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Lui & Lei

TORINO ANNI '70 cap.16


di Ermes72
21.01.2025    |    197    |    42 9.6
"Diceva che aveva avuto troppe delusioni compresa l’ultima, con il bugiardo che le aveva nascosto che era sposato e che non voleva e poteva lasciare la moglie..."
CAPITOLO 16
Ciao Giampiero.
Eravamo in piazza Vittorio Veneto, d’avanti la pizzeria di Michele, quella famosa per la buonissima farinata.
Ero nervoso, teso come una lenza quando prendi un cefalo da 800 grammi.
Non sapevo come cominciare il discorso di Carla.
Cercavo un argomento per rompere quella lenza che mi stava tagliando le dita.
Sapevo che sarebbe stato difficile. Ma ero completamente in panne.
Tutti i discorsi che mi ero preparato non venivano fuori.
Trovai la via d’uscita dall'impasse, usando quel avvertimento che mi aveva fatto lui martedì al telefono.
In riferimento alla pericolosità delle donne. Di fare attenzione a non innamorarsi, mi sembrava che l’avesse detto con sofferenza.
Allora gli chiesi, cosa ci fosse dietro quel avvertimento.

“Volevi farmi una confidenza? Sei stato punito anche tu da una ragazza?
Quando ci siamo sentiti, al telefono ti ho risposto che ero vaccinato, ma non ti ho mai raccontato della mia piccola, grande scoppola, presa a 18 anni, che mi ha un po segnato e insegnato tanto”.

Ordinammo le pizze, una quattro stagioni per lui, una margherita rinforzata per me.
Nell'attesa chiedemmo una porzione di farinata e un bicchiere grande di birra bionda alla spina.
Gli dissi, che avevo capito da giovanissimo cosa governa il mondo femminile, lo stesso di quello che governa il mondo maschile. Per loro una gran voglia di cazzo, che nelle varie ere e nelle varie aree geografiche viene gestito e relazionato in modo diverso.
Nel 1969 era un po diverso, da come viene gestito oggi. Aggiungi che eravamo in Sicilia. E il rapporto di coppia assumeva una valenza tutta sua.
Alle ragazzine, qui come lì, allora coma adesso, piaceva essere corteggiate, sentirsi desiderate, avere un fidanzatino comunque, anche a 12- 13 anni.
Solo che qui, oggi, possono anche cominciare a fare sesso a tredici anni.
In sicilia allora anche a 15 era troppo presto.
Non perché pensassero che fosse prematuro, ma perché avevano troppa paura dei pettegolezzi.
Finire nella bocca di tutti, non trovare più un marito, era una disgrazia.
Avevamo finito la farinata e ci stavano servendo la pizza.
Chiesi il bis di birra. Forse con un po di birra in più i discorsi sarebbero defluiti meglio.
Ne approfittai per cambiare discorso, non finii il mio racconto e gli chiesi:” Io ti ho confidato la mia scoppola, la mia prima delusione. Tu niente da dire”?
Io parlavo ma lui stava pensando ad altro, non credo che avesse ascoltato la mia storia.

“Scusa Sandro, è una cosa che non ho ancora superato, troppo recente, mi brucia ancora.
Ho conosciuto questa ragazza quando ho iniziato lo stage da te. Cinque mesi fa.
Un impiegata nello studio di mio padre.
In quello studio c’ero già stato varie volte, ma nel suo ufficio non ero mai entrato.
Non la conoscevo. Nonostante ci lavorasse da almeno due anni.
Quella volta, ero andato da mio padre per dirgli dello stage che mi era stato proposto e che avrei cominciato il lunedì. Lei era di fronte a lui in piedi.
Ero entrato come sempre senza bussare, con la certezza che mio padre mi avrebbe cazziato per questo mio irrompere. Lei si girò. Ci guardammo.
Ti giuro, rimasi pietrificato, bellissima, capelli neri lunghi , viso ovale carnagione rosea, forse dovuta al caldo del riscaldamento, che mio padre freddoloso usava a pompa, occhi neri, labbra rosse e ben disegnate di un leggero rosso naturale.
Indossava un vestitino in maglina a mezza gamba, attillato, ne esaltava la sua sinuosa 44 e evidenziava il seno, una abbondante terza. Uno stivaletto nero completava il tutto.
Ne avevo fatta la fotografia e impressa nella mia mente.
Tu ci credi ai colpi di fulmine? Io si, folgorato.
Chiesi scusa a mio padre per l’irruzione, mi presentai dicendo chi ero, dissi il mio nome e lei mi disse il suo.
Mi rivolsi a mio padre,dicendo, ti racconto stasera a casa, e usci salutando”.

Lui descriveva questa ragazza e a me veniva in mente una che conoscevo bene.
La cosa si stava ripetendo. Mi veniva descritta una persona di mia conoscenza. Come con Enzo.
Se era lei, il mondo è davvero piccolo. Pensai.
Gli chiesi:” il suo nome”?
“Clara” disse lui.
Ecco ci risiamo. Non credo potesse trattarsi di una altra Clara, da come l’aveva descritta e che lavorasse pure da un commercialista. Era lei.

Clara, la prima ragazza con la quale avevo flirtato, appena arrivato a Torino.
La stessa che mi aveva fatto una sega alla rotonda quadrata.
Luogo famoso per noi ragazzi, sulla sponda destra del po.
Ci si trovava sempre alla rotonda, con le ragazzine e per appartarci si andava in uno spiazzo, che di rotonda non aveva nulla a che vedere, ma era sempre deserta. Quindi, buona per nascondersi ad occhi indiscreti.
Cosi, la battezzammo la rotonda quadrata, per distinguerla dalla rotonda vera.
Clara, la ragazza da sempre più corteggiata nel nostro gruppo.
Solo che lei tendeva a pescare fuori dal gruppo.
Prima con ragazzi più grandi che avevano l’auto, anche se era un catorcio e che fumavano Malboro.
A differenza nostra, che andavamo a piedi e fumavamo Alfa o Nazionali con filtro, le più economiche.
Con me ci restò solo una decina di giorni, non ebbi ne il tempo e ne il luogo per replicare.
Lo presi come un gesto di benvenuto. Fine a se stesso.
Crescendo, era sempre più orientata ed attratta da uomini danarosi, che lei definiva brillanti e interessanti.
Ma la verità era una sola.
La speranza di poterne bloccare uno e sistemarsi per sempre.
Era pienamente cosciente della propria bellezza, e voleva usarla per il suo fine ultimo.
Il salto di qualità ad un livello altissimo, un bel balzo nella classe sociale.
L’ultima volta che avevo visto Clara, frequentava un fantomatico brillante, ricco, imprenditore.
Cliente dello studio dove lavorava. Ne aveva parlato con Simona la ragazza di Massimiliano.
Decantandone le qualità sia fisiche, anche se 13 anni di differenza d’età sembrava francamente tanta, che monetarie.
Pensavo avesse trovato l’uomo giusto, quello che aveva sempre cercato, ma a quanto pare no.

“Invece di andare via, aspettai che uscisse, avevo la testa un fuoco e non era il riscaldamento.
Dovevo assolutamente conoscerla, darle un appuntamento.
Appena uscì le sorrisi, mi avvicinai, lei ricambiando il sorriso disse:”suo padre è molto orgoglioso di lei, ho saputo che a breve si laurea. Auguri”.
Mio padre, mi aveva tessuto le lodi. Adesso toccava a me.
Mi dissi, o la va o la spacca.
E replicai:”bene, visto che abbiamo rotto il ghiaccio, mi piacerebbe festeggiare in anticipo la mia laurea e non avendo una ragazza che mi faccia compagnia, che mi risponde se la invito a cena x stasera”?
Stavo pensando di aver spinto troppo sull'acceleratore. Invece.
Lei meravigliosamente accettò subito.
Siamo stati insieme due mesi".
“E Poi”. Lo incalzai.
"Dopo due mesi, mi chiese se ero innamorato, io gli dissi di si.
Allora perché non mi presenti ai tuoi? Sono la tua ragazza. Se mi ami veramente, diciamo ai tuoi che sono la ragazza che ami e che sposerai dopo la laurea.
Ne è nata una discussione, io che insistevo che era prematuro che non ero ancora pronto.
E lei che invece non voleva sentire ragioni. Diceva che aveva avuto troppe delusioni compresa l’ultima, con il bugiardo che le aveva nascosto che era sposato e che non voleva e poteva lasciare la moglie.
“Ma tu eri innamorato”?
“Certo, ma non me la sentivo di impegnarmi, ho 24 anni e tante cose da fare prima.
Inoltre percepivo che lei più che a me era interessata al mio ceto sociale. Quando discutevamo, mi guardava e mi sentivo una banconota da dieci mila. Sto ancora cercando di dimenticarla. Da un mese frequento un'altra, ce la posso fare”.

Avevamo finito la pizza e la birra. Temporeggiando gli chiesi se voleva ancora birra.
Lui mi fissò serio negli occhi e mi disse:” guarda che non serve che mi ubriachi, per dirmi quello per cui siamo qui stasera.
So tutto, anche oggi Carla non e andata a scuola e abbiamo parlato tutta la mattinata.
Mi ha raccontato tutto”.
“Tutto cosa” gli chiesi io, “che ti ha detto”.
Mi stava venendo l’ansia.

“Mi ha raccontato, piangendo, della sua dipendenza e che tu ed Alessia l’avete convinta ha farsi curare.
So di chi è la colpa, volevo andare ad affrontarlo, ma lei mi ha supplicato di parlare prima con te.
Mi ha fatto promettere, anche, di aspettare a dirlo ai nostri genitori.
Mi ha detto:”Prima parla con Sandro, io farò cosa deciderete voi due”.
Mi ha supplicato di aiutarla, perché lei è determinata e vuole curarsi.
Vedo che hai un forte ascendente su di lei, mi devi spiegare che metodo usi.
Ti conosce da dieci giorni e pende dalle tue labbra.
Se ha deciso di curarsi, è per merito tuo.
Questo vuol dire, che la tua medicina e più potente della cocaina.
Dimmi, come mi devo comportare? Cosa proponi”?

Adesso toccava a me dovevo essere preciso. C’era niente da inventare.
Gli raccontai delle mie esperienze universitarie, della gente che fumava e sniffava, ne conoscevo i nefasti epiloghi.
Portai l’esempio di un ragazzino da noi conosciuto come gigino, morto due anni prima, overdose a soli 16-17 anni.
Lui viveva in quel ghetto, dove la mancanza del vile denaro e l'ignoranza familiare fanno la differenza.
“Per farti capire, come agisce la povertà sull'ignoranza, ti racconto un episodio.
Il fratello più grande di gigino, mio coetaneo e conoscente. bazzicava anche lui il gruppo.
Una volta, davanti a me, fu ripreso dalla madre, che lo rimproverò di frequentare cattive compagnie, che doveva pensare al lavorare e non andare con i nulla facenti, così ci vedeva noi studenti. Nulla facenti.
Il disprezzo per chi studia. Prima portare a casa la pagnotta. Prima riempire la pancia.
La testa una semplice scatola vuota.
Giampiero, mi sono informato, stanno nascendo strutture che si occupano di tossicodipendenza.
Sono in mano a sacerdoti volenterosi e illuminati, come don Picchi, don Ciotti e altri, sopratutto don Ciotti, con il gruppo Abele, sta già operando.
Voi, con le vostre conoscenze e il vostro denaro, le vostre generose offerte, aiutereste sia lei che loro.
Io credo, che con lo condizione attuale di dipendenza e la determinazione di Carla, prima di fine anno, possa ritornare nella sua scuola. Curata e più forte.
Con la sua volontà e il vostro aiuto ritornerà alla vita normale.
Con Giulio ci parlo io domani, tu sei troppo coinvolto, potresti fare cose di cui pentirti dopo.
Il giovedì pomeriggio ha gli allenamenti di canoa, lo vado a trovare.

Ci lasciammo con la promessa di sentirci venerdì, che mi faceva sapere cosa deciso con i genitori.
Gli diedi il numero di telefono di casa.
Potenza delle raccomandazioni, il telefono me l’avevano installato al mattino. Due giorni dopo aver parlato con Massimiliano.
Con il telefono in casa un’altra vita sociale. Il mondo a portata di voce.
Ero sollevato, il cefalo aveva rotto la lenza ed era scappato, la tensione svanita.
Anche perché, Carla di domenica a Crissolo e di lunedì a casa mia, non ne aveva parlato con il fratello.

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