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Il Mio Erasmus - 2. La Troia della Doccia


di TheStoryteller99
30.06.2024    |    17.639    |    14 9.6
"Tranquillo, comunque, sarà un piacere vederti ripulire..."
Questa storia è vera al 100%, ogni racconto è il resoconto dettagliato di tutte le scopate fatte durante il mio Erasmus di 6 mesi a Barcellona. Perdonate se ho modificato il titolo da "Il Mio Erasmus a Barcellona" a "Il Mio Erasmus" ma purtroppo il titolo era troppo lungo.

Dal 7 al 12 Settembre

Il giorno dopo mi sveglio tutto sudato. La notte è calda a Barcellona e vivere in una stanzetta poco più grande del sottoscala di Harry Potter, con un’unica finestra che non fa nemmeno passare l’aria, ovviamente aumenta l’afa.
Aspetto un’ora circa per riprendermi dal sonno e poi preparo tutto per farmi una bella doccia rilassante.
Il cazzo mi formicola ancora per la sborrata di ieri (o sarebbe più corretto dire di poche ore fa) e questo incita la mia libidine a restare bella attiva.
Ieri ho anche conosciuto uno dei miei coinquilini Arold (nome di fantasia), un bel ragazzone di colore che non si vergogna di mostrare il suo fisico prestante. Si è presentato restando in canottiera e boxer, e vi lascio immaginare quanti pensieri ho fatto su di lui da quando l’ho visto in quella maniera.
Quando entro in doccia ho il pisello barzotto, come se volesse indurirsi ma anche lui stia ancora combattendo contro il sonno e contro i postumi della scopata di ieri.
Apro l’acqua per iniziare a lavarmi… e faccio un salto indietro perché l’acqua è gelata. Resto ad aspettare con la mano sotto il flusso per vedere quando diventerà calda, ma il tempo scorre come l’acqua e quest’ultima non accenna a riscaldarsi.
Aspetto ancora. E ancora. Ho la mano in ipotermia per quanto l’acqua è fredda, okay che fa ancora caldo ma un flusso così gelido rischia solo di uccidermi invece che rinfrescarmi.
Decido di uscire per chiedere ad Arold come mai non esce acqua calda e sono costretto a farlo con solo l’accappatoio addosso, dato che sono nudo.
Busso alla porta della sua stanza e mi premuro di chiudere bene l’accappatoio. Sento dei rumori oltre la porta e poi lo vedo affacciarsi, sempre in canotta e boxer.
La canottiera fa spiccare i suoi capezzoli e mi sforzo di non abbassare gli occhi sul suo pacco per tentare di scorgere un accenno di erezione mattutina.
— Ciao — lo saluto in inglese. — Scusa se ti disturbo così presto, ma sai per caso come si può aggiustare la doccia? Non riesco a far uscir l’acqua calda.
Lui fa una faccia da chi la sa lunga. — Oh sì, il problema è il boiler, non possiamo attaccarlo alla corrente altrimenti scatta tutto.
Esce dalla sua stanza, rimanendo in boxer e canotta, e cammina verso la cucina per farmi vedere cosa intende (Dio che glutei stupendi che ha mentre cammina). Arrivato in cucina, un rettangolo di spazio ritagliato che la fa sembrare un ulteriore ripostiglio (sul serio, è poco più larga della mia camera), e mi mostra la spina del boiler che è staccata. Toglie dalla presa quella del bollitore e ci attacca il boiler. Sentiamo un “click” e tutta la luce va via, segno che è scattato il salvavita.
— Oh, capisco — faccio io. — Allora bisognerà chiamare in agenzia, perché questo fatto va risolto immediatamente. Mica possiamo farci delle docce fredde in inverno.
Arold annuisce e stacca la spina del boiler. — Sì, ovvio, però io vado sempre in palestra a farmi la doccia, per questo non ho mai chiamato. Tra l’altro vado via alla fine di questo mese…
Annuisco, intendendo cosa vuole dire. Bene, sembra che toccherà a me risolvere la questione e immagino non ci vorranno certo due giorni. Quindi prima devo pensare a come farmi delle docce decenti nel frattempo che l’agenzia penserà a portarci un nuovo boiler.
Intanto ringrazio Arold e lui viene verso di me per uscire dalla cucine e andare ad alzare la levetta dell’autoclave. Lo spazio non è molto, dato che dietro di me c’è la lavatrice, e poi lui è davvero un bestione (chissà come sarebbe vederlo in palestra ad allenarsi… e poi nelle docce); è costretto a strusciarsi su di me per riuscire a passare e il movimento fa aprire il mio accappatoio. Rimango nudo davanti a lui, mentre Arold continua a passare, non accortosi del mio corpo completamente esposto.
I suoi boxer scivolano sulla mia coscia e sento un peso non indifferente, unito anche a un forte calore che mi riscalda la pelle e infiamma il mio animo.
Arold si accorge di ciò che è successo quando la sua mano destra tocca il mio pene barzotto, lo sfiora con le dita.
Rimaniamo per tre secondi a fissarci scioccati e imbarazzati. Poi io chiudo immediatamente l’accappatoio e sussurro delle scuse. Lui fa lo stesso ma rimane lì vicino a me e mi sorride.
Non so se è un sorriso di imbarazzo o altro, ma la sfumature che vedo nei suoi occhi sembra essere più di complicità.
In ogni caso, dura pochissimo e lui va ad alzare l’autoclave.

Alla fine niente doccia, entro solo per lavarmi le parti intime e le ascelle con quell’acqua gelida e poi mi vesto. Pranzo con un altro Saikebon, ricordandomi di fare una spesa prima o poi perché non posso vivere di cibi in scatola per sei mesi, e poi esco per dirigermi all’università che mi ospiterà.
La giornata di orientamento è meno interessante di quanto mi aspettassi, anche se sono tutti molto gentili e cordiali con me, la segretaria principale si ricorda persino di me perché ho un nome strano (a suo dire). Fanno vedere il campus a me e altre tre ragazze che seguiranno i corsi di Animazione e VFX (effetti visivi) e poi ci lasciano a Gabriel, il tutor del corso, per redigere i nostri orari. Una volta fatto tutto, posso tornare a casa e sui mezzi inizio a sentirmi viscido per quanto sono sudato e accaldato.
Mi viene l’idea di cercare su Grindr qualcuno che abbia voglia di una scopata veloce, magari dopo un pompino e un’inculata potrei infiltrarmi nella loro doccia e darmi una bella lavata.
La cosa bella della Spagna? Nessuno fa troppe menate per una sveltina.
Se hanno voglia di svuotarsi le palle, o svuotare le tue, trovano il primo momento utile e lo fanno. Infatti non passa troppo tempo prima che io trovi due uomini disposti a incontrarmi anche subito.
Decido di andare da quello più vicino a casa mia, dato che ormai sono prossimo. Fortuna che serve il tram per arrivare da lui, così non sono costretto a scendere. Metto l’indirizzo che mi da su Google Maps e aspetto di arrivare alla giusta fermata.
Una volta sceso, mi aspettano ben novecento metri di camminata, purtroppo non c’è una fermata più vicina. Seguendo il percorso su Google Maps mi incammino a passo tranquillo, ok che ho necessità di farmi una doccia, ma se vado di corsa rischio di sudare ancora di più e puzzare come un cane morto.
Dopo circa venti minuti, arrivo all’indirizzo e il tipo mi apre.
Abita al quarto piano, perciò prendo l’ascensore e in meno di un minuto sono davanti alla sua porta.
Essendo aperta mi basta spingerla per entrare in casa sua. Lo vedo seduto al tavolo da pranzo con un computer, un uomo massiccio dalla mole considerevole, in carne ma non troppo. Il viso è carino, ha dei bellissimi occhi azzurri e dei ricci castani che gli circondano la testa, ha l’aria di uno zio stravagante che non esita a concedersi dei divertimenti quando ne ha voglia. Mi fa sentire tranquillo.
— Ciao! — mi saluta in italiano.
La cosa non mi stupisce, ho imparato che in Spagna sanno parlare più l’italiano dell’inglese, ma sentire la mia lingua madre è come ricevere un massaggio al cervello.
— Ciao, io sono Daniele, piacere. — Allungo la mano per stringere la sua e vedo che è costretto a spostare la sedia, senza alzarsi, per raggiungermi.
— Carlos. Be’, dimmi un po’ che ci fai qua in Spagna? — chiede.
Gli racconto il motivo del mio viaggio e poi lui si interessa ai corsi di studio che farò nell’università, nel frattempo lo vedo toccarsi il pisello attraverso i pantaloni neri.
Dopo un po’ di chiacchiere, vedo spuntare un sorriso birichino sul suo volto. — E ovviamente non ti neghi i divertimenti eh?
Alla parola “divertimenti” vedo il suo pene pulsare, probabilmente è già in erezione. So di essere venuto solo per farmi una doccia, ma quando si parla di cazzi duri esce fuori la troia che è in me, soprattutto se un cazzone duro è di fronte a me.
Annuisco e sorrido. — Sì, certo, poi dopo due giorni ho già imparato che qui avete tanta carne da offrire. Soprattutto dei grossi… cazzoni.
Mi passo la lingua sulle labbra con fare peccaminoso.
— Eh ma anche in Italia state messi bene. — Carlos si sposta dalla sedia al divano e vedo che ha dei problemi alle gambe. Si aggrappa al divano con le mani e si tira su con la forza delle braccia, il cazzo che gli ballonzola nei pantaloni.
Per educazione non faccio domande sulle sue condizioni e continuo la conversazione. — Sì, con l’unica differenza che tutti se la tirano dieci volte di più.
— Anche qui se la tirano, vedrai. Allora, sei bravo a fare i pompini?
Ora che Carlos è sul divano, smetto di starmene in piedi e mi inginocchio davanti a lui, su un paio di cuscini che ha messo a mia disposizione sul pavimento. — Dicono di sì, ma io sento che ho ancora molte cose da imparare.
— Be’, vediamo a che punto sei arrivato, allora — mi dice con un occhiolino.
Io allungo le mani sulle sue cosce, massaggiando l’inguine, mentre inizio a strusciare il naso e la bocca sul suo pacco durissimo. Senza avvisarmi Carlos tira giù i pantaloni e il suo cazzone scatta verso l’alto dandomi un sonoro schiaffo sull’occhio destro.
Subito si ferma. — Scusami, ti ho fatto male?
Faccio di no con la testa. — Anzi, ti posso chiedere di rifarlo?
Carlos ha una verga di venti centimetri, non troppo lunga, ma larghissima e imponente. Sarà largo almeno sedici o diciassette centimetri di circonferenza, una vera bestia! Non ho mai visto un cazzone largo come il suo. La cappella ha il colore di una rosa succulenta e invitante, sovrasta l’asta più pallida come il cappello di un enorme fungo di carne. Solo la cappella potrebbe riempirmi la bocca per quanto è grossa e sono impaziente di vedere la sborra fiottare da quel pertugio già lucido di sugo preseminale.
Incute timore, come il bastone di un padrone che deve disciplinare la sua cagna. L’occhio che mi ha colpito mi pulsa e ogni pulsazione fa crescere in me la libidine, come se il suo colpo fosse una pompa che sta gonfiando un palloncino di depravazione dentro di me. Lo sento crescere e crescere, da libidine trasformarsi in appetito da troia, e sono certo che se scoppierà…
Carlos mi sbatte la sua verga sul viso, colpendo il naso e lo zigomo. Fuochi d’artificio esplodono dove la sua carne dura mi ha toccato, le fiamme del sesso che si fanno furiose dentro di me. Le vedo anche nei suoi occhi e sono pronto a bruciare con lui.
La sua mazza mi colpisce due volte, tre volte, quattro anche. Sento le guance diventare bollenti, tutto questo calore mi sta facendo impazzire e inizio ad aprire la bocca per cercare di afferrare la sua verga tra le labbra.
— Hai fame, troia? — mi chiede lui, la voce diventata profonda e autoritaria.
Annuisco senza osare parlare, lascio che la mia bocca desiderosa di cazzo parli per me senza emettere un solo suono.
Carlos continua a schiaffeggiare il mio viso ripetutamente col suo cazzone e mi passa le dita tra i capelli. — E allora mangia.
Mi stringe i capelli e spinge la mia testa contro il suo cazzo, ficcando la sua carne tutta in gola in un solo colpo. Sento la cappella che mi allarga la laringe e mi fa venire dei colpi di tosse oltre che un conato di vomito. Ma caccio tutto in fondo, voglio tenere in gola quel cazzone fino a quando non lo sentirò eiaculare direttamente nello stomaco.
I suoi peli pubici odorano di maschio alfa, mentre la sua mano sulla mia testa mi fa sentire accolto come la troia che sono, al cospetto di Carlos e del suo scettro.
Mi lascia andare dopo più di un minuto, nemmeno sapevo di poter riuscire a ingoiare un cazzone come quello per così tanto tempo. Se Carlos è riuscito a farmi fare questo, cosa potrebbe fare col mio culo stretto?
— Be’, non sei male, sei già a un buon punto. Però devi riuscire a tenerlo meglio in gola — mi dice accarezzandomi le labbra col pollice.
Con la voce roca e le lacrime agli occhi dico — Sì, devo allenarmi.
— E allenati, dai. — Carlos mi lascia la testa e si mette le mani dietro la nuca, il suo cazzone che svetta verso di me come se non aspettasse altro che rientrare nella mia gola.
Ora che ho più manovra, posso decidere da solo quanto andare a fondo e con che intensità slinguazzare le sua verga. Dato che ha già avuto un assaggio della mia gola, decido di fargli vedere cosa so fare con le labbra e la lingua. Afferro la sua cappella con le labbra e la succhio delicatamente, alternando tra infilarla tutta in bocca e succhiare solo la punta; con la lingua accarezzo la fessura che trasuda liquido preseminale e il sapore agrodolce di quel siero mi manda brividi in tutto il corpo, che si uniscono a quelli che sto provocando a Carlos. Sputo un po’ di saliva per inumidire bene e poi mi ficco tutta la cappella in bocca, mentre con la mano afferro l’asta (non riesco a chiudere le dita intorno alla carne per quanto è larga) e inizio a masturbare quel cazzone con dei movimenti circolari del polso, intanto che succhio la cappella avidamente come una caramella.
Carlos inizia ad ansimare e gemere e mi fa i complimenti perché riesco a stimolare tutti i punti giusti, ma dopo un paio di minuti si stanca ed esige che io gli faccia sentire la mia gola. Prendo un bel respiro e mi ficco tutto il suo cazzone in bocca, facendolo arrivare in gola. Inizio a succhiare così, muovendo la gola e il fondo della mia bocca per provocargli tutto il piacere che vuole e che io, come troia, devo dargli. Dopo un paio di minuti, però, sono costretto a fermarmi per riprendere fiato.
Ho gli occhi che mi lacrimano e il viso bagnato di saliva, ma Carlos mi da solo pochi secondi per respirare e poi mi afferra la testa e inizia a scoparmi la gola. Muove il bacino con movimenti molto rapidi, quasi degli scatti che mi spingono il suo cazzone in gola, e la sensazione di pienezza che mi da sentirmi scopato in quel modo mi induce a sbottonare i pantaloni per segare ferocemente il mio cazzo.
— Ti stai segando? — mi chiede lui facendomi fare una pausa.
Con gli occhi che lacrimano annuisco.
— Fammi vedere. — Il modo in cui il suo ordine mi fa scattare in piedi per mostrargli il mio cazzo duro me lo fa pulsare ancora di più.
Me lo prende in mano e mi masturba delicatamente. — Un bel cazzone italiano, eh. Ti piace usarlo?
— Sì, già ieri mi sono scopato una troia che lo voleva in culo a tutti i costi.
— E oggi la troia sei tu. Quanta sborra schizzi?
— Dipende da quanto sono eccitato, mi capita di fare anche sei schizzi potenti a volte.
Carlos continua a masturbarmi e intanto afferra anche il suo cazzone. — E adesso quanto sei eccitato?
Mi stringe il cazzo saggiando la durezza e io sorrido. — Be’, lo puoi capire da quanto ce l’ho duro.
In quel momento mi viene un’idea che fa sussultare la mia prostata dandomi una scossa di piacere. — Ti andrebbe se… sborrassi sul tuo cazzone e poi ripulissi tutto con la bocca, fino a farti venire?
Ho parlato tutto d’un fiato, ho paura che a Carlos non piaccia l’idea, molti maschi alfa come lui non lasciano sborrare le loro troie, soprattutto non su di loro. Ma la perversione accende il suo viso e accetta immediatamente.
— Dimmi solo come posso aiutarti a sborrare. Vuoi che te lo succhio? — mi chiede.
Faccio di no con la testa. — No, tranquillo — mi alzo la maglietta fino a scoprire il petto, coi miei capezzoli turgidi — basta che tu mi strizzi i capezzoli. Puoi anche succhiare, mordere, non ho limiti. Più mi fai male e più riesco a godere.
Carlos non se lo fa ripetere due volte. Si posiziona in modo che il mio cazzo sia sopra il suo, così che il mio sperma vada tutto su di lui, e poi si fionda sul mio capezzolo sinistro come se fosse un neonato affamato di latte. La sua inizia a torturare di piacere il mio capezzolo mandandomi in paradiso.
Quando mi stringo il cazzo per masturbarmi sento che è diventato durissimo. Più duro di quando ieri sera quella zoccola me lo cavalcava.
Carlos inizia a mordermi, mi strizza con la mano il capezzolo destro, salta da un capezzolo all’altro per farmi sentire la sua lingua e i suoi denti…
Io muggisco, ululo di piacere, ormai non sono più un ragazzo, ma un animale perduto tra i piaceri del sesso. Mi smanetto il cazzo così vigorosamente che quasi mi faccio male, con l’orgasmo che sale lentamente.
Schizzo chiudendo gli occhi, senza nemmeno guardare quanta sborra sto schizzando, mi concentro solo sul piacere estremo e doloroso che sto provando, un piacere che sembra prosciugare il mio corpo. Letteralmente, quasi, viso che sento le palle quasi raggrinzirsi per come mi sto svuotando. Carlos si ferma mentre sta mordendo il capezzolo destro e strizzando quello sinistro, così che il piacere che provo al pento si fonda con quello dell’orgasmo.
Mi accorgo di aver gridato quando nella stanza cala il silenzio.
Carlos si allontana da me per vedere il pasticcio che ho fatto e anch’io abbasso gli occhi. Il suo cazzone, le sue palle e parte della sua maglietta sono tutti imbrattati di sborra. I disegni che lo sperma crea riescono a farmi capire che devo essere arrivato addirittura a otto schizzi!
— Cavolo mi dispiace — dico senza fiato.
Carlos prende con un dito un po’ di sborra che gli imbratta la maglietta e se lo porta alla bocca. — Mmh… niente male. Tranquillo, comunque, sarà un piacere vederti ripulire.
Detto questo, appoggia la schiena al divano e torna a portarsi le mani dietro la testa. Io torno in ginocchio e affondo la faccia nel suo scroto. Col mio stesso sperma che mi imbratta la faccia, succhio prima una palla e poi l’altra, leccando fino a ripulire lo scroto dall’ultima goccia di sborra; alla fine me le ficco tutte e due in bocca e le succhio avidamente, godendo della loro morbidezza e del loro calore.
Pulite le palle, inizio a leccare l’asta partendo la basso. All’inizio mi concentro sul succhiare via il mio sperma, poi inizio a leccare e afferrare con le labbra come se volessi divorare quella carne. Arrivato alla cappella non aspetto che Carlos me la spinga in gola, sono io che la ingurgito tutta e faccio sì che mi arrivi fino in fondo. Faccio su e giù con la testa, arrivando a togliermi il cazzone di bocca per poi rimetterlo tutto dentro fino all’ultimo centimetro; Carlos geme e ansima dandomi della troia succhia cazzi, cosa che mi incentiva ad aumentare il ritmo del mio pompino.
La mia sborra è già svanita, ma io continuo così perché adesso voglio assaporare la sua.
Passano due minuti e Carlos mi afferra la testa con entrambe le mani, tenendola ferma in una morsa di pietra. Torna a scoparmi la gola, ma ora lo fa più selvaggiamente, con più aggressività e io capisco che è prossimo ad annegarmi col suo seme. Rimango fermo mentre grugnisce e quasi ruggisce di piacere.
Poi me lo ficca tutto in gola e anche lui grida. Il calore del suo latte mi infiamma la gola e spande a macchia d’olio in tutta la mia bocca: è davvero tantissima sborra. Faccio fatica a non mandarla giù, anche perché non riesco a deglutire col cazzone di Carlos ficcato in gola.
Sarà almeno un litro di sperma quello che sto per ingoiare.
Carlos mi lascia andare e io mantengo il suo cazzone in gola, lasciandolo andare lentamente per evitare di perdere anche una sola goccia di sborra. Succhio un po’ la cappella per assicurarmi che tutta la sborra sia uscita dalle sue palle e poi sfilo via anche quella, stringendola tra le labbra prima di lasciarla andare.
— Ingoia — mi intima Carlos, quasi minaccioso.
Non riesco a mandarla tutta giù, sono costretto a fare due sorsi per ingoiare tutto. Poi apro la bocca per mostrargli che è vuota.
— Brava la mia troia — mi dice accarezzandomi il viso.
— Posso chiederti un favore adesso? — gli chiedo.
Lui annuisce e io gli spiego la mia situazione con la doccia, chiedendogli se posso approfittare della sua per lavarmi.
Lui sorride divertito. — Quindi te ne andrai in giro a fare pompini in cambio di una doccia, come una vera puttana?
— In pratica sì, solo che non chiedo soldi.
Carlos ride di gusto e mi da il permesso di lavarmi, lasciandomi usare anche il suo bagnoschiuma e il suo shampoo.
Farmi finalmente la doccia è incredibile, tutta la stanchezza e la tensione scivolano via con lo sporco dal mio corpo. Ma non nascondo che mi sento sporco un po’ dentro, anche. Questa cosa del sesso in cambio della doccia mi rende davvero una puttana e non so bene come sentirmi al riguardo.
Nonostante tutto, finisco di lavarmi, mi vesto e torno da Carlos per ringraziarlo.

Io e Carlos ci siamo visti almeno sette volte e lui mi ha sempre lasciato fare la doccia a casa sua. Fino a quando non hanno messo l’acqua da me. Ci siamo anche scambiati il numero di cellulare e, ancora oggi, lui mi ha salvato come la Troia della Doccia.
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