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La suocera del mio amico


di Eriaku
27.05.2022    |    44.039    |    6 9.6
"Lei, da troia navigata quale ancora non sapevo fosse, se ne accorse..."
Come ho fatto ad avere un rapporto sessuale con la suocera del mio amico Giuseppe?

Non è stato il caso, neppure la mia abilità, è stato tutto merito suo.

Giuseppe è mio amico fin dall’infanzia, siamo cresciuti sullo stesso pianerottolo del nostro condominio, siamo andati a scuola insieme, ci siamo fatti tutte le confidenze possibili e immaginabili. Il nostro è stato un rapporto di fiducia, amicizia, fratellanza. Non abbiamo avuto molte ragazze, sia lui che io, siamo persone serie.

Infine, abbiamo creato le rispettive famiglie.

Giuseppe ha cieca fiducia in me come io ho fiducia cieca in lui.

Una mattina squilla il telefono, era lui che mi chiamava.

Rispondo “Pronto! Dimmi…”

E lui: “Devo chiederti una cortesia, tenermi compagnia per l’intera giornata, ché devo andare a Napoli per motivi di lavoro. Passo a prenderti tra mezz’ora.”

Ed io: “Ok, ti aspetto.”

Giuseppe, mezz’ora dopo è sotto casa che mi aspetta in auto.

Esco da casa e lo raggiungo. Salgo in auto e dopo qualche minuto ci fermiamo ad un bar per la colazione. Risaliamo in auto e a questo punto lui mi dice, non senza qualche imbarazzo: “Senti, per telefono non potevo spiegarti il vero motivo che mi ha spinto a telefonarti. In realtà si tratta di questo: tra mezz’ora circa noi andremo a casa di mia suocera, che vive sola poiché, come sai, da qualche mese è vedova. Andremo da lei per salutarla, dopodiché io mi inventerò una scusa e ti lascerò lì per alcune ore da solo con lei. Ti chiedo di capire come si comporta, se riceve telefonate o persone. In realtà circolano voci sconvenienti su di lei e vorrei capire se hanno un fondamento oppure no.”

Confesso che rimasi un po’ stranito per questa richiesta, ma mi rassegnai ad accontentarlo. Ormai eravamo lontani da casa e poi non mi andava di litigare con lui. In fondo si trattava di perdere qualche ora della mia giornata libera, mio malgrado accettai di prestarmi al gioco.

Arrivammo a casa della suocera, che viveva sola in una casetta in periferia, direi quasi campagna.

Vi risparmio tutti i convenevoli e le sceneggiate, Giuseppe dopo un poco risalì in macchina e si allontanò, io rimasi in compagnia della suocera.

Facevo buon viso a cattivo gioco e intanto cercavo di familiarizzare con lei. Insomma, c’era molta differenza di età tra me e lei, mi poteva essere mamma, una donna giunonica sui cinquant’anni, aspetto semi rurale, con tette molto grosse e un sedere tondo come una mela e largo come un’anguria; tutte cose che mi saltarono all’occhio quel pomeriggio. Vestiva una gonna lunga quel giorno, ma sicuramente sotto si intuivano due cosce da paura.

Parlammo delle solite cose che posso dire due persone che non si conoscono, mi offrì un caffè, poi dei pasticcini. Uno lo mangiò lei, ma guardandomi fisso negli occhi mentre lo infilava nella bocca, trattenendolo voluttuosamente tra i denti per qualche secondo.

Notai che non aveva trucco né rossetto, ma due belle labbra carnose. Finito di gustarsi il pasticcino strinse le labbra sfregandole tra loro e leccandole con la lingua.

Aveva un grembiule legato davanti, come usano le donne in cucina, lo alzò sul davanti, impugnandolo per formare una sacchetta, dentro ci mise delle nocelle, si avvicinò a me invitandomi a prenderne qualcuna.

Ne presi una o due tanto per non rifiutare e fu a quel punto che successe l’imponderabile: la sacchetta si aprì e molte nocelle caddero a terra. Lei, la suocera di Giuseppe, prontamente si accovacciò per raccoglierle da terra, cosa che feci anch’io con l’intento di collaborare alla raccolta. Fu così che ci trovammo accovacciati come due paperottoli a raccogliere nocelle, ma alcune rotolavano mentre cercavamo di raccoglierle.

Una in particolare mi sfuggì rotolando sotto la gonna di lei e fu a quel punto che la vidi, accovacciata con due lunghissime cosce che a malapena finivano per stringere le mutande della signora, in un punto dove si vedeva chiaramente un rigonfiamento, nient’altro che uno striminzito tanga di pizzo che mi colpì facendomi eccitare anche se non era assolutamente mia intenzione.

La donna vide il mio turbamento e, anziché indietreggiare nella sua posizione accovacciata, avanzò un passo verso di me. Fu così che mi ritrovai con il braccio interamente sotto la gonna, in mezzo alle sue cosce, la mano sotto quella protuberanza che ora, così vicina, la inondava di un forte calore...

”Non ha le mutande” penso. Imbarazzato, tentai di tirare indietro il braccio, ma non mi fu possibile farlo, in quanto lei chiuse le cosce e mi ritrovai con la mano in prossimità della sua vulva nuda.

Mi guardò fisso negli occhi con uno sguardo che non ammetteva contestazioni e che mi fece sciogliere completamente i sensi. Sussurrò, con grande voluttà: “Apro le cosce, ma tu alzami la gonna e mettici dentro le dita.” Mi sentivo obbligato e anche tanto eccitato. Feci come mi aveva ordinato lei. Le infilai dentro tre dita, ma ci poteva entrare ben altro.

Sapevo dove andare a sfregare per farla godere appieno, ci avevo provato alcune volte con mia moglie ed una volta mi era perfino riuscito di farla eiaculare. Penetrare nella figa della vaccona che stavo manovrando ora era stato facile, e facile era anche masturbarla.

Sentivo la mano che mi bolliva di calore, a poco a poco dalla vulva di lei iniziò ad uscire un liquido vischioso, sempre più abbondante, lei ansimava ad occhi chiusi, io la masturbavo sempre più forte.

A un certo punto il suo respiro diventò una specie di urlo a denti stretti, finché non spruzzò tutto sul pavimento. A un tratto lei ebbe come un ripensamento, allungò la mano verso il tavolo, prese un vassoio di argento molto grande che era lì in attesa della sua mano e lo portò sotto la vulva, lo poggiò a terra e fu allora che si lasciò andare completamente finché il vassoio si riempì totalmente del suo orgasmo.

Fu a questo punto che lei cambiò posizione, inginocchiandosi con il viso nel piatto e il culone esposto verso l’alto. Completò l’operazione alzandosi la gonna fino a scoprire completamente le natiche, tirando su la gonna del suo vestito e chiedendomi di prendere una cinghia di cuoio che si trovava su una sedia poco distante.

Mi disse: “Questo mi faceva fare il mio patrigno quando ero ragazza. Frustami con la cintura mentre pulisco il vassoio con la lingua”. Ero perplesso ma lei si infuriò: “frustami forte, mi devi far male altrimenti non provo niente”. Iniziai a farlo con prudenza ma lei sempre più mi incitava a procurarle molto dolore, finché a un certo punto mi disse solo “bravo, così, continua così, ti fermo io quando sarò sazia”.

A questo punto, confesso, ero anch’io molto eccitato.

La suocera di Giuseppe iniziò poi a chiedere di essere riempita, e fu con soddisfazione che mollai la cinghia e, liberato l’uccello ormai duro come pietra, presi ad infilarglielo dentro. Avevo timore di sborrare troppo presto, era bollente come un forno e mi stringeva come un pugno.

Lei godeva, gemendo e venendo incontro alle mie spinte.

I conati di sborra premevano per uscire, cercavo di resistere ma quando venne strizzandomi il membro mi arresi e rilasciai con un lamento la sborrata dentro quel ficone maturo. Dopo essermi svuotato, mi sfilai poggiando sui talloni. Il cazzo ancora mezzo duro era ricoperto dei suoi umori limacciosi. Allucinato osservai la caverna che aveva fra le gambe, ancora palpitante, rigurgitare il mio seme.

All’improvviso e senza cambiare posizione mi indicò il telefono sul tavolino. Mi disse che c’era un foglietto con due numeri di telefono, che dovevo comporre e far squillare per quattro volte. Così feci.

Mi disse: “Posa il telefono e vieni qui vicino, quando sentirai bussare, apri la porta.” Dopo qualche minuto, con lei che mi ripuliva l’uccello con carezze e leccate, sentii bussare alla porta. Erano due uomini, robusti, uno sui cinquanta, l’altro forse sui trenta, mio coetaneo. Entrarono e senza tanti convenevoli, facendo come se non ci fossi, si tolsero i pantaloni.

Erano già in erezione ed a turno, dopo averla stesa sul divano, la montarono; mentre uno le pistonava la fica, l’altro, il più giovane, glielo ficcò in bocca, lasciandosi spompinare.

Se la fecero come due animali infoiati, i suoi gemiti di godimento soffocati dal cazzo nella sua bocca, riempirono le mie orecchie accompagnati dallo sciabordio del membro che scorreva dentro di lei, in un lago di umori. Le depositarono dentro la vagina tutto il loro sperma, prima uno e dopo l’altro.

Finito, lasciarono sul tavolo delle banconote e andarono via. Io ero rimasto per tutto il tempo a guardare, masturbandomi mentre la suocera di Giuseppe faceva la puttana, eccitato come non mai ma al tempo stesso stupefatto. Il tutto era durato quanto, mezz’ora? Chi era questa vecchia bagascia? Erano queste le voci di cui parlava il mio amico?

Dopo non so quanto, lei con voce affannata mi richiamò dai miei pensieri: “ora devi penetrarmi tu, dovrai farlo con calma, nello sperma che mi hanno lasciato dentro quei due” Come un automa, mi alzai e mi diressi tra le sue cosce spalancate, l’uccello di nuovo duro.

Affondai con un’unica spinta in quell’antro umido, glielo misi dentro fino alle palle, le sfuggì un ansito ad occhi chiusi. Feci più volte su e giù con molta voluttà, finché lei non mi interruppe, facendomi togliere il membro da dentro per leccare bene bene lo sperma dal cazzo tutto imbrattato.

Questa operazione la ripetemmo più volte finché il liquido che quei due le avevano riversato dentro non fu consumato completamente. Mi disse “Ti sconvolge? Tutto questo lo faccio fin da ragazza, istruita dal mio patrigno come una puttana, la sua.” A quel punto si rialzò da terra, si tolse ogni cosa di dosso e, completamente nuda, mi portò nel suo letto per continuare. Fu molto strano, mi abbracciò, e cavalcandomi lentamente mi portò a venirle dentro, accelerando mentre si sentiva riempire, venne anche lei.

Si accasciò su di me, accarezzandomi e stringendomi, il viso sepolto fra le sue grosse mammelle, in quel momento mi sentii proprio come se fossi suo figlio. Il momento passò, si sollevò da sopra di me, liberando il mio uccello, di nuovo ricoperto di umori limacciosi: “Ora ricomponiti, fra meno di un’ora torna Giuseppe”.  Infatti, di lì a poco, arrivò il mio amico.

Avevo avuto giusto il tempo di farmi ripulire il cazzo e le palle dalla lingua di sua suocera e di fare una doccia veloce. 

Prima di risalire in auto dissi a me stesso: “Ora che gli racconto? Chi sono io per giudicare?” Giuseppe, diretto, mi chiese: “Com’è andata? Hai potuto capire qualcosa?”

In quel momento non ebbi alcun rimorso: “Giuseppe, tutto bene, tua suocera è una donna a posto, corretta al 100%”

“A posto un corno!”

Il mio amico Giuseppe iniziò così quella che sarebbe stata una spassosa conversazione, almeno per me. Erano passate circa due settimane, da quando mi aveva chiesto di “testare” sua suocera, per delle voci che giravano. Quella che mi era sembrata una sciocchezza, si era rivelata forse l’esperienza più erotica della mia vita. Avevo scopato con la suocera del mio migliore amico, assistito mentre veniva montata come una cagna, per poi fotterla di nuovo a mia volta di gusto.

Ora, il mio suddetto amico era nel mio salotto, giunto senza annunciarsi e palesemente nervoso.

“Giuseppe, che succede? Come mai sei venuto?”

“Perché mi hai detto una cazzata! Una donna a posto, corretta al 100%, hai detto. Ma te la sei scopata! Ti sei fatto la madre di mia moglie, quella vecchia vacca eccitata!”

Fui preso in contropiede, lo ammetto, e sulle prime non seppi che dire.

Lui intanto continuava ad inveire: “Ti ho chiesto un favore e tu, non hai saputo far di meglio che chiavare! Ti sei fatto cavalcare da quella bagascia, dopo che ha fatto una marchetta! Non sei riuscito a resistere alla ficona scura e calda di una vecchia, ti rendi conto?”

Iniziavo a capirci qualcosa…” Sembri un po’ troppo consapevole della sua fica, amico mio” lo interruppi.

Il mio commento ebbe l’effetto non solo di fermarlo, ma vidi sul suo viso un’espressione colpevole.

“Beccato.” Pensai.

Piuttosto divertito, lo incalzai: “Dì, l’hai vista eh? Ti sei fatto cavalcare anche tu? Ti sei scopato la suocera Giusè?” Mi lasciai scappare una risata.

Mi guardò senza dir nulla, per poi sedersi sul mio divano con uno sbuffo.

Dieci minuti dopo, bevendo un caffè, mi raccontò com’era andata.

“La settimana scorsa, mia moglie mi aveva chiesto di passare da lei dopo il lavoro, l’aveva chiamata per uno sportello sganciato in cucina. Finito il turno, sono salito su direttamente senza passar da casa. Ero stanco e volevo sbrigarmi.

Ho bussato due o tre volte prima che mi aprisse, in sottoveste e scalza, sulle prime non ci ho fatto caso, ma mi sembrò accaldata:

“Giuseppe, che sorpresa! Pensavo venissi domani”

“Speravo di risolvere subito mamma, domani è una giornata piena.”

“Ma certo, grazie mille per l’aiuto, sei sempre così caro!”

Nel dirlo mi prese per mano attirandomi dentro.

“Vieni in cucina, ti faccio vedere”

La seguii, e per la prima volta mi cadde l’occhio sul suo didietro. Non aveva le mutande.

Non so perché, ma in quel momento notai un odore in casa. Muschiato.

“Sembra fica”. Ho pensato.

“Allora vieni?”

L’ho raggiunta in cucina, scuotendomi da quei pensieri, dove in punta di piedi mi ha indicato la cerniera rotta.

La sottoveste si era alzata un attimo, ed ebbi una visione delle sue cosce, di quel grosso culo.

Non riuscii a distogliere subito lo sguardo, uno spasmo all’inguine. Era qualche giorno che non scopavo, mia moglie aveva l’influenza e mantenevamo i contatti al minimo per evitare di passarcela tutti.

Lei, da troia navigata quale ancora non sapevo fosse, se ne accorse.

“Giuseppe ma che fai, guardi il sedere alla madre di tua moglie?!”

Lo disse con voce bassa, non era incazzata.

A trent’anni, mi ritrovai a balbettare qualche scusa, nel mentre mi si era fatta più vicina.

“Va tutto bene a casa?”

“Si, no, cioè, tua figlia ha l’influenza e…”

“E ti lascia a bocca asciutta? Povero mio genero…”

Ce l’avevo addosso, letteralmente.

I seni schiacciati sul petto, una sua mano a stringermi il pacco…

Non so come sia potuto succedere, ma poco dopo ero sul divano, con lei che mi lavorava il cazzo.

“Brava, vero?” Lo interruppi.

“Fenomenale. Lo prendeva tutto fino alle palle, ciucciando fino a sbavarsi il mento”.

Mi rispose con un ghigno per poi riprendere il suo racconto.

Non ho dovuto fare niente. Quando ormai lo avevo di marmo, si è alzata, denudata, e montata sopra di me sul divano, si è impalata.

Ha cominciato a cavalcarmi come una furia, nel mentre mi portava le sue tette da succhiare alla bocca.

“Hai visto che capezzoloni che ha?” Lo provocai.

“Due carnose ciliegie da mordere, e Dio sa se l’ho fatto.” Mi fece serissimo, per poi continuare.

È venuta con un urlo muto lordandomi l’inguine di umori, mi ha colpito la differenza con la figlia, a cui devo sempre tappare la bocca perché non la sentano i piccoli.

Mi sono come risvegliato. L’ho afferrata per i fianchi carnosi e ho preso a pistonarla da sotto.

Le grosse mammelle mi ballavano davanti, nel salone c’era solo il ciaff ciaff dello scontro dei bacini.

Ho accelerato fino a sborrarle dentro. È venuta ancora. Mi sentivo come mungere.

Ero senza fiato. Lei sembrava un fiore.

Si è scalzata di fianco a me, dandomi una pacca sulla coscia come se niente fosse: “Che stallone si è trovata mia figlia, una gran bella stanga, e brava a mamma!”

Rinsavii. Mi ero fatto la madre di mia moglie.

Provai a dire qualcosa: “Vera, io…”

“Tranquillo Giuseppe, ne avevi bisogno, no? Non c’è bisogno di dir nulla a Giulia…”

***

“E così ti sei scopato la suocera, ma come lo hai saputo che anch’io ero del club?”

“Me lo ha detto lei il giorno dopo.”

“Il giorno dopo? Ma come… Non mi dire, te la stai continuando a scopare!” Lo presi bonariamente in giro. La situazione si stava facendo maledettamente esilarante.

“Una volta iniziato è difficile smettere! Ha un modo di fare che…”

“Lo so bene, credimi.”

“Già…beh, dopo essermi ripreso mi ha accompagnato nel bagno, per darmi una rinfrescata diceva.

Mi ha lavato il cazzo, prima con l’acqua, poi con la bocca. Le ho sborrato quel che mi rimaneva sulla lingua e sono tornato frastornato a casa.

Mentre rientravo ho sentito mia moglie che le parlava al telefono, le stava dicendo che non avevo potuto sistemare lo sportello perché dovevo comprare un pezzo, sarei passato la mattina dopo, che ero libero.

Confermai.

La mattina dopo, ero di nuovo a casa sua. L’ho montata sul letto, dopo averle leccato quel ficone ruscellante.

Per lo sportello ci è voluto giusto una mezz’ora.

Il resto del tempo l’ho passato a farmi svuotare le palle.

Eravamo sul letto, nudi, e ho provato a farle qualche domanda sulle voci di cui ti avevo parlato.

Mentre giocava col mio uccello mezzo duro, mi ha confessato che per anni il marito non la toccava, dei suoi bisogni insoddisfatti…Delle cose che faceva col patrigno da ragazza…

“Ma con un genero da monta come te, posso farne a meno ora e Giulia sarà più tranquilla…Magari puoi farti aiutare da quel tuo amico…anche lui ha un gran bell’uccello!”

“Ah! Quindi se ne è venuta fuori così eh…Che razza di troia!”

“Una troia insaziabile già…Ed è in realtà per questo che sono qui. Mi serve il tuo aiuto.”

“Come scusa?” Lo ammetto, mi ero perso il filo.

“Mattia, sono due settimane che non mi dà tregua! Non riesco a dirle di no, mi trovo sempre col cazzo duro fra le sue grinfie. Mi svuota le palle fino all’ultima goccia, con la bocca, la fica, il culo. E così sua figlia, mia moglie, fa altrettanto. Te la sei già fatta e ti è piaciuto no? Dammi una mano, ti prego!”

“E come dovremmo fare, a turni? Una tabella magari? Cosa dico alla mia, di moglie? Tesoro, scusa faccio tardi stasera, devo passare a riempire di cazzo la suocera di Giuseppe?”

“Mattia per favore! Quel vaccone, se la lascio a secco finirà per dare scandalo, non voglio che mia moglie ne soffra, e per quanto riguarda il come non ti preoccupare, non ci saranno problemi a coprirci in due!”

Non so come ho fatto a farmi convincere.

D’accordo forse lo so.

Il rapporto sessuale che avevo avuto con quella donna mi era rimasto in testa per tutti i giorni a seguire, causandomi erezioni continue. Mai avevo avuto una femmina con una tale carica erotica. Ne aveva beneficiato mia moglie, che sebbene non abbia nulla di cui lamentarsi, certo non era abituata ad essere infilzata a sorpresa, come invece avevo preso a fare in quelle ultime settimane, per sfogare le mie voglie.

***

Mi stava letteralmente divorando l’uccello. Che idrovora.

Nudo sul letto, la vecchia baldracca accucciata fra le mie gambe, mi godevo la pompa magistrale che mi somministrava. Alle sue spalle, Giuseppe ci stava dando dentro, martellandole la fica.

Nella stanza i soli suoni di risucchio ed anche che sbattono.

Le nostre mogli ci pensano a giocare squash, mentre l’unica cosa che rimbalza sono le bocce di Vera, sotto i colpi del mio amico.

“Voglio essere montata da entrambi, insieme.”

Me lo ha detto solo un paio di giorni prima. Le avevo appena finito di sborrare sul culo, dopo averglielo sfondato.

Osservavo il mio seme colare dalle sue natiche, mentre riprendevo fiato, e lei già era proiettata alla prossima porcata.

“Che razza di troia” pensai per l’ennesima volta.

Detto fatto, ci siamo organizzati per soddisfarla, e soddisfarci a nostra volta.

Vengo riportato al presente dai suoi gemiti, sta venendo.

Non rinuncia al mio cazzo, lo sbava tutto mentre gode.

Giuseppe si sfila e si fa di lato. Le tolgo il ciuccio di bocca e la rivolto, sono fra le sue gambe.

Glielo sbatto sulla fica, ma non ci entro. Ho voglia di altro.

Punto la cappella sulla rosellina, e spingo con decisione. Sono dentro per metà, il suo lamento viene prontamente smorzato dal membro del mio amico.

Un'altra lunga spinta, e le mie palle si poggiano sulle sue natiche. Mi godo la sensazione per qualche istante, poi inizio a pompare. Giuseppe nel mentre, le scopa la bocca a cavalcioni del suo collo.

Ho voglia di sborrare.  La tengo per le caviglie ed aumento il ritmo.

Vedo le sue mani che stringono le lenzuola, la sua fica di fronte a me, si contrae e secerne umori a tutto spiano. La sento stringermi il cazzo, sta venendo anche col culo.

Le do le ultime botte e mi lascio andare all’orgasmo, fiottando nelle sue viscere.

Passati gli spasmi, lascio andare le sue gambe e mi sfilo da lei appoggiandomi alla testiera del letto per riprendermi.

Vedo Giuseppe che aumenta il movimento dei fianchi, finché con un verso animalesco, le riempie la gola. Si svuota con dei colpi secchi, lo sperma iniettato direttamente giù nell’esofago.

Fianco a fianco col mio amico, appena qualche momento dopo, ci facciamo ripulire l’uccello.

Ancora una volta, penso che una simile fame di cazzo sia una dote più unica che rara.

Maneggia i nostri membri con una tale devozione che, se non fosse osceno, sarebbe commovente.

In breve, ce l’ho di nuovo duro come il marmo. Le afferro i capelli e la fermo, costringendola a guardarmi, le strofino il cazzo in faccia.

“Cavalcami zoccola.”
Non se lo fa ripetere. Mi monta sopra e se lo infila dentro con un sospiro di godimento.

Inizia subito un lento su e giù, la lascio fare mentre gioco coi suoi grossi capezzoli.

Giuseppe di fianco a noi, si masturba godendosi la scena.

La vacca inizia ad aumentare il ritmo, si schiaccia sul mio bacino, il viso deformato dal piacere. Lo sciacquettio della scopata, i suoi ansiti, mi riempiono le orecchie. La sento che mi stringe dentro di sé, eccola che viene di nuovo. Le mollo uno schiaffo a mano aperta sul clitoride. Urla e gode. Le coscione scosse dagli spasmi, si accascia sul mio petto.

Sento i suoi umori che mi colano fin sotto le palle.

Le afferro il mento con mano, la fisso negli occhi e le costringo ad aprire la bocca.

Lascio colare la mia saliva nella sua bocca, una mano sulla sua gola, a forzarla a deglutire.

Sgrana gli occhi di colpo. Non si è accorta che il genero si è portato alle sue spalle, finché non l’ha infilzata dietro.

Ora è piena sia in fica che in culo.

Sento il cazzo di Giuseppe, separato solo da una sottile membrana, che le svanga le budella. Abbrancato ai suoi larghi fianchi, la monta con forza. Stimolato dal suo movimento, inizio a chiavarla da sotto. Non ci vuole molto a trovare il giusto ritmo, da ragazzi ci eravamo fatti già qualche ragazza insieme. Accasciata su di me, schiacciata fra noi, Vera non può fare altro che subire.

La scopiamo di buona lena, guaisce come una cagna sotto i nostri colpi.

La monta va avanti a lungo, siamo entrambi già venuti una volta, e la suocera di Giuseppe sconquassata dai suoi orgasmi che si susseguono, ormai è fuori controllo. 

Raggiungo il mio limite e le riempio l’utero con tutto quello che ho nei coglioni.
Giuseppe mi segue a ruota, sbuffando come un toro, il cazzo completamente sepolto nel suo retto, sborra nelle viscere della madre di sua moglie.

Due ore dopo, sono a cena con mia moglie, che mi stuzzica con un piede sotto al tavolo. Lo sguardo affamato.

“Dovrò fare gli straordinari stasera” Penso fra me e me.

Mi passa per la mente l’immagine di come abbiamo lasciato Vera, prona sul letto sfatto, gli orifizi che colano sborra, un’espressione beata sul volto.

Il cazzo ha uno spasmo, ed in breve ce l’ho di nuovo duro.

Gli straordinari in camera da letto non saranno un problema.

Nota dell'Autore: Un altro soggetto, sviluppato da una bella idea scovata nel web, che purtroppo non trovo più. Mi sono divertito a rimettere in scena " La matura predatrice", come accaduto in uno dei capitoli di Ada.
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