Gay & Bisex

Spagna


di Berto747
08.09.2021    |    12.142    |    6 8.4
"Affondò di colpo fino ai coglioni, mi afferrò per le spalle e gli bastarono quattro o cinque spinte decise per esplodermi dentro a ripetizione, vibrando in..."
Alcuni anni fa, ad ogni mia vacanza andavo in Spagna. Che bel periodo quello! Quella nazione era da relativamente poco uscita da una dittatura bigotta ed ancora non si era completamente americanizzata come oggi. In compenso la libertà sessuale era esplosa e sesso e situazioni pubbliche, per noi qui ancora oggi imbarazzanti, erano normali. Di omofobia nemmeno l’ombra e c’erano tanti, ma tanti maschi ruspanti e sposati molto ben dotati. Non c’era nemmeno l’idea di quel virus mortale, mentre altre infezioni sessuali erano ormai curate con facilità, a differenza del passato. Insomma, ho vissuto tutto quel periodo d’oro breve ma fantastico durante il quale si poteva dare sfogo senza problemi alle nostre voglie nascoste.
Quella volta, che vi voglio raccontare, ero andato a Barcellona. Bella città, grande, spaziosa, artisticamente e storicamente eccellente. Lo spirito che vi si viveva era libero e disinibito. La vacanza si prospettava proprio bella, serena e spensierata per un giovane 24enne con la vita davanti e tanti cazzi dietro.
Avevo trascorso la notte in una discoteca gay con eccellente spettacolo di trans e tanti camerini dalla luce fioca dove avevo soddisfatto tre maschi. Uno per volta, sia chiaro. La mattina dopo era una splendida giornata di sole primaverile e, dopo una buona colazione, sono andato a passeggio su per il Montjuic, imbattendomi nel Palau Sant Jordi in costruzione, poi inaugurato per le successive Olimpiadi.
Oltre alla tanta libertà sessuale, c’erano ovviamente molti sexy-shop di ogni tipo, non solo shop. Da noi erano rarissimi, piccoli, nascosti e più che altro mimetizzati da rivendite di filmini hard, da poter prendere anche in affitto. Volevo vederne uno grande come un supermercato. Un amico, conosciuto in albergo, me ne consigliava alcuni e uno di questi era proprio vicino al mio hotel. Era annesso ad una sauna con camerini e dark-room.
Me la presi comoda, troppo comoda, tanto che arrivai e lo trovai chiuso per la pausa pranzo. Avrebbe riaperto alle 17, come era scritto su un cartellino alla porta. Davanti aveva tre gradini e su questi era seduto a godersi il sole un bel tocco di maschio sui 35 anni che mi informò della chiusura, come era scritto sull’avviso. Oltre ad essere piuttosto interessante, aveva due bellissimi occhi marcati di nero, come se si fosse truccato con la matita, ma naturali, con i quali mi scrutò intensamente. Non mi sembrava il caso di saltargli addosso in quel momento, così in mezzo alla strada. Lo ringraziai e me ne andai.
Pranzai in un piccolo locale del Barrio Gotico a base di tapas ed un fresco gazpacho e poi rientrai in albergo per un breve riposino, come fanno tutti gli spagnoli che si rispettino. Anche in considerazione di dover poi passare la notte in qualche locale. Non vedevo l’ora di tornare in quella “tienda” per curiosare e magari vedermi qualche filmino porno gay dei quali, anche allora andavo matto. E qui non se ne vedevano proprio se non comprandoli, ma abitavo coi miei e non potevo certo permettermi una tranquilla visione privata.
Tanta era la fretta che arrivai mezz’ora prima dell’apertura e vi trovai quel maschio ancora lì. Era lui, infatti, il gestore. Quando mi vide, decise di farmi entrare lo stesso, per non farmi aspettare lì in piedi. Aprì con la chiave e, quando fui dentro, la richiuse per poterla riaprire all’ora giusta. Trovai la cosa stuzzicante, anche perché non mi toglieva gli occhi di dosso, mentre gironzolavo tra gli scaffali. Mi venne vicino per presentarmi i vari oggetti entrando in descrizioni fin troppo particolareggiate del loro uso. Io quasi mi scioglievo a stargli vicino finché, davanti ad una vetrina con diversi tipi di dildo di ogni forma, colore e dimensione, la sua mano appoggiata alla mia spalla mi scese lungo la schiena e andò a palpeggiarmi il culetto, messo in bella evidenza fasciato com’era da un paio di pantaloncini jeans chiari, fin sopra al ginocchio, molto aderenti. Li ho sempre adorati quei pantaloncini!
Non lo allontanai di certo e girai la testa verso la sua. Fu un attimo. Me la prese e mi ficcò subito in bocca la sua lingua volteggiante, tenendomi serrato alla vita con un braccio. Ricordo che ci spogliammo completamente in un lampo e, dopo una sensuale lotta sul pavimento farcita di baci profondi, avvinghiato tra le sue forti braccia pelose, mi mise sotto di sé e mi possedette con forza lì, sulla moquette, riempiendomi di sperma e facendomi sentire la troia che ero. Fu fantastico.
Dopo esserci rivestiti, qualche tenero bacetto ed era giunta l’ora di aprire. Cosa che fece. Quasi subito entrò un cliente più anziano, sui cinquanta o poco più, suo amico, che mi adocchiò mentre io, rilassato, continuavo a girare per il locale facendo finta di niente, mentre avevo il buchino dolorante così aperto che potevo sentire l’aria entrarci dentro. Cominciarono a parlare fittamente tra loro in maniera veloce, come fanno gli spagnoli, tanto che io non ho capito quasi niente di quello che si dicevano. Solo, vedevo che cominciarono a parlare sottovoce guardandomi ripetutamente e ridacchiando. Era chiaro che stavano parlando di me e il proprietario, certamente, gli stava raccontando quello che avevamo fatto poco prima.
L’uomo pagò e, lanciandomi un’ultima occhiata, entrò per una porta a fianco del bancone. Rimasti di nuovo soli, tornai vicino al mio scopatore che mi spiegò accuratamente gli altri servizi del negozio. Mi disse che dietro c’era lo spogliatoio, le docce, la sauna, i camerini e che, se volevo, mi avrebbe fatto entrare gratis. D’altronde avevo già pagato in natura. Non persi l’occasione ed entrai. Mi fornì di asciugamani e scarpette. Mentre mi spogliavo e mettevo i miei vestiti nell’armadietto arrivarono altri due o tre avventori che, anche se non particolarmente belli e più grandi di me, sembravano ben attrezzati sotto, tanto che il mio buchino, benché già soddisfatto, si lasciò trascinare dagli ormoni giovanili e cominciò a boccheggiare, desiderando ardentemente di essere usato ancora più volte.
Visitai per lungo e per largo il locale e poi mi diressi alle docce. Lì trovai il cliente-amico del gestore. Aveva un fisico da sballo. Alto almeno 20 centimetri più di me, aveva il corpo massiccio da atleta, coperto abbondantemente di pelo brizzolato. Asciutto senza essere magro, coi muscoli ben in evidenza. Poteva avere l’età di mio padre ma è proprio quello il genere di uomo che adoro.
Dopo quello che gli avevano raccontato su di me, non perse tempo. Mi si avvicinò e mi accarezzò con determinazione. Le sue mani erano grandi e ruvide, erano mani aduse a lavori pesanti. Mi strizzò come un fuscello e mi baciò a fondo schiacciandomi contro la parete mattonellata, mentre l’acqua tiepida ci travolgeva dall’alto. Quando si staccò, mi costrinse a scivolare in basso fino ad accovacciarmi sotto di lui e mi trovai al cospetto della sua mazza nodosa completamente in tiro. Lo guardai dal basso, aprii la bocca e avvolsi quella gustosa cappella con le labbra e la lingua guizzante. Chiusi gli occhi per assaporarla meglio ma facevo fatica per quanto era grossa. Ma la fatica maggiore venne quando voleva infilarmi il cazzo in bocca, con la testa bloccata dalla parete dietro di me. Non sono riuscito ad andare oltre la metà. Mi infilava e sfilava la minchia ripetutamente ma, quando arrivava a quel punto, avevo i conati. Si fermava e tornava indietro. Mi avrebbe certamente ucciso se avesse affondato di più.
Ad un certo punto, decise che era arrivato il momento di infilarmelo tutto dentro ma in un altro buco. Io non avevo alcuna facoltà di decisione. Potevo e dovevo solo sottomettermi alle sue voglie. Era evidente che la sua forza sovrastava di molto la mia. Ma non è che mi dispiacesse. Ad ognuno il suo ruolo ed io avevo quello di troia da sfondare.
Mi sollevò, mi girò e mi mise piegato, con le mani puntate alle mattonelle della doccia. In quel mentre mi resi conto che eravamo in una parte comune, non nel privato di un camerino, e chiunque avrebbe potuto vederci. Ed infatti un ragazzo di qualche anno più grande di me, molto bello e dal corpo possente, coperto anche lui di pelo su torace, braccia e gambe, ci osservava con gli occhi di fuori maneggiandosi il cazzo con lentezza per resistere più a lungo.
L’uomo mi allargò le chiappe afferrandole a piene mani ed aprendole con i pollici. Affondò il viso tra loro e con la lingua titillò l’orifizio sacrificale. La barba rasposa mi graffiava la pelle così delicata da quelle parti ed io già godevo, pregustando il trattamento che avrei subito di lì a poco. Gemevo di voglia. Il ragazzo vicino a noi si massaggiava con cautela e si vedeva che era alle prime armi. Una visione del genere oltrepassava certamente le sue fantasie.
Il “vecchio” tornò eretto, continuando a tenermi aperto con le mani che mi arrivavano ai fianchi e mi tenevano saldamente. Puntò il glande paonazzo, si girò verso il ragazzo come per dirgli “Adesso ti faccio vedere come si fa a sventrare una puttana” e, orgoglioso di sé, mi spaccò con un solo colpo, arrivandomi in fondo. Probabilmente fu favorito dal fatto che ero stato scopato poco prima ed ancora avevo dentro di me il succo dell’altro uomo ad imburrarmi le budella.
Naturalmente il gesto non fu indolore per me. Lanciai un urlo subito attutito da una grossa mano sulla bocca. L’uomo prese a pompare vigorosamente il suo grande cazzo dentro di me. Il dolore si trasformò presto in piacere intenso e le urla in gemiti di goduria. Il ragazzo smise immediatamente di toccarsi per evitare di venirsi in mano, tanto era eccitante la scena che stava vedendo. Il maschio che mi stava sodomizzando continuò con forza a sfondarmi, senza interruzione, tenendomi per i fianchi. Si piegò su di me da farmi sentire i peli del torace sulla mia schiena e mi parlò all’orecchio in maniera che anche il ragazzo sentisse.
“Te gusta la mi poja, vero puta? Te gusta ser fojado, cavron? Tomalo, tomalo”. Guaivo come un cagnolino ferito. Essere vittima sottomessa di un orso sconosciuto così feroce mi mandava in estasi, accentuata dal fatto di essere sotto lo sguardo eccitato di un altro sconosciuto. Mi è sempre piaciuto dare spettacolo della mia troiaggine.
Dopo non so quanto tempo, che mi sembrò interminabile ma che bastò a rendermi il culo insensibile e completamente aperto, si sfilò di colpo con uno schiocco rivoltandomi le budella e facendomi lamentare e chiederne ancora. Si girò verso il ragazzo offrendogli la mia voragine alla sua minchia non tanto più piccola della sua. Quello era al limite e non ci pensò due volte. Affondò di colpo fino ai coglioni, mi afferrò per le spalle e gli bastarono quattro o cinque spinte decise per esplodermi dentro a ripetizione, vibrando in un orgasmo certamente mai provato prima.
Quando fu chiaro che aveva rilasciato anche l’ultima goccia di sborra, fu allontanato dall’uomo maturo che me lo affondò ancora dentro, sciacquando la grossa verga nel mix di sperma precedenti che schizzava dal bordo dell’orifizio definitivamente spanato. Mi colava lungo le cosce e veniva immediatamente lavato dall’acqua che continuava a scorrerci addosso. Io ormai mi sentivo solo un buco al servizio di quell’animale feroce.
Con tre spinte secche ancora più tremende, il maschio si inarcò indietro e lasciò andare il suo succo, il terzo dentro di me e certamente il più abbondante, accompagnandolo con forte e lungo grugnito di soddisfazione, di uomo che confermava la sua supremazia indiscussa. Uscì da me, si ripulì con la doccia e se ne andò, senza un gesto gentile.
Di fianco, il ragazzo, col cazzo ancora corposo ma leggermente ammosciato e gocciolante, si gustò fino alla fine lo spettacolo osceno del mio ano che, non riuscendo a trattenersi, spruzzava fuori tutto quello che gli era stato riversato dentro, o almeno la gran parte. Riprese consistenza e me lo infilò tra le labbra per farselo ripulire ma, tanta era l’eccitazione accumulata, che mi sborrò in bocca un altro bel po’ di crema che assaporai ed ingoiai con avidità.
Ebbe la gentilezza di accarezzarmi il viso e di darmi un bacetto sulla fronte, in segno di riconoscenza, prima di allontanarsi. Io non mi reggevo in piedi dal piacere provato e scivolai sul pavimento, sotto il tiepido scroscio interminabile, prima di poter tornare in me.
Appena ho potuto mi sono asciugato, rivestito e sono uscito. Camminavo con difficoltà, col culo sfondato. “Todo bien? Adios. A la proxima” mi ha detto il gestore con un sorriso mentre gli passavo davanti. L’ho salutato con la mano, annuendo, e sono tornato in albergo a riposare e rimettermi in forma. Più tardi sarei uscito per cenare e per andare in qualche locale a farmi sbattere ancora.
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