tradimenti
La sorpresa al cornuto (racconto) capitolo 1
di ToroRm2020
18.02.2021 |
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"«Cos’è, un terzo grado?»
«Ho solo chiesto chi c’è, non mi pare di aver detto niente di strano..."
Quella mattina Stefano aprì gli occhi alle 6:30 spaccate, con in mente il ricordo confuso di un sogno erotico e un’erezione che gli deformava i boxer. Si girò per accarezzare il fianco di sua moglie, ma Veronica reagì scostando la mano con irritazione. «Non ne ho voglia» lo smontò , secca.
«È da una vita che non lo facciamo» provò a insistere lui, ma lei, per tutta risposta, sbuffò.
«Prova a chiederti perché» lo rimbeccò, girandosi dall’altra parte.
Stefano incassò senza riuscire a trovare una risposta e si mise supino a fissare il soffitto.
Prova a chiederti perché... Suonava come un’accusa e lo faceva sentire vagamente colpevole. Veronica sapeva dove colpire per fare male.
Mancava mezz’ora alla sveglia, ma il suo sonno se n’era definitivamente andato, a differenza di quello di lei, che era tornata a respirare in modo lento e regolare dopo pochi secondi, capacità che le aveva sempre invidiato.
Più tardi, a colazione, la vide pensierosa e assente.
«È tutto ok?» le chiese, ma non ottenne risposta. Anzi, ebbe la netta impressione che non l’avesse nemmeno sentito. Solo dopo la seconda tazza di caffè finalmente lei gli rivolse la parola.
«Stasera non torno a cena» lo informò.
«Ah, come mai?»
«Ho un incontro di lavoro.»
«Con chi?»
Stefano conosceva alcune delle colleghe di Veronica e non gli erano simpatiche: donne in carriera sempre tiratissime, nervose e in competizione l’una con l’altra, tutte baci e sorrisi velenosi come cobra. Gli ricordavano dei piranha pronti a divorare chiunque si mettesse sul loro cammino, ma soprattutto non gli piaceva l’effetto che avevano su Veronica, che frequentandole era diventata dura e fin troppo decisa.
«I soliti.»
«Cioè?»
Stefano vide l’espressione di sua moglie indurirsi, come ormai succedeva spesso.
«Cos’è, un terzo grado?»
«Ho solo chiesto chi c’è, non mi pare di aver detto niente di strano.»
«Se proprio vuoi saperlo» rispose lei, con quello che gli parve sottile disprezzo, «siamo solo io e Luciano.»
Luciano era il suo capo, il dottor Luciano Gatti, un cinquantenne atletico, sempre abbronzato ed elegante come un modello di una sartoria di Savile Row.
«Che significa, scusa?»
«Significa che presto avrà un nuovo incarico, molto importante, e sta mettendo insieme la squadra che si porterà dietro. Se mi sceglie avrò molte possibilità di carriera e un grosso aumento di stipendio.»
«E devi proprio andarci a cena? Non potete parlarne in ufficio?»
«Mi ha invitata a cena e io ho accettato.»
«Non mi piace questa cosa. Non sono d’accordo.»
«Ti sto informando» puntualizzò lei, «non ti sto chiedendo il permesso. Stasera vado a cena con lui e questo è quanto. Si tratta della mia vita e della mia carriera.»
Con un gesto brusco tirò indietro la sedia e andò in bagno a fare la doccia, lasciandogli la tavola da sparecchiare.
Ci mise più tempo del solito, cosa che in qualche modo lo turbò.
Mezz’ora più tardi la vide tirare fuori dall’armadio un vestito, ancora coperto dal cellophane, che non aveva mai visto prima.
Sul letto c’era della biancheria intima. Veronica era ancora nuda, una splendida trentacinquenne tonica e snella, con un seno alto e sodo che faceva voltare gli uomini al suo passaggio.
Senza far caso a lui, prese un perizoma rosso scarlatto e lo osservò con attenzione.
Stefano notò che non era normale biancheria intima, perché il cavallo aveva un’apertura che permetteva di arrivare al sesso senza toglierle.
«Che roba è quella?» le chiese, in tono nervoso. «Da dove viene fuori?»
«È biancheria intima» rispose lei, tranquilla, glissando sulla seconda domanda.
«Non vorrai mica metterla?»
«È proprio quello che ho intenzione di fare.»
«Dove l’hai presa?»
«In un sexy shop» confessò, senza la minima tensione nella voce, come se si trattasse di una cosa del tutto normale.
«Ma che cazzo stai facendo? Sembri una zoccola.»
«Sto facendo tutto il necessario per ottenere quello che mi spetta, visto che ho sposato un mollusco privo di ambizioni che da sette anni non ottiene la minima promozione.»
«Sei una stronza.»
«Sono la stronza cui è intestata questa casa, per cui se non ti sta bene quello che faccio puoi anche evitare di farti trovare qui quando rientro.»
Stefano sentì il cuore saltare un battito. Non poteva credere a quello che aveva appena sentito.
«Parli sul serio?»
«Sono serissima. Stasera mi gioco il mio futuro e non tollererò che tu o altri vi mettiate in mezzo. Sei avvertito.»
«Per cui se lui ci prova tu ci stai.»
Veronica non rispose, si limitò a continuare a indossare l’intimo sexy e il vestito nuovo, un tubino nero senza spalline che mostrava un chilometro di cosce, rese ancor più slanciate dalle stiletto tacco 12 di vernice nera.
«Allora?» la incalzò lui.
«Farò quello che è necessario. Non aspettarmi in piedi.»
Le prese un braccio ma lei si liberò con uno strattone.
«Che c’è, hai paura che Luciano sia più uomo di te?» sibilò, guardandolo con occhi che bruciavano di rabbia.
«Non capisco perché fai così» mormorò lui, sgomento e intimorito dalla reazione violenta che aveva innescato.
«Infatti non capisci» tagliò corto Veronica, prendendo una pochette nera. «È proprio questo il problema. Mi stai facendo fare tardi.»
«Mi chiami stasera?»
«Se proprio ci tieni…»
«Sì, ci tengo.»
«Tieni il telefono acceso, allora, e ricorda che l’ha voluto tu.»
Lo guardò ancora una volta senza simpatia, poi uscì di casa senza voltarsi indietro.
Stefano rischio seriamente il licenziamento quel giorno, perché inanellò un errore dopo l’altro. A mano a mano che l’orario di uscita di avvicinava, vedeva farsi sempre più concreta l’immagine di Veronica in ginocchio davanti al suo capo, con la bocca piena del suo cazzo che immaginava molto più grosso del proprio, mugolando soddisfatta come una gatta in calore.
Agitato com’era riuscì a tornare a casa senza incidenti per puro miracolo. Quella era la casa di Veronica, gli sussurrò all’orecchio una vocina malevola mentre posava le chiavi sulla consolle dell’ingresso, in cui lui era solo un ospite, ma gli si strinse il cuore nel sentirla così vuota.
Mise in carica il cellulare e lo posò accanto a sé, in patetica attesa di una chiamata che non arrivò. Forse pianse anche un po’, prima di scivolare nel sonno dopo ore di inutile attesa.
Lo svegliò la suoneria del telefono, una canzone di Ed Sheeran che Veronica adorava.
Era lei. Il display l’orologio gli disse che era quasi mezzanotte. Aveva dormito per quattro ore, facendo incubi spaventosi in cui dei mostri superdotati scopavano Veronica in tutti i modi possibili riportandogliela soddisfatta, sazia e coperta da litri di sborra che lei continuava a ingoiare raccogliendola con le dita e la lingua.
Prese la chiamata, ansioso di sentire la voce di sua moglie, ma il suo «Pronto?» rimase senza risposta.
Dall’altoparlante venne invece un rumore di suzione, ritmico e cadenzato.
«Mmmmm» disse una voce maschile. «Succhia bene, troia… Sì, così.»
Ci fu ancora un suono di risucchio, seguito da uno schiocco, come l’imitazione di un tappo che saltasse fuori dal collo di una bottiglia fatta estraendo rapidamente un dito dalla bocca, solo che di certo non si trattava di un dito, e infine una risatina soffocata.
«Il cornuto ci ascolta?» chiese ancora l’uomo.
«Mmmm sì, me l’ha chiesto lui di chiamare» rispose la voce di sua moglie. «Che cazzo meraviglioso che hai, è una sbarra di ferro, non smetterei mai di succhiarlo. Finalmente ho trovato un maschio che mi scopa come si deve.»
Stefano si accorse di avere il volto rigato di lacrime e, allo stesso tempo, di essere eccitato come non gli succedeva da tempo.
«Prima ti sfondo il culo, poi ti faccio bere» disse ancora l’uomo, di certo Luciano Gatti, cui Veronica, come nei suoi masochistici deliri pomeridiani, stava succhiando il cazzo con grande piacere di entrambi.
«Ce l’hai troppo grosso, mi aprirai in due.»
«Girati.»
Fruscio di abiti, poi un mugolio e un urlo soffocato.
«Sfondami» disse sua moglie, soffiando nel microfono come una gatta. «Spaccami il culo. Fai sentire al cornuto come si tratta una donna.»
Stefano ascoltò tutta la lunghissima inculata, accompagnata da gemiti, imprecazioni e rumori che sembravano quasi di lotta tanto erano intensi.
Sì masturbò con le lacrime che gli scorrevano sul volto senza controllo finché, vergognandosi profondamente ma godendo come non aveva mai fatto prima, venne mentre Luciano Gatti sborrava nel culo di sua moglie chiamandola troia.
«Hai sentito come si scopa, cornuto?» gli chiese Veronica, ansimando.
Avrebbe voluto riattaccare, ma non ne aveva la forza, per cui continuò ad ascoltare sua moglie e Gatti baciarsi e dirsi quanto era stato bello finché non fu lei a chiudere la comunicazione senza dire una parola. Ma fece in tempo a sentire l’ultima frase di Gatti, che gli fece salire il cuore in gola.
«Che dici, andiamo a fare una sorpresa al cornuto?»
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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