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Gay & Bisex

033 I MOLARI D'ORO


di CUMCONTROL
16.11.2024    |    4.736    |    3 5.2
"Anche il medico non perse tempo e si spogliò di tutta fretta cercando di guadagnare per primo il podio temendo forse un mio subitaneo orgasmo a favore di mio..."
- Sai, non sono come tu mi credi
- Scusa?
- Si, certo, io sono stata inopportuna con te tante volte. Tante. Ti capisco. I bocchini
- I bocchini?
- Si, magari non sono brava ma tu mi farai vedere.
- Cosa fai
- Ti faccio vedere la lingua
- Eh?
- Guarda Cum, la mia lingua…mmmmh
- Dai che schifo.
- Lo so che ti piace. Ti conosco.
- Cosa ne sai di me
- E invece so tanto
- Ah si?
- Si, me lo ha detto papà.
- E cosa ti dice papà, sentiamo
- Papà dice che la tua è stata solo una cosa passeggera, che a te, sotto sotto, ti piacciono ì fimminene
- I che?
- I fimmine. Non mi trovi fimmina?
- Hahahaha, ma piantala. Asco’ facciamo pure sta farsa del matrimonio ok? Ma non mi chiedere altro
- Perché ridi CUM, eh?
- Non rido
- Hai il ghigno. Ridi di me perchè sono nana?
- Che stai a fare ora!
- Guardami le zinne, guardale oh si.. la spagnoletta ti faccio, co’ i zinne.
- Ametista basta.
- Si??
- Vai a cacà
- Sei scorbuto con me, perché? Perché sono nana?
- Hahahaha
- La mia sorella tiene i vene varicose al piede, io no. Mia sorella mi invidia che mi sposo.
- Dai Ametista
- Vedi la pelle, e che io tutte le sere mi metto la crema. Vieni che ti faccio la spagnoletta.
- No Ametì basta, no. No. Ho detto basta cazzo. Bastaa

Mi partì lo schiaffo.

- Tu…
- Uff
- Tu sei cattivo con me.
- Ancora?
- E ricorda CUM, quando i nodi cadono poi passa la spazzola e li tira tutti. Tutti!
- Cosa?
- I nodi.
- Ametì vai cacare.
- Frega niente che ti piacciono quelle cose là. Tu ammia ti devi sposare. Ammia ti devi sposare. O capiscisti??? Ammiaaaa

La lasciai alle sue elucubrazioni.
Cazzo ne poteva sapere la mia futura moglie delle mie voglie di cazzo.
Ma checcazzo di situazione era mai questa.
Ma ti pare mai che uno debba sposare una racchia così, nana, col fiato che puzza, che non spiaccica una parola in italiano, ma per che cosa poi? Per salvare le apparenze. Io poi, sposato con un fenomeno da baraccone.
Ma andiamo. La sola idea, che da lì a qualche giorno avrei dovuto sposare sta nana demmerda mi metteva angoscia.
Sicché mi diressi nello studio di mio suocero.

Toc toc
- Avanti
- Posso?
- Oh Cum, entra pure.
- C’è odore di scorreggia in questo studio
- No ti prego, non aprire le finestre. C’è molto freddo in casa e per questo inverno dovremmo fare economia di legna. Sai com’è, il muro
- Il muro?
- A Berlino. A Berlino è caduto il muro. Leggi qua. Da noi, in Ungheria, non sentiremo subito gli effetti della rivoluzione, no, ma credimi, i prezzo saliranno alle stelle. Questo si.
- Quindi dovremmo scaldarci tutto l’inverno con le scorregge?

- Andiamo Cum, sei nervoso. So che il matrimonio con Ametista ti turba un poco. Presto smetterai di andare con gli uomini e sarai felice con Ametista. Vedrai.
- E’ proprio questo il punto.
- Poi, se vorrai toglierti il pruritino, allora mi chiederai, e con discrezione, vedrò di accontentarti ma!
- Ma?
- Ma ricorda, mi devi avvisare per tempo.
- Per cosa?
- Andiamo CUM non essere ridicolo. Il culo
- Il culo?
- Il mio culo lo hai sempre scopato a dovere, ma non potrai chiedermelo così, al brucio. Va svuotato e ci va del tempo. Quindi almeno 6 ore prima.

- Ma io..
- CUM devi ascoltarmi. Non credere che questa situazione non spiaccia pure a me. Ametista ti darà dei figli, magari maschi, ma io CUM, cosa posso darti dal culo eh? E’ inutile, ci abbiamo provato ma dal culo non esce mai vita
- Basta
- Basta?
- No Edgardo, lei non ha mai pensato al mio desiderio di cazzo.
- Adesso non menarmela co’ sta storia che vuoi il cazzo.
- Lei non ha mai badato alle mie necessità.
- D’un tratto ripudi il mio culo CUM? Vuoi dirmi che non ti è mai piaciuto? Eh? E’ questo che vuoi dirmi?
- Con che coraggio accompagnerà sua figlia all’altare, eh? La mia suocerina con la figlia nana.
- Ti ho detto CUM che non amo che tu mi dia del femminile fuori dal letto.
- Edgardo, lei in tutto questo tempo non ha mai badato alle mie di necessità. Cosa le fa pensare che di botto io sia diventato un uomo da sposare. Ma l’ha vista a quella? Cosa le fa pensare che mi piaccia il culo, il suo culo, eh?
- Asco’ hai rotto il cazzo. Qual è il problema, eh, Cum? … Prrr .. Qual è il problema!
- Scusi, ha scorreggiato?
- Te ne devi annà. Subito. Vattene per tutti i diavoli che ho per capello, vattene!!! Tu sposerai mia figlia e guai a te se oserai infangare il buon nome della mia famiglia andandotene a cazzi. Prrr.

D’un tratto mi investì la seconda zaffa nucleare. Verde mi feci e mi dissecai i capelli per la puzza.

- Voi siete…. Voi siete..

Voltai i tacchi. Puntai verso la porta. Uscii
Richiusi alle mie spalle la porta del suo studio. Sulle prime vedevo le mie nozze lontane e ora, quel giorno maledetto, stava arrivando. Iniziavo a prendere sul serio quel cataclisma che avevo sottovalutato.
Una nana, no vabbè, una ignorante, una cui le puzzava il fiato di fogna in ogni ora del giorno.
Era assurdo. Avevo la testa confusa. Avevo necessità di distrarmi un momentino e poi, con calma, sarei tornato a valutare l’eventualità del mio matrimonio. Prima il cazzo. Subito.
Avevo necessità di cazzo, dovevo distrarmi, dovevo tornare alla vita con un vero cazzo tra le mani, nella bocca e su per il culo.
Ma mio suocero, quel bastardo, mi aveva vietato di uscire dalla grande casa.

Ero disperato, tentai di uscire ma i domestici mi tenevano sotto osservazione.
Ansimavo, dovevo uscire da quel posto, volevo correre per il giardino e andare per maschi. Dovevo raggiungere quegli operai intenti a lavorare sulla staccionata lungo il vialetto verso il dirupo, e avrei pagato l’oro del mondo anche per una sola, flebile ma incessante annusata alle loro minchie selvatiche.
Sentii squirtare il mio buco del culo, mi sentivo bagnato e assicuro che non avevo fatto alcuna scorregina a tradimento. Ero prolassata, desideravo che mi ficcassero le loro vanghe in culo e io non potevo vivere, ero confuso, disperata, fuori di me.
Poi tutto si mise a rotere. Le tende, i mobili, il lampadario.
Misi il dorso della mano sulla fronte e svenni con eleganza.

……

Quando mi svegliai, due domestiche erano intente a rimboccare le coperte del mio lettone. Ero affondato nei cuscini e il cuore mi batteva ancora molto. Le due tentarono in ogni modo di rifocillarmi ed io deliravo, avevo la febbre e mormoravo loro flebilmente la parola cazz…
Mi posarono un panno sulla fonte e si congedarono senza capire il mio lamento e, soprattutto, non si interrogarono minimamente sul significato recondito della parola cazz. Sono così gli ungheresi. Sono delle autentiche coccie d’ cazz. Ottusi.
Rimasi a letto con la febbre e non venne a farmi visita nessuno, tranne i domestici e un medico risalito dal villaggio. Il medico aveva l’aria di essere un autentico arrapato. Non era male. Aveva i basettoni, due labbroni tumidi e un gran bel pacco sotto i suoi pantaloni di velluto.

Veniva da me tutti i giorni visitandomi con cura e guardandomi negli occhi con aria lasciva. Io contraccambiavo il suo sguardo fissandogli il pacco e di tanto in tanto tendevo la mano per agguantarlo con la chiara intenzione di farmi una bella scopata da ridestarmi dalla malattia.
Ma quel porco, guarda se ci penso, mi viene il Cristo. Quel porco levò via la mano, non si spogliò e pretese di farmi un bocchino. Giuro che se avessi avuto le forze mi sarei sollevato e gli avrei fracassato in testa il paralume da tavolo. Egli mi sbocchinò con una certa impazienza e pareva piuttosto irritato giacchè il mio pene non si sollevava affatto. Con la mano cercavo di prendergli la mano e di passarmela almeno nel buco del culo, così che tre dita potessero darmi l’illusione di un cazzo ma egli non volle.

Al tizio interessava il bocchino. Sicché un bel momento si sollevò infuriato, andò verso il tavolo dove c’era la sua borsa ed estrasse una siringa già caricata. Io lo guardai un pochino confuso ma quando intesi che volle farmi una iniezione lì, allora mi dimenai.
Egli allora, forse preso dal panico, pensai io, uscì dalla stanza. Vi fece rientro con aria decisa e con al seguito mio suocero, incazzato nero. Mio suocero volle prendermi a sberle e tenermi bloccato così che il medico potesse con agio farmi l’iniezione sul cazzo. Io urlai ma una sberla violentissima mi fece zittire.

Mio suocero volle vedersi tutta la scena di quel bocchino e d’un tratto volle anche lui banchettare. Io sentivo un gran bruciore alla cappella e il medico volle essere gentile con mio suocero passandogliela di tanto in tanto così che entrambi ne gustassero il precum. Li sentivo pronunciare parole ungheresi di apprezzamento e così mio suocero volle all’improvviso denudarsi perché chiaramente intenzionato a salirvi sopra per farsi na bella impalata.
Anche il medico non perse tempo e si spogliò di tutta fretta cercando di guadagnare per primo il podio temendo forse un mio subitaneo orgasmo a favore di mio suocero. Salirono entrambi sul lettone e tra loro partì una breve scaramuccia su chi per primo dovesse salire in sella. Il medico ebbe la meglio, svestito di sotto, bel culo peloso, e col camice sopra. Si dimenò come una pazza mentre mio suocero non tratteneva la sua impazienza sedendosi sulla mia faccia.

Sentivo la cavità calda e umidiccia del culo del dottore che stava a fa’ il Bolero sopra la mia minchia. Con in faccia il culone umido di mio suocero invece non ebbi cognizione alcuna sulla mia febbre e dovetti fare quanto m’era stato impartito: leccare.
Leccai la fragranza formaggina di quel culo, dalla ciambella slabbrata e chiaramente allenata a ricevere cazzi.
Poi i due si diedero il cambio, segno che tra i due nonostante la situazione vi fosse ancora un residuato di civiltà cavalleresca. Il suocero passò alla sella e il medico si accomodò con agio, sedendosi sulla mia faccia.

La leccatura durò a lungo e devo dire che fu un’esperienza odorosa perché di certo il culo sapeva di canfora misto al broccolo (immancabile in Ungheria) e qualcosa che sta tra la cozza e il tonno in scatola lasciata aperta in un giorno d’estate.
Sborrai nel culo di mio suocero che a sua volta cacò la sborra nella bocca del dottore che non seppe esimersi dal mugugnare in una torsione avvilente.
Poi il pachiderma di mio suocero scese dal letto, lamentandosi per le sue povere ginocchia, e si pulì il culo con le lenzuola. Poi andò via, con leggiadra soddisfazione urlando ai domestici qualche improperio.

Il medico volle invece continuare l’opera, e si diede al gran bocchino.
Pareva gustasse molto l’odore tenace della trippa sudicia di mio suocero che s’era trattenuta sulla mia cappella.
Il bocchino durò più di un’ora prima che sborrassi nuovamente nella sua porca bocca dai molari d’oro.
……….







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Questo racconto è tratto dalla saga
HUNGARIAN RHAPSODY
Autobiografia di un libertino.

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