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Lui & Lei

Dalle otto alle otto per ventiquattr'ore - Capitolo 16 - dalle 23 alle 00


di Parrino
14.11.2022    |    1.028    |    1 9.2
"L'acqua scorre su di te lavando via il sapone, mentre il mio membro preme tra le tua natiche e le mie mani prendono liberamente possesso della tua carne..."
Già in ascensore le mie mani s'insinuano prepotenti sotto i tuoi vestiti, esplorando il tuo corpo schiacciato impotente contro una parete della cabina. Arrivati al piano, hai il pantalone sbottonato e la maglia arricciata sotto le ascelle, coi tuoi seni preda delle mie mani e i tuoi capezzoli delle mie labbra e dei miei denti.
Ti trascino fuori da quello spazio ristretto e ti spingo in casa appena aperta la porta. Il resto è un fruscio di vestiti, i tuoi, costretti ad abbandonare il tuo corpo incandescente di voglia per incontrare il freddo pavimento del corridoio. Ti lasci spogliare senza opporre resistenza, godendo di ogni contatto con le mie mani e la mia bocca. E fai lo stesso con me solo quando ti imprigiono fra la mia mole e la porta del bagno. Convulsamente, sbottoni i miei jeans e li tiri in basso assieme all'intimo, permettendo al mio membro eretto di troneggiare nudo davanti ai tuoi occhi. Lo impugni con entrambe le mani massaggiandolo vigorosamente e lasciando a me l'onere di liberarmi della maglietta, l'ultima barriera prima che le reciproche nudità si palesino davanti ai nostri occhi.
Di tua iniziativa, ti accovacci sul pavimento continuando a stringere quel palo turgido. Golosa, ne lecchi il glande, lo imbocchi, poi liberi l'asta dalla tua presa per lasciartela scivolare sino in gola. Quando ne hai assaporato appena una porzione, ti afferro per i capelli interrompendo la tua opera. Interdetta, alzi lo sguardo per cercare il mio.
«Devi guardarmi negli occhi, lo sai», ti intimo.
Sospiri di voglia e frustrazione, desiderio che molli la presa per lasciarti libera di gustare fino in fondo la mia virilità. Ma non decidi tu come e quando. Sei in mio potere stanotte.
Lo sai bene, lo vuoi. E, ora, le mie mire sono ben altre. Ti sollevo in piedi di forza e ti spingo in bagno, fin dentro l'ampio box doccia. Rido quando apro l'acqua e un getto freddo ti investe in pieno, facendoti sussultare e sfuggire un grido sorpreso.
Mi bagno le mani, raccolgo tra di esse noci di docciaschiuma e ti insapono con cura. Il collo, la schiena, le braccia, il ventre. Senza tralasciare le zone più intime del tuo fantastico corpo. Soppeso i tuoi seni, lascio scorrere le mie mani lungo i tuoi fianchi, mi inginocchio per cospargere i tuoi piedi di siero profumato. Lascio che sfiori con essi il mio pene prima di poggiarli nuovamente per terra. E risalgo tra le tue cosce sino a quel caldo, morbido frutto pregno di acqua, umori e di residui del mio sperma ormai secco. Gioco con le labbra, ti penetro delicatamente con un dito. Ti masturbo lentamente guardandoti sospirare ad occhi chiusi e gambe larghe. La tua arrendevolezza è adrenalina pura per me.
Mi rialzo, ti faccio voltare e riprendo possesso del tuo corpo per risciacquarti. L'acqua scorre su di te lavando via il sapone, mentre il mio membro preme tra le tua natiche e le mie mani prendono liberamente possesso della tua carne.
«Voglio il tuo culo - ti sussurro mentre tieni la testa reclinata tra il mio torace e la mia spalla sinistra - riempire di me il tuo meraviglioso culo». Intingo l'indice nel docciaschiuma subito dopo aver pronunciato quelle parole, prima di costringerti a chinarti in avanti, mani contro il muro. Lubrifico attentamente la tua rosellina. Senza troppe difficoltà, spingo dentro una falange, poi l'intero dito. Gemi quando anche il medio si fa largo dentro di te, allargando appena le tue pareti. Ti penetro con estrema calma, muovo le dita abbastanza lentamente da farti rilassare. Col polpastrello dell'anulare forzo lievemente la tua cavità, più per testare le tue reazioni che per reale voglia di allargarti ulteriormente con esso. E' col mio membro che voglio farlo. Estraggo le dita nel momento esatto in cui avvicino il mio glande gonfio. Tengo le tue natiche divaricate intanto che inizio a scivolare nella tua remota intimità. Alterni ansimi e gemiti quando mi faccio largo in te. L'ingresso è stretto, faticoso, laborioso. Ma non demordo, e continuo a spingere piano, a un ritmo regolare. Un po' alla volta cedi e, centimetro dopo centimetro, diventa sempre più facile prendere possesso di quell'antro angusto. Quando i nostri bacini s'incontrano, sembri quasi in trance. Resto immobile, completamente piantato in te, a bearmi dei tuoi mugolii, del tuo muovere lentamente il capo lasciando ondeggiare i tuoi lunghi capelli, del disagio reso palese dallo spostare il continuamente il peso del tuo corpo. Ti cingo il collo e ti attiro a me. «Ti tengo io. Voglio che ti tocchi, troia. Voglio sentire la tua figa allagata mentre ti scopo il culo». E' un verso canti lentante a farmi capire che hai compreso le mie istruzioni. Vedo la tua mano scivolare tra le tue cosce e il tuo braccio cominciare a muoversi massaggiando con vigore le labbra e il clitoride. Serro una mia mano attorno alla tua vita, lasciando l'altra libera di correre dal tuo viso al tuo seno imponente. Ed è allora che inizio a muovermi. Prima restando ben piantato in te, e lavorando di bacino per allargarti ulteriormente, poi iniziando un lento dentro e fuori. Lento solo all'inizio, però. Poi, un ritmo sempre crescente ti spezza il fiato ad ogni affondo. Urli quando lo sfregamento della mia asta grossa e ruvida si fa forsennato. Di dolore, di piacere, di voglia accumulata e non ancora sfogata. Ti sento godere appena prima di me, abbandonarti tra le mie braccia mentre assesto le ultime, poderose spinte. Quando capisco di essere al limite, l'ultimo affondo è violento, brutale. Spingo il mio membro pulsante il più a fondo possibile e ti inondo del mio seme tra i tuoi versi animaleschi.
Stremata, ti lasci insaponare e risciacquare ancora, prima di avvolgerti in un bozzolo di candida, morbida spugna e trascinarti incerta fino al letto, lasciandoti cadere sul materasso. Una volta preso posto accanto a te, strisci fino ad avvinghiarti a me con braccia e gambe, posando la testa sul mio petto e guardandomi per permettermi di perdermi ancora nei tuoi occhi.
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