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Lui & Lei

Dalle otto alle otto per ventiquattr'ore - Capitolo 4 - dalle 11 alle 12


di Parrino
09.11.2022    |    1.086    |    1 9.2
"La tua mano destra scende a massaggiare il membro turgido attraverso la stoffa dei pantaloni mentre mi mordicchi il collo e le spalle..."
Ti osservo cantare a squarciagola, incurante delle parole o dell'intonazione. Distratta dall'ammirare il panorama, ci metti svariati secondi a notare i miei occhi su di te e la mia espressione divertita rivolta alla bambina giocosa che sei diventata nel corso di questo breve tragitto.
«Cosa c'è?», mi chiedi sorridente.
«Ti guardo».
«Si, questo l'ho notato. Ma perché?».
«Perché mi piace guardarti. Sei sempre bella. Ma così spensierata lo sei ancora di più».
Un timido rossore ti colora le guance e mi spinge a pensare a quanto sia affascinante la tua personalità, le mille sfaccettature che la compongono.
Solo pochi minuti orsono hai porto le tue mutandine ad un estraneo guardandolo dritto negli occhi, poco prima hai lasciato che le mie mani esplorassero le pieghe più intime del tuo corpo mentre la tua bocca assaggiava la mia virilità. Eppure, ora riesci ad imbarazzarti per un complimento innocente.
Ti accarezzo il volto mentre ti sporgi per stamparmi sulle labbra l'ennesimo bacio di questa lunga mattinata insieme. Indugi, intanto che i miei occhi restano fissi sulla strada. Dalla bocca, al lobo dell'orecchio destro, al collo, sento le tue labbra scorrere piacevolmente sulla mia pelle seguite dal tuo fiato caldo. Una delle tue mani si occupa, invece, delle spalle e del torace, alternando tocchi lievi ad altri più decisi.
Sospiro.
«Che fai?», ti dico dopo aver catturato l'aria attorno a me con un respiro profondo.
«Mi vendico», replichi con voce suadente e sorriso birichino.
La tua mano destra scende a massaggiare il membro turgido attraverso la stoffa dei pantaloni mentre mi mordicchi il collo e le spalle.
«Se questo è il tuo modo di farlo... dovrei dartene più spesso di motivi per vendicarti», ribatto sornione.
Slacci la cintura e sbottoni i jeans, poi la tua mano si fa strada fino all'asta, impugnandola dopo averla liberata. Mentre svetta davanti a te la sfiori lentamente con la punta delle dita, scorrendo più volte dal glande sino alla base.
Quando tenti di abbassare i pantaloni, sollevo il bacino per concederti più ampi margini di manovra. Percorrendo a velocità contenuta l'imbocco della litoranea posso abbassare la guardia e smettere di preoccuparmi del traffico ormai inesistente, della strada ora rettilinea o dell'eventualità che qualcuno noti ciò che sta avvenendo nell'abitacolo. E concentrarmi sulle piacevoli sensazioni donatemi dalle tue mani.
Stimoli il mio pene stringendolo e scorrendo piano su e giù, scoprendone completamente la punta gonfia. Di tanto in tanto ti fermi, strofinando l'asta dura e ruvida per via delle vene in rilievo lungo di essa. Arrivi ad afferrare lo scroto, valutandone la consistenza, la pienezza.
«Qui qualcuno è bello carico», sussurri, massaggiando con delicatezza il mio punto più sensibile.
«Non ti sto certo torturando per niente», dico con un leggero affanno.
«Quindi questo è il mio premio? Tutto per me?», incalzi improvvisando un tono innocente ben poco credibile considerate le circostanze.
«Tutto. Per dissetarti... per lasciarti il mio odore addosso e il mio sapore in gola», continuo mentre riprendi una lenta, estenuante masturbazione.
«Ti eccita, vero?», chiedi retorica.
Non rispondo, ma la mia bocca si apre per inspirare quanta più aria possibile.
«Ti eccita immaginare il mio corpo impiastricciato, la mia bocca impastata del tuo seme. Immaginarmi nuda a farmi venire addosso».
«Da morire».
«Sei un maledetto porco», accusi aumentando il ritmo col quale la tua mano stimola il mio membro.
«E questo ti piace», affermo con voce spezzata.
«Si. Mi piace. Mi eccita. Non sai quanto. Sapere di essere la musa che ispira le tue perversioni... la tua troia...», continui chinandoti tra le mie gambe.
«Hai un cazzo meraviglioso», riprendi poco dopo facendomi avvertire il tuo alito investire la mia pelle.
Resto in silenzio per lasciare che sia tu a dirigere il gioco in questi frangenti.
«Non vedo l'ora di sentirlo dentro di me», continui. La tua lingua accarezza i testicoli, poi risali baciando la mia carne dura eretta davanti al tuo viso. Un contatto lieve ma piacevole, umido per il fatto che di tanto in tanto bagni le tue labbra facendovi scorrere sopra la lingua. Le schiudi appena, imboccando solo pochi centimetri di quello scettro al quale ti stai dedicando con estrema perizia.
«Com'è grosso... largo... - dici in tono provocante - non riuscirei a tenerlo tutto in bocca... potresti... potresti farmi male quando mi scoperai... potrei urlare dal dolore se sarai troppo irruento...».
«Sei una stronza. Una grandissima stronza», ti apostrofo avvertendo la gola secca.
Il ritmo imposto dalla tua mano è sostenuto, il mio membro sempre più teso. Solo quando una goccia umetta la punta del glande rallenti per non farmi esplodere. La raccogli con un bacio, assaporandola a occhi chiusi.
«Che buon sapore», dici sollevando il volto e guardandomi fisso negli occhi.
Nel mentre, noto la tua mano sinistra scomparire tra le tue cosce. I gemiti e i sospiri che prendi ad emettere subito dopo rendono evidente l'attività che sta impegnando le tue dita. «Dovresti sentire quanto sono bagnata. Proprio come piace a te. Tutta da leccare...».
«Oh, lo farò... eccome se lo farò».
«Lo so», mi dici continuando a guardarmi e a masturbare entrambi, gemendo mentre tieni i nostri sessi sull'orlo di un orgasmo che ci stiamo negando ormai da ore.
Accosto pochi secondi dopo sul ciglio della strada.
«Perché ti fermi?», chiedi sospirando e perseverando nella tua opera.
«Siamo arrivati», rispondo portando la mia mano tra le tue gambe, sopra la tua. La strappo via, costringendoti ad un gemito di disappunto. Sollevi le dita davanti alla faccia, guardandole lucide. Poi rivolgi lo sguardo a me, infilandotele in bocca e ripulendole dai tuoi umori.
«Ho anch'io un buon sapore», mi dici maliziosa.
Ti sorrido aprendo lo sportello e scendendo dal veicolo. Faccio il giro per aprire il tuo e, nel mentre, mi guardo intorno. Il rumore delle onde che s'infrangono sul bagnasciuga è l'unico suono proveniente dalla spiaggia deserta; poche auto sfrecciano di tanto in tanto a elevata velocità; nessun passante per le strade; l'unica attività commerciale è un chiosco, chiuso. Nulla sembra volerci disturbare in questo paradiso fatto di sole e mare.
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