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Tanya. La mia storia. 02


di Membro VIP di Annunci69.it tanyacd
11.01.2025    |    3.876    |    9 9.4
"Però intanto che Veronica mise gli stivali fuori della sua porta vicino al secchio della spazzatura, passai e li feci sparire infilandoli dentro il mio zaino..."
Tanya Cap. 02

-Come vi ho detto nel precedente, Di Luca non ho più avuto notizie.
Nonostante qualche rimpatriata di classe anche recente, nessuno sa che fine ha fatto.
Di quel periodo, oltre a tutte quelle botte ricevute, ricordo anche con piacere un paio di cose.
Il mio primo paio di stivali personali e i primi baci con una ragazza.-

Un giorno, tornando da scuola notai che Veronica, l’inquilina del piano di sotto, stava buttando un paio dei suoi stivali elasticizzati neri con un tacco medio a rocchetto che già avevo avuto la fortuna di indossare di nascosto nel suo bagno.
Mi si illuminarono gli occhi. Era l’occasione per avere qualcosa di solo mio e per giunta la cosa che più adoravo in assoluto.
Ma dove nasconderli? Dove potevo essere sicura che nessuno poteva trovarli e di conseguenza evitando altri casini con quella che ormai definivo carnefice di casa?

Ecco una cosa che non vi ho detto nel capitolo precedente:
Ho parlato di mio padre che se disgraziatamente fosse venuto a conoscenza del post-carnevale, di sicuro mi avrebbe fatta volare dal balcone di casa. Lui, era un ex maresciallo dell’esercito, quindi spesso era fuori di casa anche per lunghi periodi e non ho potuto viverlo proprio in pieno. All’epoca dei fatti carnevaleschi era quasi in procinto di andare in congedo. Quindi di li a poco ci saremmo trasferiti nel paese nativo dei miei che distava circa 50 km da dove eravamo. Immaginatevi l’uomo tutto d’un pezzo con un figlio che amava indossare abiti femminili. Per questo me la sono sempre rischiata grossa.

Tornando a raccontarvi del mio passato:
Cercai di arrovellarmi il cervello, cercando un posto dove poterli nascondere senza che nessuno potesse trovarli. Però intanto che Veronica mise gli stivali fuori della sua porta vicino al secchio della spazzatura, passai e li feci sparire infilandoli dentro il mio zaino della scuola. Tanto, mia madre non ci veniva mai a rovistare dentro. Mi ricordai che la mia scrivania aveva un ripiano nella parte posteriore e che non poteva spostarsi dal muro essendoci una parte libreria sopra, era fissata al muro e impossibile da spostare.
Con un po’ di ingegno riuscii a farci entrare gli stivali e pregando ogni minuto che nessuno potesse trovarli.
Fui fortunata perché fino a che non trovai lo stratagemma di portarmeli per sempre al paese dei miei, nessuno ci ficcò il naso.
Un giorno presi l’occasione al balzo e entrando nel garage nascosi gli stivali di Veronica sotto la ruota di scorta della macchina dei miei, sapendo che il pomeriggio saremmo andati al paese.
Per tutto il viaggio ero un continuo di preghiere a non bucare per strada o davvero per me era la fine.
Finalmente eravamo arrivati ed io ero ancora viva. Poco dopo, i miei stivali erano ben nascosti in un posto dove nessuno ci sarebbe andato.

Tutti in paese dove vivevo sono venuti a conoscenza che di li a pochi mesi ci traserfivamo, e un giorno:
Luigi mi bloccò mentre tornavo a casa da scuola.
“Ciao Frocetta.”
Mi venne un colpo. Se qualcuno voleva farmi un prelievo per le analisi del sangue, avrebbe chiamato la scientifica per cercare una sola goccia di sangue in me.
Cercai di scappare senza dar retta a lui, ma mi rincorse e alla fine mi prese per un braccio e iniziai a tremare.
“Tranquilla, non ti farò niente. Voglio solo dirti una cosa”.
In preda al terrore e sentirmi chiamata al femminile, per la prima volta in vita mia mi fece sentire strana. Una sensazione che a oggi sarei ben consapevole di ciò che sentivo all’epoca. Ma siccome ero una mezza tardona in fatto sessuale era qualcosa di strano e che non capivo.
Luigi aspettò che tutti gli altri compagni di scuola si allontanarono per tornare a casa e continuò:
“ Ti ricordi di Luca? “
“ Si. Mi ricordo che per colpa tua se n’è andato da qui perché gli hai fatto quelle porcherie davanti a tutti e che ti hanno visto spargendo la voce per il paese.”
Tremavo, ma ero riuscita a prendere un pizzico di coraggio per rispondere. Luigi non era stupido e si accorse del mio stato.
“ Sai, Cara troietta? Per colpa tua Luca se n’è andato. Lui era la mia zoccola che me lo succhiava già da tempo e lo sapevo che era una puttanella. Sapessi quanto adorava sentire il mio cazzo dentro il suo culetto bello liscio e sodo”.
Ricordando quella scena capivo perché dopo tanta titubanza, lo ha preso come se lo avesse sempre fatto.
Ma io? Che colpa avevo in tutto questo? Infatti sono riuscita a dire:
“ E io che colpa ne ho se lui era così? “
Luigi disse: “ La tua colpa è stata di mostrarti a tutti quanto cazzo eri figa la sera di carnevale. E quel giorno mi sono fatto fare una pompa dal tuo amichetto davanti a te, perché volevo proprio te al posto suo e ti avrei riempita di sborra come battesimo da puttana. Solo che la tua fortuna è quella di avere un padre come il tuo che se ti riempiva di mazzate se lo veniva a sapere, e a me avrebbe tirato il collo fino a farmi fuori. Per questo quando Luca mi succhiava pensavo a te. Troia!”
Ho cercato di divincolarmi e scappare da quella presa, ma mi ha trascinata in un vicolo dove nessuno ci avrebbe visti bloccandomi nuovamente. Tremavo che non so come ho fatto a reggermi sulle gambe.
“ Ascoltami bene Troia. Dimmelo che anche tu vuoi il mio cazzo. Che ti piacerebbe che te lo infilassi in gola e in quel culetto vergine che non aspetta altro di essere riempito a dovere. Dimmelo!”
Prese la mia mano e la portò sul suo pacco. Sentivo che era ben duro, ma non la chiusi attorno a lui per il terrore che se lo avessi fatto era un segnale che aveva ragione.
“ Lo senti quanto è duro? Ti vuole.”
Serrai gli occhi e avevo paura di mettermi a piangere da un momento all’altro. Luigi sapeva che rischiava grosso se andava oltre.
“ Luca non c’è più e a me manca una Puttana vogliosa come te. Perché ti sei vestita da zoccola quella sera, Eh? Dillo che volevi prendere cazzi. Perché altrimenti non ti saresti vestita come una puttana da marciapiede! Ora sono rimasto senza puttana ma adesso voglio te!”
Purtroppo le prime lacrime cominciarono a scendere.
Luigi aveva capito che stava esagerando e mollò un attimo la presa. Sono rimasta pietrificata. Potevo scappare ma la paura non riusciva a farmi muovere.
Mi disse: “ Ti faccio una proposta. Tu diventi la mia puttana e ti vestirai da puttana per me. Tanto sarà solo per pochi mesi. Poi te ne andrai come quella cagnetta del tuo amichetto. Farò in modo di farlo dove non ci vede nessuno e nessuno saprà niente, te lo Prometto! Ti farò godere come una troia e mi verrai ad implorare sempre per avere il mio cazzo.”
Mi riprese la mano posandola di nuovo sopra il suo pacco duro.
Fu l’unico attimo di lucidità che mi fece destare e davvero correre più forte di prima verso casa.

Non ricordo neanche come ci arrivai perché mi ritrovai a casa che andai di corsa in bagno a vomitare.
Mia madre mi chiese come stavo, ma gli risposi che avevo forti dolori di stomaco e che non avevo voglia di mangiare riponendo tutto il pranzo nel forno per la sera.
Mi sono buttata sul mio letto. Mi girava tutto intorno e non riuscivo a capire che mi succedeva.
Luca, scappato con i genitori per colpa mia solo perché per Luigi dovevo essere io al posto suo? Solo per avermi vista vestita da donna la sera di carnevale? Misi la faccia sul cuscino e ho pianto parecchio. Anche perché non capivo il motivo per il quale mi sentivo così dopo le parole di Luigi. Volevo davvero essere al posto di Luca? Volevo davvero diventare la sua puttana? Questo mi stavo chiedendo insistentemente. Ma a me piacevano le ragazze!
Nonostante non dissi mai di si a Luigi, non mancava occasione che lui veniva a farmene di nuove appena si presentava l’occasione.

Certo che con le ragazze ero una frana immensa. Se non era per Giulia, ancora dovevo scoprire cosa era il primo bacio. Fu lei che un giorno dopo i compiti a casa sua mi prese la testa tra le mani e mi infilò la sua lingua tra le mie labbra. Altrimenti io mi sarei uccisa per paura che non ero corrisposta.
Con la lingua di Giulia dentro la mia bocca, dopo un po’ di smarrimento cercai di fare quello che faceva lei e il bacio durò un po’.
Quando ci separammo mi disse:
“ Era la tua prima volta, vero? Tranquillo non fa niente. Si vedeva da lontano che non avevi mai avuto un bacio.”
Ovvio che Giulia mi parlava al maschile, ignorando totalmente chi ero dentro.
La guardai smarrita. Le Presi la sua testa per portarla vicino alla mia per replicare, ma lei si staccò.
“ Hai avuto il bacio. Per ora basta così. Chissà se ne avrò ancora voglia di dartene un altro.”
Mi salutò con un bacio sulla guancia e tornai a casa.

Beh stavolta la reazione era diversa rispetto alle parole di Luigi. Mi sentivo leggera, contenta, felice.
Con Giulia ci siamo riviste altre volte per fare i compiti e alla fine il bacio ormai era d’obbligo. Eravamo innamorate una dell’altra. Ma ero talmente scema da non capire che oltre al bacio poteva starci qualche carezza? Oggi mi risponderei che ero decisamente cretina. Però poi con il passare del tempo ho tentato di accarezzarla ma il bacio era il limite invalicabile. Soprattutto dopo aver provato a toccare un seno.
“ No, non voglio andare oltre perché tra poco te ne andrai e chissà quando e se ci potremo rivedere. Non voglio soffrire io o far soffrire te”. Queste sono le parole che ho sentito dopo quella carezza.
Risposi: “ E pensi che se me ne andassi oggi, non soffriremmo lo stesso entrambi? Ma che ragionamenti fai?”
Giulia mi guardò accarezzandomi il volto e mi disse:
“ Se ci fermiamo al bacio, soffriremo di meno e passerà prima. Se andremo oltre ci faremo del male tutti e due. “
Nel frattempo i miei stavano già traslocando le cose meno essenziali, lasciando solo letti, armadi e cucina.
Due mesi dopo, siamo partiti appena sono uscita da scuola l’ultimo giorno d’esami.
Il giorno prima mi sono vista con Giulia al parco. Le lacrime scendevano copiose a entrambe tra un bacio e l’altro. In quel periodo avevo capito che le donne erano ciò che desideravo.
Ma quelle di Luigi erano scolpite nella mia mente, procurandomi turbamenti.

L’estate fu quella che segnò il passo decisivo per me.
I miei mi mandarono un mese a Roma a casa di uno dei fratelli di mia madre. Volevano che mi togliessi di mezzo?
Però la cosa mi attizzava perché durante l’inverno passato avevo avuto modo di vedere mia cugina ormai ventenne, in stivali. Quindi in quel mese avrei fatto carte false pur di indossarli.
Arrivai a Roma i primi di Luglio. Sarei tornata al paese con loro non appena i miei zii andavano in ferie.
Mio cugino Enzo, coetaneo, mi fece conoscere Roma in lungo e in largo. Durante il giorno non mancava occasione per prendere il bus e andare in ogni dove.
I miei zii lavoravano, mia cugina anche, quindi loro non si preoccupavano se eravamo a casa o meno.
La sera ci si ritrovava tutti a cena insieme e poi TV fino a tardi. A quell’epoca a Roma con un pezzo di filo di rame infilato al posto dell’antenna potevi vedere una miriade di canali privati che mai avevo visto. A casa mia solo primo e secondo canale RAI. Nel frattempo però ero riuscita a scoprire dove mia cugina teneva intimo e i miei agognati stivali.

La sera, prima di andare a dormire, presi dal cassetto di mia cugina un paio di collant neri velati e me li sono nascosti dentro il mio zaino. Il giorno dopo mi sono svegliata sentendo il rumore della porta di casa che si chiudeva. Guardai mio cugino che dormiva ancora come un sasso. Era l’occasione per realizzare il mio sogno. Mi sono alzata, ho preso i collant dalla borsa in maniera silenziosa e sono andata a chiudermi nel bagno. Indossai i collant e presi gli stivali dal soppalco. Li ho tirati fuori dalla scatola memorizzando bene come rimetterli dopo. Li ho indossati lentamente per cercare, oltre a far poco rumore, a gustarmi la sensazione che sentivo sulla pelle che veniva fasciata. Dentro mi sentivo euforica. Ho indossato il secondo con la stessa calma. Mi sono seduta sulla vasca e ho cominciato ad accarezzarmeli. Erano perfetti. Stesso numero del mio. Erano scamosciati marroni con effetto slouchy che per tenerli ad altezza ginocchio avevano un laccio da annodare dietro al polpaccio, un tacco 10 a spillo. Mi sentivo davvero Tanya.
Ero davvero felicissima. Poi però non mi ero accorta del tempo che è passato pensando che Enzo, mio cugino, magari poteva essersi svegliato e quindi far finire il mio desiderio diventato realtà. Avevo voglia di vedermi allo specchio, ma dovevo andare in camera degli zii e il rischio era davvero troppo alto. In casa c’era silenzio. Ma per precauzione appoggiai l’orecchio alla porta per sentire se Enzo si fosse svegliato.
Tutto taceva.
Giro la chiave della porta del bagno con una lentezza esasperante per non fare rumore ed esco dal bagno camminando in punta di piedi. Un affaccio veloce in camera e Enzo dormiva ancora.
Quando sono arrivata davanti allo specchio non credevo a me stessa. Mi vedevo con quegli stivali, finalmente come desideravo. Mi giravo, mi accarezzavo. Fino a che…


Qui finisce la seconda parte.
- Calcolate che siamo agli inizi degli anni '80 ma da allora e fino ad oggi, ne sono successe di cose. Belle e brutte.
Non esisteva internet, non esistevano cellulari quindi per me era tutto un mondo nuovo che stavo scoprendo a mie spese e con moltissima inesperienza. -
Spero anche stavolta di non avervi annoiato troppo. Se vi scappa qualche sbadiglio… Un buon caffè è la miglior soluzione.
Sempre graditi i vostri commenti e voti per capire se piace o meno.

Un bacio e alla prossima.

Ah, una cosa importante. Tranne il mio, tutti i nomi sono stati modificati. E per ora non sapete neanche dove sia ambientata la storia di preciso.

Tanya
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