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la bruttina stagionata


di amolafi
02.01.2013    |    36.176    |    2 9.4
"Alzai la gonna e le sfilai le mutandine per carezzarle il pube a mano piena..."
Quando il Capufficio ci comunicò che, a giorni, sarebbe arrivata una collega, il commento generale fu:
"Finalmente una figa in quest'ufficio di soli uomini." Non vedevamo l'ora che arrivasse per vedere com'era.
Il suo ingresso nell'ufficio fu un vero colpo al cuore e ai nostri pensieri . Ben oltre la quarantina, 46 anni dirà poi, abbastanza bruttina, alta circa un metro e mezzo, senza tette e con una gonna a mezzo polpaccio con le scarpe dai tacchi bassi e grossi, la camicia sembrava quella della nonnina della candeggina Ace. Un vero disastro. Se poi pensiamo che una delle prime cose che disse fu che era molto devota alla Madonna di Medjugorie e che tutte le mattine, prima di venire in ufficio, passava dalla chiesa del suo quartiere per un saluto alla Madonna, si puo immaginare il nostro entusiasmo.
Le diedero un tavolo di fronte al mio e fraternizzammo subito.
Come tutti gli anni, ai primi di luglio con l'inizio del periodo ferie organizzammo la cena dell'ufficio in un locale sull'Adda nei pressi della Paullese e lei, che non aveva l'automobile, mi chiese se poteva venire con me. Mentre stavamo transitando, sulla Paullese, nei pressi del Lambro, fummo sorvolati da un aereo a bassissima quota e lei, Eva, si meravigliò. Le spiegai che ci trovavamo nel cono di atterraggio dell'aereoporto di Linate e a poche centinaia di metri c'era la pista. Le dissi che se non facevamo troppo tardi con la cena, al ritorno, l'avrei portata nel piccolo piazzale del cimitero di Canzo a vedere gli aerei che decollavano e atterravano a poche decine di metri.
Finita la cena con i colleghi ci avviammo verso casa e lei mi ricordò di passare a vedere gli aerei.
Vista l'ora tarda, sul piccolo piazzale, c'erano solo tre o quattro automobili in camporella e i loro occupanti non erano certo li per gli aerei. Parcheggiai e scendemmo dall'auto. Dopo una decina di minuti arrivò un aereo sulla pista di rollaggio. Si dispose sulla pista di decollo e diede i motori al massimo e decollò.
Eva era aggrappata alla rete metallica come un bambino di fronte a un negozio di giocattoli.
"E' più emozionante vederli da qui che non standoci sopra."
Non saprei cosa mi entrò nella testa ma le andai dietro e la abbracciai mettendole le mani sulle minuscole tettine e appoggiandomi con il bacino contro le sue natiche.
"Cosa fai? tu non puoi fare questo, sei sposato ed hai anche un figlio."
Rimasi per un attimo spiazzato ma mi ripresi subito e, avendo imparato a conoscere i suoi punti deboli, misi la cosa sul melodrammatico:
"Non posso più resistere. Da quando sei entrata in quell'ufficio non ho capito più niente. Non faccio altro che pensare a te. Rimango con mia moglie per il bambino altrimenti me ne sarei già andato. Voglio solo te e sto soffrendo. Quello che più desidero è di averti, il resto non conta."
Con la complicità del buio accennai anche un accenno di singhiozzo.
Mi buttò le braccia al collo e mi chiese se veramente stessi soffrendo per lei e l'abbracciai per non farmi vedere mentre ridevo dicendole che stavo impazzendo.
Ci baciammo a lungo mentre le carezzavo la schiena, poi le slacciai la camicia e le toccai le tettine giocando con i piccoli capezzoli. La sentii rabbrividire e continuai. Scesi lungo la schiena e infilai le mani nella gonna palpandole le natiche mentre la tiravo contro di me per farle sentire il cazzo in tiro.
Abbassai la cerniera dei pantaloni e vi infilai la sua mano che me lo tirò fuori cominciando a menarlo lentamente. Alzai la gonna e le sfilai le mutandine per carezzarle il pube a mano piena.
Valutai che fosse calda al punto giusto e la feci sdraiare sul sedile della macchina con le gambe fuori e le andai sopra ma mi fermò.
"Ti sembrerà strano ma sono ancora vergine.Ho fatto un voto alla Madonna, se mi sposerò voglio presentarmi vergine all'uomo che mi vorrà."
La complicità del buio mi aiutò a nascondere la mia espressione di compatimento.
Glie lo appoggiai sul ventre spingendo per farglielo sentire tutto e poi mi alzai in piedi davanti a lei e le accompagnai la testa verso il cazzo per farglielo ciucciare. Aprì la bocca e lo prese senza esitazione e cominciò a leccarlo e succhiarlo facendo andare avanti e indietro. Da come sentivo la sua lingua mentre se lo ingoiava capii che era esperta del mestiere. Le presi la nuca e me la spinsi contro per farglielo ingoiare tutto fino in gola e non fece una piega. Eppure io glie lo dovevo mettere dentro, la bocca non mi bastava.
Le chiesi di girarsi sul sedile a pancia in giu e lo appoggiai in mezzo alle natiche muovendomi avanti e indietro ma non mi bastava. Dopo un po' sputai sul palmo della mano e bagnai la cappella prima di appoggiargliela sull'ano.
"Cosa pensi di fare?"
Sempre in tono melodrammatico le dissi che lo avrei puntato appena per illudermi di sentirla mia perchè non resistevo al pensiero di non poter fare l'amore con lei. Mi lasciò fare e piano piano, a piccole spinte, ne infilai dentro una decina di centimetri senza che si lamentasse, segno evidente che era vergine davanti ma di culo era una bella strada trafficata. Cominciai a pompare avanti e indietro mentre con una mano ero arrivato a stuzzicarle il clitoride. I colpi diventavano man mano più forti e lei godeva senza ritegno, più spingevo e più godeva. La sollevai e sostenendola senza tirarglielo fuori mi sedetti con lei sopra di me a gambe sollevate in modo che entrasse tutto fino all'attaccatura delle palle poi le chiesi di muoversi lei. Si sollevava e si lasciava cadere a peso morto impalandosi sul mio cazzo oramai al limite della resistenza. Le sborrai dentro con lei che spingeva forte contro il mio bacino per sentirselo dentro fino all'ultimo millimetro.
Ci pulimmo con i fazzolettini profumati e volle essere lei a controllare che fossi ben pulito per poi darmi un bacio sulla cappella.
Mentre la portavo a casa mi stava avvinghiata come un'edera con la mano sulla patta. Arrivati vicini alla sua abitazione mi era già diventato duro un'altra volta ma non c'era un posto dove appartarci per metterglielo di nuovo nel culo, la pregai allora di non mandarmi via in quelle condizioni e lei, dopo avermelo tirato fuori se lo infilò di nuovo in bocca pompando fino a farmi venire di nuovo. Mentre scendeva mi disse che anche a lei era venuta di nuovo voglia di sentirselo dentro.
Tornando a casa mi tornarono alla mente i versi di Ifigonia:
"Noi siamo le vergin dai candidi manti, rotte di culo e sane davanti, nella nobile arte di fare pompini battiamo le troie di tutti i casini."
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