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09 Il vecchio porco


di iside59
27.01.2023    |    10.264    |    7 9.2
"Ritenendo di avermi lavorato lo sfintere a sufficienza, si sollevò e dopo aver calato pantaloni e boxer tirò fuori il suo cazzo già visibilmente eretto e mi..."
Era presente anni or sono, in un paesello di provincia non lontano da quello dove risiedevo, una piccola “boutique”, dove il titolare, un tipo in là con gli anni, si trascinava la fama di essere molto libertino nella sua vita privata; sapete che nel paese piccolo la gente mormora e pare che all’ometto piacessero molto i giovinotti.
La cosa mi incuriosiva molto, e un giorno, a corto di iniziative interessanti e alzato dal letto con la voglia di cacciarmi in qualche situazione eccitante decisi di andare a trovarlo.
Mi recai al negozio verso l’orario di chiusura, 18.45 circa, orario dopo il quale non sarebbero più arrivati clienti, o almeno tale possibilità erano ridotte al minimo; decisi prima di andare, di indossare un paio di mutande di mia sorella, modello denominato “brasiliano” che gli avevo fatto sparire qualche anno prima; mia sorella ha sempre avuto un gran culone per cui doveva fornirsi di taglie abbastanza grandi e io non ero da meno; la mutandina di colore Lilla scompariva tra le chiappe mostrando un culo grosso e tondo, l’elastico era giusto a mezza chiappa e il culo era quasi completamente scoperto.
La prima volta che le indossai a casa quando tutti erano fuori, mi eccitai in maniera tale da correre al frigorifero da dove tirai fuori la carota più grossa che c’era, la rivestii con un preservativo e sdraiato supino davanti allo specchio, sollevai le gambe ed osservai infoiato la carota entrare quasi tutta nel mio culo, muovendola dentro e fuori con una mano mentre con l’altra mi masturbavo furiosamente.
Entrai con la scusa di acquistare dei Jeans, il titolare, apparentemente disinvolto mi chiese la taglia e mi porse quattro modelli indicandomi il camerino dove andare a provarli.
Cominciai a provare il primo, una volta indossato uscii dal camerino per guardarmi allo specchio, e così via per quattro volte; l’ultimo modello provato era molto basso di vita e io feci presente al titolare che non me lo sentivo bene ed egli approfittò per dare inizio alla sua manovra di accerchiamento assicurandomi che stavano benissimo e il cavallo era perfetto, e così dicendo portò la mano a strisciare sul cavallo sondandomi prima le palle e poi tutto il resto.
Io rimango della mia idea e torno in camerino per riprovare uno dei modelli provati in precedenza e mentre sono dentro sento che il mio adulatore sta chiudendo le imposte del negozio.
Riuscii per specchiarmi e il titolare mi era già addosso dicendomi che ormai era tardi ed era giunta l’ora di chiudere, ma io non dovevo preoccuparmi, potevo portare a termine i miei acquisti con calma e aggiunse in maniera sibillina che potevo tranquillamente cambiarmi fuori dal camerino tanto eravamo tra noi uomini e non sarebbe stato un problema.
Il porco avrebbe voluto circuirmi con una serie di viscide gentilezze, ma quando mi sfilai i jeans e misi in mostra le mie mutandine lilla fu chiaro anche a lui che ero io a volerlo adescare e non lui.
Rimase impietrito a guardare, io feci finta di niente e continuai nelle mie prove fino a che, calato l’ennesimo paio di jeans sentii due mani infilarsi sotto l’elastico delle mutandine, prendermi le chiappe e stringerle in maniera sempre più violenta; mi girai verso di lui, era tutto rosso in volto, paonazzo, molto eccitato e respirava affannosamente, poi si abbassò e cominciò a baciarmi le chiappe, poi scostando le mutandine finì inevitabilmente nel loro mezzo e titillare con la punta della lingua il buchino; io mi abbassai a novanta gradi cercando di facilitare al massimo il suo compito, inarcai la schiena rimirandomi negli specchi e in pochi minuti il mio buchetto si dilatò al massimo, tutto aperto e intriso della saliva del vecchio porco, pronto praticamente alla ricezione di qualsiasi oggetto che avesse una forma allungata vagamente somigliante ad un cazzo.
Ritenendo di avermi lavorato lo sfintere a sufficienza, si sollevò e dopo aver calato pantaloni e boxer tirò fuori il suo cazzo già visibilmente eretto e mi penetrò senza troppi complimenti, mi fece suo montandomi affannosamente, sbavandomi sul collo e mordendomi voluttuosamente i lobi delle orecchie.
Per essere sincero il vecchio porco mi sorprese assai, per la sua verga inaspettatamente di misura discreta, molto rigida e per la sua resistenza.
Il vecchio bavoso mi cavalcò per un quarto d’ora abbondante fino a quando, con un grugnito quasi animalesco mi ha riempito il culo con tutta la sborra che aveva nelle palle.
Rimanemmo sdraiati sulla moquette del negozio per una buona mezz’ora per riprenderci dall’animalesca inculata; poi mi fece alzare, mi fece spogliare nudo e mi fece rimettere le mutandine lilla, mi prese per mano e mi condusse verso una porta sul retro del negozio.
Non sapevo dove mi avrebbe portato ma mi fidavo ciecamente, come si sarebbe fidato un qualsiasi nipotino preso per la mano dal nonno; aperta la porta una rampa di scale ci portò in uno scantinato, passammo un’altra porta e ci fermammo davanti all’entrata di una cantina adiacente a quella del negozio.
Bussò energicamente più di una volta ed infine la porta si aprì. Un grassone pelato mezzo nudo, con la tripla pancia ci fece cenno di entrare e mentre ci addentrammo nel locale arredato a salottino, il grassone aveva già calato i boxer menandosi furiosamente l’uccello mollo nel tentativo di portarlo velocemente in erezione mentre mi fissava con lo sguardo allucinato.
Nel locale c’era anche una donna, grassa anche quella, con un’età abbastanza avanzata e due tette che da seduta gli toccavano quasi le ginocchia.
Il negoziante mi fece sedere sul divanetto, mi fece cenno di mettermi comodo appoggiandomi allo schienale, mi sollevò le gambe, scostò la mutandina lillà, mi divaricò le chiappe mettendo in mostra la mia rosellina dilatata e invitando il grassone ad infilarci il suo pisello.
Il ciccione si avventò su di me infoiato come non mai, mi penetrò con qualche difficoltà, visto che il suo membro non era ancora duro come avrebbe dovuto essere, ma lo sentivo irrigidirsi dentro di me mentre entrava ed usciva dalla mia fica anale.
La donna si avvicinò, e mentre il grassone tentava di aprirmi ulteriormente il culo mi prese in bocca il cazzo cominciando a succhiare come una che non ne aveva visti da anni.
Il negoziante si sedette su una sedia di legno e cominciò a masturbarsi, incitando il grassone a sfondarmi senza preoccupazioni, perché ero uno che gli piaceva molto, un rottinculo, una cecca; gli urlava che ero stato io a concedermi senza che lui avesse dovuto fare richiesta alcuna, che mi piaceva farmi sfondare il culo dal primo che avessi incontrato… e come dargli torto.
Il ciccione aveva le mie gambe sulle sue spalle e mi sbatteva sbavando e sudando, quando ad un certo punto la donna mi si mise a cavalcioni, ma non si infilò sul mio cazzo ma cominciò a strofinare la sua fregna un pochino puzzolente e sempre più bagnata, nonché il buco del suo culo, sul mio volto, in maniera sempre più affannata fino a lasciarsi andare ad un frenetico orgasmo accompagnato da urla agghiaccianti.
Avevo il volto irrorato dai suoi succhi, mi venne addirittura il dubbio che mi avesse anche pisciato in faccia, ma mentre cercavo di riprendermi dalla violenza perpetratami da quella donna, il ciccione si sfilò dal mio culo e avvicinato il suo cazzo al mio volto smanettandosi convulsamente si lasciò andare ad una copiosa sborrata come probabilmente da anni non aveva più avuto.
Stavo annegando nella sborra che mi ricopriva la faccia, quando anche il padrone del negozio si avvicinò in preda ad una masturbazione che stava raggiungendo ormai il culmine e riversò una seconda ondata di liquido seminale all’indirizzo del mio volto.
Anche la donna si buttò a capofitto sulla sborra che mi colava da ogni parte, leccandola e girandosela nella bocca, mostrandola ai suoi due compari; poi di scatto mi afferrò la testa e mi cacciò la lingua in bocca scambiando il frutto del piacere dei suoi due gran porci di amici con me.
Fu una limonata interminabile in cui la vacca cercò di farmi trangugiare più sborra possibile, si staccava da me, andava a recuperarne altra sparsa sul mio corpo e tornava a cacciarmi lingua e
Guaii, leccai, ingoiai, ansimai, delirai, implorai che addirittura mi pisciassero in faccia.
Ma per quel giorno la mia richiesta non venne esaudita e tutto si fermò li; mi fecero fare una doccia nel bagno dello scantinato, recuperai i miei vestiti sparsi per il negozio e il padrone mi disse di prendere pure i jeans che avevo scelto come premio per la mia “performance” da vera e propria puttana; mi promisero che la volta successiva avrebbero portato un loro conoscente egiziano dotato di un cazzo veramente enorme il quale mi avrebbe fatto veramente a pezzi il culo, e per la richiesta fatta sul finale di essere riempito di piscio, la si sarebbe potuta organizzare sicuramente a breve.



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