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Lui & Lei

ANNI '70 CAPITOLO 3


di Ermes72
17.12.2024    |    552    |    15 9.6
"Non volevo che mi domandasse della sorella..."
CAPITOLO 3
“Alessia, Vuoi andarci tu?”.”No grazie Carla lo sai che io………”
si interruppe ed io dissi: ” ragazzi se volete restare, tranquilli, io mi chiamo un taxi e vado”.
“Io vengo con te” esclamò Alessia.
E Carla:“Non occorre il taxi veniamo anche noi. Sei d’ accordo Giulio”?!! Più che una domanda sembrava un ordine.
Lui annui, si incamminò per primo seguito da Carla e Alessia, io chiudevo la fila.
Attraversammo la pista sotto lo sguardo dell’altro gruppo. Gli passammo a fianco salutandoli.
Ester si staccò, mi venne vicino, mi diede un biglietto e rivolta a tutti:” ci vediamo ancora?”.
Nessuno rispose. Infilai il biglietto in tasca e ci incamminammo verso l’auto di Giulio una Dyane Citroien verde.
Carla mi chiese di andare dietro con Alessia, perché lei voleva stare vicino al suo ragazzo.
Feci entrare Alessia che si posizionò dietro Giulio e io dietro Carla.
Giulio inserì una cassetta di Battisti a basso volume, mise in moto e partimmo.
Carla si rannicchiò sul sedile, diede un casto bacio al suo ragazzo sulla guancia e appoggiò la testa sulla sua spalla dicendo:”che sonno”. Un lungo sbadiglio accompagnò le sue ultime parole.
Alessia disse:” anch’io muoio di sonno, posso sdraiarmi e appoggiare la testa sulle tue gambe”?
Una breve pausa: “tanto con te non rischio niente”.
Senza aspettare la mia risposta si sdraiò appoggiando la testa proprio lì ridendo.
La sua risata attirò l’attenzione di Carla che, senza scomporsi, le chiese perché cazzo ridesse.
“Niente Carla una cosa tra me e Sandro, il mio dandy daddy”.
Ecco aveva migliorato la formula, non ero solo daddy ma ero diventato il suo dandy daddy.
Sbottai.
”Adesso mi dici perché questi appellativi, dove vuoi andare a parare, pensi di essere spiritosa?
Dammi una risposta seria, sennò faccio veramente il padre severo e ti sculaccio. ”. Si rialzò seria e disse:” o daddy come vorrei che tu lo facessi davvero, quando mi parli con quel tono mi sembri mio padre e io non riesco a controllarmi, se tu mi sgridi come hai fatto in mezzo alla pista quando ballavamo mi sembra di tornare bambina. Sei dandy, perchè sei elegantissimo e anche troppo bello mi piaci”.
Si sdraiò ma questa volta poggiando la testa sulle mie gambe e mettendo una mano sotto la sua guancia. Era la prima volta che una ragazza mi diceva che ero bello.
Le donne sono belle!!
Un uomo è affascinante, interessante, brillante, pieno di soldi, ma bello sa di effeminato……, a bassa voce le dissi:” sei troppo giovane Alessia”. E lei con un fil di voce:” daddy sono maggiorenne ho compiuto 18 anni il mese scorso”.
E sorridendo:” non rischi nulla”.
Restammo in silenzio fino a quando arrivammo sotto casa di Alessia.
Lei si rialzo stiracchiandosi, io scesi per primo, andai dal suo lato aprì la portiera e la feci scendere.
Completavo la mia opera da dandy, facendola sentire importante. Non ero un super conquistatore ma con le donne credevo di saperci fare. Sapevo cosa le faceva stare bene.
Le ho messo la mano sulla spalla, attraversammo la strada, ci fermammo davanti al portone di casa sua e dissi:” Guarda che io sono il daddy paparino, non il daddy babbo, sinonimo di fesso”. Lei si girò e guadandomi negli occhi mi baciò. Un bacio alla francese con una leggera intromissione della sua lingua nelle mi labbra, di alcuni secondi, che a me parve eterno.
Mi ero eccitato, sta ragazzina mi piaceva troppo. Staccando le labbra e tastando il mio pacco in evidente erezione disse:”allora esiste!? Ci mettiamo insieme? Ti va?”
Rigido come un statua, dopo alcuni secondi risposi:”stanotte rifletto e domani ti dico. “.
Le diedi un bacio a stampo su quelle meravigliose labbra e con fatica sovrumana mi allontanai mentre chiudeva il portone dietro di se.
Riuscì a dormire almeno tre ore.
Ancora non sapevo che sarebbe stato il mio lunedì più lungo e complicato di sempre.
La prima telefonata che ricevetti fu quella di Carla. Voleva sincerarsi che non avrei detto nulla a Giampiero.
Come le avevo promesso, le risposi che avrei mantenuto la promessa, non per fare un favore a lei, lo facevo per Giampiero, non volevo che soffrisse.
Non per quello che veniva a sapere, ma per la modalità con la quale lo veniva a sapere.
Le dissi:” Carla non sono affari miei, i tuoi gusti sessuali te li gestisci come ti pare. Non sarò certo io a farti la morale, sei quasi maggiorenne, nessuno ti può impedire niente. Ma se ti viene un minimo dubbio.
Se insomma in qualsiasi momento tu abbia bisogno di confidarti con qualcuno che ti voglia bene veramente, ti consiglio di parlarne proprio con tuo fratello.
Ti assicuro che è un uomo estremamente maturo, ti capirebbe e ti starebbe vicino e consigliare.”
Lei mi ringrazio, confidando nella mia riservatezza.
Dicendomi, anche, che non era poi tanto sicura che suo fratello l’avrebbe capita.
Concluse dicendo:”Ti informo che sono più vecchia di Alessia di due mesi”.
Poteva anche aver raggiunto la maggiore età. Cosa che a me era stata concessa a 21 anni.
Ma alla maturità forse sessuale, non associava una maturità nei comportamenti nelle scelte e nelle decisioni che prendeva.
Mi domandavo perché non aveva preteso i filmini girati da Antonio.
Solo dimenticanza o c’era dell’altro.
Giulio, nella coppia, che ruolo interpretava? La critica non volevo farla per telefono, ma alla prima occasione gliene avrei parlato.
Ci salutammo, riattaccammo mentre bussavano alla porta del mio ufficio. “avanti”.
Era Anna la segretaria centralinista, era diplomata in lingue ed era stata assunta da una settimana proprio per aiutare l’Amministratore quasi digiuno di inglese.
Disse:” buon giorno ingegnere, io so che lei, forse, non ne ha bisogno, ma se in qualsiasi momento le occorresse un aiuto sono a sua completa disposizione, mi chiami quando vuole”. Si girò ed usci.
Stavo riflettendo su questa ragazza di 20 anni diplomata l’anno prima, quasi coetanea di Carla e Alessia.
Mi stavo chiedendo quali fossero le sue pulsioni sessuali. Forse mi ero perso qualche generazione? Ero io troppo vecchio?
Squillò di nuovo il telefono. Era Giampiero.
“Ciao Giampiero come è finita la festa vi siete divertiti? Scusa se non sono rimasto per il taglio della torta.
Cosa dici? Non c’era nessuna torta. Scusa lo stesso, sai che non amo molto i rampolli di famiglie ricche.
Meno te s’intende. A te la cicogna ti ha portato all’indirizzo sbagliato”.
Parlavo e ridevo, cercavo di evitare che facesse domande imbarazzanti. Non volevo che mi domandasse della sorella.
Prima che lo facesse gli dissi che a mezzanotte essendo stanco me ne ero andato in taxi.
Che avevo fatto qualche ballo con Alessia, l’amica di Carla, e poi ero andato via.
Lui magicamente e intelligentemente non mi ha chiesto della sorella, ma furbescamente mi ha chiesto cosa ne pensassi di Alessia.
“Bella ragazza vero”?
Io gli risposi che era veramente tanto bella, ma per evitare che lui mi facesse ulteriori domande feci finta che avessero bussato alla porta.
”AVANTI”, dissi ad alta voce. Ci salutammo.
Si apri la porta del mio ufficio e…., “ha chiamato?
”Era Anna, entrata dopo il mio AVANTI gridato.
Non le spiegai il malinteso e dissi:”si sieda, visto che ha un notes le detto un ordine che mi tradurrà in inglese e lo invierà alla ditta che le dirò”.
Intanto la scrutavo, capelli castano chiaro, ricci ma non troppo, media lunghezza, sulle spalle. Inforcò gli occhiali che teneva in mano. Mi fissò, i suoi occhi un colore azzurro scuro, quasi blu.
Dettai l’ordine e le dissi di andare.
Mentre usciva valutai l’altezza, 1.67 credo, leggermente più alta di Alessia.
Indossava una gonna blu al disopra del ginocchio, una camicia azzurra a manica lunga, scarpa blu scuro con tacco 4 cm. Molto formale ma elegante, il mio sguardo si fermò su gambe e fondo schiena. Non male.
Mi domandai, chissà come è a letto?
E Alessia? E Ester? Loro come sono a letto?
Estrassi il portafogli e presi il biglietto che mi aveva dato Ester con il numero di telefono.
Telefono? non telefono? Troppa la curiosità. Telefonai.
Mi risposero dal centralino di una banca, chiedendomi con chi volessi parlare. Stavo per riattaccare, invece dissi:” la signora Ester, grazie.
Dopo alcuni secondi. “buongiorno sono Ester mi dica”.
“Ciao sono Sandro, ieri sera…….”non riuscì a finire la frase che lei:” CIAO SANDRO, sono contenta che tu abbia telefonato”. E Ironizzando e ridendo:” Tu sei il papà di Alessia! Ieri sera mi sei piaciuto un sacco, per come ai gestito le situazioni e per come hai affrontato i ragazzotti. Ti vorrei conoscere meglio”.
“Ester, mi è sembrato di capire che sei sposata, in più hai due colleghi a disposiz…”
“ma quali colleghi. Quelli li abbiamo agganciati con un annuncio su un giornale. Marco li ha valutati e li abbiamo invitati con noi a ballare e…...
Non so neanche se fossero amici o parenti. Io e Marco, da sempre, con queste frequentazioni, una prima volta e dopo non li rivediamo più.
Soprattutto dopo averne saggiato il contenuto. Bocciati su tutta la linea.
Quando ci rivediamo ti racconto anche di Antonio, sai di chi parlo, lo hai visto? Ci rivediamo vero?”
Le risposi: “non saprei, certo che sei una donna che incuriosisce parecchio. Il tuo numero ce l’ho. Ti telefono io, promesso.”
Finalmente potevo dedicarmi al lavoro, mi alzai, indossai un camice, prima una capatina nel laboratorio, poi nei reparti.
Come consuetudine giornaliera. Oggi ero leggermente in ritardo.
Tornai nel mio ufficio, ancora tre telefonate di lavoro, guardai l’orologio erano passate le 12,30, avevo fame e una pausa ci stava.
Nel bar dove alcuni impiegati andavano nella pausa pranzo, ordinai un toast e un succo di pera. Mangiai sedendomi allo stesso tavolo dei colleghi, con i quali scambiai poche parole.
Li salutai, mi diressi al banco ordinai un caffè ristretto, pagai e rientrai in ufficio.
Per entrare nel mio ufficio si passa obbligatoriamente d’avanti al centralino. Anna era lì, stava seduta alla macchina da scrivere porgendo il fianco ai passanti.
Dissi:” lei non va a mangiare con i colleghi.” Trasalì, si girò, un leggero rossore colorò le sue guance.
Si tolse gli occhiali e con due occhioni timidi mi disse:” dottore, oggi no! Ho mangiato un tramezzino portato da casa. Avevo alcune lettere da dattiloscrivere”.
In modo formale le dissi:”brava si ricordi di segnare lo straordinario.”
Ero in ufficio lavoravo al mio terminale su procedure e codificazioni anagrafiche. Eravamo tra i primi a utilizzare un computer jacquard con 5 terminali, io ne seguivo l’installazione a diretto contatto con programmatori e analisti di una società esterna. Quando squillò il telefono, era Anna: “dottore una telefonata per lei. Una ragazza dice di chiamarsi Alessia.
Gliela passo?”

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