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Tanya. La mia storia. 01
di tanyacd
09.01.2025 |
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"Con un paio di sganassoni fece inginocchiare Luca e tirandosi fuori il suo cazzo lo obbligò a prenderlo in bocca..."
Ciao a tutti.Quello che segue è un racconto fatto di un mix tra fantasia e realtà.
Non so in quante parti verrà suddiviso perché lo scrivo di getto tra ricordi e sogni.
Semmai avrà bisogno di uno schema man mano che andrò avanti ( dipenderà sempre dalle vostre critiche )
Lo farò, dando seguito a vari capitoli.
Grazie per il tempo che dedicherete a leggermi.
Tanya
Si sono io la protagonista di questa storia. Comincia tutto da che ne ho memoria.
Come tutte noi donne nate in un corpo sbagliato, per colpa di un destino coglione che si è girato dall’altra parte mentre venivo concepita, mi accorsi di non essere nel mio corpo già quando alle elementari cominciai a giocare ne con le bambole ne con i soldatini. Mi piaceva sfogliare i giornali dell'epoca dove si parlava di moda femminile. Era bello accarezzare la famosa lingerie della mamma, qualche suo vestito nell’armadio, i suoi trucchi e pesino quando si andava a casa di amici dove nel bagno trovavo le loro scarpiere piene di ciò che amavo di più in assoluto. Le mie preferite? Gli stivali.
Quindi già da bambina amavo questo tipo di calzatura.
Dalle scuole medie ero più indipendente nell’uscire e spesso andavo a casa di amiche di mia madre con la scusa di stare un po’ in compagnia e quando capivo che potevo rimanere in bagno, perché indaffarate in altre cose, andavo a godermi i loro stivali indossandoli e mirandomi negli specchi.
Certo il mio essere bimba mi aiutava con le loro misure. Fortuna che oggi ho ancora un piedino appena fuori della norma femminile.
Per chi volesse saperlo, indosso un 41.
Un giorno era carnevale, ed avevo davvero voglia di uscire con il gruppo in abiti femminili.
Convinsi mia madre a farsi prestare da una delle sue amiche degli stivali per me. Purtroppo lei non amava i tacchi, portando scarpe basse, quindi si fece dare un paio di stivali con tacco medio.
Con la scusa di poter fare pratica nel camminare, se li fece prestare qualche giorno prima con l’assoluta certezza di non riportarglieli rovinati.
Purtroppo però, non potevo indossarli mentre eravamo tutti in casa. Non era certo una cosa piacevole indossarli da maschietta. Quindi li indossavo mentre ero sola in casa o chiusa in camera mia. Però ancora oggi non riesco a capire il motivo per il quale ha voluto cedere a quella mia richiesta degli stivali.
Forse ero diventata troppo lagnosa?
Arrivò questo benedetto carnevale e, quella sera, venne proprio la sua amica a truccarmi e vestire.
Purtroppo le mi speranze caddero rovinosamente nel non poter indossare la biancheria intima femminile rimanendo con i soliti slip e canotta ( che schifo ).
La serata filò liscia e con il gruppo girammo per tutto il paese divertendoci. L’euforia comune mi fece arrivare anche qualche pacca goliardica sul sedere, ma finì li perché avevo solo il desiderio di sentirmi vestita da donna. Sculettavo su quei tacchi e qualche sampietrino ha ricevuto qualche imprecazione di troppo.
Le ragazze mi facevano i complimenti per la padronanza con cui riuscivo a rimanere su quei tacchi e di conseguenza la mia euforia aumentava.
A quei tempi però non ero attratta dai maschietti. Le femminucce erano il mio unico pensiero.
Passata la serata e tornando a casa mi dispiaceva separarmi da quegli stivali che per qualche giorno erano stati la mia felicità, ma dovevano tornare a casa loro.
Fortuna ha voluto che ancora un paio di giorni li ho potuti tenere. Fortuna? Direi proprio no.
Da li è un aumento esponenziale di guai e sofferenza sulla mia femminilità.
Il giorno dopo ero chiusa in bagno indossando i collant e gli stivali. Avevo appena cominciato a mettere un ombretto leggero quando ( vorrei stramaledire a chi ha messo la finestra del bagno che dava sul balcone ) mia madre alzò la serranda di scatto da fuori e mi vide in quello stato.
Fa male ancora oggi ma ho preso tanti di quei ceffoni per essermi conciata in quel modo che non augurerei neanche al mio peggior nemico. Più me ne dava e più ne prendevo. Mi andai a rifugiare in camera mia ma non ho fatto in tempo a chiudere la porta cadendo sul letto. Lei continuò a darmele di santa ragione usando anche una cintola che non so dove e come abbia fatto in tempo a prendere. Alla fine e con la forza di una furia mi tolse tutto di dosso e se ne andò portandosi via ogni cosa.
Passate urla, botte e crisi di pianto, non volevo uscire dalla camera anche per il troppo dolore che avevo ovunque. A mio padre disse che stavo poco bene e quindi non mi fece neanche cenare. Fortuna che lui quando venne in camera a controllare come stavo ero coperta fino al collo e non si accorse dei lividi e segni sul corpo.
La fortuna mia fu di pararmi il volto dalla furia ma comunque arrivò qualche ceffone ben assestato. Il giorno dopo andai a scuola senza fare colazionee perchè non me l’aveva preparata. Sono stata giorni con dolori ovunque.
Siamo state quasi una settimana senza parlarci e io stavo quasi tutto il tempo in camera mia tra fumetti, libri di scuola e guardare fuori dalla finestra. Uscivo solo per cenare o pranzare ma rimanevo solo quando mio padre ( non sapendo nulla dell’accaduto, altrimenti ero già al cimitero ) mi chiedeva come andava la scuola e altre cazzate varie.
Di botte? Quante ne ho prese da mia madre.
Penso che si legò al dito quel giorno per tutta la vita ed ogni occasione era buona per averne altre. Certo, nei primi anni 80 non c’era un telefono azzurro o qualche ancora di salvataggio e così con Tanya dovetti chiudere i battenti per un po'.
Un pomeriggio ero con degli amici in giro per il paese, quando Luigi, il bullo del paese ( nonchè mio compagno di classe ) si avvicinava con passo deciso verso di noi.
Nonostante aveva un paio di anni più di noi ( ripetente ), era il doppio di stazza e aveva anche una certa forza.
Quando arrivò vicino a noi con una voce ben decisa disse:
“Ho saputo che c’è una puttana troia tra voi!”
Penso che se esistevano le telecamere mi avrebbero ripresa mentre cambiavo colore della pelle peggio di un camaleonte.
“E ora? Ce l’ha con me!” Pensai…
“Allora frocetti? Sto aspettando la vostra risposta!”
Ci siamo guardati tutti quanti senza dire una sola parola per quanto eravamo terrorizzati. Ma temevo dentro me stessa che ero io a cui mirava, forse nell'avermi vista in abiti femminili quella sera a carnevale?
Prese uno dei miei amici per un braccio tirandolo a se con forza.
“Eccolo il frocetto!” esclamò
Luca ( era il suo nome ) diventò più rosso di una Ferrari.
“Stamattina a scuola mentre eravamo in bagno guardavi il mio cazzo, vero troia? Ho visto che ti ci sei soffermata a lungo e come lo guardavi”.
Era normale, essendoci gli orinatoi, che una sbirciatina ci stava…
Ma all’epoca io non davo molta importanza alla cosa perché attratta dalle femminucce.
Luigi, con forza, portò il nostro amico dentro un cantiere di una casa in costruzione.
Si girò verso di noi e disse:
"Voi seguiteci o potreste fare la sua stessa fine e se qualcuno parla, la farà di certo!"
Ci sentivamo obbligati a seguirlo, altrimenti a scuola sarebbero stati dolori, o peggio che davvero ci avrebbe fatto fare la stessa fine del nostro amico.
Con un paio di sganassoni fece inginocchiare Luca e tirandosi fuori il suo cazzo lo obbligò a prenderlo in bocca.
“Voi tutti dovete guardare la checca che si succhia il mio cazzo o finirete come lui!”
Il nostro amico imbarazzatissimo e per niente esperto, almeno all'apparenza, cominciò a succhiare e leccare quell’arnese che rispetto almeno al mio clito era davvero ben dotato.
“Stai attenta troia. Non serrare i denti che se ne sento uno solo, giuro che ti sputtano per tutto il paese e sai bene che ne sono capace!”
Nel mentre, arrivarono i due compari di Luigi che erano già stati avvisati di ciò che stava accadendo.
Loro rimasero solo a guardare e a tirare calci nel caso Luca non faceva a dovere il proprio compito.
Luca cercava di fare attenzione a ciò che faceva e nel suo essere imbranato dava il meglio che potesse fare.
“Se non sai leccare questo cazzo, allora fai quello che ti dico, Frocio!”
Luca seguendo le direttive di Luigi cominciò a lappare con la lingua quell’asta niente male.
Noi del gruppo dovevamo solo guardare e soprattutto evitare di toccarci, altrimenti era un segnale che ci si stava prendendo gusto e finire, non volendo, a prendere il posto di Luca.
I due compari si misero dietro Luca e spinsero la testa affondando il cazzo tutto in gola per poi dare il ritmo.
Luca però in quel momento cominciò a cambiare. Mi chiesi che cazzo gli stava accadendo.
Cominciò a fare quel pompino con un salire di voglia che da perfetto automa prese a succhiare in maniera vogliosa.
Si vedeva la lingua passare sulla cappella e leccarla con una voglia crescente tirando Luigi verso di se.
Luigi ci guardò e disse: “Visto che il frocetto aveva bisogno di questo?”
La passione che metteva ci lasciò di sasso tutti quanti.
In perfetta autonomia venerava quel cazzo facendoselo finire in gola e con la lingua toccare e leccare le palle dell’altro.
Mentre uno rantolava, l’altro mugolava.
Si staccò da quel cazzo tenendolo in mano e segandolo lentamente mentre rivoli di bava colavano dalla sua bocca.
Lo passava sulle guance e se lo venerava come una troia perfetta. Mi chiesi se davvero gli è sempre piaciuto fare questo.
Prese in bocca i coglioni di Luigi che non smetteva di grugnire di piacere.
Prima uno, poi l’altro e li leccava come se davvero lo avesse sempre fatto.
Io rimasi di sasso non muovevo un muscolo manco sotto tortura, sicuramente per la paura.
Ma il mio clito fortunatamente non dava segni di vita ed evitavo di pensarlo. Fu una salvezza per me. Almeno a quell’epoca.
Luca ormai esperto pompinaro, menava quel cazzo Muovendo ormai la testa da solo e senza l'aiuto dei compari di Luigi. Faceva scomparire quella mazza tra le labbre fino a finire con le stesse a cuoricino sulla cappella.
“Si troia dai, voglio che mi bevi tutto. Dai cazzo dai! Voglio godere e se fai cadere una sola goccia te ne darò quante ne vorrai, oltre a sputtanarti come la troia del paese”
Luca incitato da quelle parole aumentò il ritmo della mano e finalmente fece venire quel cazzo aprendo la bocca e sentire gli schizzi dentro con la lingua di fuori come una vera cagna.
“Vengo Troia, vengo cazzoooooooooooo”
Mentre gli schizzi uscivano guardò l’altro negli occhi, Luca da brava cagna ha bevuto tutto, raccogliendo anche ogni goccia che aveva sul viso con le dita succhiandole con avidità.
Luigi ancora con la testa all’indietro ansimava.
Luca ripulì quel cazzo senza farselo ordinare e dopo averlo baciato con devozione se lo passò sulle guance chiudendo gli occhi come se davvero lo stava venerando.
Poi lo ripose dentro i pantaloni dell’altro e tirata su la zip, diede un ultimo bacio rimanendo in ginocchio con gli occhi chiusi.
Luigi si era ripreso dal godimento e guardandoci senza dire nulla fece un segno ai suoi compari che sparirono tutti dal cantiere.
Luca si rialzò e pulendosi alla meglio peggio se ne andò senza neanche guardarci.
Ci guardavamo tutti increduli a quello che avevamo appena finito di vedere. Cercai di correre verso Luca, ma quando arrivai fuori del cantiere, era già sparito.
Il giorno dopo Luca non si presentò a scuola e neanche per i giorni a seguire. Andai a casa sua, ma la madre disse che non stava bene e non mi fece entrare neanche per un saluto.
Luca non venne a scuola fino alla fine e poi si trasferì con i suoi in un’altra regione.
Sono venuta a sapere in seguito, che qualcuno da una finestra vicino al cantiere ha visto tutto e infatti la voce si era sparsa per il paese e la sua famiglia poco dopo prese la decisione di andarsene.
Ho saputo che il padre dopo qualche giorno partì per trovarsi un nuovo lavoro e portandosi via la famiglia.
Di Luca ancora oggi non ho avuto notizie. Sui social neanche una traccia. Sicuramente è con qualche alter-ego o cambiato nome. Ricordo che in seguito a quello che si mormorò in paese, Luigi venne bocciato per la terza volta e si ritirò dagli studi facendo il prepotente ancora per molto in paese nonostante le chiacchiere su di lui. I suoi genitori? Sicuramente una madre sottomessa da un marito-padrone. Si vedeva pochissimo in giro e nessuno osava chiedere o parlare. Il padre di lui? Un ubriacone di prima categoria che di giorno faceva il muratore e di sera svuotava le cantine delle osterie tornando a casa più brillo che mai.
Che dire? Per ora vi ho annoiato troppo. Vediamo se sarà il caso di continuare o meno. Dipende solo da voi.
I vostri commenti saranno preziosi per farmi capire se avete apprezzato tutto questo, anche magari con un voto.
Grazie per avermi letta.
Alla prossima puntata.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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