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Quando il Gioco sfugge da mano (1)


di Membro VIP di Annunci69.it OpenMind2019
02.07.2024    |    422    |    3 9.7
"Nel frattempo, il tempo passava ma io non me ne accorgevo, affascinata dai suoi modi di fare, dal tono suadente, calmo della voce, dal gesticolare..."
Quella mattina, un paio di mesi fa o poco più, profittando del fatto che mio marito era a casa, decisi di dedicare qualche ora a me stessa per andare a fare un po’ di shopping; un’amica mi aveva detto che alcuni negozi di abbigliamento –al Centro Campania- avevano esposto nuovi arrivi e che, girando un po’, avrei potuto trovare qualcosa di carino e di confacente ad una mamma/moglie 54enne ed alquanto “curvy”. Così, indossai un bel jeans “dignitosamente” attillato ed un maglioncino piuttosto leggero, semplicissimo, con una scollatura generosa, piena, morbida che lasciava più che intravvedere il reggiseno in pizzo trasparente; a completare, calzai i miei stivaletti in camoscio tacco 5 (eleganti, giovanili ma –dovendo camminare a lungo- soprattutto comodi!), in tinta con il maglioncino, ed uno spolverino impermeabile corto; entrai nello studio di S per salutarlo e, seguita dal suo sguardo sorridente, uscìi.....
Questa è una storia di corna. Vere. Implorate ossessivamente. Desiderate fino allo spasimo.
La narrazione è piuttosto articolata perché non è mia intenzione banalizzare certi momenti e certe circostanze con dei sottintesi che mortificherebbero lo spirito del racconto. Per cui, chi non ha pazienza o tempo (o entrambi) meglio che si fermi qui.....
Giunta nel parcheggio del Campania, diedi un’ultima aggiustata alle “gemelle” (che la cintura di sicurezza dell’auto aveva fatto “debordare”), un tocco di rossetto e mi incamminai verso uno dei due ingressi, pronta ad una bella maratona e decisa a non tornarmene a mani vuote.
Visto l’orario (praticamente, quello usuale di apertura), c’era già un bel po’ di gente che premeva per accedere e, quindi (odio la calca) mi defilai per attendere che tutti fossero entrati; in questo, mentre leggevo qualche notizia dallo smartphone, con la coda dell’occhio ho intravisto un ragazzo sui 45 anni che mi sembrava di conoscere ma il cui volto non riuscivo ad associare ad alcun contesto (amici di famiglia, colleghi del prof, vicini di casa...persino probabili ma insospettabili avventori di qualche club privè: niente! Black out totale!); mi colpiva il fatto che –pur non essendo uno di quegli uomini che, per fisicità e fascino, balzano subito agli occhi- aveva un non so che di attraente e che ero certa di aver già incontrato... Come percependo d’essere osservato, anche se alquanto distante, il ragazzo girò il capo verso di me e, guardandomi, sorrise, un sorriso gioviale, aperto ma, al contempo, assai rispettoso (nulla a che vedere con le smorfie ridicole dei soliti dongiovanni d’accatto che si dimenano quando si rendono conto d’essere osservati da una donna). Questo mi sollecitò ancor di più la memoria (come una canzone il cui titolo è sulla punta della lingua) ma non volevo distrazioni e decisi di non scervellarmi ulteriormente.
Trascorsero una novantina di minuti durante i quali girovagavo per vetrine alla ricerca di qualcosa di imprecisato: molte cose mi colpivano, mi piacevano ma poi, nel provarle, l’effetto non mi regalava sensazioni positive; decisi che era il momento di fermarsi in uno dei baretti e prendere un caffè.
Mentre sorseggiavo la bevanda, leggermente discosta da bancone, mi guardavo attorno (mi piace osservare le persone, studiarne i volti, i movimenti del corpo cercando di capire un minimo della storia che si portano alle spalle); e fu così che mi sentìi chiamare col cognome da sposata: “Signora..., come sta?”
Fui abbastanza sorpresa nel vedere davanti a me l’uomo che mi aveva sorriso all’ingresso.
“Vedo che sta prendendo il caffè: mi fa compagnia mentre ne prendo uno anche io?” Lo osservavo con insistenza (forse, apparvi anche maleducata) e lui, inteso quanto la curiosità mi stesse creando imbarazzo, si affrettò a chiarire: “Sono Michele, signora: faccio parte del gruppo della vigilanza del parco; ci vediamo raramente perché preferisco fare turni di notte”. Gli spianai un sorriso a 64 denti! “La prego davvero di scusarmi, Michele: sono poco fisionomista e non l’ho riconosciuto subito...” mi giustificai. “Certo che le faccio compagnia...ed anche volentieri...” Ed, istintivamente, gli porsi la mano da stringere.
Sedemmo vicini a parlare per un bel po’ di tempo, come se ci conoscessimo da tanto (in effetti, era così). Chiacchierammo del più e del meno ma fui soprattutto io a cercare di sapere qualcosa in più su di lui. Mi raccontò del suo lavoro e del fatto che non era molto ben remunerato, del disagio provato nel vivere ancora con i suoi, che non era sposato vuoi per problemi economici vuoi perché aveva avuto un paio di esperienze piuttosto durature ed altrettanto poco edificanti; che aveva ripreso la facoltà di legge ma che non provava più l’entusiasmo dei vent’anni (in fondo, ne ha solo 39... come ho scoperto dopo). Nel frattempo, il tempo passava ma io non me ne accorgevo, affascinata dai suoi modi di fare, dal tono suadente, calmo della voce, dal gesticolare composto delle sue mani, forti, piuttosto ben curate.
Mi sorprese la piacevole idea che, se non fosse stato parte della cerchia di persone che mi conoscono nel privato, un pensierino (ed anche qualcosina in più) l’avrei fatto...e questo, probabilmente, mi ha portato istintivamente, involontariamente a sorridere, cosa per la quale è improvvisamente ammutolito.

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