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Non posso, ho un compagno - Storia vera (2 di 2)


di Membro VIP di Annunci69.it ToroRm2020
01.07.2021    |    23.629    |    9 9.9
"Non fu difficile sollevarla e impalarla sul mio cazzo, che sprofondò in lei fino all’elsa..."
Dopo il primo appuntamento, al termine del quale ci eravamo lasciati separando a malincuore bocche e lingue, io e Caterina ricominciammo il nostro rapporto a distanza fatto di messaggi e desideri scambiati via chat.
«Lui non è come te» mi confessò una sera. «Fare l’amore con lui è fantastico, ma non mi ha mai baciato come fai tu. Mi togli il fiato.»
Consideravo il bacio l’atto più intimo che potesse esserci tra uomo e donna, il più profondo, molto al di là della semplice penetrazione.
Noi non avevamo ancora avuto un rapporto completo, ma quando sarebbe successo l’avrei baciata per tutto il tempo.
Avevo sempre trovato vagamente insoddisfacenti i rapporti senza baci, per quanto piacevoli potessero essere.
Il nostro sexting continuò per alcune settimane, senza che riuscissimo a incontrarci. Per rendere il gioco ancora più eccitante, lei propose di inviarmi delle foto intime, dicendomi che non l’aveva mai fatto e che era emozionata all’idea.
Adoravo il suo corpo, snello e molto sottile, con i seni piccoli e i muscoli evidenti sotto la pelle. Solo il glutei erano tondi e morbidi, come sapevo bene. Le avevo chiesto di rasare il pelo pubico, adoravo vedere le grandi e le piccole labbra esposte, e lei mi aveva accontentato.
Presto ebbi una galleria di foto di lei a cosce aperte, con la fessura sempre bene in vista, che mi scatenavano pensieri lascivi ogni volta che le guardavo. Sognavo di infilarci la lingua dentro e bere tutto il nettare.
«Piace anche a lui» mi aveva detto poi, riferendosi al suo compagno. «Dice che così la lecca meglio.»
Non mancava mai di farmi sapere cosa faceva col marito, lo chiamava spesso così anche se di fatto non erano sposati, raccontandomi di come l’avesse messa a 90º e inculata per mezz’ora o scopata in bocca fino a riempirle la bocca di sperma.
Sembrava voler sottolineare che stava bene con lui, benissimo, che godeva come una pazza, ma che allo stesso tempo voleva anche me. Non ero geloso del compagno, ero perfino contento che fosse soddisfatta, perché, in un modo un po’ perverso, ciò rendeva più importante la nostra storia, che non era solo figlia dell’insoddisfazione sessuale.
Cate si diceva convinta che avessi altre donne, ma che non le importava purché continuassimo a vederci.
«Anche se scoprissi che scopi altre donne, io ti perdonerei» mi aveva detto più volte. L’uso del verbo perdonare, però, implicava che l’avrebbe al limite tollerato, non di certo accettato senza problemi. Quando parlava di altre donne non si riferiva a mia moglie, con cui sapeva che avevo rapporti ormai molto tiepidi e di cui non era gelosa.
Io credevo a quelle parole solo fino a un certo punto, e non intendevo metterla alla prova.
Dopo quasi un mese dal nostro primo incontro riuscimmo a vederci di nuovo. Avrei voluto prendere una stanza, ma avevo l’impressione di camminare su uno strato di ghiaccio sottile, con lei, e temevo che forzando i tempi l’avrei prima spaventata e poi persa del tutto.
Il secondo caffè non riuscimmo neanche a prenderlo, perché appena ci incontrammo l’urgenza di stare insieme ci spinse a fare una cosa da folli: entrare in un parcheggio multipiano per cercare un angolo nascosto.
Trovammo un posto lontano dagli occhi delle telecamere, riparato da una colonna di cemento armato, e incollammo bocche e corpi senza perdere un secondo.
Il cazzo divenne immediatamente di marmo, e cominciai a strofinarlo contro il cavallo dei leggings che indossava. Leccavo le labbra, le mordevo piano per poi tornare a infilarle in bocca la lingua, gustando il sapore di tabacco mild e caramelle alla menta del suo alito.
Intanto le stringevo il culo con forza, morbido e sodo sotto le mie dita, in modo da rendere ancora più stretto il contatto tra noi.
D’un tratto Cate mi allontanò con una spinta. Lo sguardo era intensissimo, ferino. Con gesti bruschi mi slacciò la cintura e aprì i bottoni dei jeans, poi si accosciò di fronte a me.
Quando abbassò i boxer il cazzo saltò fuori prepotente. Lei cercò il mio sguardo, con l’asta durissima a pochi centimetri dalla bocca e, senza interrompere un attimo il contatto visivo, cominciò a leccare la base della cappella, lucida e liscia come seta, partendo dal frenulo, che stimolava con piccoli impertinenti tocchi di lingua.
Si stava solo scaldando. All’improvviso parte dell’asta scomparve nella sua bocca e Cate cominciò a pompare con forza. La testa andava avanti e indietro in modo profondo e regolare. Ogni due o tre affondi tentava di ingoiare tutto il cazzo, ma riusciva a infilarne dentro solo metà prima di essere costretta a desistere.
Dopo l’ultimo assalto alla mia baionetta lo lasciò uscire tutto, colando saliva dagli angoli della bocca.
«Vedi come siamo noi donne» mormorò con voce rauca. «Cerchiamo i venti centimetri e poi a dieci già soffochiamo.»
«Alzati» le dissi. Lei si siede una spinta con le cosce e si trovò di fronte a me. Non resistevo più. Volevo entrare dentro di lei.
Le tirai giù leggings e perizoma e la feci voltare contro la colonna, le mani contro il muro.
Aspettavo qual momento da anni.
Cercai la fessura con le dita, sentendola letteralmente colare, poi ci appoggiai la cappella e sentii le piccole labbra aprirsi come un fiore sotto la mia spinta.
Mi fermai un istante… C’era qualcosa di magico nel momento in cui una donna ti permetteva di entrarle dentro per la prima volta, e l’istante andava assaporato e trattato con rispetto.
Affondai in lei, cercando la sua bocca con le labbra anche in quella posizione non ideale.
Dio, quant’era bello.
Cominciai un va e vieni lento, controllato, perché sapevo che se avessi accelerato troppo non avrei resistito a lungo.
Leccavo e baciavo le sue labbra, che lei mi offriva ruotando la testa di lato.
Sentimmo delle voci e ci fermammo, paralizzati. Ci ricomponemmo velocemente, frustrati, ma tre minuti dopo, non appena la coppia ebbe recuperato la macchina, Cate tirò giù di nuovo i leggings e mi offrì il culo tondo e sodo per essere penetrata ancora.
Continuai a muovermi assaporando il suono liquido che accompagnava ogni spinta. Era bagnatissima, eccitata da morire.
«Voglio fare una cosa» disse, dopo un po’. «Esci un attimo.»
La accontentai, e lei si voltò. Con gesti rapidi sfilò la gamba destra dei leggings e del perizoma. Una follia, in quella situazione, ma una follia incredibilmente eccitante.
Mi posò le braccia sulle spalle, era venti centimetri più bassa di me e doveva tenerle in alto, e incollò la bocca sulla mia.
«Voglio guardarti negli occhi mentre mi scopi» spiegò. «Prendimi in braccio.»
Lei era piccola e snella, leggera come una piuma, mentre io ero massiccio e forte. Non fu difficile sollevarla e impalarla sul mio cazzo, che sprofondò in lei fino all’elsa. Con la schiena di lei appoggiata alla colonna di cemento scabro e le mie braccia sotto le sue cosce, ad ogni affondo sentivo il collo dell’utero carezzarmi il glande. E potevo leccarla e baciarla come se non ci fosse un domani.
Era una sensazione indescrivibile, alimentata dall’essere in un posto insolito e dalla paura di essere scoperti.
«Mettimi giù» mormorò ad un certo punto, mentre mi leccava un orecchio.
Lo feci, e lei si abbassò fino ad avere il cazzo lucido di umori praticamente a contatto con le labbra.
Cominciò a succhiare con passione, facendo scorrere le labbra lungo l’asta. Non potevo resistere ancora molto.
«Ci sono quasi» la avvertii.
Lei se n’era già accorta, grazie alle contrazioni sempre più forti dei muscoli delle cosce e dalla durezza del cazzo.
Lo tirò fuori.
«Che fai?» dissi, sorpreso. «No, non fermarti.»
Non si stava fermando, capii l’attimo successivo: voleva che vedessi la sua bocca riempirsi del mio sperma.
Continuò a masturbarmi tenendo la bocca aperta a pochi centimetri dalla cappella gonfia da scoppiare, leccando il frenulo con la punta della lingua. Quella vista fu l’ultima goccia.
La sborrata arrivò come la piena di un fiume: una lunga serie di schizzi densi e abbondanti le si riversò sulla lingua fino a coprirla interamente, mentre lei mi guardava con gli occhi accesi di desiderio.
Mi stava regalando una scena da film porno vissuta da protagonista.
Mi mostrò la bocca piena di sperma, poi ingoiò tutto con evidente soddisfazione.
«Tanta…» disse piano, leccando via i residui che le erano rimasti intorno alle labbra. «E buona.»
Ci volle un minuto buono perché cessassero i brividi di piacere. Era stato un orgasmo intensissimo.
Cate si alzò e mi baciò, abbracciandomi con forza, per poi cominciare a rivestirsi.
«Tu non sei ancora venuta» obiettai.
«È stato bellissimo, ma so che così non ce la farei a venire. Ma non preoccuparti. Mi farai godere. Mi farai godere tanto.»
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