Gay & Bisex
Un bicchiere d'acqua
di honeybear
31.08.2024 |
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"Seguendo le sue indicazioni mi abbassai e la testa cominciò ad aprirmi il culo..."
"Appoggiai le mani sui pettorali massicci sfiorandogli i capezzoli turgidi, scesi all’addome ricalcandone il profilo ed infine mi ritrovai nuovamente..."C'erano molte cose che mi piacevano del far parte della squadra di atletica della scuola.
Adoravo correre ed ero piuttosto veloce. In effetti, riuscii a vincere praticamente tutte le gare a cui avevo partecipato. Mi piacevano anche gli altri ragazzi della squadra dove non esistevano rivalità ma solo una sana competizione.
Anche Luca il nostro coach era grandioso: duro e severo quando necessario ma in grado di motivarci al momento opportuno. Insomma, mano di ferro in guanto di velluto! Era riuscito ad instaurare un legame forte con noi e a fidelizzarci a tal punto che avremmo fatto qualsiasi cosa ci avesse chiesto!
L’altra cosa che amavo della mia squadra erano le docce di gruppo che seguivano gli allenamenti o le gare. Quello era il momento in cui la mia fantasia non aveva freni e potevo immaginarmi completamente nudo insieme agli altri ragazzi mentre ci divertivamo ad ammirarci per spingerci poi sempre più in là… A volte quella fantasia diventava un desiderio così forte ed impellente che dovevo dissimularlo con la finta goliardia che puntualmente dimostravo a suon di commenti e battutacce. Credo di aver svolto un buon lavoro perché i miei compagni non sembra che abbiano capito quali siano le mie naturali inclinazioni...
Ciò che non mi andava molto a genio tra le attività della mia squadra era quando, su iniziativa del coach, ai ragazzi dell’ultimo anno toccava prestare servizio di volontariato alla stracittadina che si svolgeva ogni primavera. Era una gara per raccogliere fondi a favore di un’associazione benefica a cui potevano prendere parte sia atleti normodotati che diversamente abili. Noi eravamo dislocati lungo il percorso di gara per distribuire acqua ai partecipanti.
Ero contrariato, non tanto per via del servizio che eravamo tenuti a prestare, quanto per l’impossibilità di poter correre. Purtroppo, trattandosi di una tradizione della squadra, mio malgrado dovetti rinunciare ai miei propositi.
Ci trovammo la mattina presto. Insieme a Luca organizzammo come distribuirci. E così io e Anselmo giunti alla postazione assegnataci, allestimmo il tavolino disponendo con cura le bevande da fornire agli atleti partecipanti.
La gara prese il via: i podisti partirono per primi; a seguire, su un percorso più breve, i diversamente abili.
Com’è ovvio, nel momento in cui un atleta sentiva il bisogno di idratarsi, non doveva far altro, giunto in corrispondenza del ristoro, che allungare la mano. Noi ci affiancavamo correndo un breve tratto accanto a lui fino a che non gli avessimo passato il bicchiere di plastica. Inutile dire che, data la foga, era più il liquido che bagnava noi che quello bevuto. Ma tant’è…
I corridori si susseguivano ad un ritmo incalzante. Io ed il mio amico riuscivamo a malapena a trovare il tempo per sistemare i bicchieri sul tavolino evitando che le scorte terminassero.
Tra i tanti atleti che mi sfilarono davanti, uno in particolare attirò la mia attenzione. Indossava una bandana rossa in testa e una pettorina con il numero 711.
Oltre ad avere un bel paio di braccia muscolose, ciò che mi colpì furono le sue gambe. Pur costretto su una sedia a rotelle possedeva gambe sode e ben tornite.
Come da copione allungò la mano.
Corsi verso la sua sedia e, chinandomi un po ', gli porsi il bicchiere. Ovviamente, mentre la prendeva, schizzò entrambi. Buttò giù d’un fiato e mi gridò: "Grazie e scusami!" riferendosi all’ennesima chiazza che si allargava sulla maglietta.
Scomparve tra la folla dei partecipanti.
Al passaggio dell’ultimo concorrente raccogliemmo i bicchieri disseminati tutt’intorno e, dopo aver smontato il tavolo, ci dirigemmo al traguardo per assistere alla fine della gara.
I corridori entrarono per primi, avendo iniziato un'ora prima degli altri.
Grandi applausi per i primi tre classificati e incitamenti per gli altri concorrenti che via via tagliavano la linea di arrivo.
Il breve momento di tranquillità fu subito interrotto dall’arrivo dei secondi partiti.
Constatai con piacevole stupore che si trattava dell’atleta con il numero 711 ovvero il ragazzo che mi aveva ringraziato per l'acqua scusandosi per avermi inzaccherato.
Era addirittura riuscito a precedere alcuni dei corridori a piedi. Incredibile!
Al suo passaggio la folla esplose in un caloroso applauso.
Mentre mi apprestavo a tornare fradicio negli spogliatoi per cambiarmi ed andarmene, lo incrociai.
"Ehi, congratulazioni! – abbozzai - Sai davvero come far volare quell’arnese!".
"Grazie – rispose piantandomi i suoi occhi verdi dritto in faccia – Ehi… Ma tu non sei tu il ragazzo dell'acqua?".
"S… Sì…" risposi sorpreso dal fatto che si ricordasse di me. Credo infatti che nel corso della gara, almeno una decina di altri ragazzi gli avessero passato da bere.
"Ti ho schizzato per bene. Mi dispiace. - si scusò porgendomi la mano - Io sono Carlo, piacere!"
"Io sono Ivan. –ricambia la stretta virile - Non preoccuparti. Non sei stato l'unico a schizzarmi" sentii le guance imporporarsi.
"Sì… Beh credo di no in effetti…" l’imbarazzo era palpabile.
Sospirò, fece una pausa, e d’un fiato se ne uscì con: "Io... ehm... cioè, casa mia non è lontano da qui. Se volessi salire darti una ripulita… Ecco… Mi farebbe davvero piacere… E mi sentirei un po’ meno in colpa… Sempre che… Sempre che…"
Lo guardai confuso, ma mi sorpresi a rispondergli: “Mi… Mi farebbe davvero piacere – e poi aggiunsi - Sembra che anche tu sia piuttosto fradicio!"
Credo che arrossi ulteriormente per l’inadeguatezza della mia affermazione e provai a rimediare: "Oh, immagino che sia sudore, eh? Dopo tutto, hai appena vinto la maratona!".
“Non è una maratona, ma una corsetta da pochi metri!” si schernì e mi fece cenno di seguirlo. Facendoci largo tra la folla raggiungemmo in breve tempo il palazzo in cui viveva e che si trovava effettivamente vicinissimo al percorso di gara.
L’ascensore ci condusse al pianerottolo del suo appartamento. Varcata la soglia chiese gentilmente: "Ti dispiacerebbe darmi una mano a salire sull’altra sedia? Questa è veloce, ma non molto comoda".
"Certo" e cingendolo con le mie braccia lo aiutai nel passaggio. L’aroma del suo corpo sudato era inebriante e il suo respiro caldo sul mio collo iniziarono a dare forma ai miei desideri.
"Se vuoi, puoi infilare i tuoi vestiti nell'asciugatrice. È in quell'armadio" indicò mentre mi toglievo la maglietta.
Assentii iniziando a slacciarmi i pantaloni che scivolarono ai miei piedi.
“Quando hai finito, potresti aiutare anche me? In genere faccio da solo ma oggi , se per te va bene, ne approfitto… – strizzò l’occhio – Poi puoi buttare tutto in lavatrice!"
Annuii inginocchiandomi di fronte a lui.
Si afferrò ai braccioli della sedia e sollevò leggermente il bacino per consentirmi di afferrare i suoi pantaloncini. Iniziai ad abbassarglieli senza rendermi conto che, nel farglieli scivolare, stavo indugiando su quelle gambe marmoree e lisce. Non indossava altro e quindi non potei fare a meno di ammirare anche la sua artiglieria. Mi stava puntando praticamente in faccia una canna di tutto rispetto ma quel che mi stupì fu che la stessa si stava lentamente impennando!
Anche il mio uccello reagì prendendo il volo e, prima che me ne rendessi conto, stava facendo capolino dell’elastico teso degli slip bagnati.
"Ehi… Guarda un po’ chi si è appena svegliato – ironizzò con un’occhiata in direzione del suo bastone che iniziò a massaggiare per indurirlo ulteriormente – E buongiorno anche a lui!" concluse strizzandomi l’occhio a sua volta.
"Wow, Carlo! È davvero… Enorme... – non potei fare a meno di commentare stupito - …Ma credevo che i ragazzi nelle tue condizioni non potessero avere erezioni".
Avrei voluto rimangiarmi subito quelle parole e, ancora una volta provai a rimediare sperando che la pezza non si rivelasse peggiore del buco da chiudere: "Oh, accidenti! Mi dispiace, davvero. Io… io… Non volevo... Perdona la mia totale mancanza di sensibilità!" conclusi avvampando e, d’istinto, abbassai lo sguardo.
Lui ridacchiò: "Non c'è problema. – poi si affrettò a spiegarmi – quello che dici è vero per molti ragazzi. In realtà dipende da cosa è successo per finire su questa – strinse nuovamente le mani attorno ai braccioli della sedia – Io mi ritengo fortunato a riguardo: se stimolate le mie gambe rispondono... E non solo loro! – ammiccò in direzione del suo arnese che per suffragare l’affermazione ondeggiò leggermente – Riesco anche a muoverle un pochino. Solo non riesco a camminarci sopra… Ma ora non sono le mie gambe ciò di cui devi prenderti cura…" sussurrò malizioso.
Non ci fu bisogno di aggiungere altro. Mi inginocchiai ed iniziai ad lisciare la pelle vellutata scappellandolo delicatamente.
Sussultò sospirando.
Feci scivolare le dita fino ai peli del pube. Lo sentii sospirare nuovamente. L’effetto del trattamento resero, se possibile, quel cazzo ancora più duro.
"Wow!" mormorai quando lasciai la presa mantenendo la sensazione che quel pezzo di carne caldo mi aveva trasmesso.
Non riuscivo a crederci: ciò che forse nemmeno nei miei sogni avevo immaginato, stava letteralmente prendendo forma davanti ai miei occhi…
Mi sollevai permettendo così a Carlo di allungare una mano per infilarla sotto i miei slip su cui si era completamente disegnata la mia erezione. Li sfilai velocemente.
“Passameli…” e se li portò al naso per annusarli mentre seguitavamo in silenzio ad accarezzarci dolcemente.
Presi io l’iniziativa. Allontanai la sua mano e gli tolsi la canottiera, rivelando il suo tronco glabro e muscoloso. Appoggiai le mani sui pettorali massicci sfiorandogli i capezzoli turgidi, scesi all’addome ricalcandone il profilo ed infine mi ritrovai nuovamente nell’irsuto triangolo color miele.
“Finisci di spogliarti anche tu…”
Mi liberai velocemente del superfluo per inginocchiarmi ancora una volta di fronte al suo obelisco. L’istinto mi suggerì cosa fare. Mi piegai in avanti facendo scivolare le mie labbra attorno alla sua cappella già bagnata.
Carlo sospirò posandomi una mano sulla nuca esercitandovi una leggera pressione.
"Pensi di riuscire a prenderlo tutto?" Chiese.
Lo guardai negli occhi e annuii.
Spinse di nuovo e sentii la testa del suo cazzo scivolare nella mia gola seguita dal resto del bastone. Ben presto la mia faccia venne sepolta nel suo inguine peloso e sudato.
Aspirai profondamente l’afrore che emanava da quel cespuglio rigoglioso.
Era fantastico e avrei voluto rimanere così per sempre. Dovetti purtroppo desistere perché il diametro e la lunghezza di quella verga iniziarono a soffocarmi. Mi staccai lentamente da lui e mi accovacciai, cercando di riprendere fiato ammirando l’uccello insalivato a dovere che risplendeva fiero.
Carlo lo prese in mano iniziando a masturbarsi: "Mettiti a quattro zampe – mi ordinò eccitato - Fammi vedere il sedere!"
Mi girai rapidamente, alzando il culo in aria per lui.
"Bellissimo… – sospirò ed un fiato chiese – …È mai entrato un cazzo in quel culo?".
Mi voltai verso di lui e scossi la testa.
"Pensi che ti piacerebbe iniziare con questo?" domandò continuando a menarselo.
Annuii. Non sapevo bene come avrebbe fatto a scoparmi dalla sua sedia a rotelle, ma in quell’istante avrei assecondato ogni tipo di richiesta.
“Seguimi in camera…”
Lì Carlo, dopo essersi sdraiato, mi disse dove trovare il lubrificante. Unse prima il suo cazzo e poi il mio culo dopo avermi fatto piegare. Sentii le pieghe del mio fragile anellino distendersi obbedienti al passaggio del suo dito nel mio buco ben lubrificato.
Mi voltai a guardarlo estasiato.
“Non… Non smettere… Per favore continuaaahhh…” lo pregai. Era così bello sentirlo scivolare avanti e indietro o ruotare all’interno che iniziai ad ansimare.
"Tranquillo ragazzo, non ne ho la minima intenzione – ringhiò – Direi che questo buchetto ci procurerà un sacco di divertimento..."
Infilò un altro dito accanto al primo e iniziò a farmi un doppio ditalino. Stavo impazzendo. Non avevo mai provato nulla di così bello: nessun dolore, solo puro, intenso piacere...
Riuscivo solo a pensare che ne volevo ancora, ancora, ancora!
Stavo strusciando il mio culo sulle sue dita quando parlò: “Chiedimelo… Avanti, chiedi!”
"Ti prego… – deglutii - scopami Carlo! Ho bisogno di sentire il tuo grosso cazzo nel mio buco. Ti pregooohhh!"
Non dovetti ripetere la richiesta.
In men che non si dica, Carlo mi disse di mettermi a cavalcioni sui suoi fianchi.
"Ora piegati sulle ginocchia. Abbassati… Così bravo… E accovacciati sul mio cazzo. In questo modo puoi controllare quanto prenderne e controllarne la velocità di spinta…"
Tenne la radice del suo cazzo mentre io iniziai lentamente ad abbassare il culo.
“Ora lascialo a me…”
Lo afferrai deciso fino a che la punta della cappella toccò il mio buco: mi sembrò di andare a fuoco.
Seguendo le sue indicazioni mi abbassai e la testa cominciò ad aprirmi il culo. Provai un po’ di dolore ma non mi importava. Volevo solo il suo cazzo dentro di me, per godermelo fino in fondo.
Attesi qualche secondo per abituarmi all’ingombrante presenza saldamente ancorato a quelle cosce vellutate e muscolose. Reclinai la testa sbuffando.
Con cautela uscii quasi completamente per tornare subito dopo a calarmi sopra a quel randello maestoso.
Ripetei l’operazione diverse svolte strappando all’uomo sotto di me mugolii di piacere.
"Spingi fuori – suggerì a quel punto Carlo – Fa’ come se stessi cagando".
Sorrisi all’immagine: usare quella tecnica per far entrare qualcosa che ero abituato ad espellere. Tuttavia quando misi in pratica il consiglio, quel siluro s’insinuò implacabile. Io ansimai di nuovo mentre affondavo completamente nel suo grembo. Di nuovo, il mio istinto prese il sopravvento e cominciai a dondolare ritmicamente il mio fondoschiena per farlo scorrere su e giù sul suo arnese.
Lo cavalcai in quel modo fino a che una pacca sulla chiappa mi fece capire che era il momento di cambiare posizione.
Mi girai e m’impalai nuovamente.
Per aumentare la forza dei miei affondi mi aggrappai saldamente ai pettorali e poi ai capezzoli che iniziai a titillare.
"Oh, cazzo, Ivan! Il tuo culo è fantastico. Non resisterò ancora a lungo!" e chiuse gli occhi per godersi la scopata.
Sapevo come si sentiva.
Il mio uccello stava già sbavando precum e sentivo che il carico nelle mie palle si stava accumulando per esplodere con violenza. Con mia grande sorpresa, venni prima di lui. Vidi il liquido denso imbrattargli il petto, alcuni schizzi arrivarono a lambirgli la bocca.
Pochi secondi dopo toccò a lui.
Le contrazioni del mio culo, che avevano munto senza tregua la sua mazza, in men che non si dica lo portarono all’orgasmo che si riversò dentro di me accompagnato da grugniti e sospiri intensi.
Raccolsi un il mio seme sulle dita. Le avvicinai prima alla mia bocca e poi alla sua affinché entrambi ne assaggiassimo. Mi accasciai su di lui ed iniziammo a limonarci.
Ad ogni bacio sentivo il suo cazzo sgonfiarsi fino scivolare fuori dal mio buco spanato a dovere accompagnato dal suo carico denso.
"Sai che ti dico? – mi sorrise continuando a baciarmi - Sono proprio contento d’aver preso da te quel bicchiere d’acqua!"
E per tutta risposta mi appropriai della sua bandana infilandomela sulla testa come un trofeo.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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