incesto
il giocattolo dello zio - Parte 6
di honeybear
07.05.2013 |
18.534 |
12
"Il culo bruciava, l’ano si allargava fino quasi a slabbrarsi..."
Corsi fuori senza curarmi di dove stessi andando. Mi mancava l’aria. Ansimavo. Mi appoggiai a qualcosa e cominciai a tossire: un senso di nausea mi assalì. Provai a vomitare senza riuscirci.L’aria fresca della sera fortunatamente cominciò a rischiarare i miei pensieri. Il respiro tornò lentamente alla normalità e realizzai dov’ero: appoggiato alla macchina dello zio. Nella stessa identica posizione in cui si prese cura di me la prima volta quando, “ per chiudere lo sportello… in un attimo mi fu addosso, schiacciandomi contro la fiancata mentre le sue mani mi cingevano d'assedio”.
Mi asciugai il sudore che ancora mi colava lungo il viso, guardandomi intorno smarrito fino a che gli occhi non si fissarono su alcune piante di grano che ondeggiavano illuminate dalla luna. I miei pensieri volarono liberi come la brezza che soffiava leggera. La rabbia che mi assalì subito dopo era incontenibile: “’È il nostro segreto’ mi disse”… quando “…lo raggiunsi nel campo con i miei jeans e i brandelli della maglietta, trofeo di quel giorno indimenticabile”.
Non era vero.
“Non c’era nessun segreto da mantenere...” mi dissi stringendo i pugni.
Era tutta una messinscena a mio beneficio. Anche quando lo zio Antonio presentò “ai miei genitori i brandelli della maglia giustificando l’accaduto con il fatto che mi ero impigliato nel filo spinato che stavamo stendendo a protezione della nostra proprietà”. Tutti sapevano tutto. Mio padre, poi, che ipocrita. Si era pure incazzato come una iena quando venne a prendermi dopo che il fratellino mi aveva montato come fa il toro con la vacca.
Avvampai, realizzando quante risate si erano sicuramente fatti alle mie spalle mentre decidevano in quale successione mi avrebbero inculato quela fatidica sera!
“Bene…” mi dissi sorridendo.
Tornai rapidamente sui miei passi. Entrai nella stanza e puntai gli occhi su ciascuno di loro. Nessuno si era mosso; anzi avevano ripreso a masturbarsi reciprocamente come quando misi piede nella stanza la prima volta.
Non parvero stupiti nel vedermi, anzi, sorrisero compiaciuti.
Ora li potevo ammirare uno di fianco all’altro in tutta la loro maestosità. Quattro superbi esemplari di maschio dal folto pelo scuro e lucente. Quattro splendidi e sensualissimi orsi schierati uno di fianco all’altro che esibivano orgogliosi le loro enormi erezioni!
“Sei tornato” - mi sfidò mio padre mentre le sue mani scorrevano sulle aste degli zii Enrico e Giacomo perdendosi tra il folto dei neri peli pubici.
“Sì, sono qui. E sono tornato perché adesso so esattamente cosa devo fare!” risposi con una punta di malizia sempre sostenendo fieramente il suo sguardo. Senza mutare espressione, diedi loro le spalle.
Mi allargai le chiappe chinandomi in avanti di modo che la visione del mio ano fosse chiara a tutti. Il mio buchetto pulsava. Iniziai a massaggiarlo infilando la mano di taglio tra le natiche, passando e ripassando tra i miei peli.
Ruotando il busto, tornai a fissarli. Vidi quattro lingue che bagnavano labbra desiderose di banchettare con quel roseo bocconcino che esibivo.
M’infilai il dito medio della mano destra in bocca insalivandolo per benino e, spalancando i glutei più che potei, cominciai a giocherellare con il fragile anello. Facevo scorrere il dito lentamente intorno alle pieghe, avvicinandolo pericolosamente allo sfintere. Poi lo ritraevo, me lo risucchiavo e riprendevo a giocare.
Loro mi osservavano senza fiatare. Avevano quasi smesso di masturbarsi. Del resto lo spettacolo offerto non rendeva necessaria alcuna azione manuale: erano sufficienti le loro pulsioni ad alimentare le erezioni. Io stesso cominciai a sentire il mio uccello farsi duro ed i capezzoli inturgidirsi mentre dentro di me tornavano ad affacciarsi quelle sensazioni di piacere estremo.
Il mio numero proseguì arrivando al suo momento clou: il dito “varcò la soglia. Prima la punta e poi,… , tutto il resto”. Avevo imparato bene la lezione impartitami dallo zio Antonio così, ripetendo l’ormai consumato copione, infilai prima in bocca poi nel culo due dita che iniziai a far roteare per favorire la dilatazione dell’ano. Le spingevo sempre più in profondità, mentre sentivo che, oltre alla saliva, anche qualcosa nelle mie stesse viscere contribuiva a lubrificare il condotto e le fragili pareti.
Godevo. Una volta di più godevo come non avrei mai creduto di poterlo fare in vita mia. Eppure tremavo: il nuovo limite che mi ero imposto di superare, richiedeva un coraggio ed una determinazione che la mia poca esperienza mal supportava.
Tuttavia la partita era ormai iniziata ed io ero determinato ad uscirne vincitore.
Non staccavo gli occhi da quegli uomini, ammirando le gocce di sudore che imperlavano le loro fronti accaldate e che, come rugiada, impreziosivano la fitta peluria che adornava i loro corpi bollenti. Sorridevo beffardo. Erano ipnotizzati da quel mio gioco, maliziosamente innocente, che pure sembrava sortire su di loro l’effetto di una droga.
Così quando il mio culo fu abbastanza aperto dal trattamento che gli avevo riservato, e con il cazzo ormai tanto duro da cominciare a farmi male, avanzai lentamente verso di loro.
Li scrutai rapidamente. "Lentamente avanzai" fino ad avvicinarmi ancora una volta allo zio Antonio. Non lo toccai nemmeno. Mi limitai a mettermi a cavalcioni sopra di lui lasciandomi penetrare completamente dal suo uccello fino a che le sue palle non sbatterono contro i miei glutei. Sentii le pareti dell'ano allargarsi ulteriormente per far passare quella mazza enorme.
Ne percepivo lo sfregamento contro le pareti del retto mentre mi muovevo lentamente, badando a non perdere l’equilibrio che la precaria posizione mi garantiva. Lui mi guardava inebetito:
“Più veloce… Più veloce…”
Lo guardai ammiccando. Lo accarezzai dolcemente in viso soffiando sui suoi capelli e rallentai ulteriormente i miei movimenti. Era quasi doloroso per me e le continue (volute) contrazioni che imprimevo al mio sfintere rendevano la penetrazione più difficoltosa. Mi fermai completamente e rimasi ad osservarlo.
Il suo sguardo m’implorava di riprendere a correre velocemente lungo l’asta. Io lo guardavo divertito mentre preferii iniziare un movimento circolare intorno a quel palo che tenevo prigioniero in me. Ad ogni movimento sentivo il sudore del mio corpo mischiarsi al suo. Mi abbassai fino a premere il mio viso contro il suo torace come quella notte in cui mi ripagò con le coccole dopo avermi preso.
La mia bocca era spalancata sulla sua pelle, sui suoi peli scuri che la mia lingua assaggiava bagnandoli. Il mio naso aspirava quell'odore virile e acro che promanava. Ansimava, sospirava profondamente, grugniva mentre il mio divertimento continuava. Il suo pisello m’impalava, il mio appiccicato alla zona del suo torace si stagliava chiaro tra il nero del vello, i nostri odori si mischiavano, finché timidamente provò a ribellarsi.
Non riuscì ad afferrarmi per il bacino. Ero già smontato, lasciandolo in balia di se stesso pronto a dedicarmi alla mia seconda vittima.
Lo zio Giacomo era accanto a lui.
Mi ci sedetti sopra dandogli le spalle. Allargai le gambe e le natiche. Il nuovo membro, se possibile, era più grosso del precedente. Non ero certo che il mio buchetto, seppur lubrificato, potesse reggere l’urto. In effetti non m’importava granché: desideravo mi facesse male. Sistemai anche quell’uccello contro il mio ano e quando la cappella lucida lo sfiorò la guidai per farla scivolare in profondità. La sentii farsi largo nel mio sfintere. Mi morsi leggermente le labbra (in effetti un minimo di dolore lo provai), ma continuavo a scendere. Il suo cazzo stava completamente penetrando il mio culo, esattamente nella maniera che avevo scelto. E lo zio Giacomo inerme, sotto di me. Cercai d’immaginare le sue espressioni facciali: non dovevano essere dissimili da quelle del fratello.
Mi afferrai quindi ai braccioli della poltrona sollevandomi un poco; poi con movimenti secchi e decisi del bacino, ripresi a spingermi quell’asta ancor più in profondità fino a che il pizzicore prodotto dallo sfregamento dei miei peli contro i suoi coglioni non arrestò anche quella corsa. Nuovamente diedi pochi colpi, lenti ma come sempre, decisi. Quando mi resi conto che anche lui cominciava a spingere con il bacino verso l’alto, mi alzai e passai a prendermi cura dello zio Enrico.
Per farlo dovetti superare mio padre ed il suo sguardo enigmatico: la sua mazza sussultò al mio passaggio.
Mi sedetti così sul terzo uomo, appoggiandomi l’uccello nel solco delle natiche. Iniziai a muovere il bacino, divertendomi ad alzarlo o abbassarlo, avvicinarlo o allontanarlo da quella superba asta bramosa di continuare l’auto-massaggio con cui avevo iniziato lo spettacolo per poi sfondarmi com’era accaduto a chi lo aveva preceduto.
Mi supplicava, mi chiedeva di lasciare che mi scopasse finché, in un solo unico colpo, fui io a spingermelo tutto dentro. Un dolore atroce mi pervase. Il culo bruciava, l’ano si allargava fino quasi a slabbrarsi. Chiusi gli occhi un istante, mi morsi le labbra e sorrisi iniziando a dimenarmi sopra di lui. Ad ogni colpo cercavo di spingere anche quell’asta alla massima profondità consentitami: il mio buco era allargato in maniera spropositata e grondava un liquido viscoso che placido imbrattava le mie gambe e la fitta peluria dello zio.
Volevano una vacca da monta? Ebbene l’avrebbero avuta! Ma alle mie condizioni!
Infine toccò a mio padre. Salii a cavalcioni sopra di lui appoggiando le mani al suo petto villoso e puntando l’uccello all’altezza del suo pube. Lo fissavo. I suoi occhi, scuri e penetranti, fecero lo stesso. Lo sguardo enigmatico sparì definitivamente dal suo volto: la sfida era aperta.
Rimanemmo così per alcuni istanti fino a che mi risolsi di stringergli il cazzo tra le mani mentre cominciai a strusciare il mio nella fitta foresta corvina del suo addome. Ne sentivo la durezza statica. Lo sentivo pulsare nel pugno che lo circondava a fatica, sentivo le vene ingrossarsi. Aggiustai la mia posizione per cominciare una lenta discesa verso la sua asta. Diedi alla cappella solo il tempo di affacciarsi alle porte del mio ano e subito mi ritrassi. Lo guardai ironico e ripetei l’azione. Appena il caldo glande iniziava a penetrarmi, me ne allontanavo sorridendo. Lo vedevo mordersi le labbra umettandosele con la lingua, desideroso di sfondarmi completamente al pari degli altri, mentre il mio seme ne inondava completamente il petto. Dovette accontentarsi di pulire le poche gocce di sborra che erano arrivate fino alla bocca.
Il mio gioco infatti era appena cominciato.
- CONTINUA –
Disclaimer! Tutti i diritti riservati all'autore del racconto - Fatti e persone sono puramente frutto della fantasia dell'autore.
Annunci69.it non è responsabile dei contenuti in esso scritti ed è contro ogni tipo di violenza!
Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.