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L’ho tradito ed è stato stupendo (racconto) Parte 4


di Membro VIP di Annunci69.it ToroRm2020
04.02.2021    |    16.627    |    9 9.9
"» «Farò tutto ciò che lei desidera, dottoressa..."
La giornata cominciò nel peggiore dei modi.
«Micheli ha chiesto un appuntamento per domani pomeriggio, dottoressa» la informò Sonia con un’espressione disgustata sul volto, mentre, come tutte le mattine, le portava il caffè e la rosa rossa sul vassoio di metallo.
Laura fece una smorfia che non sfuggì alla ragazza.
«Mi dispiace» si scusò lei. «Ho cercato di rimandare, ma ha insistito tanto.»
«Tranquilla, non è colpa tua. Quel porco non è in grado di accettare un no come risposta.»
«Sarò felice di aiutarla in qualsiasi modo riterrà opportuno.»
«Hai già fatto troppo, Sonia.»
Per un attimo Laura rivisse l’istante in cui la ragazza, dopo aver segato il cazzo mostruoso di Micheli, per compiacerlo gli aveva permesso di inondarle la faccia con una sborrata impressionante, evitandole di doverci avere a che fare personalmente. Si era sacrificata al suo posto, fingendosi maldestra per distrarre quel vecchio porco, ma la prossima volta per lei le cose non sarebbero andate così lisce. Micheli le aveva chiesto più partecipazione, quindi avrebbe di certo insistito per scoparsela. Poteva tentare di cavarsela con un pompino, ma temeva che non sarebbe stato sufficiente.
“Magari vorrà anche il culo”, pensò con un brivido di paura. Micheli era tutt’altro che delicato e con quel cazzo enorme che si ritrovava l’avrebbe completamente sfondata.
«Io sono a sua disposizione, sempre e comunque» ribadì Sonia, interrompendo quel corso di pensieri che minacciava di portarla in un vicolo cieco.
Il tono con cui la ragazza pronunciò quelle parole provocò in Laura un languore tra le cosce, che lei accolse senza più né sorpresa né vergogna. Le sorrise con calore.
«Grazie, sei preziosa per me» disse. «Vedrai che insieme troveremo il modo di venirne fuori.»
«Farò di tutto perché lei non debba soffrire» le promise Sonia. «Qualsiasi cosa.»

Due giorni dopo l’incontro con Micheli, il tempo minimo che le era occorso per metabolizzare la rabbia e la vergogna che lo stupro cui aveva assistito le aveva provocato, Laura era salita a parlare con la sua responsabile per sondare il terreno, nella speranza di poterlo mollare a qualcun’altra che avesse meno scrupoli di lei.
Amaranta Levati era una bella donna sulla cinquantina, con alle spalle una carriera di tutto rispetto sia fuori che dentro la Castell. Una tosta, a parere di Laura, una delle poche donne della società in posizione apicale.
«Non funziona così» le aveva risposto, dopo aver ascoltato quanto Laura aveva da dire. «Ti ha scelto lui personalmente e non ti permetteranno di passarlo a qualcun’altra. Lo conoscono, si infurierebbe. È un grosso calibro.»
Laura non avrebbe saputo dire se il doppio senso fosse stato involontario o meno. Sul volto della dirigente non aveva percepito malizia, ma Amaranta era brava a mascherare le emozioni.
«Non mi piace il suo modo di fare.»
«Neanche a me è piaciuto, quando mi è toccato, ma è un passaggio obbligato se vuoi fare carriera qui dentro.»
«È stato assegnato anche a te?»
«A me come a tante altre. Sempre e solo donne, comunque. Non sei la prima e non sarai l’ultima.»
«Mi chiedo perché gli venga permesso di fare quello che vuole.»
«Perché è un uomo. Perché è potente. Perché sposta montagne di denaro» aveva elencato lei, contando con le dita della mano sinistra. Sull’anulare si notava il segno chiaro di una fede che non portava più da qualche settimana, evento che aveva scatenato un tripudio di chiacchiere su Radio Serva Castell.
«Le alte sfere vogliono che continui a essere nostro cliente, costi quello che costi. Questo è un ambiente duro e competitivo, dove noi donne dobbiamo correre tre volte più degli uomini per rimanere al passo. Se a un Fusco qualsiasi basta essere competente e ben vestito, una Levati o una Morelli devono essere super competenti, belle e all’occorrenza anche disponibili.»
«Scusa la franchezza, ma mi stai dicendo che devo farmi scopare per forza?»
«Se tieni alla carriera devi fare quello che è necessario. Non sei obbligata, ovviamente, ma se rifiuti, e ti premetto che puoi tranquillamente farlo, non aspettarti attestati di stima da parte dei nostri capi.»
«Farei la fine della Castoldi?»
«E di altre che non hai conosciuto» aveva risposto Amaranta, confermandole quanto affermato da Micheli. «Non è automatico, ma non posso garantirti che non succeda.»
«A mio rischio e pericolo, insomma.»
«Mi dispiace, ma le cose stanno così. È bene che tu ne sia consapevole.»
«A te com’è andata?»
L’espressione di Amaranta si era incupita. «Se non ti dispiace, preferirei cambiare argomento.»
«Sai dove glielo ficcherei quell’affare?» aveva buttato lì Laura, frustrata.
«Immagino» era stata la risposta, accompagnata da un sorriso amaro. «Sai, una cosa del genere lo distruggerebbe. È in assoluto la persona più omofoba che io conosca, odia gay e bisex in modo viscerale. Si considera un regalo di Dio alle donne, come se un uomo si misurasse solo dalle dimensioni del suo uccello.»
«Molti uomini ne sono convinti» aveva risposto Laura, prima di salutarla e tornare nel suo ufficio. «Ma sbagliano. Sbagliano tutti.»

Alle terza lettura del fascicolo di Micheli Laura trovò finalmente quello che cercava. Un rapido controllo on line confermò l’intuizione iniziale poi, grazie all’accesso completo alla documentazione finanziaria si procurò tutto quello che le serviva. Impiegò venti minuti a creare un account Dropbox criptato, nel quale copiò tutto il materiale che aveva trovato, poi, dopo aver impostato una password alfanumerica a prova di hacker, decise che si meritava una pausa.
«Sonia, puoi venire qui un momento, per favore?» disse nell’interfono. «Però prima chiudi a chiave la porta dell’ufficio, per cortesia. Non vorrei che ci disturbassero.»
«Subito, dottoressa» rispose la ragazza, con un leggero tremito nella voce.
In meno di cinque secondi se la ritrovò in piedi davanti alla scrivania, con uno sguardo carico di un’aspettativa che non aveva intenzione di deludere.
Si alzò piano, morbida come una gatta, e tirò su fino alla vita la gonna del tailleur executive Armani, scoprendo l’intimo firmato Victoria’s Secret.
«Vieni qui» la invitò nel tono piacevolmente roco di quando era eccitata, che faceva somigliare le sue parole a ordini appena mascherati.
«Sì, padrona» mormorò Sonia, rossa in viso, entrando immediatamente nel ruolo che le era più congeniale.
Non per la prima volta da che i loro rapporti si erano evoluti, Laura si chiese chi fosse realmente la mistress tra loro due, visto che era stata Sonia a sceglierla come propria padrona, manipolandola in modo sottile ma deciso per portarla esattamente dove voleva.
Ma, appena la ragazza le si inginocchiò di fronte, cancellò il pensiero e si abbandonò a quelle dita sottili ed esperte che stavano facendo scivolare giù le mutandine regalandole contemporaneamente una carezza lieve come tela di ragno.
Dio, se era sexy.
Non aveva mai avuto tendenze bisex, ma grazie a Sonia prima, e a Clelia poi, si era resa conto che bianco e nero erano solo gli estremi di un intero universo di sfumature che andava esplorato senza pregiudizi e in compagnia delle persone giuste.
Libera dagli impedimenti, tornò a sedersi sulla poltroncina girevole che aveva fatto ruotare di 90º, inarcando la schiena, spalancando le cosce e offrendosi completamente alla compagna.
La lingua di Sonia cominciò un’esplorazione lenta, da brividi, girando intorno ai punti più sensibili, strappandole gemiti, facendole sospirare ogni ulteriore tocco delicato. In quel momento era lei che dirigeva il gioco, senza il minimo dubbio.
Quando finalmente arrivò al clitoride, Laura era ormai in fiamme, completamente in balia della sua lingua e delle sue dita.
«Il suo sapore è meraviglioso, padrona» le disse, tenendo le labbra praticamente a contatto con la fica, tanto da trasformare anche quelle parole in una carezza.
«Vuoi farmi morire?»
«Voglio renderla più felice di quanto sia mai stata» rispose lei, affondandole il volto tra le cosce e cambiando del tutto approccio. Cominciò a baciarla, morderla e leccarla come se la fica fosse a sua volta una bocca. Per un istante Laura ebbe una fantasia in cui la vagina le si allargava al punto da accogliere in sé Sonia interamente, rendendola completamente sua. L’orgasmo arrivò come un uragano di categoria cinque, una forza della natura assolutamente inarrestabile che le fece venire voglia di urlare al mondo quanto stesse godendo.
Sonia ridusse gradualmente l’intensità delle leccate per farle godere appieno le sensazioni che le aveva procurato, fino a fermarsi del tutto, con un lieve sorriso sulle labbra bagnate dalle secrezioni vaginali.
Laura si concesse qualche secondo ancora di rilassamento, poi decise che era venuto il momento di fare un ulteriore passo avanti.
«Alzati in piedi» disse.
Sonia obbedì senza dire una parola.
«Tira su la gonna.»
L’espressione che comparve sul volto della ragazza era di quelle per vedere le quali si sarebbe potuto far pagare il biglietto d’ingresso: sorpresa e felicità allo stato puro, come era possibile ritrovare solo in bambini molto piccoli prima che il veleno della crescita li corrompesse.
«Dottoressa, io…»
«Obbedisci» insistette, stemperando l’ordine con la dolcezza del tono. «Mi hai fatto impazzire e voglio ricambiare.»
«Sì, dottoressa, ma forse è più semplice se la tolgo. È un po’ stretta.»
Rapidamente aprì la cerniera laterale e fece scivolare giù la la gonna a tubino, lasciandola cadere sul pavimento. Indossava un intimo ingenuo e sexy allo stesso tempo, da ragazzina, un perizoma seamless di un bianco virginale.
Laura, ancora seduta sulla poltroncina, glielo sfilò abbassandolo fino ai piedi, calzati in un paio di sandali peep toe con tacco a zeppa e fantasia a fiori.
Per la prima volta vide il sesso di Sonia, con il morbido monte di Venere del tutto privo di peli. La pelle era diafana, quasi trasparente, di grana fine come marmo statuario di Carrara.
«Siediti sulla scrivania.»
Con un piccolo saltello Sonia eseguì, rimanendo però a gambe chiuse, quasi con ritrosia.
«Aprile, piccola» la invitò, e l’uso di quel vezzeggiativo ebbe l’effetto di far diffondere un rossore intenso sulle guance pallide della ragazza. Le sue emozioni erano come acqua di un torrente montano, pure e freschissime.
Una fica aperta, umida, a pochi centimetri dalla sua bocca... Era una cosa nuova per lei, ma sentiva che era perfetto così.
Avvicinò il volto all’interno delle cosce di Sonia, aspirandone il profumo di femmina, misto a quello di Alien di Thierry Mugler e a una debole traccia di detergente intimo alla lavanda.
Con entrambi i pollici aprì le grandi e le piccole labbra, sorprendendosi della serica morbidezza della pelle. Sonia stava trattenendo il fiato.
Laura chiuse gli occhi e per la prima volta nella sua vita baciò la fica di un’altra donna, sentendone finalmente il sapore intenso e un po’ salato.
Il sospiro di puro godimento della segretaria fece bagnare la fica di Laura in modo pressoché istantaneo.
“Macchierò la sedia“ pensò, incongruamente, per poi dimenticarsene subito dopo. Cominciò a leccare le piccole labbra, prendendole tra i denti senza stringere troppo, per poi salire fino al clitoride con decisi colpi di lingua.
«Dottoressa…» ansimò Sonia. «Sì, così, la prego…»
Prese a leccare delicatamente, tenendo il ritmo costante, nel modo in cui a lei piaceva essere trattata. Sentiva la bocca piena del sapore di femmina della ragazza. Per un istante immaginò di riservare lo stesso trattamento a Clelia o alla ragazza incontrata fuori dal bagno del bar vicino al Pain4Gain, e il suo corpo reagì con una colata calda tra le cosce. Era eccitata da impazzire, in un modo che non avrebbe mai creduto possibile.
«Dottoressa, continui… Io…»
D’un tratto Sonia le afferrò la testa spingendola con forza tra le sue cosce aperte ed ebbe un lungo brivido squassante.
«Dio, sììììì…»
Laura lasciò che godesse nella sua bocca, permettendole di strofinare il sesso gonfio e fradicio contro la sua faccia finché ne aveva voglia.
Quando la pressione delle dita sulla nuca si allentò, Laura si alzò e abbracciò la splendida creatura che aveva appena portato all’estasi. Sonia la strinse con forza inaspettata.
«Grazie, dottoressa, mi ha appena fatto il più grande regalo della mia vita. Io…» cominciò, per poi interrompersi. Per un momento Laura ebbe chiarissimo il seguito della frase, e ne ebbe timore, ma Sonia la sorprese una volta di più.
«Io sono sua, dottoressa» riprese la ragazza, quasi mangiandosi le parole. «Completamente sua. Può fare di me quello che vuole.»
Laura, che si era aspettata un “Ti amo”, per un istante non seppe se sentirsi delusa o sollevata, prima di rendersi conto che, nel suo modo particolarissimo, in realtà Sonia le aveva detto esattamente quello.
La baciò tenendole una mano sulla nuca, mescolando la saliva e i sapori delle rispettive vagine con dolcezza e sensualità.
«Sei una splendida creatura» mormorò, dando voce ai pensieri che la agitavano. «Una fata capitata per caso nella mia vita.»
«Non per caso, dottoressa» la contraddisse la ragazza, «ho fatto di tutto per poter lavorare con lei. Dal primo momento in cui l’ho vista ho capito di essere destinata ad appartenerle, e quando penso a domani mi viene una rabbia immensa. Se quell’essere schifoso prova a toccarla anche solo con un dito giuro che lo ammazzo.»
«Non ce ne sarà bisogno» la rassicurò Laura accarezzandole i capelli, «ma avrò bisogno del tuo aiuto.»
«Farò tutto ciò che lei desidera, dottoressa. Io sono sua. Completamente sua.»
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