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Lui & Lei

Dalle otto alle otto per ventiquattr'ore - Capitolo 3 - Dalle 10 alle 11


di Parrino
09.11.2022    |    1.305    |    1 9.0
"Sarai eccessiva, oscena, porca..."
«Hai capito benissimo».
«Ma...».
«Cosa?».
«E' troppo...».
Ti poso una mano sulla parte bassa della schiena, sfiorando la curva del tuo sedere. «Troppo...?».
«Con te non ho problemi a... ad essere me stessa... a lasciarmi andare... ma con uno sconosciuto...».
«Uno sconosciuto che non vedrai mai più. Guardami - ti invito, scendendo a carezzare le tue natiche piene e rotonde - lui è solo una comparsa. Questo gioco è solamente nostro. Tu sei soltanto mia, almeno per queste ventiquattr'ore. E disposta a tutto, come avevi promesso. Non vorrai già tirarti indietro, vero?».
Mi guardi timorosa. Stringi in mano quel feticcio bianco come se potesse darti il coraggio necessario e, a passo lento, ti dirigi verso il commesso.
Celi a stento il tremolio nella tua voce, e mascheri col più provocante dei tuoi sguardi uno stato d'animo tutt'altro che assertivo. Ma è una messinscena alla quale chi non ti conosce come me può anche credere. Lo fissi come fosse la tua preda destinata e allunghi il braccio verso di lui.
«Questo è per la tua cortesia», gli dici ostentando una sicurezza da seduttrice, senza distogliere i tuoi occhi dai suoi.
Lasci quel tessuto umido tra le sue mani e, prima ancora che possa rendersi conto di cosa si tratti, muovi rapidamente verso di me trascinandomi fuori dalla sala che ci ha ospitati nell'ultima mezz'ora.
Mi godo l'espressione stupefatta del ragazzo mentre varco la porta d'ingresso, e posso solo immaginare quali pensieri quel gesto potrà risvegliare in lui non appena prenderà piena coscienza di quanto avvenuto.
Sposto lo sguardo su di te, rossa in viso e scossa dall'adrenalina appari entusiasta e vitale mentre mi investi con un fiume di parole.
«Oh mio dio, cosa ho fatto! Ma ti rendi conto? Cosa penserà di me! Cosa andrà a raccontare in giro!», dici ridendo istericamente.
«O cosa farà con le tue mutandine, piuttosto...».
Ti blocchi di colpo, mentre si fa largo in te un pensiero che non avevi ancora elaborato. «Credi che...».
«Che le avvolgerà attorno al suo cazzo, divenuto duro per colpa tua? Che lo segherà fino a inzupparle del suo sperma immaginando di riversarlo nella tua bocca? Che godrà sognando di scoparti nel cesso o sul bancone del bar? Che verrà abbondantemente, e magari più volte, pensando alla cliente troia di stamattina? Mi auguro proprio di si».
Deglutisci, e mi guardi quasi annaspando per l'ansia e l'eccitazione al pensiero che un completo estraneo possa godere stringendo tra le mani una tua appendice inanimata, godere grazie a quell'indumento intriso dei tuoi umori e del tuo odore di femmina.
Afferro una tua mano per attirarti a me. Quando siamo talmente vicini da poter sentire sul mio viso il tuo respiro caldo, ti spingo contro il muro alle tue spalle. Ti accarezzo, sistemandoti una ciocca di capelli dietro l'orecchio e accostando il mio volto al tuo. Ti cingo il collo con una mano per immobilizzarti e ti parlo sfiorandoti le labbra. «Oggi dovrai sentirti una vera puttana. Superare i tuoi limiti. Far rizzare il cazzo di ogni maschio che incontrerai. Sarai eccessiva, oscena, porca. Voglio leggere la lussuria e il desiderio di te negli occhi di chiunque incontreremo. Questa città dovrà essere piena di uomini che si segheranno avendo le loro menti invase dal pensiero di te, mentre io ti avrò nuda tra le mie braccia pronta a farti riempire ogni buco. Per ventiquattr'ore non sarai nient'altro che una puttana, la mia puttana».
Non ti dò il tempo di ribattere che mi avvento sulla tua bocca schiusa. La mia lingua la invade cercando la tua, avvinghiandosi ad essa, in un bacio bagnato di saliva e bollente di desiderio. Non mi fermi mentre avverti la mia mano risalire lungo la tua coscia, portando con sé il tessuto della gonna. Il mio membro preme turgido contro il tuo pube, e i tuoi seni quasi esplodono compressi contro il mio torace. Ti lascio andare solo quando entrambi siamo senza fiato, con le labbra tumide e gli occhi accesi di voglia reciproca.
«Andiamo a casa tua», mi dici ansante.
«Non ancora», ti rispondo riprendendo fiato a mia volta.
«Portami in un hotel, in un bosco, in un qualsiasi altro maledetto posto, andiamo dove ti pare... ma scopami, ti prego... non ne posso più, non resisto, ho troppa voglia».
Rido di gusto a quelle parole, sotto il tuo sguardo rabbioso. «Oh, piccola, non se ne parla. Sei ben lontana dal non poterne più. E a me non basta che tu abbia semplicemente voglia di essere scopata. Tu ne hai sempre voglia, mia piccola troia. Oggi dovrai essere sfinita dal desiderio prima di sentirmi dentro di te», ti sussurro, risalendo con le dita a cercare il tuo sesso caldo, gonfio e umido per le gocce che scivolano lungo la fessura fino a infrangersi sulle mie dita.
«Non hai idea di quanto ti odi in questo momento, razza di bastardo», ringhi mentre avverto le tue gambe allargarsi e le tue ginocchia cedere al mio tocco.
Allento la morsa sul tuo collo e con le dita cerco e stringo il tuo labbro inferiore. «Mi piace questa grinta. Conservala per questa notte», ti dico prima di darti un morso che ti strappa un lieve rantolo.
«Almeno uno dei due rischia di non arrivarci a stanotte», replichi dandomi un forte pizzico sul braccio.
Rido ancora. «Vieni, andiamo», ti dico poi, cercando per l'ennesima volta la tua mano.
«Dove?», chiedi lasciandoti guidare lungo il marciapiede.
«Con questa bella giornata, il minimo che possa fare è portarti a vedere il mare di qui».
«Ma a te non piace il mare».
«Io adoro il mare. E' la gente che ci va in massa a non piacermi. Ma questo periodo dell'anno dovrebbe essere propizio per chi detesta il caos».
«Il solito misantropo del cazzo», mi dici prendendomi in giro.
«Sempre. E fiero di esserlo», rispondo scherzosamente battendomi un pugno sul petto e facendoti montare in auto.
Mentre ci lasciamo alle spalle case e cemento, la tua voce accompagna quella di Donna Summer sparata a tutto volume dagli altoparlanti dell'autoradio.
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