedere e mi ridistesi prona sullo sdraio, riposizionandolo in modo che potesse vedermi di fianco, e mi slacciai il reggiseno rimanendo sempre adesa al telo mare. Dalla sua posizione, Filippo colse il mio movimento e poteva sicuramente distinguere il rigonfiamento dei miei seni schiacciati contro il lettino. Lo vidi rallentare la pedalata durante tutto il mio armeggiare con il pezzo superiore del bikini, e non potei trattenermi dal sorridere per la magnifica riuscita della mia “missione”. Soddisfatta dello scherzo ed intenzionata a raccontarlo a Veronica, mi riappisolai.


Forse era passata una mezz’ora o forse di più, non ricordo benissimo, quando fui ridestata di soprassalto dallo squillo del telefono. Mi alzai a sedere ancora intorpidita dalla dormitina e risposi al cellulare: era Marco. Mio marito mi disse che sarebbe rientrato dopocena perché avevano avuto noie durante l’intervento ed i tempi previsti per la manutenzione si erano allungati. Con la testa ancora annebbiata dal caldo e dal sonno, capii gli elementi essenziali del discorso, utili per organizzare la mia serata: pezzo rotto, ritardo, arrivo dopo cena, mangio in autostrada. Risposi “ok” a tutto e riattaccai. Eccolo di nuovo in ritardo, proprio prima della partenza per le vacanze: di sicuro mi sarebbe toccata gran parte della fatica dei preparativi!
Mentre riappoggiavo il cellulare sul tavolino, guardai verso i piedi per cercare le ciabatte e tornare in casa, quando mi accorsi del guaio: sovrappensiero non mi ero rimessa il top e adesso me ne stavo a seno nudo in mezzo al giardino. Istintivamente guardai verso il portico di Filippo ma non lo vidi alla cyclette: un sollievo che durò poco perché era poco più in là, in piedi davanti alla porta della cucina che mi guardava. Presa dall’imbarazzo mi coprii con l’asciugamano e corsi dentro casa, colta alla sprovvista da quell’imprevisto.
Che figura! Che scema! Giocavo a fare la provocatrice ed ero finita con l’inciampare goffamente. Ero rossa dalla vergogna perché non mi era mai capitata una situazione simile. Chissà che idea si era fatto Filippo? Magari pensava che lo avessi fatto apposta!
Cercai di calmarmi e decisi che era meglio evitare di uscire nuovamente. Andai a farmi una doccia lunghissima e mi rivestii. Non avevo una gran fame e così per cena decisi di prepararmi un’insalatona leggera. Ogni tanto spiavo verso la casa di Filippo per vedere se c’erano reazioni anomale, ma non vedevo nulla.
Stavo sbocconcellando l’insalatona e curiosando qualche notizia dal cellulare, quando mi arrivò un messaggio di Filippo. Aveva ordinato una pizza normale, ma gliene avevano consegnata una maxi per sbaglio, e siccome non voleva buttarla via, mi chiedeva se volessi condividerla.
Ecco, il guaio era fatto. E adesso che gli avrei detto? Accettavo col rischio di sembrare interessata, oppure rifiutavo col rischio di indispettirlo? Che cosa gli era venuto in mente di fare? I secondi passavano dal momento della visualizzazione ed io non sapevo che pesci prendere. Probabilmente rifiutando avrei manifestato ancora di più il mio imbarazzo, così decisi di accettare, ma avremmo mangiato in giardino, all’aperto e bene in vista per evitare gli venissero in mente iniziative inopportune.
Contrariamente a tutti i miei timori, la serata scivolò via senza problemi. Lui non accennò minimamente all’incidente pomeridiano e chiacchierammo con piacere del più e del meno. Nonostante la tensione iniziale mi stavo rilassando in sua compagnia. Sentivo che Filippo mi era familiare ed affine; continuammo a chiacchierare perdendo la cognizione del tempo, e quando rientrò Marco, eravamo ancora seduti in giardino a gustare un digestivo. Andammo avanti per un’altra ora tutti e tre a parlare e scherzare, finché non fu oscenamente tardi.



Durante quell’estete io e Filippo ci scambiavamo spesso messaggi, raggiungendo il numero di quelli che inviavo a Veronica, tanto che divenni per entrambi i cugini una buona amica.
Con la ripresa del lavoro, Marco fu inviato spesso in una consociata della sua azienda per complessi interventi manutentivi, ed era Filippo che mi accompagnava alle nostre uscite di gruppo con Veronica ed Alessandro. Con il tempo, divenne spontaneo scambiarsi confidenze sempre più personali.
Filippo fu una piacevole novità di quell’estate ed in autunno divenne una compagnia regolare delle mie giornate, come lo era Veronica. Con lui ci sentivamo nelle pause del lavoro, ci ritrovavamo in giardino, al supermercato e mi faceva pesare meno l’assenza di mio marito.
La cugina era partecipe a molti dei nostri incontri, ed una volta, tirandomi in disparte mi disse scherzando: “Sembrate quasi una coppietta! Ormai da più retta a te che a me: speriamo che Marco non sia un tipo geloso!”.
Quella frase buttata lì mi colpì più di quello che lasciai intendere. Mi ero accorta dell’assiduità dei nostri appuntamenti e dei nostri contatti, che mi impegnavano nei tempi che solitamente avrei dedicato a comunicare con Marco. Anche Marco avvertì la mia discontinuità ed assenza quando era lontano, e talvolta anche quando rientrava a casa.
Per evitare complicazioni, ulteriori osservazioni e conservare comunque il piacere di trovarmi con Filippo, cominciai ad omettere a Veronica tutte le volte che mi sentivo con suo cugino. Sapevo che quell’atteggiamento potesse sembrare sospetto, ma in realtà cercavo di vivere con serenità l’amicizia con entrambi i cugini.
L’unica confidenza che non feci mai a Filippo in quei primi mesi riguardava la mia storia con Franco. Temevo di perdere la sua stima e quindi la sua amicizia se gli avessi confessato che avevo (quasi?) tradito mio marito come Alessia, la sua ex ragazza, aveva fatto con lui.
Con l’incremento progressivo della sintonia con Filippo, mi doleva tremendamente quel silenzio, più di quanto non mi fosse pesato conservare quel segreto con Marco. Non dire niente a mio marito era questione di sopravvivenza del nostro rapporto, ed il fine giustificava l’omertà.
Tacere con Filippo equivaleva a adombrare l’amicizia con un’anima affine, che forse a quel punto, nonostante le mie paure, avrebbe saputo accogliere quella colpa. Decisi di rischiare ed aprirmi a lui.


Una sera, di ritorno dal cinema, mi fermai in macchina con lui a chiacchierare decisa a chiarire ogni cosa. La presi larga, ma alla fine gli raccontai tutto di Franco, del mio pentimento, del mio silenzio con Marco e della fuga in un’altra regione. Glielo dissi tutto d’un fiato, senza aspettare repliche, e non potei fare a meno di commuovermi. Lui ascoltò in silenzio e non disse nulla. Mi aspettavo una reazione forte, forse arrabbiata, ma continuava a non succedere nulla. Passò quello che credetti un tempo infinito in attesa di un suo gesto, e quando si mosse, mi stupì: anche lui commosso, mi accarezzò asciugandomi le lacrime. Quella carezza, la sua mano che sfiorava la mia guancia sciolse il grumo di risentimento verso me stessa e senso di colpa che si era sedimentato molto tempo prima: ora mi sentivo più libera e pulita grazie alla sua comprensione, al perdono di chi aveva subito lo stesso danno. Mi meravigliò il beneficio di quella coccola inattesa e mi chiesi se anche Marco avrebbe fatto lo stesso, se anche lui avrebbe guarito quel che restava da sanare nel mio animo. Chiusi gli occhi un attimo, godendomi il calore del suo palmo sul viso. Quando li riaprii lo vidi avvicinarsi e fu inevitabile accostare le mie labbra alle sue. All’inizio fu un bacio nato in un contesto di commozione, poi divenne un consapevole bacio di appartenenza. Ci fermammo un attimo e poi ci rituffammo l’una nell’altro, liberando un altro bacio fuori da ogni fraintendimento. Ci interruppe solo il passaggio di un vicino che portava la spazzatura. Quell’imprevisto mi permise di riordinare un attimo i miei pensieri e prima di andare oltre fuggii a casa, lasciando Filippo in auto senza una giustificazione precisa.


Il giorno seguente ci trovammo da lui per parlare di quanto successo. Gli dissi che in quel momento ero confusa, che avevo bisogno di tempo per riflettere. Lui mi rispose che dovevo imparare ad assecondare i miei sentimenti, senza essere troppo cerebrale e soffrire ancora. Mi disse che, se avevo confessato solo a lui di Franco, forse era perché volevo con lui un rapporto il più possibile sincero e profondo: un legame unico. In questi mesi aveva avuto la chiara idea di essersi innamorato di me, e la sera prima aveva avuto la prova che era un sentimento corrisposto. Mi chiese di abbandonarmi all’onda emotiva che ci aveva travolto ed avvicinato nella sua auto.
Lui mi voleva, ed io cominciavo a capire quanto lo desiderassi, forse ne ero davvero innamorata: mi ero trovata tanto coinvolta sentimentalmente solo per Marco.
Marco, mio marito, l’uomo che avevo scelto per condividere la mia vita: non potevo ignorarlo un’altra volta in un momento così drammatico, come avevo fatto un paio d’anni prima. Chiesi tempo a Filippo per prendere una decisione, e lui avrebbe dovuto accettarla, qualunque fosse stata.



Ero di nuovo combattuta, divisa internamente, ma a differenza di quando cedetti a Franco, questa volta avevo il coraggio e la maturità necessaria per affrontare di petto la situazione, in campo aperto.
Dovevo risolvere questa cosa e dovevo risolverla insieme a Marco, per noi.
Approfittai di un periodo abbastanza tranquillo per lui, in modo che non ci fossero altre tensioni ad inquinare il dialogo, e affrontai la questione, cominciando da Franco per arrivare a Filippo.
Non c’era un modo indolore per trattare il problema.
Mi aspettavo di tutto, temevo il peggio, ed ancora una volta fui sorpresa dalla piega che presero gli eventi.
All’inizio Marco non comprese immediatamente cosa fosse successo con Franco, o non voleva capire. Pensò che avesse abusato di me, ma poi quando gli fu tutto chiaro, lo vidi sbiancare, aveva le mani gelide come se il cuore avesse smesso di battere, incerto se valesse la pena proseguire il percorso. Gli raccontai del mio calvario interiore, del percorso di guarigione e di come questo sentiero avesse intrecciato quello di Filippo. Poco alla volta prese colore e calore, iniziando a sua volta a chiedermi tutto quello che gli era sfuggito negli ultimi anni: esigeva conoscenza, nonostante gli causasse dolore.
Discutemmo fino a notte fonda, quando finalmente mi lasciai andare tra le sue braccia perdendomi in un bacio infinito. Mi portò in camera e mi spogliò nella penombra, percorrendo con le mani e le labbra ogni curva del mio corpo. Mi prese con un desiderio rinnovato e fui profondamente sua, come non lo ero da tempo. In quell’unione dimostravamo ad entrambi quanto ci appartenessimo, oltre ogni difficoltà affrontata. Ero sua moglie, la sua donna, la sua amante come non avrei mai potuto esserlo per nessun altro. La sua passione fluì dentro di me spazzando via finalmente ogni scoria del passato.


Passarono due giorni prima di trovare la giusta occasione per contattare Filippo. Lo chiamai e gli chiesi di vederci a casa sua l’indomani prima di cena. Forse ci sarebbe voluto del tempo per spiegare tutto, ma dovevamo vederci perché ero pronta a chiarirmi con lui.
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