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Lui & Lei

Dalle otto alle otto per ventiquattr'ore - Capitolo 10 - dalle 17 alle 18


di Parrino
10.11.2022    |    1.077    |    1 9.0
"Con aria concentrata stringi l'eye-liner tra le dita, disegnando attorno ai tuoi occhi una riga nera che fa apparire ancor più grandi quelle due gemme scure..."
Mi godo per un po' il movimento delle tue natiche piene, delle tue cosce tornite, dei tuoi piedi nudi, l'ondeggiare dei tuoi ricci corvini e la tua andatura sensuale. Fin quando non scompari alla mia vista dietro la porta del bagno.
Aspetto qualche istante, poi recupero i tuoi pantaloni puliti e ti raggiungo, ancora completamente nudo.
Mi poggio allo stipite della porta, guardandoti a pochi passi da me, rivolta verso lo specchio posto sopra il lavabo. Con gesti che per te sono pura consuetudine, ma a me permettono di ammirare la grazia che riesci ad emanare persino durante questi semplici atti quotidiani, raccogli la tua montagna di capelli fermandola con un elastico in una lunga coda.
In quell'istante ti volti a guardarmi. Irritata, eccitata, complice. «Cosa c'è?», domandi.
«Lo sai...».
Ti sfugge un sorriso malizioso. «Assolutamente no...».
«Non lo sai... o vuoi sentirtelo dire?».
«Non può mica piacere solo a te...».
Annuisco. «Quest'acconciatura scatena in me pensieri ben poco casti», affermo.
Il tuo sorriso si tramuta in risata. «C'è qualcosa di me che non lo fa?», chiedi ammiccante.
Alzo gli occhi fingendo di riflettere. «Forse... no, direi proprio di no!», ammetto qualche secondo più tardi.
Con aria concentrata stringi l'eye-liner tra le dita, disegnando attorno ai tuoi occhi una riga nera che fa apparire ancor più grandi quelle due gemme scure incastonate nel tuo volto. Mi avvicino a te intanto che, con un minuscolo pennello, pettini le tue lunghe ciglia.
Ti arrivo alle spalle subito dopo, avvicinando la mia bocca al tuo orecchio. «Niente rossetto», sussurro.
«Ah, no?».
«Perderesti tempo».
«Perché mai?».
Faccio aderire il mio corpo al tuo, accarezzandoti una guancia. Guardo per un momento l'immagine che lo specchio rimanda di noi. La tua testa arriva a stento a sfiorarmi il mento. Il tuo corpo, piccolo sebbene dalle forme esplosive, sembra ancor più fragile e minuto al mio cospetto. «Perché le tue labbra sono perfette così - replico sfiorandole con le dita - e, in ogni caso, non durerebbe molto», concludo prima di sollevarti il volto col dorso delle mano e invadere la tua bocca con la mia lingua. D'istinto, spingi all'indietro il bacino, facendo aderire le tue natiche al mio sesso.
«Sei venuto per continuare a tormentarmi?», ansimi.
«Anche. Ma ti ho portato questi», rispondo sollevando i pantaloni.
«Da indossare senza nulla sotto, immagino».
«Mi conosci davvero bene...».
«Questa era facile - replichi divertita - sai che il bianco è trasparente, molto trasparente, vero?».
«Naturalmente».
«E sai anche che si noterà chiaramente l'assenza delle mutandine».
«L'idea è quella».
«Chiunque mi guarderà il culo saprà che c'è solo questo cotone leggero a coprirlo. Nient'altro», insisti muovendoti per stimolare il mio membro ben adagiato tra i tuoi glutei.
«Ed è un problema?».
Resti in silenzio per un momento, fissandomi dritto negli occhi. «Affatto. Sottolineavo la cosa perché mi piace sentirti duro... proprio come ora».
La mia mano sinistra ti scivola lungo i fianchi, fino alle cosce. «Alza il piede», impongo. Esegui, così da permettermi di infilare una gamba del pantalone. «Ora l'altro», ti dico poi. Lascio la stoffa e, dalle caviglie, la mia mano risale lungo il tuo interno cosce, fino ad arrivare al tuo sesso. Ancora caldo, ancora bagnato. Fremi quando con due dita divarico le labbra per infilarne un terzo, impregnandolo di quei succhi abbondanti e deliziosi.
Con l'altra mano m'insinuo sotto la maglia, afferrando e stringendo i tuoi grossi seni.
Ti masturbo per un po', quanto basta per sentire i tuoi umori colare dal mio dito sino alle nocche, poi ti libero da quel supplizio per impugnare il mio membro di nuovo completamente eretto. Divarichi le gambe e inarchi la schiena nel momento in cui percepisci il mio glande sfiorare le tue labbra, e gemi sommessamente un istante più tardi, nell'avvertire di nuovo la mia asta riempirti completamente.
Resto per un attimo dentro di te, poi esco lentamente, fino al prepuzio. Una frazione di secondo, e t'invado ancora. Ti mordi il labbro inferiore. Alla spinta successiva cedi, lasciandoti sfuggire un grido e irrigidendo le gambe. «Più forte... più veloce...», implori con un filo di voce.
Stavolta non ti privo di un orgasmo che brami da ore, che scalpita dentro di te, che vive sul filo da questa mattina. Con una mano a strizzarti il seno e l'altra serrata sui fianchi, aumento a ogni affondo il ritmo di quell'amplesso, mentre ti abbandoni al piacere chinata e in avanti e reggendoti con le mani al bordo del lavandino. Vieni poco dopo, liberando il tuo piacere tra grugniti e urla. Rallento in quell'istante, godendomi allo specchio la tua espressione, gli occhi chiusi, la bocca carnosa spalancata, la pelle candida tinta da vampate di calore. Poi, mentre sei ancora in affanno per la carenza d'ossigeno, ricomincio al ritmo di prima. Mugoli, gemi e ansimi intanto che il mio sesso si fa largo nel tuo, riempiendo la stanza dei nostri odori, dei nostri versi, dello sciacquettio dei tuoi succhi mentre vado alla ricerca del mio piacere tornando a far crescere il tuo. Arriviamo insieme pochi minuti dopo. Sento il mio membro pulsare, e lo pianto in profondità dentro di te. Stremata, ti lasci riempire da fiotti del mio seme, reggendoti a stento sulle gambe tremanti.
Non appena perdo consistenza mi sfilo da te e, in un attimo, ti sollevo e abbottono i pantaloni. Con i gomiti sulla ceramica e la testa tra le mani ti volti a guardarmi, confusa.
«Così non rischiamo di perderne neppure una goccia. Ti voglio bagnata dei tuoi umori e impiastricciata dei miei. Anzi, qualche goccia c'è ancora...».
Lascio la frase in sospeso, allontanandomi di un passo da te per poi posarti una mano sul capo.
Diligente, in silenzio e senza smettere di guardarmi ti accovacci dinanzi a me, apprestandoti a ripulire il mio membro con la tua lingua e la tua bocca. Nel farlo, sei costretta a divaricare le gambe, quanto basta perché rivoli del mio sperma colino fuori dal tuo sesso, bagnandoti le cosce e il sottile, quasi trasparente, tessuto di quel pantalone d'un bianco immacolato.
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