trio
L’ho spinta a tradire (racconto) Conclusione
di ToroRm2020
04.03.2021 |
17.029 |
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"«Mi chiedevo quando si sarebbe rifatta avanti» disse piano..."
«Lo voglio nel culo» disse Moira, con un sorriso sornione sulle labbra da cui il glitter rosa shocking che aveva messo prima di saltargli addosso era ormai quasi del tutto sparito. Aveva il mento lucido di saliva e le lacrime agli occhi. Il trucco l’aveva lasciato sul suo cazzo quando si era sdraiata sulla schiena e gli aveva chiesto di essere fottuta in gola.
«Niente dolcezza» gli aveva imposto. «Sfondami e basta.»
Glielo aveva ficcato in gola fino a soffocarla, incurante dei suoi gemiti e delle mani che gli artigliavano le natiche, pompandole la bocca come la fregna slabbrata di una puttana da marciapiede, senza riguardi, proprio come gli aveva chiesto.
Quando le aveva sfilato il cazzo dalla bocca aveva visto la saliva colare fuori in rivoli densi, mentre lei tentava riprendere fiato. Gliel’aveva spalmata in faccia con la cappella, trattandola da troia come piaceva a lei.
«Bravo il mio porco» l’aveva elogiato mentre si metteva a pecora, con la voce resa roca dall’abuso appena subito. «Mi hai fottuto proprio bene. Ora goditi il premio.»
Quando prendeva quella posizione significava che lo voleva nel culo, come gli aveva confermato un attimo più tardi.
Appoggiò la cappella sullo sfintere grinzoso, stretto tra le natiche dure come marmo, e spinse. Guardare il glande insalivato che allargava l’orifizio era sempre eccitante. La sensazione che provava ogni volta che entrava nel culo di Moira, quella resistenza che diventava quasi risucchio avido appena violato l’anello muscolare, era estasi allo stato puro.
Era stato lo stesso anche con Clelia, quando l’aveva scopata sul ripiano della scrivania, ma in quel caso il sesso era stato solo una componente di qualcosa di molto più vasto, in cui si erano mescolati in modo inestricabile amore, rabbia, lussuria e gelosia. Ripensando a quando aveva visto il video in cui il suo amante le sborrava in faccia dopo averle aperto il culo, ai suoi lineamenti fini completamente ricoperti di sperma, aveva sentito il cazzo diventare duro come l’acciaio. L’orgasmo che aveva avuto mentre le riempiva il retto era stato uno dei più intensi della sua vita.
Il ricordo rese il piacere di inculare Moira ancora più grande, forse nella consapevolezza perversa di aver tradito l’amante con la moglie, e prese ad affondare con maggiore violenza. Ogni colpo le strappava un gemito, ma non si sognò neppure per un attimo di chiedergli di fare più piano.
Essere spaccata in due le piaceva da morire.
«Dai, dai... Continua... Ci sono quasi...» lo avvisò, mentre si sditalinava con le dita umide di saliva.
«Ti riempio il culo» urlò, serrandole con entrambe le mani la vita sottile e svuotandosi dentro di lei.
Anche Moira urlò, godendosi fino in fondo la doppia stimolazione anale e vaginale.
Crollarono fianco a fianco, sfiniti e sazi, con Moira che gli dava la schiena per offrirgli lo spettacolo della sborra che colava dall’ano ancora dilatato fino a bagnare le lenzuola. Aveva l’abitudine di non cambiarle troppo spesso, perché l’odore di sesso di cui erano impregnate la eccitava.
La abbracciò da dietro, appoggiando il cazzo ormai floscio tra i suoi glutei umidi di sudore e sperma.
«Devo dirti una cosa» le mormorò all’orecchio dopo un po’.
«Come sei serio. Devo preoccuparmi?»
«Ho rivisto Clelia» confessò.
La sentì irrigidirsi tra le sue braccia.
«Mi chiedevo quando si sarebbe rifatta avanti» disse piano. «Dove vi siete incontrati?»
«È venuta in ufficio.»
«Sapendo che c’ero anch’io? Stronza, ma coraggiosa. E che voleva?»
«Dirmi che mi ama ancora.»
«Ovviamente, anche se non le dispiace prendere altri cazzi di tanto in tanto.»
«Abbiamo fatto l’amore» aggiunse di getto, prima di perdere il coraggio.
Marco sentì le unghie di Moira infilarsi nella carne quando lei gli strinse la mano con forza.
«L’hai scopata in ufficio sapendo che io ero lì vicino?»
Sembrava più stupita che arrabbiata.
«Mi dispiace» si scusò, «non ho saputo dirle di no. È ancora mia moglie.»
«Come l’avete fatto?» gli chiese, sorprendendolo non poco. Non era certo quella la domanda che si aspettava.
«In che senso?»
«Ti ha fatto un pompino, ti ha dato la fica o che altro?»
La domanda lo lasciò interdetto, tanto che impiegò alcuni secondi per rispondere.
«Mi... ha dato il culo.»
«Era la prima volta.»
«Sì» rispose, anche se non sembrava una domanda.
«Be’, forse dopotutto la bella addormentata non è completamente scema.» Marco cercò del sarcasmo nel tono di lei, ma non ne trovò.
«Significa che tra noi finisce qui?» riprese lei, e stavolta Marco percepì chiaramente il suo turbamento, reso evidente dalla tensione del corpo che stringeva tra le braccia.
La strinse più forte.
«Non se tu mi vuoi ancora.»
La sentì trattenere il respiro.
«Quindi?»
«Mi ha detto una cosa che da lei non mi sarei mai aspettato.»
«Tipo?»
«Che accetta quello che c’è tra me e te e non mi chiede di lasciarti.»
«L’avevo decisamente sottovalutata. È molto più furba di quanto pensassi.»
«Dici?»
«Fidati. Dopo il casino che ha combinato prenderti di petto non sarebbe intelligente, e lei l’ha capito, così se la gioca in un altro modo.»
«Non mi ha dato quest’impressione.»
«Tu sei un uomo, non lo capiresti. Giochi in un altro campionato.»
«Ha aggiunto anche un’altra cosa.»
«Cioè?»
«Che è disposta a fare sesso a tre.»
Moira si divincolò tra le sue braccia e si voltò verso di lui. Negli occhi aveva una luce strana, vagamente inquietante.
«Davvero ha detto così?»
«Sì.»
«E secondo te parlava sul serio?»
Marco fece spallucce. «Non è da lei, ma d’altronde pensavo che non fosse da lei neanche farsi sfondare il culo da uno stronzo qualsiasi, per cui non saprei.»
Moira gli si avvicinò fino a sfiorargli le labbra con le sue, improvvisamente molto, molto interessata.
«Se è così» disse piano, «dovremmo metterla alla prova.»
Il cellulare di Clelia, posato sul comodino, emise il tono associato ai messaggi Whatsapp. Il cuore le saltò un battito quando lesse il nome del mittente.
Marco.
Dopo tutto quel tempo senza farsi vivo, finalmente l’aveva sbloccata.
“Parlavi sul serio?” lesse, mentre il cuore cominciava a correre. Nessun saluto, che probabilmente riteneva lei non meritasse. Dritto al punto senza smancerie.
“Riguardo a cosa?” digitò in fretta, anche se era certa di sapere a cosa lui si riferisse.
“Al fare sesso a tre con me e Moira.”
Pensò a lungo prima di rispondere.
“Sì” scrisse infine.
“Se è così, vieni da noi domani sera alle nove.”
Sembrava quasi un ordine. Per un attimo si immaginò loro schiava, costretta a servirli, a leccare la fica di Moira per farla bagnare bene e prepararla all’uccello di Marco, di quello che una volta era il “suo” Marco, per poi guardarli mentre godevano di fronte a lei come il giorno in cui lui se n’era andato di casa, e quel pensiero, quel “noi” così ostentato che la tagliava dolorosamente fuori, le diede un fortissimo senso di nausea misto a masochistica eccitazione che faticò molto a reprimere.
“Va bene” scrisse.
“Dopo ti mando l’indirizzo.”
“Non serve, so dove abita” rispose, usando deliberatamente il singolare. Non voleva pensare a loro come a una coppia.
“A domani.”
“A domani.”
Appena chiusa l’app aprì l’elenco chiamate recenti, trovò nella lista il nome di Laura e avviò la telefonata.
Lei rispose al terzo squillo.
«Come stai?» le chiese, dopo i saluti.
«Chiedimelo dopodomani mattina.»
«Perché? Che è successo?»
«Qualche giorno fa sono stata da Marco, in ufficio...»
Laura non disse nulla, si limitò ad aspettare che Clelia proseguisse.
«Ero triste e felice allo stesso tempo. Lui era molto sulle sue, ha parlato di separazione e ho dovuto fare uno sforzo disumano per non mettermi a piangere come una scema. Mi ero messa un completino intimo da stupro e l’ho provocato... Non avevo mai fatto niente del genere. Lui ha tentato di resistere, ma ho capito che ne aveva troppa voglia. Abbiamo fatto l’amore sulla scrivania, sesso anale, ed è stato meraviglioso. Dopo, gli ho detto che ero disposta ad accettare che lui stesse con Moira e che se voleva l’avrei anche fatto a tre...»
«Sei stata coraggiosa.»
«Ora però devo mantenere la parola. Vado da loro domani sera...» Pronunciare quel pronome le procurò una fitta di dolore e gelosia.
«Te la senti?»
«Non so più cosa sento, ma se voglio salvare il salvabile non ho altra scelta.»
«C’è sempre una scelta. Devi farlo per te, perché vuoi, e per nessun altro motivo.»
«Ti confesso che da un lato la cosa mi eccita, però mi fa anche paura.»
«Non è una strada senza ritorno. Se a un certo punto non te la senti, molla tutto e tornatene a casa.»
«E così lo perdo.»
«Preferisci continuare una storia che ti rende infelice?»
«Non lo so, non sono più sicura di niente. Grazie di essermi vicina, non so se riuscirei ad affrontare questa cosa da sola.»
«Lo sono molto più di quanto pensi, in tutti i sensi.»
«Ti tengo aggiornata. Nel frattempo, ancora grazie per aver ascoltato i miei lamenti.»
«Quando vuoi io ci sono. Adesso cosa fai?»
«Quello che facciamo sempre per gli stronzi che ci piacciono. Estetista, parrucchiere e un salto da Yamamay per un intimo da stupro.»
«Non ce l’hai già?»
«Quello Marco me l’ha strappato a morsi» disse Clelia con un risolino, ricordando l’incontro nel suo ufficio.
«Fagli capire cosa si perde.»
«Ho intenzione di farlo impazzire» la rassicurò. E non solo lui, pensò, ma lo tenne per sé.
L’occhiata che Marco le rivolse quando aprì la porta, alle nove esatte, sarebbe valsa da sola il piccolo capitale che Clelia aveva lasciato al centro estetico. Si sentiva bellissima e sexy, e il modo in cui suo marito accarezzò le sue curve con lo sguardo confermò che non era solo una sua impressione.
«Ciao» esordì, tendendo la bottiglia di bollicine che aveva portato. Era stata incerta fino alla fine, poi aveva deciso che non le andava di presentarsi a mani vuote.
«Ciao» rispose lui, senza riuscire a staccarle gli occhi di dosso. «Stai benissimo» aggiunse poi, prendendo la bottiglia. «Vieni, entra.»
L’appartamento era piccolo, ma arredato con buon gusto, cosa che le diede leggermente fastidio. Avrebbe preferito trovare sciatteria e disordine, ma non lasciò trapelare nulla.
Moira era seduta sul divano, ma si alzò per venirle incontro. Indossava solo un corto kimono in seta rossa che le fasciava il corpo come una seconda pelle. Si chiese se sotto fosse nuda.
«Non credevo che saresti venuta» la apostrofò con un sorriso in cui Clelia cercò invano una qualsiasi traccia di ironia. O era sinceramente sorpresa, e apparentemente non in senso negativo, oppure avrebbe meritato un Oscar come migliore attrice protagonista e una stella sulla Walk of Fame. Marco era sparito in cucina, forse per mettere in fresco la bottiglia, forse per non trovarsi in mezzo a due leonesse in calore pronte a sbranarsi a vicenda.
«Ho detto che ci sarei stata e ho mantenuto la parola.»
«Ne sono lieta.»
«Farò finta di crederci» ribatté Clelia, senza riuscire a trattenersi.
«Io e te abbiamo cominciato con il piede sbagliato» rispose Moira, senza perdere del tutto il sorriso, «ma non dobbiamo per forza essere nemiche.»
«Finché ti scopi il mio uomo la vedo dura.»
«No, sei tu che ti sei scopata il mio.»
Clelia rimase senza parole.
«Sì, me l’ha detto, nel caso te lo stessi chiedendo» mise in chiaro l’altra, con espressione seria. «Sa che con me può dire tutto. Lì per lì la cosa mi ha ferito, non lo nego, ma poi ho capito che non era necessariamente un male e ho insistito perché tu ti unissi a noi.»
«Sei stata tu a volerlo?»
«Sì.»
«E ora che sono qui succede?»
«Dimostrami che non ho sbagliato» disse, aprendo il kimono. Sotto era nuda e completamente liscia, tirata a lucido come la carrozzeria di una macchina appena uscita dal concessionario. Clelia non era stata l’unica a volersi presentare preparata.
Con un gesto languido si sedette nuovamente sul divano e aprì le gambe, mostrando le labbra del sesso già turgide e coperte di rugiada.
Era il momento della verità.
Devi farlo per te, perché vuoi, e per nessun altro motivo. Le parole di Laura le tornarono in mente mentre faceva un passo avanti.
Lo voglio davvero o lo sto facendo per riprendermi Marco, posto che sia possibile?, si chiese inginocchiandosi in una posizione che era una replica quasi esatta di quella che aveva assunto di fronte a Laura nel bagno del bar della Pain4Gain. Sentiva l’odore del sesso di Moira, caldo e ricco, simile eppure diverso da quello di Laura.
La risposta le arrivò sotto forma di languore al basso ventre, accompagnato dalla sensazione di calore umido in mezzo alle cosce.
Portò la bocca a pochi centimetri dalle grandi labbra aperte, e per un attimo ebbe paura di bloccarsi nuovamente, poi affondò la testa tra le cosce dell’amante di suo marito e comincio a leccare e baciare come se non avesse fatto altro per tutta la vita.
Clelia sentì che a Moira si mozzava il respiro, e questo accrebbe la sua eccitazione. Il sapore di fica era inebriante, le secrezioni dense e filanti. Per un brevissimo istante si ripromise di assaggiare al più presto anche quella di Laura, poi infilò la mano destra sotto la gonna corta per scostare il sottilissimo perizoma di pizzo e spegnere il fuoco che sentiva nel ventre. Ma le sue dita incontrarono altre dita, il cui tocco familiare tante volte aveva provato in passato.
Sentì che Marco le toglieva le mutandine con gesti decisi ma gentili, poi venne il suo turno di rimanere senza fiato, quando cominciò a leccarla con delicatezza passando la lingua lungo l’intera fessura. Essere presa così, tra due fuochi, le dava una sensazione che non aveva mai provato prima. Moira le infilò le dita di entrambe le mani in mezzo ai capelli, un gesto affettuoso e allo stesso tempo pieno di passione che accentuò la pressione della fica sulla bocca. Le infilò la lingua in profondità nella vagina, assaporando il succo leggermente asprigno ma non sgradevole.
Marco smise di leccarla, e Clelia capì cosa stava per fare. Dopo un attesa che le parve eterna, sentì il suo cazzo che entrava dentro di lei scivolando nel canale perfettamente lubrificato.
Fu un momento perfetto. Si sentiva bellissima e completa, una dea del sesso che donava e riceveva piacere in un cortocircuito erotico ad altissima intensità.
Continuarono così per parecchi minuti, mantenendosi sulla soglia dell’orgasmo senza mai raggiungerlo, in modo da prolungare il piacere.
«Voglio sentire che sapore hai» mormorò Moira, con un miagolio da gatta in calore. «Andiamo sul letto e cambiamo posizione.»
Il minuto che occorse a Clelia per raggiungere la camera da letto, spogliarsi e rituffarsi tra le cosce di Moira le parve eterno. Avvertiva una grande sintonia tra loro tre, una sensazione di compiutezza che le era nuova e che, ora se ne rendeva conto, le era sempre mancata.
Si sdraiò sul letto rifatto di fresco e cominciò un 69 appassionato con la sua rivale. Marco aspettò qualche secondo, poi penetrò Moira da dietro, consentendo a Clelia di leccare insieme cazzo e fica. Il suono liquido della mazza che entrava e usciva dalla vagina la eccitava da morire.
Di tanto in tanto, uscendo del tutto dalla fica, il cazzo di Marco le sbatteva sulla faccia e lei lo prendeva in bocca. I sapori di maschio e di femmina mescolati assieme le riempivano le narici, facendole girare la testa.
«Io sto per venire» annunciò, mentre riprendeva fiato per un attimo e, in qualche modo, capì che anche gli altri due erano ormai prossimi all’orgasmo.
Mentre godeva come non mai grazie alla lingua di Moira, vide Marco estrarre il cazzo dalla fica gocciolante di umori.
Dal meato, che era a due centimetri dalla sua faccia, schizzarono innumerevoli getti di sperma che le inondarono la bocca, il mento e il collo.
Mancava ancora una cosa perché tutto fosse perfetto. Clelia affondò la faccia tra le cosce di Moira e con la bocca grondante sborra le leccò con frenesia il clitoride fino a strapparle un urlo di piacere accompagnato dagli intensi brividi dell’orgasmo.
Dopo si abbracciarono come cuccioli in cerca di calore. Marco, che era tra loro, si voltò verso di lei, sfiorandole l’orecchio con le labbra.
«Ti amo» sussurrò, e bastò quello perché Clelia si ritrovasse con gli occhi pieni di lacrime. Non senza una puntina di gelosia, si chiese se anche a Moira avesse detto la stessa cosa, poi capì che anche in quel caso ciò che Marco provava per lei non sarebbe cambiato.
Assaporando il calore del corpo di suo marito, cullata dal respiro lieve dell’altra donna, piano piano scivolò nel sonno.
Carlo sentì suonare alla porta e andò ad aprire. Su richiesta di Laura, un’ora prima aveva portato le bambine da sua madre.
«Stasera è una serata speciale» gli aveva detto lei al telefono quel pomeriggio. «Sono strafelice che il tuo colloquio di lavoro sia andato bene e voglio festeggiare alla grande. Ho una sorpresa per te.»
Da tempo il sesso con lei era diventato sublime, sia in qualità che in quantità, e si era chiesto cosa avesse in mente per quella sera, sicuro che la sorpresa si sarebbe concretizzata sul letto.
Solo quando aprì la porta capì l’entità del regalo che Laura aveva intenzione di fargli. Sulla soglia, insieme a lei, c’era una donna di un sex appeal straordinario, la cui semplice vista gli provocò un’erezione clamorosa.
Il sorriso di Laura nel vedere la sua reazione, e quello della sua amica nel notare il gonfiore della patta, gli dissero tutto quello che aveva bisogno di sapere sulla serata che lo attendeva.
«Amore» disse Laura con un sorriso complice, «ti presento Claudia.»
FINE
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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