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18 In balia di tre trans ed ..un fattore


di iside59
03.10.2024    |    265    |    1 8.7
"Percorsi tutta la strada fino allo slargo senza incontrare anima viva, arrivai in fondo e vidi due trans in mezzo allo spiazzo molto tranquilli, uno stava..."
Nella solita serata estiva che inevitabilmente ispirava i raid nelle zone frequentate dalla prostituzione, decisi di visitare una strada in mezzo campagna della bassa milanese di cui avevo sentito parlare, ma che non avevo mai visitato, anche perché non giudicata particolarmente sicura; le prostitute femminili erano per lo più africane ma si vociferava vi fosse anche un presidio di trans sudamericani, piuttosto focosi ed imprevedibili, tra i quali non era escluso poter fare brutti incontri, l’’unica cosa affidabile era la certezza delle misure dei loro cazzi.
Stimolato da queste incognite mi avventurai in quei luoghi abbastanza fuori mano raggiungendoli verso le 23:30; un sacco di zoccole di colore nero quasi nude su tutta la strada, ma era quasi impossibile capire se fossero tutte di femminile, andai su e giù un paio di volte per capirci qualche cosa fino a che, incuriosito da una traversa sterrata che si perdeva in mezzo al bosco e da cui entravano ed uscivano parecchie auto, misi la freccia e mi ci infilai; se doveva succedere qualche cosa di spiacevole pace, me ne sarei fatto una ragione prendendomi tutte le mie responsabilità, ero troppo eccitato e attirato dall’ignoto.
Tra i primi alberi del boschetto già si notavano strani movimenti, molta gente si muoveva nell’ombra con fare circospetto, qualcuno sullo sterrato anche in bicicletta, sembrava di essere nel centro città in pieno giorno.
In fondo alla strada uno spiazzo dove era possibile fare inversione con l’auto, in mezzo al quale alcuni trans di colore mostravano le loro mazze agli automobilisti che gli giravano intorno; passai vicino ad uno di essi che si girò verso di me, era magro, col muso allungato, con i capelli lunghi fuori posto, risaltavano nella notte i suoi dentoni bianchi; quando gli passai a fianco sollevò repentinamente la minigonna che indossava abbastanza sgraziatamente, impugnando e sollevando la sua impressionante nerchia con in cima un cappellone smisurato, sembrava il cazzo di un cavallo; mi insultò nella sua lingua, era visibilmente alterato, probabilmente ubriaco se non drogato, poi mi si rivolse con una domanda chiaramente provocatoria: "Ti piace il casso brasiliano, se ti fermi ti sfondo il culo, frocetto!”
La cosa mi spaventò e mi allontanai piuttosto allarmato, forse quello non era il posto giusto per me.
Ero quasi tentato di caricare una zoccola nera per chiudere la serata, ma non ne trovai alcuna che mi ispirasse, le vedevo tutte un po’ troppo sopra le righe, forse un po’ alticce se non addirittura in preda a sostanze stupefacenti.
Stavo quasi per prendere la strada di casa, ormai erano le due e mezza di notte, quando volli fare un altro tentativo nella viottola sterrata da cui ero fuggito precedentemente, l’andirivieni si era molto placato, le macchine che entravano ed uscivano dalla strada sterrata erano molte meno, misi la freccia e svoltai.
Percorsi tutta la strada fino allo slargo senza incontrare anima viva, arrivai in fondo e vidi due trans in mezzo allo spiazzo molto tranquilli, uno stava contrattando con un cliente che quando mi vide arrivare salì in macchina e se ne andò.
Non so perché ma rallentai, una dei due mi si fece incontro alzando un braccio per fermarmi, incredibilmente gli obbedii, mi venne incontro, apri lo sportello dell’auto dalla mia parte dicendomi:” Ciao belo! Cosa fai in giro tutto solo a quest’ora di notte?”
Era anche lei un marcantonio grande e grosso con un nasone a patata sopra le labbra rigonfie e colorate di un rosso vivo, i capelli nerissimi ricci e sciolti, un vocione non certo femminile, ma era molto gentile sia nei modi che nelle movenze.
Mi prese una mano e mi invitò a scendere dall’auto, quasi ipnotizzato cercai di resistere:” Ma è tardi, sono quai le tre, a casa mi aspettano”
“Vieni belo! Vieni giù dalla macchina, andiamo laggiù dietro a quelle piante che ti faccio vedere qualcosa che ti farà felice!”
E mentre scendevo dall’auto obbedendogli come in preda di un incantesimo, lei fece le presentazioni: “Vieni io sono Isabela, lei è Perla, lei brava, molto brava … e tu come ti chiami?”
Le dissi un nome fasullo ma non riuscivo ad oppormi al suo volere, andammo verso il bosco, io in mezzo ai due travoni come fossi stato stregato, entrammo nel fogliame uscendo in un altro spiazzo non troppo grande.
Isabela suggerì:” Qui va bene! Belo posto tranquillo! Spogliati su! La serata è calda e i vestiti proprio non servono a nulla!”
Mi alzò la maglietta, io sollevai le braccia così che potesse sfilarmela completamente, mentre nel frattempo Perla, l’altro trans, mi abbassò da dietro i pantaloncini calandoli giù fino alle caviglie, io li sfilai buttandoli a terra sopra la maglietta sul prato circostante.
“Anche le mutandine! Togli anche quelle!”
Perentoriamente ordinò con tono delicato ma perentorio Isabela.
Ubbidii come un automa rimanendo tutto nudo con il pisellino al vento alle tre di notte in mezzo alla campagna tra due trans molto prestanti ed autorevoli.
Isabela mi mise le mani sulle spalle e mi spinse giù: ”In ginocchio belo!”
E quando fui in ginocchio, Isabela e Perla sollevarono le minigonne ridottissime e liberarono i loro cazzi dai perizomi che li tenevano sacrificati in mezzo alle gambe.
Li guardai incuriosito, erano due signori cazzi, già semieretti, dal lungo e consistente gambo che si stringevano verso le cappelle non particolarmente enormi, erano due cazzi ideali per aprire un culo, sarebbero penetrati bene grazie alle cappelle non troppo grosse a nel progressione dell'entrata avrebbero aperto qualsiasi buco senza causare grossi traumi al fortunato di turno.
“Succhia belo! Succhia i cazzi brasiliani, succhia come se stessi gustandoti due bei gelati! Ti piace il gelato no?”
Nel mentre nello spiazzo accanto fece irruzione un’auto i cui fari illuminarono attraverso la vegetazione i due cazzi che mi stavano davanti, Isabela mi porse una mano dietro la nuca spingendomi verso il suo membro che dapprima leccai con la lingua tentennando un po’ e poi inghiottii completamente insalivandolo abbondantemente e andando avanti ed indietro con la testa sino ad assaporare le prime goccioline fuoriuscite dal birillo.
Anche Perla impaziente reclamava la sua parte, lasciai Isabela per dedicarmi a lei, anche qui cominciai a pomparlo come una troia incallita mentre lei cercava di scoparmi la bocca imprimendo il suo ritmo, un ritmo però che l’avrebbe portata a sborrarmi in bocca troppo presto e quindi la mollai per tornare a “chupare” quello di Isabela.
Dall’auto sopraggiunta scese il trans che mi aveva minacciato qualche ora prima, probabilmente scaricato da un cliente e mentre il trans cercava le sue colleghe appartate con me, l’auto se ne andò lasciando calare il buio nel boschetto.
Quando Isabela se ne accorse la chiamò:” Susan! Susan! Vieni qui a fare Bukkaci con amico italiano visioso, lui pulire tutto tuo casso dopo tuo lavoro!”
Mi vennero i brividi al solo pensare che quella bestia potesse avvicinarsi e magari mettersi nella testa di farmi il culo, mi avrebbe aperto come si suol dire, come una scatoletta di tonno.
Mentre continuavo a succhiare alternativamente, Isabela e Perla, vidi comparire a fianco a loro l’incredibile proboscide di Susan, rideva in maniera sguaiata, mi insultava, inveiva e mi minacciava e mi sputò anche addosso, cercava di distogliere la mia attenzione dagli altri cazzi per spingermi in bocca il suo, una maleodorante pantegana che penzolava senza vita in mezzo alle cosce fino quasi alle ginocchia, adagiato come morto sui due coglioni grossi come noci di cocco, esagerato ma poco attivo; io non volevo abboccarlo subito in quanto l'odore non era particolarmente invitante, ma lei prepotentemente me lo antepose agli altri due e prendendomi per i capelli mi ordinò di succhiarglielo:” Chupar,! Chupar! Piccolo frocetto italiano, puliscimi il cazzo che ho appena tolto dal culo di un mio cliente, leccalo tutto altrimenti ti metto a novanta gradi e ti sfondo quel culetto stretto che hai!”
Questa era una cosa da evitare e quindi cedetti alle sue insistenze prendendolo in bocca, almeno quei pochi centimetri che riuscii ad ingoiare, praticamente solo la cappella e cominciai a ruotargli intorno la lingua, aveva un fetore indescrivibile, un gusto acre ed amaro, un vero schifo.
Il serpentone prese vita e cominciò ad alzarsi, ci volle un bel lavoro di lingua, lei se lo teneva su con una mano, ero schifato e prossimo a vomitare, sia per l’olezzo e sia per le dimensioni che mi trovavo nella gola.
Mi si rivolsero quasi in coro:” Noi lavoriamo tutta la sera senza sborrare, altrimenti poi non ci si rizza più e i clienti rimangono scontenti, ma ora prima di rincasare abbiamo pure il diritto di svuotarci le palle e far felice senza pagare il fortunello che si offre a questa buona azione”
Il fortunello, che poi sarei io, alternava la bestia agli altri due cazzi, che al confronto sembravano addirittura normali, ma vi assicuro che non lo erano; da una parte ero contento che nessuno di loro avesse intenzione di mettermelo in culo, dall’altra però la mascella cominciava a dolermi.
Cercavo di portarli al culmine tutti insieme, la più reattiva era Perla, che era anche la più giovane, dopo pochi colpi accennava a lasciarsi andare e quindi fu quella che dovetti spompinare meno, mentre purtroppo quello che sembrava avere più bisogno delle mie attenzioni era proprio il cazzo mostruoso di Susan.
Dopo quasi mezz’ora di pompe arrivò il momento non più rinviabile di Perla, mi schizzò tutto in faccia una gran quantità di sborra molto liquida, poi Isabela si staccò dal gruppo finendo di masturbarsi da sola mentre io continuavo a lavorarmi il mostro.
Poi fu il turno di Isabela ormai prossima all’orgasmo, si rifece sotto segandosi velocemente ed emettendo un roco ruggito di piacere esplose una marea di crema calda e densa, appiccicosissima spargendola sui miei capelli e la mia faccia, sgocciolando poi sul resto del corpo.
Non rimaneva che Susan col suo palo di carne che teneva sollevato con una mano perché non cadesse sotto il suo peso, lungo, largo, con venature grandi e molto visibili, cappella enorme simile ad un fungo, sotto due palle grosse e gonfie, piene di sborra.
Passai ancora dei minuti con quel biscione in bocca, poi lo tolsi e mi misi a fissare il buchetto della cappella dalla quale sarebbe sgorgato il suo piacere, la segai a due mani, era enorme come quello di un cavallo.
Menai, menai e menai ancora, fino a che il buco davanti ai mei occhi scomparve sostituito dall’inondazione di uno schizzo lattiginoso che mi copri la faccia, cinque, sei, sette, otto volte, i copiosi spuzzi mi colarono dal viso lordandomi il corpo nudo.
Ero in ginocchio tutto nudo e sborrato in mezzo al bosco, sgocciolavo sperma da tutte le parti mentre i trans se la ridevano apostrofandomi:” Visioso! Frocetto visioso! Ringrazia che abbiamo già sborrato tutte, altrimenti ti avremmo aperto il culo!”
Poi Susan mi si avvicinò tenendo sempre in mano il suo mostruoso cazzo anche da floscio, mi guardò, sorrise maliziosamente, non immaginai le sue intenzioni e non la guardai in faccia per non alterarla, poi sentii qualcosa piovermi addosso, gocce di qualcosa che si trasformarono in pochi secondi in un getto potente di liquido, quella troia cazzuta mi stava pisciando addosso; mentre Susan orinava come una fontana ridacchiando, Isabela e Perla mi si avvicinarono, una da una parte e una dall’altra aprendo anche loro i rubinetti.
Fui travolto da una pioggia dorata che mi arrivò addosso da tre parti, le tre mi stavano pisciando addosso contemporaneamente, fu dapprima una sensazione umiliante, stavo quasi per mettermi a piangere, ma poi d’un tratto mi sentii felice, cominciai a ridere fiero essere stato in grado di soddisfare i vizi di ben tre trans superdotate, che mi stavano riempendo di piscio ridacchiando; guardai i loro cazzi e aprii la bocca per abbeverarmi al nettare che da loro esondava, sfidandoli a continuare a pisciarmi in faccia, ne inghiotti avidamente il più possibile, ero pervaso da un piacere prossimo alla follia.
Ricoperto di piscio e sperma, cercavo con la bocca di catturare le ultime gocce che mi arrivavano dall’alto, quando Susan, Isabela e Perla avevano praticamente terminato di svuotate le loro vesciche, se lo scrollarono per bene, quasi strizzandolo per regalandomi le ultime gocce dorate.
Dopo aver terminato di annaffiarmi mi si avvicinarono e mi strusciarono i loro cazzi sul volto alla ricerca di una nuova carica vitale, Isabela mi esortò un po’ indispettita:” Dai belo! Succhia casso brasiliano! Dai! E’ gustosso! E’ delissia! Dai frocetto vissioso!”
Mi accasciai a terra stremato e soddisfatto, pensando all’umiliazione che avevo volontariamente subito con grande soddisfazione mi assopii.
Poi qualcuno mi destò, mi sollevò per un braccio e ci incamminammo nel buio, ma non so per dove.
L’acqua fresca mi svegliò definitivamente, colui che mi aveva raccolto mi stava lavando ad un abbeveratoio per animali, mi asciugò con cura, mi porse i vestiti e mi accompagnò all’interno credo di una stalla, sentivo i muggiti nell’oscurità, il mio soccorritore disse di dormire pure, indicandomi un giaciglio di fortuna, che lui si sarebbe occupato di recuperarmi la macchina.
Pensai che il mio posto forse non avrebbe dovuto essere in mezzo alle vacche ma piuttosto in mezzo ai maiali per ciò che avevo fatto.
Dormii qualche ora e mi svegliai con le prime luci dell’alba, rimasi sul pagliericcio a smaltire la fatica e lo stress accumulato nella nottata; dopo un’oretta arrivò il mio crocerossino, un uomo sui sessanta, molto prestante per la sua età, probabilmente un agricoltore della zona, in canottiera, sudato e cotto dal sole, con due manone gigantesche; mi disse che aveva appena finito di mungere le mucche e mi chiese se avessi voluto bere qualcosa di caldo, gli risposi di no, che stavo bene così.
Poi, pur essendo probabilmente uomo di poche parole, mi raccontò che i tre scellerati che mi avevano fatto la festa non erano nuovi a queste imprese, lui li teneva d’occhio tutte le sere nascosto nei cespugli del bosco e quindi dedussi che aveva assistito a tutta ciò che mi avevano fatto per poi alla fine venire a raccogliermi.
L’amico non era poi un buon samaritano, se li spiava tutte le sere non era proprio li per fare solo opere di bene ma magari per tirarsi nel frattempo qualche bel segone.
L’amico, che si chiamava Bernardo, nel frattempo si fece più loquace, eravamo seduti uno vicino all’altro come due vecchi amici, mi raccontò che lui si faceva il culo in fattoria senza avere troppe soddisfazioni, mentre la moglie andava in città alla mattina e tornava solo la sera e secondo lui gli metteva pure le corna, lui la fica non la vedeva più da un po’ di anni, mi fece compassione tanto che gli poggiai una mano sulla gamba per consolarlo, però la ritrassi subito in quanto lo sentii fremere come se si eccitasse al solo contatto della mia mano sulla sua coscia.
Indossava dei pantaloni larghi da lavoro, ma dopo il contatto occasionale che ci fu tra noi, vidi muoversi il cavallo dei calzoni come se qualcosa al suo interno si muovesse fino a tenderne la tela.
Ma guarda un po’ il porco, pensai che se la moglie non fosse tornata fino a sera io avrei avuto il dovere di sdebitarmi con questo povero cristo, la cui unica soddisfazione della vita era stata quella di sfacchinare nei campi senza troppe soddisfazioni.
Infilai la mano nei pantaloni e glielo tirai fuori, era un cazzo fantastico, lungo largo e nodoso, con le vene tutte gonfie, sotto aveva due palle grosse come cocomeri adornate dalla peluria incolta, era duro come la pietra, lo impugnai con una mano senza riuscire a cingerlo tutto, scoprii il glande, era maestoso, il suo cazzo si ergeva nell’aria come la torre Eiffel nel cielo di Parigi.
Lo osservai e notai una sua smorfia di compiacimento, con voce roca mi confessò:” E’ la prima volta che lo faccio con un uomo!”
Ma io gli ribadii per rassicurarlo:” Io non sono un uomo, io sono la tua puttana! Tu mi hai salvato e io ti ricambierò salvando il tuo cazzo!”
E così dicendo abbassai la testa in mezzo alle sue gambe prendendomi in bocca la cappella del suo cazzo frullandola con la lingua e assaporando il gusto di quel marmoreo membro, non era cattivo, salato al punto giusto, d’altra parte non si poteva pretendere troppo da uno che si alzava alle cinque di mattina per mungere le vacche.
Cercai di inghiottirlo tutto arrivando col naso sulla sua peluria pubica, ma la cappella mi toccava l’ugola e rischiavo di vomitare, dovetti rinunciare e limitarmi ad andare su e giù per metà cazzo, tenendo sempre la cappella bene in bocca e lavorandola con la lingua.
Il Bernardo si fece più intraprendente alzandosi in piedi e prendendomi per la nuca accompagnava il mio gesto con i movimenti del bacino, lo lasciai un attimo e vidi il suo cazzo completamente insalivato, la sua cappella era paonazza e turgida, pensai fosse il momento opportuno.
Mi sfilai pantaloncini e mutandine, mi misi a pecora sul pagliericcio allargandomi le chiappe con le mani offrendogli il mio osceno buco aperto e supplicandolo:” Dai! Scopami Bernardo! Scopami come scopavi tua moglie una volta! Quella gran troia! Ti prego sfondami! Fammi tuo!”
Bernardo perse la testa e appoggiò con foga la sua cappella al buco ma non riuscendo a farla entrare capii che sarebbe servito un aiutino, andò sullo scaffale di fianco e prese un barattolo rassicurandomi:” E’ grasso di maiale, tutta roba naturale!”
Usando la mano come una spatola me ne spalmò una abbondantemente quantità sullo sfintere aperto e rilassato, poi depose il barattolo e riposizionò la sua cappella sul buco facendo la necessaria pressione per scivolare dentro con estrema facilità, come se la sua nerchia fosse stata risucchiata dentro.
Sentii contemporaneamente allargarsi lo sfintere fino a tendersi, mi sentì impalato, spaccato letteralmente in due, il mio culo si era allargato come mai lo avevo sentito allargarsi, mi pareva di avere un palo di ferro dentro, lui cominciò a muoversi e a sbattermi, prima lentamente poi sempre più velocemente, non capivo più nulla.
Bernardo mi sussurrò all'orecchio: "Ho visto cosa ti hanno quei tre stanotte, mi sono eccitato a guardarli e ho sperato che non ti rompessero il culo, volevo rompertelo io, l'avessero fatto loro non saresti stato più in grado di farti fottere così bene!"
Ero col muso sul pagliericcio e il culo all’aria, con le mani mi divaricavo le chiappe e spingevo con lo sfintere per agevolare più che potevo l’entrata di quel ben di dio, mi sentivo squassato, devastato da quel pezzo d’acciaio nel di dietro, ma dentro di me stavo vivendo un momento di grande soddisfazione e felicità.
Affondava il suo palo di carne ritmicamente nei miei intestini apostrofandomi con parole pesanti come:” Si! Si! Hai ragione tu! Sei la mia puttana! Ti sfondo il culo, piccolo frocio voglioso di cazzo! Sei meglio di quella troia di mia moglie!”
Bernardo, il rude contadino, stava dando sfogo a qualche anno di astinenza e il suo cazzo imperterrito mi martellava il culo, pompava da dio.
Mentre gioivamo insieme di quell’animalesco rapporto innaturale, io guaivo come una cagna e lui ruggiva come un leone nell’atto di sottomettere la sua femmina; poi qualcuno sulla porta della stalla chiamò Bernardo, ma ne io ne lui, presi dalla monta selvaggia udimmo i richiami.
Un uomo entrò e vedendo quello che stava succedendo esclamò: ”Bernardo! Ma cosa stai facendo?”
Bernardo lo guardò e riconobbe in lui un amico che di tanto in tanto lo aiutava in fattoria, ma non si fermò continuando ad affondare il suo cazzo di pietra nel mio povero culo; l’amico, tarchiato e cicciottello, rimase qualche minuto attonito a guardarci, poi mise da parte qualsiasi remora e decise di dare una mano a Bernardo come del resto era solito fare, si abbassò i pantaloni e le mutande e andò a posizionarsi davanti a me offrendomi il suo membro da succhiare.
Ero alla pecorina con un bel cazzo in bocca, cosa potevo volere di più dalla vita? Bernardo aumentò il ritmo della battuta ed emettendo dei rantoli agghiaccianti sborrò come un rubinetto, mi sborrò i primi potenti schizzi dentro, poi cercò di estrarlo e gli ultimi getti mi lordarono le chiappe tutto intorno alla cavità, mentre Bernardo continuava ad emettere rochi suoni di godimento io lo incitavo:” Sborra Bernardo! Siiii! Riempimi! Godimi dentro!”
Bernardo sfinito e soddisfatto si lasciò andare sul pagliericcio, mentre io stavo sempre con un cazzo in bocca e con le chiappe all’aria, mentre lo sperma di Bernardo esondava dal mio sfintere oscenamente dilatato; dopo qualche attimo, l’amico di Bernardo mi tolse il cazzo dalla bocca e prese posto dietro di me, utilizzando lo sperma di Bernardo che sgorgava dal buco come lubrificante, me lo sbattette dentro, ma dopo che ci era passato il cazzo di Bernardo questo proprio non lo avrei potuto sentire; dopo pochi minuti sborrò anche lui e si tolse, lasciandomi una sensazione di vuoto indescrivibile, avrei desiderato che ci fosse già qualcun altro pronto a prendere il suo posto e a cavalcarmi un’altra volta.
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