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Gay & Bisex

Sentimenti Reciproci 3/3


di TheStoryteller99
09.07.2022    |    4.564    |    8 9.6
"Il coro della sera prima era solo un preludio, una blanda imitazione che niente ha a che vedere con l’opera in corso in quella camera da letto..."
Giacomo adagia il ragazzo sulle coperte del suo letto.
Quel talamo è stato il luogo delle più sfrenate passioni tra l’uomo e la donna assieme alla quale ha concepito l’angelo nudo che ha ora sotto gli occhi; per molto tempo, dopo la morte di sua moglie, Giacomo si è chiesto se sarebbe mai riuscito ad amare qualcun altro tra quelle coperte e ora eccolo intento ad amoreggiare col frutto del suo stesso seme.
Il bambino nato dall’amore consumato in quel luogo, ora diventato il ragazzo pronto ad amare suo padre nella più totale espressione della propria passione.
Vittorio si toglie la maglietta, ultimo ostacolo che impediva al suo corpo di toccare con ogni centimetro di pelle quello di suo padre, e si allunga a stringere il busto dell’uomo tra le braccia, facendolo cadere su di se.
I peli gli solleticano l’addome e il calore di suo padre lo infervora in maniera indicibile, ma lui si controlla e lascia che la situazione vada avanti senza fretta come ha fatto sino a ora.
I due si baciano per la prima volta, gustando i sapori l’uno dell’altro, quasi a volersi divorare a vicenda. I loro corpi si intrecciano in abbracci bollenti, strusciate d’amore, un labirinto di baci, carezze e lappate di lingua in ogni punto su cui riescono ad arrivare. Giacomo riesce persino a imprimere tre succhiotti su Vittorio, uno sul collo, uno poco sotto il capezzolo sinistro e l’ultimo sulla natica destra.
Vittorio, invece, ha deciso di voler assaporare tutto di suo padre, perciò passa dai capezzoli alle ascelle, per poi tornare sul suo cazzone e risalire lungo la linea scura dei peli e soffermarsi sul petto, fino a scalargli il mento e arrivare alla bocca. Un percorso disegnato tutto con la lingua, lungo il quale ha gustato i sapori virili di Giacomo e non vede l’ora di gustarli ancora, all’infinito.
Quando vede l’apprezzamento del figlio verso le sue ascelle villose, Giacomo alza le braccia e mette le mani dietro la nuca, permettendo a Vittorio di immergersi nel suo sentore muschiato e ora un po’ acidulo per il sudore, realizzando la sua ennesima fantasia.
Dopo di che, il ragazzo tenta di ingoiare per l’ennesima volta il pisellone del padre, ma lui non è d’accordo e gli fa fare una capriola finché non ha il pertugio anale di Vittorio davanti alla faccia. Suo figlio ha gustato il corpo del padre, ora tocca a lui divorare ciò che desidera da tempo immemorabile.
Con le mani allarga le chiappe di Vittorio, mettendo in mostra un forellino stretto circondato da tenera carne giovanile, la stessa che poco prima si era allargata per accogliere il suo indice. Giacomo guarda estasiato il protagonista di tutte le sue fantasie, la musa che ha ispirato sogni su sogni nelle notti più fredde, e nelle più calde, della sua solitudine sessuale, che gli ha tenuto compagnia pur non essendo lì fisicamente. Quella musa sta cantando, ora, e gli urla di prenderla, di divorarla e deflorarla senza pietà, di consumarsi nel piacere che solo lei saprà dare al suo corpo e alla sua mente.
E senza pensarci oltre, Giacomo immerge il viso tra le chiappe di suo figlio, avventandosi con la lingua contro quella fessura malleabile. La carne è dolce sulle sue papille, gli umori che secerne più salati ma comunque gradevoli e la pelle di Vittorio che si chiude attorno al volto di suo padre con quelle natiche sode e così provocanti è talmente liscia e calda da mandare Giacomo in estasi, un overdose di piacere.
Vittorio miagola sotto ogni sua lappata, ogni morso, ogni carezza e piccolo schiaffo che la passione e l’erotismo suggeriscono a suo padre di dargli. Avere la lingua del suo genitore tra le chiappe, che gli scopa il culo, è una sensazione paradisiaca.
— Pap-agh! — miagola ancora.
Giacomo abbandona il suo pasto lussurioso e alza gli occhi per incontrare quelli di suo figlio.
Non si scambiano alcuna parola, ma l’uomo vede nello sguardo di Vittorio una muta preghiera a prendere quel buco e farlo suo per sempre.
Giacomo si alza in cerca di un preservativo, ma il ragazzo lo ferma. — No. Per farmi nascere non hai usato protezioni, mentre tu e la mamma vi amavate in questo letto. Voglio essere amato allo stesso modo da te.
L’uomo sente le lacrime salirgli agli occhi e per bloccarle si getta su Vittorio abbracciandolo forte e baciandolo ancora più forte.
Suo figlio fa come prima, getta le gambe in aria e mette in mostra la rosa, invitando il padre a entrare dentro di lui, a connettersi al proprio corpo.
Giacomo si stende su di lui, non stacca lo sguardo dal suo nemmeno per un secondo. Non ha bisogno di guardare dove puntare il cazzo prima di spingere, il suo corpo sa come muoversi a ritmo con quello di Vittorio per trovare l’incastro perfetto. Inizia a spingere delicatamente, non per paura di infliggere dolore al ragazzo, ma per godere di ogni esplosione sensoriale che il contatto tra il suo pene e il pertugio di suo figlio fa scoppiare nei loro corpi. Il cazzone scivola dentro senza problemi, sembra quasi che il culo di Vittorio sia stato creato appositamente per accogliere quei ventidue centimetri.
Il ragazzo non fa nulla, si limita ad aprirsi a suo padre e ad ansimare.
Il pube di Giacomo tocca il perineo di Vittorio. Ora sono entrambi connessi profondamente, il miglior rapporto padre-figlio che il mondo potrà mai ammirare.
Giacomo inizia a fottere suo figlio, dando il via a una conversazione di grugniti e gemiti, suoni liquidi di umori anali e applausi battuti dai fianchi dell’uomo che sbattono contro i glutei del ragazzo. Questa è la vera canzone che la Notte dovrebbe ascoltare e che il Giorno le riferirà al tramonto. Il coro della sera prima era solo un preludio, una blanda imitazione che niente ha a che vedere con l’opera in corso in quella camera da letto.
Padre e figlio sono persi l’uno nell’altro, perdono la cognizione del tempo e dello spazio, per loro esiste solo l’altro, il suo corpo, il piacere che provano nel toccarlo e nella scopata. Non fanno caso a quanto duri tutto ciò, perché anche se fossero solo cinque minuti, per loro è come essere stati insieme cinque giorni.
Ma niente si consuma tanto presto, il loro amore riesce a farli durare ore, è quasi ora di cena quando Giacomo non resiste più agli impulsi che la prostata gli manda. Vittorio, allo stesso tempo, si costringe a mollare la presa sulla propria prostata, stuzzicata di continuo dai ventidue centimetri di suo padre, che non vede l’ora di farlo esplodere.
Sentono i loro inguini infiammarsi nello stesso momento.
I loro respiri si fanno più forti e veloci, a ritmo con l’aumento di forza e velocità che Giacomo da alle sue spinte nel culo di suo figlio. Lo sperma sale in due dotti diversi e collegati. Le urla di goduria dei due salgono lungo le loro gole.
E in un attimo… tutto è piacere, tutto è sperma che schizza a fiotti copiosi, tutto è urla di piacere che padre e figlio si gridano in faccia.
Il cerchio si chiude, come il cazzone di Giacomo si svuotò le palle tra le gambe di sua moglie, ormai diciannove anni prima, così fa adesso inondando il buco nato da quei fiotti di sperma vecchi di vent’anni. L’uomo si spinge del tutto nel culo di Vittorio, ora slabbrato e madido di umori, e sborra senza fermarsi, schizzando amore. Il ragazzo, nel frattempo, accoglie l’amore di suo padre e gode nel sentirlo depositarsi dentro di se, intanto che il suo pisello venuto fuori dallo stesso cazzo che ora gli sta annegando il culo di sborra pulsa e spruzza in aria sette fiotti che, come candida pioggia, vanno a imbrattare padre e figlio.
Stremati e sopraffatti dalla loro stessa passione, Giacomo e Vittorio si stendono l’uno accanto all’altro e si abbracciano. Si baciano e leccano via lo sperma del ragazzo di loro corpi.
L’amore che entrambi non sentivano da tempo ora li ha uniti con un legame temprato nel fuoco della lussuria, più forte di una catena di diamanti.
Da allora, il Giorno e la Notte vedono i due dormire sempre insieme nel letto matrimoniale e dare sfogo al loro amore ogni giorno, anche più volte consecutive.
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