Gay & Bisex
Il Venditore Ambulante - Marco VIII -
di Soundserio
27.02.2016 |
5.823 |
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"Lui era li comodo, ancora sul divano di fronte allo specchio, completamente nudo, gambe divaricate e la sua mano impugnava stretta quella mazza calda, ..."
Rinchiuso in camera non facevo altro che pensare a quella scena vista sino qualche minuto prima, il mio pacco era gonfissimo e bagnato, dovevo farlo esplodere. Lo tirai fuori e inizia a masturbarmi sul letto pensando a quel palo che avevo appena visto. L’orgasmo non tardò ad arrivare, feci quattro forti schizzi che mi ricoprirono la pancia e anche il volto dalla potenza dell’orgasmo, la cosa non mi preoccupò più di tanto, mi leccai i baffi e poi mi ripulii il resto del corpo. Per un soffio Raffaella poteva scoprire tutto nel peggiore dei modi. Guardai l’orologio che non segnava le 19, ma le 18.30 circa. Fosse arrivata qualche minuto dopo mi avrebbe trovato nella sua camera ai piedi del suo scettro che palesemente volevo rubarle. Dopo circa un’ora feci capolinea in cucina dove si trovavano i due fidanzatini. Salutai e iniziai a chiacchierare con loro, Marco non presentava gran segni di disagio, certo un po’ di imbarazzo lo aveva, era palese, ma questo valeva anche per me, noi due non avevamo questo tipo di confidenza. Raffaella prese una padella dallo scolapiatti e domandò se volessi cenare con loro e ovviamente non declinai l’invito. Chi aveva voglia di cucinare, al massimo mi sarei messo a lavare i piatti. Durante la cena si parlava del più e del meno e poi uscì fuori che Raffa l’indomani doveva partire, al sud dell’isola, suo fratello fu ricoverato proprio quel pomeriggio per un’appendicite che avrebbero operato da li a domenica, perciò voleva stare vicino alla famiglia. Ecco, spiegato il rientrò in anticipo, doveva preparare le valigie. Inizialmente non realizzai subito, ma qualche istante dopo compresi che davanti a me si presentava un intero week end di solitudine con Marco. Perbacco, la fortuna oggi ha proprio deciso di assistermi. Una volta finita la cena e dopo qualche chiacchiera futile lei si precipitò in camera a preparare il bagaglio a mano, io iniziai a ritirare dal tavolo i resti della cena e Marco silenzioso guardava la partita che trasmetteva il televisore. Tra noi non ci fu alcuna parola, il totale silenzio, lui era concentrato sul derby e io sulle stoviglie. Il silenzio venne interrotto da una voce che giungeva dal corridoio, Raffaella chiedeva soccorso al suo uomo per chiudere la valigia. Per raggiungere la camera, Marco avrebbe dovuto attraversare la cucina e passare proprio dietro me che stavo in piedi con la spugna e il detersivo alla mano. La nostra cucina non è molto grande, o meglio il tratto tra il lavandino e il tavolo non lo è da quando la donna di casa acquistò quell’enorme tavolo da sei posti, perciò due persone contemporaneamente non possono passare se non a stretto contatto. Marco si alzò e venendomi incontro feci finta di stringermi il più possibile al lavandino, lui passò dietro lentamente poggiando le sue grandi mani sui miei fianchi e scivolandomi dietro appoggiò la sua mazza sul mio fondoschiena, sentii per la prima volta la consistenza del suo pacco. Non era duro, ma faceva la sua bella figura anche mentre stava a riposo. Istintivamente nel sentire quel contatto inarcai la schiena e tirai indietro (ovvero verso lui) il mio culetto che divenne caldo nella frazione di un secondo. Lasciò i miei fianchi e sparì dalla porta. Mi ritrovai cosi ancora una volta con il cazzo completamente turgido. Cercando di nascondere l’eccitazione conclusi di sistemare e andai a salutare Raffa, che l’indomani sarebbe partita presto, per poi rintanarmi in camera scombussolato dalla serie di eventi di quella giornata. Avevo bisogno di staccare la spina, ma non prima di aver dedicato un’altra sega a quel palo che mi sfiorò le chiappe. Accesi la tv e mi addormentai come un bambino la sera prima di ogni Natale. Il giorno dopo mi svegliai tardi, Raffaella era già partita, in cucina vi erano le due tazzine sporche della colazione e la caffettiera lasciata pronta per me. Feci colazione e una bella doccia calda, Marco oggi lavorava sino a tarda serata e probabilmente, come tutti i venerdì, sarebbe andato direttamente dal lavoro all’allenamento di calcio, infatti la sua sacca sportiva non era riposta al solito posto. Mi organizzai la giornata tra studio, pulizie casalinghe e commissioni varie lasciando libera la cena e la serata. Quando arrivarono le 21 la porta di casa si spalancò e Marco fece il suo ingresso con addosso la tuta della squadra e un po’ di sporcizia del campo sportivo gli ricopriva il volto. Salutò frettolosamente e andò dritto in doccia chiudendo la porta del bagno. Non mi feci abbattere da quella porta chiusa, anzi rimasi sul divano della cucina incollato al televisore con addosso lo slip e la t-shirt. Non sapevo cosa sarebbe accaduto, ma di certo non volevo rinchiudermi in stanza solo. Una volta uscito dal bagno venne in cucina, non indossava la maglietta ma solo un pantalone sportivo, mi domandò se volevo un pezzo della pizza che da li a poco sarebbe arrivata a domicilio, ma gentilmente rifiutai l’ invito affermando di aver già consumato la cena. Divorò la pizza, spense la luce alta della cucina e lasciò accesa quella bassa, si accomodò accanto a me e mi sorrise. In tv mandavano uno di quei programmi televisivi comici come Zelig o Colorado che guardammo sganasciati dalle risate. Durante la pubblicità scappò in camera e tornò poco dopo con il tubetto di ketoprofene alla mano, si sfilò il pantalone e rimanendo in piedi, di spalle alla tv, poggiò un piede scalzo sul divano, aprì il tubetto che teneva alla mano e iniziò a spalmarsi la crema sulla gamba con dei massaggi. Guardandolo notai che faceva fatica ad arrivare al polpaccio cosi mi offrì volontario per aiutarlo, mi ringraziò passandomi il tubetto. Iniziai a spalmare la crema su quella gamba muscolosa e dolorante, le mie mani si muovevano in maniera lenta a partire dalla caviglia andando a salire, sugli stinchi, polpaccio, ginocchio, coscia e interno coscia, salivo e scendevo su quei muscoli delicatamente e con movimenti ondulatori disegnavo piccoli cerchi. La carrellata di comici sul palcoscenico riniziò , ma noi non ci rendemmo conto, le mie mani vogliose del suo corpo non si fermavano, proseguivano salendo sulla coscia, sulla chiappa e andando a finire nell’interno coscia. Notavo che il suo slip iniziava a gonfiarsi e la cosa mi eccitò parecchio, tanto da proseguire a percorrere quello stesso tratto più volte – coscia, gluteo e interno coscia – inutile dire che le mie mani sarebbero volute andare a finire su quello scettro nascosto, ma era ancora presto. Il mio sguardo incrociò il suo, ci fu un sorriso di imbarazzo e continuai a massaggiarlo ancora un po’ finché levò il piede dal divano e tornò a sedersi accanto a me. Rimasi un po’ spiazzato da quella interruzione, sembrava che lui gradisse le mie mani , ma forse un brivido di paura poteva aver invaso i suoi pensieri bloccandolo. Finimmo di guardare il programma insieme uno accanto all’altro e quando i titoli di coda apparvero sullo schermo lui si alzò dicendo che andava a distendersi perché stanco. Francamente rimasi deluso da quelle parole. Solo e sconsolato sul divano della cucina iniziai a pensare che forse mi ero fatto troppi film e che l’ accaduto della sera prima era soltanto un immaginazione. Quando la noia prese il sopravvento, spensi il televisore e uscii dalla cucina. Mentre attraversavo il corridoio notai che la camera della coppia non era chiusa, ma ancora una volta socchiusa, la leggera luce dell’abat jour illuminava la stanza, mi soffermai a sbirciare e finalmente rividi quel palo che il calciatore di casa possedeva nascosto tra le gambe. Lui era li comodo, ancora sul divano di fronte allo specchio, completamente nudo, gambe divaricate e la sua mano impugnava stretta quella mazza calda, turgida e vogliosa. Si segava il palo in maniera delicata e intensa ammirandosi allo specchio mentre continuava a fare su e giù con quel braccio possente e virile. Non passò molto tempo quando mi notò ancora una volta dietro la porta ad ammirarlo, gli sguardi si incrociarono un’altra volta. Non distoglievo i miei occhi dai suoi, neppure mentre mi sfilai la maglietta rimanendo in slip a palparmi. Il silenzio dell’appartamento fu interrotto dal suo modo di ansimare pacato e regolare, continuava a fissarmi e toccarsi, questa volta non potevo resistere, feci un passo avanti e aprii la porta andandogli incontro, mi inginocchiai davanti al suo fucile, ci guardammo in silenzio, liberai lo scettro dalla sua mano per impugnarlo con la mia destra, lo scappellai e lo feci affondare lentamente lungo la mia bocca.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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