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Lui & Lei

Dalle otto alle otto per ventiquattr'ore - Capitolo 24 - dalle 07 alle (quasi) 08


di Parrino
18.11.2022    |    1.303    |    1 8.0
"Riguardo il cosa tu possa fare… ricordi quella frase che ti piace tanto? La vita è così grande che quando sarai sul punto di morire…»..."
Una cascata d'acqua sulla testa mi aiuta a pensare ma, al tempo stesso, lava via l'odore di te dalla mia pelle. Qualcosa che non auspicavo; speravo di poterlo custodire per sempre, assieme al tuo ricordo. Invece, scorre via rapidamente com'è accaduto al tempo in queste ultime ventiquattr'ore. Il bastardo ha corso, più di quanto abbia mai fatto.
Pochi minuti più tardi, sono di nuovo da te. Vedo la tua figura stagliarsi nel sole del mattino mentre, ancora nuda come lo sono io, osservi il mare che si estende a perdita d'occhio fuori dalla portafinestra. Volti il capo guardandomi di sottecchi intanto che mi avvicino a te. Aderisco da dietro al tuo corpo, ti scosto i capelli e ti bacio una guancia e il collo mentre le mie mani ti si posano sull'addome, presto coperte dalle tue.
«Che ti è preso prima?», chiedo.
«Niente», sussurri tornando ad ammirare l'azzurro del cielo e quello del mare che si lambiscono, a rappresentare l'uno l'argine dell'altro.
«Mi conosci troppo bene per credere che accetti un niente come risposta», incalzo.
Resti un momento in silenzio. «Fra poco più di un'ora hai la presentazione - dici poi - non potevi certo andarci in quelle condizioni. E avevo paura che non facessi in tempo a…».
«Smettila - ti interrompo - voglio la verità».
Sospiri, ti volti lentamente, sfiori le mie labbra con le tue, dopodiché, prendendomi per mano, mi inviti a seguirti su quel letto che, per ore, ci ha visti donarci senza limiti l'uno all'altra. Ti sdrai, io faccio lo stesso e, di nuovo, ti accoccoli accanto a me, stretti in un abbraccio dal sapore stavolta malinconico.
«Ero stanca. Stremata. Completamente priva di forze - confessi - non volevo mi vedessi così».
«Siamo andati avanti ore - provo a sdrammatizzare con meno sicurezza di quella che vorrei lasciar trapelare - hai visto com'ero ridotto io?».
Alzi lo sguardo, i tuoi occhi lucidi si posano sui miei. «Andrà sempre peggio», mi dici affranta.
Ti accarezzo i capelli lasciando che le mie dita s'intreccino alla tua folta chioma ribelle. «Non devi affrontarlo da sola».
«Devo, invece. Ci ho riflettuto a lungo, lo sai».
«Hai rifiutato a priori ogni cura».
«Per cosa? Non posso guarire, potrei solo prolungare la mia agonia - continui amareggiata - che senso avrebbe vivere qualche settimana in più senza potermi alzare dal letto, afflitta da dolori atroci? Voglio viaggiare, godere delle bellezze del mondo sino all'ultimo giorno».
Non ti contraddico. In parte non lo condivido, ma non posso non comprendere il tuo punto di vista. «Potremmo passare insieme il tempo che ti rimane. Qui, o in giro per il pianeta, ovunque tu voglia, non m'importa», dico riprendendo un discorso iniziato già più e più volte ma che non è mai riuscito a scalfire le tue posizioni.
«Pensi che ripeterlo all'infinito possa farmi cambiare idea? Ho deciso, lo sai. Da prima di venire qui».
«Si, lo so. Ma non mi perdonerei di non averci provato fino all'ultimo».
«Vedi… - dici con un magone alla gola che ti incrina la voce - oggi mi hai donato il più bel regalo che potessi farmi».
Ti guardo interrogativo in attesa che continui.
«Leggerti negli occhi cosa provi per me, comunque si voglia chiamare tutto questo, vivere la tua voglia, la passione, il tuo dedicarti totalmente a me. Il tuo sguardo così eloquente… non c'era dono più bello cui potessi anelare se non quello di sentirmi viva, desiderata, unica».
«Si, ma…».
Non faccio in tempo a continuare, che il tuo indice premuto sulle labbra mi fa morire in gola le parole successive.
«Voglio portarlo con me fino alla fine. Non posso restar qui a vedere la luce nei tuoi occhi lasciare il posto alla pietà e alla compassione. Voglio portare con me il ricordo di questa fiamma che mi ha bruciata corpo e anima. Credere che la tua voglia di me, della mia mente e del mio corpo, sarà immutata anche nel momento in cui esalerò l'ultimo respiro. Tutto questo non potrebbe accadere se mi vedessi appassire, consumarmi giorno dopo giorno. Il tuo dolore non farebbe che alimentare il mio e rendere tutto ancor più straziante di quanto già non sia».
Sento gli occhi riempirsi di lacrime, e non posso far altro che serrarli per ricacciarle indietro.
«Non ci riesco a saperti in giro per il mondo a portare da sola questo macigno».
«Non sarò sola. Mio fratello verrà con me».
«Ma non ci sarò io. E dovrei esserci… vorrei esserci…», dico con voce spezzata.
«Lasciami andare, ti supplico. Non hai idea di quanto sia difficile per me. Ma sarebbe sbagliato restare come portarti con me. Non insistere oltre, te ne prego».
«Cosa dovrei fare? Passare i prossimi mesi a chiedermi se tu sia ancora viva? Se stia soffrendo chissà dove? Non vuoi neanche parlare, o scriverci».
«Non dopo le otto di stamattina. Hai visto, non ho neppure il cellulare con me. Ho già salutato tutti, amici e parenti, finché sono abbastanza in forma da poterlo fare con lucidità. Voglio che tutti mi ricordino come sono adesso, soprattutto tu. Voglio che la maschera con la quale il cancro mi vestirà sia qualcosa che resti fra me e quel maledetto. Riguardo il cosa tu possa fare… ricordi quella frase che ti piace tanto? La vita è così grande che quando sarai sul punto di morire…».
«…pianterai un ulivo convinto ancora di vederlo fiorire», continuo.
«Scrivi di noi. Scrivi di questo giorno insieme. Prenditi tutto il tempo necessario. Voglio che questo tuo racconto sia il mio germoglio. Voglio tenere a bada la malattia finché non sarà sbocciato».
«Resisterai?», ti chiedo senza quasi la forza di parlare.
«Resisterò. Ne leggerò ogni parola, te lo assicuro».
Non riesco a replicare, stravolto dalla paura di perderti, dalla tua forza, dalla tua risolutezza. L'abisso m'inghiotte in fretta, unito al calore del tuo corpo m'induce a scivolare in un sonno profondo abitato da rimpianti feroci come mostri. Un sonno nel quale cadi contemporaneamente anche tu. Avvinti come se servisse a proteggerci a vicenda dai nostri incubi.

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