Prime Esperienze
Mi chiamo Suor Maria Chiara
di Portia
09.06.2023 |
1.807 |
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"Il signor Marcello salta giù da carretto e mi viene ad aiutare..."
Mi chiamo Maria Chiara, anzi suor Maria Chiara, al secolo Bruna De Pillis, il prossimo 4 settembre compirò 32 anni e sono due lustri che vivo nel convento delle “Sorelle dell’amore e della carità”.Sono la suora vivandiera mi occupo della dispensa e cucino per le mie consorelle e per i nostri ospiti quando ne abbiamo.
Mentre aspetto il signore Marcello, il fattore che oggi ci consegnerà albicocche e pesche per fare le marmellate mi perdo tra i miei pensieri.
Spesso mi sono domandata sul significato della felicità e debbo dire che io mi trovo nella grazia di Dio perché faccio la vita che mi sono scelta, dedicandomi con amore alla preghiera.
Non ho fatto rinunce. Sono appagata e ringrazio il nostro signore per la gioia che mi da tutti i giorni per condurre un’esistenza semplice accanto a lui.
Oggi fa caldo, come normale che sia in una giornata di fine luglio.
Le mie consorelle sono uscite tutte con la madre superiore per andare ad un ritiro spirituale di preghiera.
Mi alzo la sottana della tonaca, che è la stessa che si indossa anche d’inverno. e mi asciugo il sudore che mi fa appiccicare le vesti al corpo con un piccolo asciugano, mi bagno il viso e le mani per cercare di soffrire un po’ di meno.
Mi alzo un po’ il velo per sistemarmi con le mani i riccioli neri che sbucano fuori.
Sento il trattore che si avvicina all’entrata secondaria del convento, quella dove sono le cucine.
Di solito il signor Marcello ci consegna le cassette dei suoi prodotti con la sua auto, ma oggi è venuto addirittura con un carretto, perché la frutta che ci serve è veramente tanta.
Vedo che ha tolto la maglietta e la porta arrotolata sul collo, in testa ha un cappello di paglia che lo protegge dal sole e gli copre i riccioli biondi.
“Buongiorno sorella, sono un po’ in anticipo, ma ho pensato che tanto l’avrei trovata qui”.
Ha il torace glabro, le spalle muscolose e cotte della sole e gli occhi azzurri che sembrano due gioielli.
È alto e sicuramente non ha più di 25 anni, anche se io lo chiamo “signor Marcello”.
La magnificenza del creato traspare anche nelle sue creature.
Scende dal trattore e si accorge che sta a torso nudo davanti ad una religiosa.
Goffamente si infila la maglietta.
Si mette sul carretto e mi porge la prima cassetta da portare dentro.
Fatalmente inciampo, cado a terra, le albicocche si rovesciano ovunque.
Mi sento un po’ ridicola, cadendo la veste mi si è alzata e si vedono i mutandoni di cotone bianco che indosso.
Il signor Marcello salta giù da carretto e mi viene ad aiutare.
Mi tira su prendermi le mani.
Fatalmente, di nuovo, il suo torace è attaccato al mio.
“Vergine santissima! Che cos’è questo turbamento, questo fuoco che mi sento nelle vene?”
Chiaramente la temperatura non c’entra nulla.
Mi stringe, mi dice qualcosa, io rispondo qualcosa, ma non mi ricordo né le parole di lui, né le mie.
Sento il membro che gli preme sotto i pantaloni della tuta.
Sento i miei mutandoni che sono zuppi.
Mi infila le dita a cercare il mio sesso e non credo sarà rimasto stupito quando le sue dita hanno sentito i miei riccioli folti e scuri.
Un dito, o forse due si insinuano nella mia fessura.
Forse avrei dovuto divincolarmi, dire di no, gridare, ma non ci ho visto l’opera del maligno, anzi, ci ho visto un dono di Dio e ho pensato di accettato con devozione.
Non so se dentro di me fruga con una o due dita.
So solo che sono scossa dai brividi e ho un piacere così intenso che mi rende le gambe molli e rischio di cadere di nuovo.
Forse urlo.
Di sicuro ringrazio il Signore.
Chiaramente io non sono in grado di gestire un uomo, di fare cose che lo possano portare allo zenith del piacere.
Sono una suora, mi occupo di cucinare per le mie consorelle e prego quasi tutto il giorno.
Allora Marcello si tira fuori il membro che è grosso e turgido, ha la cappella lucente (chissà perché si chiama come il luogo di preghiera?) e me lo strofina sulla mia fessura che fino ad oggi è rinasta inviolata.
Rimando stupita dalla durezza, dal calore, e dalla consistenza delle palle alla base,
Un virgulto che emoziona solo alla vista.
In realtà non si spinge molto, si accarezza il pene e lo struscia sul mio pelo.
A lungo, in maniera ritmica.
Lo sa che sono una vergine, lo capisce che non sarebbe la cosa giusta da fare, ancora, penetrarmi.
La gioia pervade anche lui, zampilla un fiotto di latte denso e bianchissimo, che mi imbratta i riccioli del pube, mi sporca le mutande e mi cola giù per le gambe.
Non so come riusciamo a scaricare tutta la frutta nel carretto.
“Sorella, dopodomani le porto i pomodori per fare la passata, ci vediamo presto”.
Il Signore sia lodato, per la felicità che ci regala per la nostra anima e per il nostro corpo.
I racconti di Portia.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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